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Aree interne e sanità: perché il gap nei LEA è una questione urgente



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Il monitoraggio LEA 2023 conferma la frattura strutturale tra Nord e Sud Italia. Emergono criticità nell’assistenza distrettuale, mentre il divario nella spesa sociale comunale amplifica le disuguaglianze sanitarie territoriali

Pubblicato il 1 ott 2025

Tiziana Frittelli

Commissario straordinario Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria



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L‘analisi dei livelli essenziali di assistenza sanitaria rivela una realtà italiana spaccata a metà, dove il divario territoriale non è solo una questione di punteggi ma di opportunità concrete di cura e assistenza. I dati del monitoraggio 2023 mostrano come alle carenze nei LEA si intreccino problematiche sociali ed economiche che richiedono una lettura integrata del fenomeno.

Il nuovo sistema di garanzia LEA: luci e ombre del monitoraggio 2023

Il monitoraggio 2023 del Nuovo Sistema di Garanzia, approvato dal Comitato permanente per la verifica dei livelli di assistenza l’11 febbraio 2025, documentato di recente dalla Relazione 2023 sul Monitoraggio dei LEA attraverso il nuovo sistema di garanzia” del Ministero della Salute, conferma una frattura strutturale che divide il Paese.

Il rapporto prende in esame gli 88 indicatori complessivi della griglia Lea, concentrati in tre macro-aree prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera: 16 per la prevenzione collettiva e sanità pubblica; 33 per l’assistenza distrettuale; 24 per l’assistenza ospedaliera; 4 indicatori di contesto per la stima del bisogno sanitario; 1 indicatore di equità sociale; 10 indicatori per il monitoraggio e la valutazione dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali.

Di questi, 27 indicatori sono CORE, finalizzati a descrivere in maniera sintetica la capacità del sistema sanitario regionale di garantire i LEA. Peraltro, la legge di bilancio 2025 ha disposto che, con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Mef, sentita la Conferenza Stato Regioni, da emanare entro sei mesi dall’adozione della legge, avrebbe dovuto essere integrato il nuovo sistema di garanzia per aggiornare gli indicatori di performance su aspetti gestionali, organizzativi, economici, contabili, finanziari e patrimoniali dei servizi sanitari regionali.

Difatti, quello vigente, emanato con decreto del Ministero della salute del 12 marzo 2019, in vigore dal 1 gennaio 2020, modificato nel 2023 e 2024, risulta ormai carente di molti elementi che andrebbero monitorati per garantire la piena attuazione del PNRR, la prevenzione allargata agli stili di vita e al benessere psicofisico, l’integrazione ospedale territorio, la funzionalità delle reti cliniche, la presa in carico dei pazienti cronici.

Nell’ambito degli indicatori core della prevenzione andrebbero inseriti:

  • tasso di vaccinazione per anziani e fragili
  • nuovi stili di vita: es promozione di sane abitudini alimentari e di incentivo all’attività sportiva, anche attraverso collegamento con banche dati dei comuni ( per es indicatore indiretto obesità infantile ed adulta)
  • stratificazione della popolazione, per consentire una medicina di iniziativa e verificare l’aderenza terapeutica
  • indicatori del Piano Nazionale Prevenzione.

Nell’ambito degli indicatori core della sanità distrettuale sarebbero necessari quelli riferiti a:

Nell’ambito degli indicatori core della sanità ospedaliera mancano:

  • raccordo tra ospedale e territorio (Cot)
  • utilizzo farmaci innovativi
  • almeno tutto il treemap del Programma Nazionale Esiti (7 aree cliniche principali per una valutazione sintetica della struttura)
  • collegamento digitale con territorio (fascicolo sanitario elettronico, piattaforme condivise di teleassistenza)
  • raccordo tra hub e spoke delle reti cliniche (tempo-dipendenti ed oncologiche)
  • raccordo tra Centri screening (mammella, colon, cervice uterina) e Centri specialistici di trattamento
  • indicatori per la sicurezza delle cure
  • monitoraggio delle Infezioni Correlate all’Assistenza.

