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Oltre l’hype dell’AI: strategie concrete per banche e assicurazioni



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L’AI nel settore finanziario rappresenta la chiave per trasformare l’entusiasmo tecnologico in valore concreto. Ma senza un framework strategico strutturato e regole chiare, il rischio è quello di rimanere intrappolati in una fase di sperimentazione perpetua

Pubblicato il 15 dic 2025

Simone Savioli

CEO di Macfin Management Consultants e Amministratore di PTS AI LAB



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L’intelligenza artificiale promette di ridefinire l’intero ecosistema finanziario. Tuttavia, l’entusiasmo che circonda questa tecnologia si scontra con la realtà di un’adozione ancora frammentaria e limitata.

La fase attuale: più sperimentazione che trasformazione

Il settore finanziario ha abbracciato l’AI con grande interesse, e sebbene molte banche, assicurazioni, società di gestione e fintech abbiano già integrato soluzioni basate su AI nelle proprie operation, queste non hanno ancora generato quella rivoluzione strutturale che molti osservatori avevano preannunciato.

Sul settore permane una grande differenziazione tra grandi operatori ed imprese less significant (si veda in proposito anche Embracing the digital transition: the adoption of cloud computing and AI by Italian firm – Paper di Banca d’Italia del giugno 2025). Secondo un’indagine della CIPA – Convenzione Interbancaria per l’Automazione, il 92% delle banche italiane ha già investito o prevede investimenti in intelligenza artificiale entro il 2026, in particolare nella cosiddetta “IA generativa”. Tuttavia, molti autorevoli studi evidenziano che un numero molto basso (tra il 10% e il 15%) di iniziative sono portate in produzione con effetti tangibili sui processi core. La maggior parte delle iniziative rimane confinata a dimostrazioni o esperimenti isolati, incapaci di trasformare i modelli operativi e di business.

Lo scenario appare chiaro, la tecnologia è presente ma manca una visione strategica in grado di guidarne l’adozione attraverso obiettivi concreti e misurabili.

Se, come insegna il premio Nobel Daniel Kahneman, il pensiero umano si divide tra un Sistema 1 (rapido e intuitivo) e un Sistema 2 (razionale e analitico), oggi l’intelligenza artificiale introduce un “Sistema 0”: un livello esterno e inorganico di elaborazione, capace di raccogliere e sintetizzare enormi quantità di dati, affiancando — ma non sostituendo — la mente umana.

Questo Sistema 0, secondo una ricerca pubblicata su Nature, rappresenta una sorta di estensione cognitiva che alimenta i processi decisionali, ma senza la capacità di interpretare. La responsabilità dell’interpretazione e del senso rimane, inevitabilmente, umana. E qui risiede il vero equilibrio da trovare: usare l’AI come leva strategica di potenziamento, non come stampella cognitiva.

Il rischio, per il mondo finanziario, è quello di cadere nella trappola dell’automazione cieca: affidarsi a risposte rapide e semplificate, perdendo la profondità analitica e la personalizzazione che hanno sempre distinto le strategie vincenti. Solo un’integrazione consapevole e critica dell’intelligenza artificiale — capace di unire efficienza operativa e intelligenza strategica — potrà trasformare davvero il settore, spostandolo dalla semplice adozione tecnologica alla vera innovazione di modello.

Dall’automazione all’innovazione: le quattro direttrici strategiche

Le imprese del settore finanziario guardano con crescente interesse all’intelligenza artificiale, attratte da quattro direttrici principali: la riduzione dei costi grazie all’automazione, il supporto alle decisioni, la generazione di nuovi ricavi e l’innovazione dei modelli di business. Tuttavia, mentre le prime due linee d’azione hanno già trovato un terreno fertile, le altre restano ancora poco esplorate.

Oggi banche, assicurazioni, società di gestione e fintech utilizzano l’AI soprattutto per ottimizzare i processi esistenti. Gli esempi più diffusi riguardano l’automazione del front e back office — dal customer care potenziato da chatbot e voice banking, alla gestione documentale intelligente, fino alla riconciliazione contabile automatizzata. Sul fronte del risk management, l’AI supporta già attività cruciali come il credit scoring, il rilevamento frodi, la prevenzione del riciclaggio (AML) e la cybersecurity, mentre in ambito strategico consente di affinare previsioni macroeconomiche, pricing dinamico dei prodotti e simulazioni di scenario.

Ma, se l’efficienza è ormai un risultato tangibile, la vera trasformazione strutturale del settore deve ancora compiersi. L’AI, infatti, non ha ancora rivoluzionato i modelli di business e l’offerta di valore delle istituzioni finanziarie. Perché? Perché finora l’approccio è stato prevalentemente tecnologico e non strategico. Integrare l’AI non significa semplicemente automatizzare processi, ma ripensare la catena del valore, ridefinire i modelli operativi e mettere i dati al centro delle decisioni, in modo consapevole e sostenibile.

Dalla strategia alla tecnologia: il percorso strutturato di implementazione

Dal pilota alla trasformazione: un percorso progressivo

Una volta definito l’approccio strategico, la vera sfida per banche e istituzioni finanziarie è tradurre la visione in pratica. L’esperienza mostra che l’adozione efficace dell’AI non nasce da iniziative isolate o da sperimentazioni “a valle”, ma da un percorso strutturato e top-down, che parte dalla strategia aziendale e arriva solo in seguito alle scelte tecnologiche.

