Il settore biotech sta vivendo un momento di grande attenzione a livello nazionale e internazionale. Paesi come Stati Uniti e Cina hanno già da tempo riconosciuto il valore strategico delle biotecnologie per la crescita sostenibile economica, la competitività industriale, l’autonomia tecnologica.
Da un paio di anni anche l’Europa ha avviato un percorso per rafforzare all’interno del Vecchio Continente il comparto: prima con il Programma STEP, poi con la comunicazione della Commissione Europea “Building the Future with Nature: boosting biotechnology and biomanufacturing in the EU”, dove si afferma che “le biotecnologie ed il biomanufacturing sono uno dei settori tecnologici più promettenti di questo secolo”.

Indice degli argomenti
European Biotech Act, che cos’è
Oggi la Commissione europea è al lavoro sull’European Biotech Act, una proposta legislativa che ha l’obiettivo di creare un quadro normativo omogeneo e abilitante per lo sviluppo delle biotecnologie nei settori chiave della sanità, dell’agricoltura, dell’industria e della bioeconomia.
La finalizzazione del documento è attesa per la fine del 2025.
Cosa prevede l’European biotech act
Le priorità del Biotech Act includono:
- la semplificazione delle procedure autorizzative, riducendo tempi e frammentazioni tra Paesi;
- un maggiore accesso al capitale, in particolare per scale-up e start-up innovative;
- il potenziamento delle infrastrutture di biomanifattura e dei cluster tecnologici
- sviluppo delle competenze digitali e l’uso dell’intelligenza artificiale.
Il biotech in Italia
Le biotecnologie sono certamente una leva strategica per affrontare le sfide globali. Dal cambiamento climatico alla sicurezza alimentare, fino alla prevenzione e gestione delle pandemie, il biotech offre risposte concrete e sostenibili in modo perfettamente compatibile con l’approccio One Health secondo cui la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente sono interconnesse e indivisibili.
I dati di Assobiotec
L’Area Studi di Assobiotec ha recentemente presentato una nuova fotografia del settore che utilizza un modello innovativo che quantifica la presenza delle biotecnologie all’interno di tutti i settori del Made in Italy. Attraverso l’analisi dei codici ATECO e la stima della quota biotech associata, è stato infatti, possibile tracciare un quadro dettagliato di un comparto che, nel 2023, ha generato un fatturato complessivo superiore a 47,5 miliardi di euro, pari al 2,23% del PIL italiano.
Il settore mostra una forte concentrazione territoriale, con il 73% del valore prodotto nel Nord Italia, e si articola in otto principali macrocategorie.

Con 4.888 imprese attive, il biotech italiano presenta una distribuzione geografica ben definita:

La Lombardia guida la classifica regionale, ospitando il 15,3% delle imprese biotech, seguita da Veneto e Toscana con l’11,6% ciascuna.
Dal punto di vista dimensionale, il comparto è così suddiviso:

Il settore conta 80.000 addetti, distribuiti tra le varie macrocategorie, con una forte concentrazione al Nord, soprattutto in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, che insieme rappresentano oltre il 50% della forza lavoro biotech.
Il costo medio orario del personale biotech si attesta a 31,50 euro, con picchi fino a 41,57 euro nell’industria farmaceutica, a testimonianza dell’alto livello di specializzazione richiesto.
Questi nuovi dati evidenziano come le biotecnologie siano oggi un driver essenziale di innovazione, trainando settori chiave come il farmaceutico e la bioeconomia, che insieme contribuiscono a generare oltre il 20% del PIL nazionale e confermano il ruolo centrale delle biotecnologie nella nuova economia della conoscenza.

Biotech, un ecosistema nazionale ancora fragile
Tuttavia, il settore continua a scontare ostacoli strutturali che ne limitano il pieno sviluppo. Il biotech nazionale si confronta, infatti, quotidianamente con burocrazia regolatoria, accesso limitato al capitale, difficoltà nelle scale-up, soprattutto per start-up e PMI e una complessità intrinseca data dalla natura trasversale e multisettoriale di questa tecnologia abilitante.
In aggiunta, oggi anche l’Italia si trova ad affrontare un contesto internazionale reso più incerto da instabilità geopolitica e barriere commerciali che significano in estrema sintesi “incertezza” e dunque grandi difficoltà nella pianificazione strategica e di medio/lungo periodo. Se poi guardiamo all’ecosistema dell’innovazione ed al al nostro posizionamento rispetto ad altre realtà europee, emergono importanti margini di miglioramento.
Siamo 14° per laureati STEM (23,5% in Italia vs 35,9% in Germania); il Paese investe solo 1,3% del PIL nazionale in ricerca (contro >3% in Germania e oltre 2% in Francia). Siamo secondi per premi ERC, ma molti grant sono vinti da ricercatori italiani all’estero; quarti per brevetti, i nostri Uffici di trasferimento tecnologico sono sottodimensionati e il personale impiegato non ha spesso competenze manageriali imprescindibili per fare il salto fra ricerca e impresa. Ottavi per accesso a Venture Capital e Private Equity
Tutto questo impone un cambio di passo culturale e sistemico. Serve costruire un ecosistema nazionale resiliente, dove formazione, ricerca, produzione e accesso al mercato siano integrati in un’unica visione.
Puntare sul biotech in Italia: il tempo della scelta è ora
Investire in biotech in Italia non è facile, ma oggi è meno difficile di ieri. Ci sono infatti diversi segnali incoraggianti riflesso di una crescente attenzione istituzionale per il settore, che ha ricompreso il biotech nelle strategie di politica industriale nazionale.
Pensiamo al piano Made in Italy 2030, per ridisegnare una politica nazionale favorevole alle aziende che devono investire; alla Strategia Italiana per la Bioeconomia (BIT II – IAP 2025–2027); ai maggiori investimenti pubblici e privati rivolti al settore, ai tavoli ministeriali per la semplificazione della ricerca o a quello per l’internazionalizzazione.
Dopo Stati Uniti e Cina, anche l’Unione Europea punta in maniera decisa sulle biotecnologie e per il biotech nazionale è un’occasione irripetibile. È dunque questo il momento in cui il Paese deve prendere una posizione rispetto ai pilastri sui quali si intende costruire il proprio futuro. La sfida è aperta. Le opportunità sono reali. Ma bisogna essere tutti consapevoli che il tempo delle scelte è ora.





































