Senza gli aggiornamenti indicati (uno studio molto efficace è stato effettuato dall’Associazione Salutequità), non sarà possibile monitorare i necessari sviluppi del progetto di riforma della sanità.

Performance regionali: il quadro di una Italia divisa

Rispetto alla griglia Lea in vigore, complessivamente, la maggior parte delle Regioni ha raggiunto o superato la soglia di sufficienza (punteggio minimo 60 su 100) nelle tre macro-aree di monitoraggio, confermando una tenuta generale dei servizi essenziali.

Le Regioni con i risultati migliori includono Piemonte, Lombardia, Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna.

Viceversa, la relazione segnala criticità rilevanti in Valle d’Aosta, Abruzzo, Calabria (che, tuttavia, per la prima volta ha raggiunto la sufficienza, oltre che nell’area ospedaliera, anche in quella della prevenzione), Sicilia, Bolzano, Liguria, Molise e Basilicata. Qui, alcune aree raggiungono risultati al di sotto della sufficienza, soprattutto nella prevenzione e nell’assistenza distrettuale.

Assistenza distrettuale: il tallone d’achille del sistema sanitario

L’assistenza distrettuale emerge come il principale punto critico su scala nazionale, con rilevanti criticità per anziani e pazienti cronici. Su di essa sono destinati ad incidere gli strumenti finanziati dal Pnrr (M6), descritti nella riforma strutturale del DM 77/ 2022 (Modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel SSN), da completare entro giugno 2026, con due pesanti ipoteche sulla loro realizzazione: la mancanza di risorse umane per la loro messa a terra (mancherebbero almeno 65.000 infermieri) e la definizione del ruolo dei Medici di Medicina Generale all’interno del disegno di riforma.

Tuttavia, si deve ritenere che da solo il Nuovo Sistema di Garanzia non sia sufficiente a spiegare la profonda spaccatura tra Nord e Sud, che provoca dolorose emigrazioni sanitarie. Trattasi, infatti, di un quadro che registra profonde criticità sociali ed economiche, che si riversano in modo risolutivo sullo stato di salute della popolazione come determinanti dello stesso, unitamente ad una organizzazione sanitaria spesso deficitaria, in quanto impoverita da piani di rientro dal deficit sanitario che hanno privilegiato tagli lineari rispetto ad una riorganizzazione efficiente ed efficace. Per avere, quindi, un quadro più completo ed organico delle cause più rilevanti che alimentano la problematica, occorre indagare anche la situazione delle aree interne e dell’assistenza sociale in carico ai Comuni, collegata all’assetto produttivo e al Pil dei territori.

Solo un’analisi congiunta dei tre fenomeni – performance sanitarie, spesa sociale e dinamiche delle aree interne- può rilevare con completezza le correlazioni inquietanti che producono un sistema di disuguaglianze che si autoalimenta.

Aree interne: geografia dell’abbandono nel mezzogiorno

Le Aree Interne sono caratterizzate dall’essere significativamente distanti dai principali centri di servizi, ovvero un’offerta scolastica secondaria superiore completa, un Ospedale con un dipartimento di emergenza, urgenza e accettazione (DEA) di primo livello, una stazione ferroviaria di tipo silver.
Il 48% (3834) dei Comuni Italiani viene classificato come area interna (Comuni intermedi, Comuni Periferici e Comuni Ultraperiferici), pari al 58,8% della superficiedel territorio nazionale e al il 22% del totale dellapopolazioneitaliana. Nell’articolazione presentata dal Comitato Tecnico Aree Interne SNAI 2021 – 2027 sono state selezione 43 nuove aree che si aggiungono alle 72 già individuate nella passata programmazione. Nella nuova mappatura è stata individuata una particolare aggregazione territoriale composta da 35 comuni dislocati nelle Piccole Isole del nostro paese. Le Aree Interne risultano presenti soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno: nel complesso sono 1.718 (67,4%) i Comuni che ne fanno parte, con significative incidenze in Basilicata, Sicilia, Molise e Sardegna (tutte superiori al 70%). Le Aree Interne del Mezzogiorno rappresentano il 44,8% del totale nazionale. L’84,5% dei Comuni si colloca lontano dal mare (Comune non costiero), per il 79,9% si tratta di Comuni definiti “rurali” secondo la classificazione europea del grado di urbanizzazione.