Il primo passo consiste in una mappatura approfondita del modello di business: comprendere i processi core e di supporto, identificare le inefficienze e collegarle agli obiettivi strategici. È in questa fase che si determina dove e come l’AI può generare valore reale. Fondamentale è valutare, in parallelo, la maturità digitale e organizzativa dell’istituzione: un prerequisito spesso sottovalutato che può fare la differenza tra un progetto di facciata e una trasformazione duratura.

Segue la fase di identificazione dei casi d’uso, in cui si passa dall’analisi alle opportunità. Attraverso workshop interfunzionali e assessment mirati, ogni use case viene valutato rispetto a impatto economico, fattibilità tecnica, disponibilità dei dati e coerenza con la strategia complessiva. Da qui nascono i business case preliminari, strumenti essenziali per stimare investimenti, ritorni e priorità. È su queste basi che prende forma la roadmap di adozione, un piano che bilancia risultati a breve termine e trasformazione di lungo periodo.

Solo a questo punto entra in gioco la tecnologia: la scelta delle piattaforme, dei partner e delle architetture viene fatta a valle di un processo strategico. In questo modo l’AI non resta confinata a un progetto IT, ma diventa parte integrante del DNA aziendale — un motore di innovazione che evolve insieme al business.

Costruire una governance responsabile per l’intelligenza artificiale

La corsa all’intelligenza artificiale impone al settore finanziario di affrontare una sfida decisiva: costruire una governance solida e responsabile, in grado di garantire trasparenza, sicurezza, efficacia e piena conformità normativa. Ogni istituzione che adotta l’AI deve (ri)definire ruoli e responsabilità chiare, dal Consiglio di amministrazione alle squadre operative, per assicurare una supervisione coerente dei modelli, dei sistemi e della trasformazione digitale nel suo complesso. Non basta introdurre tecnologie: serve un impianto di regole, policy e linee guida che disciplinino l’uso etico e responsabile dell’AI, la qualità dei dati, la gestione dei bias, la privacy e la tracciabilità delle decisioni automatizzate (sul punto si veda anche “Chat Bankman-Fried? An Exploration of LLM Alignment in Finance” – Paper Banca d’Italia del Maggio 2025, da cui emerge chiaramente come diversi modelli linguistici (tra cui GPT, Claude e Llama), sottoposti a scenari decisionali complessi hanno risposto in modo incoerente tra loro proponendo decisioni potenzialmente lesive dei limiti etici in caso di stress delle variabili di scenario proposte.

Per questo, la governance dell’AI deve integrarsi nel più ampio framework di Risk Management, perché l’AI introduce nuove categorie di rischio: modelli imprecisi, distorsioni nei dati, bias che possono amplificare discriminazioni nel credit scoring o nella gestione dei sinistri, fino a rischi reputazionali legati alla mancanza di chiarezza.

In questo contesto, la formazione diventa la prima linea di difesa. Promuovere la cosiddetta AI Literacy — la cultura dell’intelligenza artificiale a tutti i livelli aziendali — non è solo un requisito normativo, ma una leva di valore.

Dati di qualità: il fondamento dell’AI affidabile

Data Governance e Data Quality

Alla base di una governance efficace dell’AI c’è un elemento spesso sottovalutato: la qualità dei dati. Nel mondo finanziario, dati incoerenti o incompleti compromettono la solidità dei modelli, generando risultati poco affidabili e nuovi rischi.

Investire in governance dei dati significa, in definitiva, abilitare il valore dell’AI creando i presupposti per la fiducia nei risultati prodotti dai modelli, fiducia da parte dei clienti e degli utenti riducendo altresì i rischi collegati all’adozione.

Il quadro normativo: dall’AI Act europeo alla legge italiana

Nel panorama finanziario, la crescente spinta normativa sull’intelligenza artificiale segna l’inizio di una nuova fase: quella della responsabilità regolata. A livello europeo, l’AI Act (Reg. UE 2024/1689) introduce un quadro giuridico organico che disciplina lo sviluppo, la distribuzione e l’utilizzo dei sistemi di AI, imponendo a tutti gli attori della filiera — fornitori, importatori, distributori e utilizzatori — obblighi proporzionati al livello di rischio dei modelli e sistemi. L’obiettivo è chiaro: promuovere innovazione, ma nel rispetto di trasparenza, sicurezza e diritti fondamentali.

In Italia, la Legge 132/2025 ha allineato il quadro nazionale a quello europeo, fissando principi per la ricerca, lo sviluppo e l’adozione dei sistemi di AI anche nei settori strategici, tra cui il finanziario, dove impatti etici e sistemici sono particolarmente rilevanti.

Le nuove norme si affiancano, anche ai temi di privacy (GDPR) e di tutela del know-how aziendale (la diffusione della cosiddetta “shadow AI”, cioè l’uso non regolato di strumenti di AI generativa in ambito lavorativo, espone le organizzazioni a fughe di dati, violazioni della proprietà intellettuale e perdita di vantaggi competitivi).

Verso un’AI sostenibile ed etica nel sistema finanziario

L’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi produttivi rappresenta una sfida complessa ma imprescindibile per tutte le organizzazioni che intendono rimanere competitive.

Solo attraverso una visione strategica ed una governance solida, sarà possibile cogliere appieno le opportunità offerte dall’AI, contenendo al contempo i rischi e salvaguardando la fiducia degli stakeholder. In questo percorso, la collaborazione tra legislatore, Autorità di Vigilanza, operatori e professionisti sarà l’imprescindibile fattore abilitante per uno sviluppo sostenibile, etico e responsabile dell’AI nel settore, capace di generare valore duraturo per il sistema finanziario e per la società.

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