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Formazione digitale: educare tra algoritmi e connessioni fragili



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L’analisi sociologica della formazione digitale evidenzia come la tecnologia abbia trasformato i metodi di apprendimento. Le piattaforme e-learning modificano il rapporto con la conoscenza, presentando opportunità per l’educazione continua ma sollevando interrogativi sulla qualità dell’interazione sociale

Pubblicato il 5 mag 2025

Marino D'Amore

Docente di Sociologia generale presso Università degli Studi Niccolò Cusano



formazione digitale
Asian business woman using digital tablet and laptop computer, working at home office. Female student studying online via tablet and laptop computer, reading e-book mobile app, internet technology

La digitalizzazione ha profondamente influenzato la società in ogni sua dimensione, colonizzando molteplici ambiti, tra i quali anche quello della formazione.

La transizione dai modelli tradizionali di apprendimento, centrati sulla compresenza fisica e sull’interazione diretta, verso un modello digitale ha catalizzato numerosi dibattiti e riflessioni sociologiche. Da un lato, la digitalizzazione può essere vista come un’opportunità per democratizzare l’accesso alla conoscenza, abbattendo barriere geografiche, sociali, economiche e temporali. Dall’altro, si aprono interrogativi legati alla qualità dell’apprendimento, alla disuguaglianza digitale, il digital divide, e all’efficacia pedagogica delle nuove tecnologie.

La digitalizzazione della formazione: un’analisi sociologica

L’introduzione delle tecnologie informatiche nei processi educativi risale agli anni ’80 del secolo scorso, con l’avvento dei primi computer nelle scuole e nelle università. Tuttavia, è con la diffusione invasiva della rete internet, dei dispositivi mobili e la crescente potenza delle piattaforme di e-learning che si è verificata una vera e propria rivoluzione nei sistemi educativi globali.

Secondo Castells (1996), la società della rete ha trasformato non solo la comunicazione e l’economia, ma anche i processi educativi sopracitati. La formazione digitale, infatti, consente di accedere a contenuti educativi in modo più flessibile, neutralizzando la tradizionale separazione tra luogo e tempo di apprendimento. Inoltre, offre opportunità di studio personalizzato, che si adattano meglio alle esigenze e alle propensioni individuali degli studenti. Tuttavia, secondo Bauman (2000), la digitalizzazione può anche portare a un fenomeno di “liquidità” nella formazione, in cui i percorsi educativi diventano più frammentati e meno strutturati, abbandonando la stagnazione nozionistica de passato, ma al contempo non fornendo quelle strutture cognitivo-interpretative necessarie che fungono da prodromi e basi di qualunque conoscenza.

Formazione digitale: le disuguaglianze e il rischio di esclusione

Nonostante le promesse di una formazione più inclusiva, la digitalizzazione, come spiegato, non è priva di rischi. Le disuguaglianze digitali, sia in termini di infrastrutture di rete e alle competenze, rischiano di ampliare il divario tra chi ha e chi non ha accesso alle risorse digitali. Questo fenomeno è particolarmente evidente nei paesi in via di sviluppo, dove le disponibilità di risorse tecnologiche è limitata e una semplice connessione si palesa come una mera utopia.

Studi recenti, come quello di van Dijk (2020), mettono in evidenza come le disuguaglianze digitali non riguardino solo l’accesso suddetto alle tecnologie, ma anche le abilità necessarie per utilizzarle in modo efficace. In altre parole, non basta avere un dispositivo o una connessione internet: è fondamentale possedere una serie di competenze digitali per navigare con successo nell’ambiente educativo online.

Tale contingenza di elementi può condurre alla cosiddetta polarizzazione educativa, condizione che si attualizza quando la possibilità di utilizzo del digitale è altamente diseguale.

Inoltre secondo Lave e Wenger (1991), l’apprendimento situato e comunitario è una componente fondamentale dei processi educativi, mentre l’isolamento fisico degli studenti nelle piattaforme digitali potrebbe compromettere la qualità dell’interazione sociale, della socializzazione con i pari, mettendo a repentaglio la costruzione della personalità individuale, inficiando la percezione identitaria del soggetto e l’apprendimento stesso.

L’e-learning e la nuova sociologia dell’apprendimento

L’e-learning rappresenta uno degli sviluppi più significativi nella formazione digitale. Con la pandemia di COVID-19, l’adozione di piattaforme di apprendimento online è diventata quasi universale, accelerando la transizione verso modalità di insegnamento a distanza multitiming e multiplacing. In questo senso lo scenario si divide tra apocalittici e integrati: alcuni studiosi ritengono che l’e-learning possa offrire nuove opportunità di apprendimento, altri sollevano dubbi circa la sua fattuale efficacia.

Sälzer e Zubriggen (2021) hanno osservato che l’apprendimento online, pur essendo più accessibile, non è esente da sfide e criticità. Essi sostengono che le interazioni tra studenti e insegnanti diventano più superficiali e saltuarie e la motivazione, nonché la quota di attenzione impiegata, degli studenti può subire una flessione notevole quando non sono fisicamente presenti in un ambiente scolastico o universitario. Inoltre, la qualità delle risorse didattiche online può variare notevolmente, con il rischio che alcuni contenuti non siano all’altezza degli standard pedagogici tradizionali generalmente intesi.

Dal punto di vista sociologico, l’e-learning solleva interrogativi sulla relazione tra tecnologia e competenze sociali. Come osservato da Giddens (2006), l’apprendimento non avviene solo attraverso la trasmissione di conoscenze, ma anche mediante il processo di socializzazione che avviene nel contesto di un gruppo e nei confronti dell’insegnante. La formazione digitale, pur favorendo l’autonomia e la responsabilizzazione degli studenti, potrebbe limitare le esperienze collettive di apprendimento con ricadute effettive su quello individuale.