Nell’ambito delle aree interne, una particolare specificità è dedicata alle isole. La legge costituzionale 7 novembre 2022, n. 2, Modifica all’articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall’insularità” ha inserito il seguente comma “la Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”.

In linea generale, seppur con qualche differenza da regione a regione, gli studi mostrano che nelle Aree Interne: l’aspettativa di vita è più breve; vi è un minore accesso a cure ambulatoriali e ospedale; i tempi di soccorso sono più lunghi; i ricoveri evitabili sono maggiori; il monitoraggio delle malattie croniche è assente.La demografia delle aree interne meridionali racconta una storia di abbandono progressivo. Il tasso di espatrio dai comuni ultraperiferici ha raggiunto il 2,5 per mille nel 2023, più del doppio della media nazionale. I giovani laureati che lasciano queste aree non vengono sostituiti: per ogni giovane qualificato che rientra, tre emigrano definitivamente. Questo quadro non fa che aggravare e rendere obiettivamente difficile l’assistenza sanitaria del Sud Italia, dove sono più carenti le infrastrutture civili e sociali e più basso il PIL, con conseguenti bassi livelli di reddito pro capite.

Insularità e svantaggi costituzionali: il caso Sardegna

Se si analizzano i risultati della griglia Lea, esiste un rapporto quasi automatico tra presenza di aree interne, conseguenti condizioni critiche socio-economiche e risultati negativi del monitoraggio. A questo proposito una indicazione importante arriva da una sentenza della Corte Costituzionale (sent. n. 6 del 2019), che pone fine ad una vertenza (la c.d. vertenza entrate) tra lo Stato e la Regione Sardegna. Con questa decisione la Corte stabilisce che la definizione del quantum da attribuire alla Regione debba avvenire secondo principi di leale collaborazione e che lo Stato debba tener conto di una serie di parametri, tra i quali il costo dell’insularità e i livelli di reddito pro capite, gli svantaggi strutturali permanenti e il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

In linea con questa sentenza, con l’Intesa in Conferenza Stato-Regioni del 21 dicembre 2022 è stato raggiunto l’accordo su un nuovo meccanismo di riparto dei finanziamenti per la sanità tra le Regioni, recepito con il decreto del Ministro della Salute del 30 dicembre 2022. In particolare, dal 2023, al criterio capitario, parzialmente pesato per tenere conto dell’influenza dell’età sui consumi sanitari, sono stati affiancati altri parametri, ovvero la mortalità e alcuni indicatori delle condizioni socio-economiche. In particolare, è stato stabilito che dal 2023 siano considerati tra questi anche il tasso di mortalità della popolazione al di sotto dei 75 anni e gli indicatori relativi a particolari situazioni territoriali ritenuti utili per definire i bisogni sanitari delle Regioni, intesi come parametri volti a riflettere le condizioni socio-economiche. Tali indicatori sono stati individuati nell’incidenza della povertà relativa individuale, nel livello di bassa scolarizzazione e nel tasso di disoccupazione, aggregati in un unico indice composito di deprivazione, attribuendo a ognuno di essi lo stesso peso.

Per l’Italia, utilizzando i dati dell’Indagine multiscopo sulle famiglie dell’Istat e i dati di consumo, è stato mostrato che, a parità di età, le disuguaglianze sociali restano il principale determinante della morbilità: esiste, dunque, una correlazione tra indicatori di status sociale, in particolare l’istruzione, e morbilità. Risulta evidente la concentrazione della povertà relativa, principalmente nel Mezzogiorno, con tassi superiori al 20 per cento in tutte le Regioni che vi appartengono, tranne Abruzzo, Basilicata e Sardegna, che comunque presentano un’incidenza compresa tra il 10 e il 20 per cento. Nel Nord la maggior parte delle Regioni si colloca sotto il 10 per cento (appena superato da Piemonte, Veneto e Liguria).

Ai fini del riparto, viene costruito una sorta di indice di deprivazione aggregando attraverso una media geometrica tre indicatori, cui è attribuito un uguale peso, mentre le diverse quote del finanziamento, ripartite in base a criteri differenti, sono aggregate con una media aritmetica ponderata, in cui di nuovo mortalità prematura e deprivazione hanno lo stesso peso.

