Finalmente si potrà certificare la malattia dopo una televisita? Sembrerebbe di sì, considerato che il 5 marzo è stato approvato un emendamento specifico al DDL n. 1241.
L‘uso della telemedicina per la certificazione di malattia: partiamo da principio
Un anno fa, il 28 febbraio 2024 nella sala Zuccari a Palazzo Giustiniani, sede del Senato della Repubblica, abbiamo organizzato un convegno discutendo la possibilità di certificare telematicamente una malattia dopo una televisita, esplorando le implicazioni legali, etiche e operative della telemedicina.
Il convegno era stato organizzato dalla Commissione Sanità Digitale dell’OMCeO di Roma e dalla Commissione Responsabilità Medica e Sanitaria dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Ne abbiamo scritto su agenda digitale il 27 marzo 2024
I temi principali affrontati erano:
- Le sfide della telemedicina – La telemedicina offre accessibilità e comodità, ma solleva questioni sulla valutazione clinica a distanza e la validità legale delle certificazioni di malattia.
- Ruolo critico della televisita – La validità legale della televisita è cruciale, bilanciando innovazione tecnologica e “fattore umano”. Il codice deontologico attuale dei medici-chirurghi non sembra permettere la certificazione malattia dopo una televisita.
- Incongruenze legali – Nonostante la possibilità di prescrivere farmaci e produrre referti dopo una televisita, la certificazione telematica di malattia non è consentita, creando incongruenze legali.
- Responsabilità amministrativa e legale – È necessario un approccio equilibrato per garantire efficacia, etica e conformità legale nelle certificazioni di malattia a distanza.
- Proposte per il futuro – La certificazione telematica dovrebbe essere estesa a tutti i medici abilitati, e i moduli INPS dovrebbero essere modificati per includere la televisita.
- Necessità di chiarimenti deontologici – È necessario un chiarimento da parte della FNOMCEO sul codice deontologico riguardo alla certificazione telematica dopo una televisita.
Certificazione di malattia e televisita: l’emendamento che cambia le regole
Il 5 marzo 2025, un anno dopo finalmente un po’ di luce in fondo al tunnel viene approvato un emendamento, “Proposta di modifica n. 10.0.6 al DDL n. 1241″: Dopo l’articolo, aggiungere il seguente: «Art. 10-bis. (Utilizzo dello strumento della telemedicina per la certificazione di malattia)
All’articolo 30-bis del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, dopo il comma 1 aggiungere il seguente: “1-bis. Al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dopo l’articolo 44-bis aggiungere il seguente: “44-ter (Disposizioni in materia di certificazione di malattia con modalità di telemedicina)
- La modalità di visita con strumenti di telemedicina soddisfa il criterio della constatazione diretta da parte del medico, ai fini del rilascio della certificazione di malattia. Le visite mediche del medico certificatore finalizzate a verificare lo stato di malattia di un lavoratore che si assenta dal proprio impiego possono essere effettuate anche in modalità di telemedicina;
- Il Ministro della Salute, con proprio decreto da adottarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza Stato – Regioni, modifica le ‘Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina’, aggiungendo dopo l’ultimo periodo del capitolo ‘Opportunità e ambiti di applicazione della telemedicina’ le seguenti parole: “Le visite per la certificazione di malattia possono essere svolte dai medici certificatori, anche attraverso strumenti di telemedicina“
I nodi da sciogliere: aspetti deontologici e legali
Sembrerebbe tutto fatto, in realtà il ministro della salute dovrà analizzare con attenzione alcuni punti ancora “grigi”: in primis il codice deontologico degli ordini dei medici, che probabilmente dovranno apportare delle modifiche, e poi , in particolare sulla certificazione telematica (legge Brunetta), si specifica nei modelli attuativi ,che i certificati di malattia vanno redatti sempre dopo visita in presenza del paziente.
Lo specifica la Corte di Cassazione, V Sezione Penale 29 gennaio 2008 n. 445, in una sentenza che recita: “risponde di falso ideologico il medico che attesti una malattia senza aver compiuto la visita, anche se di essa non abbia fatto esplicita menzione nel certificato”, evocando il reato all’ ‘art. 481 Codice Penale, ovvero “falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità”.
Inoltre, al capo III –Della falsità in Atti– il Codice Penale recita: “chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 51 a euro 516. Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro”.
Infine chiarisce nel 2023 la FIMMG, il maggiore sindacato di medici di famiglia che “Non è possibile effettuare certificazioni a distanza, pena la nullità postuma della certificazione e possibili penali per medico e assistito”.
I casi in cui la televisita è appropriata e il precedente giurisprudenziale
Più volte si è detto che una visita in presenza, ad esempio nel caso di una colite, di una gastroenterite, dei giorni di riposo dopo un intervento, dopo una gastroscopia o un amniocentesi ed altre centinaia di possibili cause di assenza dal lavoro per “malattia” rendono inutile la vista in presenza, in particolare entro 24 ore dall’assenza per una prognosi che potrebbe essere anche di uno due giorni. È assolutamente corretto utilizzare la televisita, e non la “telefonovisita”, che non ha elementi, ad esempio di identificazione del paziente.
Vale la pena ricordare che nel 2012 la Cassazione aveva stabilito, come pubblicato dall’ordine dei medici di Palermo, che non basta parlare al telefono col paziente, visitato qualche giorno prima, e farsi riferire i sintomi per prorogare il certificato di malattia. Il medico di base deve visitare comunque il suo assistito. Con la sentenza 18687 del 15 maggio 2012 ha condannato un medico di famiglia di Milano, con l’accusa di aver compilato un falso certificato medico con cui prorogava la prognosi di decorso di una malattia di una sua paziente. Il medico non aveva visitato la paziente ma si era limitato a scrivere il certificato sulla base dei sintomi di persistenza del male riferitigli per telefono dalla donna.
Senza successo, in Cassazione, il medico ha fatto presente di aver visitato la donna solo quattro giorni prima di prorogarle lo stato di malattia e che, pertanto, gli era sembrato credibile il protrarsi dei sintomi della patologia. Secondo i Supremi giudici “non è consentito al sanitario effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente sulla base di dichiarazioni effettuate per telefono dai suoi assistiti. Ciò rende irrilevanti le considerazioni sulla effettiva sussistenza della malattia o sulla induzione in errore da parte della paziente”. Insieme al medico è stata condannata anche la sua assistita, colpevole di aver fatto uso della falsa certificazione per giustificare la sua assenza dal lavoro.
Prospettive future
Ora appare più chiaro perché la svolta è ancora in dubbio. Speriamo che la norma da parte del ministero della salute arrivi al più presto: come Commissione Sanità Digitale dell’OMCeO e la Commissione Responsabilità Medica e Sanitaria dell’Ordine degli Avvocati di Roma siamo a disposizione per qualsiasi supporto.