Il ruolo delle piattaforme digitali e la formazione lifelong learning

Le piattaforme digitali, come Coursera, edX, Udemy, e altre, hanno reso l’apprendimento accessibile a milioni di persone in tutto il mondo, facilitando l’accesso a seminari, corsi e certificazioni. Questo fenomeno si inserisce in una più ampia tendenza verso il lifelong learning, ossia la necessità di apprendere e riqualificarsi continuamente nel corso della vita lavorativa.

Da un punto di vista sociologico, l’accesso a queste piattaforme può essere visto, come detto, come una forma di democratizzazione dell’educazione, in quanto offre opportunità a chiunque, indipendentemente dalla sua posizione geografica, sociale o economica, di accedere a risorse formative di qualità. Tuttavia, come notato da Hargittai (2010), l’uso di queste piattaforme dipende non solo dalla disponibilità di tecnologie dedicate, ma anche dalle competenze digitali degli utenti, il che può limitare l’accesso per alcuni gruppi sociali.

Inoltre, la crescente centralità delle piattaforme digitali nel settore educativo solleva anche preoccupazioni legate alla privatizzazione della formazione. Secondo Fuchs (2017), l’uso massivo di queste piattaforme può rafforzare il potere delle grandi multinazionali tecnologiche, che controllano l’accesso alla conoscenza e ai percorsi educativi, organizzandone la strutture e, potenzialmente, costruendo l’humus formativo necessario per produrre e diffondere visioni del mondo determinate e funzionalmente pianificate.

Formazione digitale tra opportunità e sfide: verso un approccio equilibrato

Sebbene l’e-learning e le piattaforme digitali siano strumenti efficaci per ampliare la portata della formazione, queste tecnologie non sono neutre dal punto di vista sociale e culturale. La qualità dell’educazione, infatti, dipende non solo dalla disponibilità di dispositivi e connessione internet, ma anche dalla capacità delle piattaforme di garantire esperienze di apprendimento efficaci e coinvolgenti.

Un aspetto fondamentale da considerare è il rischio che la digitalizzazione, pur espandendo l’accesso a nuove modalità di apprendimento, possa contribuire a una crescente frammentazione dei percorsi educativi.

La liquidità della formazione, come l’ha definita Bauman, potrebbe portare alla creazione di percorsi scolastici e professionali meno coerenti e strutturati. Gli studenti che usufruiscono di queste modalità di apprendimento rischiano di trovarsi isolati, privi di un contesto sociale che favorisca la motivazione e la condivisione delle esperienze. L’apprendimento, infatti, non è solo un processo cognitivo, ma un fenomeno profondamente sociale che avviene attraverso l’interazione con altri individui e con il contesto educativo. Un altro aspetto cruciale riguarda la relazione tra formazione digitale e lifelong learning. Il modello di apprendimento continuo rappresenta un pilastro della società post-industriale, in cui la formazione è sdoganata dai primi anni di vita adulta e si estende lungo tutto l’arco della vita.

Le piattaforme digitali sono fondamentali per supportare questo processo, ma devono essere utilizzate in modo tale da favorire l’acquisizione di competenze critiche e riflessive. L’apprendimento non può essere solo un mezzo per acquisire nuove abilità tecniche, ma deve anche incoraggiare una comprensione profonda, critica delle dinamiche sociali, politiche ed economiche del mondo digitale.

Le politiche educative future devono affrontare queste sfide con un approccio olistico che tenga conto delle esigenze tecnologiche e sociali. L’integrazione della tecnologia nella formazione deve essere accompagnata da un’attenta riflessione sui valori educativi fondamentali e sui modi in cui le tecnologie possono essere utilizzate per promuovere l’inclusione, la partecipazione e la solidarietà. In questo senso, le università, le scuole e le istituzioni educative devono evolversi non solo come entità che forniscono contenuti, ma anche come ambienti che supportano l’educazione sociale, la collaborazione e la cittadinanza globale. Solo così potremo costruire un sistema educativo che risponda in modo equo e sostenibile alle sfide del presente e del futuro.

Bibliografia

1. Castells, M. (1996). The Rise of the Network Society. Blackwell, Oxford.

2. Bauman, Z. (2000). Liquid Modernity. Polity Press, Cambridge.

3. van Dijk, J. (2020). The Digital Divide. Oxford University Press, Oxford.

4. Lave, J., & Wenger, E. (1991). Situated Learning: Legitimate Peripheral Participation. Cambridge University Press, Cambridge.

5. Giddens, A. (2006). Sociology (6th ed.). Polity Press, Cambridge.

6. Sälzer, C., & Zubriggen, F. (2021). The Impact of E-Learning on Education: A Sociological Perspective. Springer, Cham.

7. Hargittai, E. (2010). Digital Na(t)ives? Variation in Internet Skills and Uses among Members of the “Net Generation”. Sociological Inquiry, 80(1), 92-113.

8. Fuchs, C. (2017). Social Media: A Critical Introduction. Sage, London.

9. Collis, B., & Moonen, J. (2001). Flexible Learning in a Digital World: Experiences and Expectations Betty Collis and Jef Moonen; Kogan Page, London, 2001, 232 pp, ISBN 0–7494–3371-X.

10. Siemens, G. (2005). Connectivism: A Learning Theory for the Digital Age. International Journal of Instructional Technology and Distance Learning, 2(1), 3-10.

11. Selwyn, N. (2016). Education and Technology: Key Issues and Debates. Bloomsbury Publishing, London.

12. McLuhan, M. (1964). Understanding Media: The Extensions of Man. MIT Press, Cambridge, MA.

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