Va osservato che la deprivazione è un fenomeno multidimensionale che, per essere misurato, richiede la definizione di una serie di variabili con cui rappresentarlo. La scelta degli indicatori più pertinenti, la ponderazione (peso) e l’aggregazione incidono significativamente sulla rappresentazione del fenomeno.

Il meccanismo di ponderazione dei nuovi criteri appare semplificato, in quanto è stato stabilito che il 98,5 per cento delle risorse da ripartire resterà allocato tra le Regioni secondo i vecchi criteri, uno 0,75 per cento sarà distribuito in base al tasso di mortalità sotto i 75 anni e un altro 0,75 per cento in base agli indicatori relativi a particolari situazioni territoriali. Tuttavia, una parte crescente del finanziamento, la cosiddetta quota premiale, è ripartita in base ad accordi svincolati da criteri prefissati e frutto di negoziazioni tra le Regioni e, pertanto, non appare in grado di riequilibrare la marginalità sociale del Sud.

A fronte di questa situazione, mentre il Nord-Est investe 197 euro pro capite nei servizi sociali comunali e raggiunge punteggi eccellenti nei Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria, il Sud arranca con appena 72 euro di spesa sociale e performance sanitarie sistematicamente insufficienti. Un divario che assume contorni drammatici quando si considera che proprio nelle regioni meridionali si concentra la maggior parte delle aree interne del Paese, territori che vedono accelerare inesorabilmente il loro declino demografico. La Calabria, in coda alla griglia Lea, spende 37 euro pro capite per i servizi sociali contro i 592 euro della Provincia Autonoma di Bolzano. Un rapporto di 1 a 16 che rappresenta non solo una differenza numerica, ma due opportunità radicalmente diverse di cittadinanza e diritti sociali.

Nel 2021 la spesa dei Comuni per i servizi sociali e socio-educativi è stata di 10,3 miliardi di euro. Al Nord-est le risorse per il welfare territoriale (197 euro pro-capite) sono ben al di sopra della media nazionale (142 euro) e quasi tre volte superiori rispetto al Sud (72 euro). Sono stati presi in carico dagli assistenti sociali oltre 2 milioni 185mila utenti, di cui la quota più ampia (31%) è composta da bambini e nuclei familiari con minori, il 24,1% persone anziane, il 24% adulti con problemi di povertà e disagio sociale, il 13,5% persone sotto i 65 anni con disabilità, il 6,2% immigrati e l’1,2% utenti con problemi di dipendenze.

La trappola della marginalità: quando welfare e sanità si intrecciano

Nei comuni periferici del Sud, la combinazione di spesa sociale insufficiente, punteggi Lea sotto soglia e declino demografico accelerato configura quella che e’ stata definita trappola della marginalità da cui si può uscire solo con forti azioni di recupero del tessuto produttivo e del Pil. In altre parole, sarà difficile risollevare la situazione della sanità distrettuale, le cui carenze si riversano sugli ospedali, se non crescerà lo stato di benessere dei comuni e la spesa sociale, in assenza del quale la sanità fungerà da sliding door per le situazioni di marginalità sociale per una popolazione sempre più anziana e mononucleare, lontana da un circuito familiare e sociale in grado di farsene carico. Una delle chiavi per affrontare i problemi di efficacia e sostenibilità del sistema sarebbe nell’integrazione tra la riforma prevista dalla Missione 6 del PNRR (Decreto 77/2022 (M6C1 e C2) che disegna, di fatto, il primo impianto di livello nazionale dell’organizzazione sanitaria territoriale dall’epoca del D.Lgs. 502/1992, fatto salvo il Dl 2012/158 che ha introdotto le Unità Complesse di Cure Primarie e le Aggregazioni Funzionali Territoriali, ambedue a lungo inattuate) e quelle della Missione 5, a condizione che siano sufficientemente finanziate (sulla disabilità, introdotta dal decreto legislativorecante Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato, attuativo della Legge Delega in materia di disabilità 227/2021 e sulle persone anziane, introdotta dal decreto legislativo recante Disposizioni in materia di politiche in favore delle persone anziane, attuativo della Legge Delega 33/2023). Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha stanziato risorse significative per investimenti logistici in sanità territoriale e coesione sociale, ma l’analisi dei dati suggerisce che senza un cambio di paradigma strutturale, basato su un piano straordinario di assunzioni, questi investimenti rischiano di essere insutilizzati. La definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni sociali rappresenta la grande occasione per uniformare i diritti su tutto il territorio nazionale. Ma la scelta di considerare i LEA sanitari come sufficienti anche per il sociale, senza definire fabbisogni finanziari specifici, perpetuerà le disuguaglianze esistenti.

Il futuro delle aree interne: un impegno per la coesione territoriale

Concludendo, si può affermare che le regioni con migliori performance LEA hanno, rispetto alla media italiana, una spesa sociale 2,7 volte superiore ( variabile dipendente del Pil locale) e una percentuale di comuni in aree interne inferiore del 40%. Non è casualità: è il risultato di decenni di investimenti differenziati e di un circolo virtuoso che il Sud sta cercando di recuperare con enorme fatica. Paradossalmente, per avviare il miglioramento del sistema nel medio periodo è più importante costruire aeroporti (con connessa crescita del Pil), che nuove strutture sanitarie.

Alle problematiche analizzate, si somma quella della denatalità. Se le tendenze attuali non verranno invertite, nel 2043 interi territori del Mezzogiorno interno rischiano di diventare “deserti di welfare”, con meno di 10 abitanti per km² e servizi socio-sanitari completamente assenti. Ci sarebbe necessità di un nuovo patto nazionale per l’equità territoriale, con investimenti straordinari decennali vincolati al raggiungimento di standard minimi uniformi. Secondo studi di settore, il patto richiederebbe 20-30 miliardi annui aggiuntivi, ma potrebbe invertire le tendenze in 10-15 anni. Le proiezioni demografiche ci dicono che abbiamo una finestra di 10-15 anni per invertire la rotta. Dopo, il declino delle aree interne meridionali diventerà irreversibile, con conseguenze che investiranno l’intero Paese.

In un’Italia sempre più anziana e fragile, non possiamo permetterci di perdere un quarto del territorio e un quinto della popolazione. La coesione sociale non è un lusso: è la condizione di sopravvivenza di una nazione.

Sitografia

Ministero della Salute – Monitoraggio LEA 2023
Nuovo Sistema di Garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza
https://www.salute.gov.it

ISTAT – La spesa dei Comuni per i servizi sociali 2021
Report annuale sulla spesa sociale comunale
https://www.istat.it/comunicato-stampa/la-spesa-dei-comuni-per-i-servizi-sociali-anno-2021/

ISTAT – La demografia delle aree interne
Dinamiche recenti e prospettive future (2024)
https://www.istat.it/2024/07/STATISTICA-FOCUS-DEMOGRAFIA-DELLE-AREE-INTERNE

Agenzia per la Coesione Territoriale – SNAI
Strategia Nazionale per le Aree Interne 2021-2027
https://www.agenziacoesione.gov.it

Dipartimento per le Politiche di Coesione
Le Aree Interne 2021-2027
https://politichecoesione.governo.it

Fondazione GIMBE
Report sul monitoraggio dei LEA e mobilità sanitaria
https://www.gimbe.org

Salutequita’

Report Valutare bene per garantire equità

https://www.salutequita.it

Ufficio Parlamentare di Bilancio

Focus n. 3/2024 “ Il riparto del fabbisogno nazionale tra nuovi criteri e attuazioni incompiute”

https://www.upbilancio.it

Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno

Rapporto Svimez 2024

https//aliautonomie.it

Forum Disuguaglianze Diversità
Analisi sulle disuguaglianze territoriali in Italia
https://www.forumdisuguaglianzediversita.org

OpenCoesione
Portale nazionale sui progetti finanziati dalle politiche di coesione
https://opencoesione.gov.it

Camera dei Deputati
La Strategia Nazionale per le Aree Interne e il Fondo di sostegno
https://temi.camera.it

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