È noto a tutti quanto sia vivo il dibattito sulla diffusione di parchi eolici e fotovoltaici, fenomeno verso il quale una consistente fetta dell’opinione pubblica regionale non nasconde riserve e perplessità.
La mediazione appare al momento difficile, e il confronto somiglia sempre più a una rigida e guardinga contrapposizione. Ma, per questo motivo, l’istituzione delle comunità energetiche rinnovabili (Cer) sembra oggi a molti la via maestra – forse l’unica via allo stato delle cose proponibile – per uscire dallo stallo.
L’attenzione intorno alle Cer potrebbe favorire una possibile convergenza tra sostenitori di posizioni diverse sul futuro energetico dell’isola.
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Le Comunità energetiche rinnovabili in Sardegna
In un’ottica, fatta di ascolto, mediazione e aperture verso un’idea di futuro da condividere quanto più estesamente, sta orientando i suoi sforzi anche Eurispes Sardegna, promotore di un convegno tematico svoltosi ad Alghero alla presenza dei vertici del governo regionale.
Non solo si studiano le Cer, ma anche se ne introduce la conoscenza, promuovendo il confronto sul ruolo che possono avere nelle prossime scelte di politica energetica. Ad esigerlo sono tanti fattori concomitanti che vanno oltre i confini dell’isola.
Basterebbe pensare a quanto chiede l’Agenda 2030 in materia di sostenibilità ambientale con uno dei suoi obiettivi più urgenti per la riduzione drastica dell’uso dei combustibili fossili e l’adozione di interventi, in primis economici e legislativi, per consentire a tutti l’accesso a energie rinnovabili adeguate ai bisogni dell’intera comunità mondiale.
«Quella che l’ONU esprime nella formula del Goal 7, non è altro – sostiene, a questo proposito, Fausto Fadda, presidente del Comitato scientifico dell’Eurispes Sardegna – che la sostanziale prefigurazione delle comunità energetiche rinnovabili».
Il ruolo della Ue
Anche la Ue, sappiamo, ha fatto, e continua a fare, la sua parte. Con più provvedimenti e direttive ha promosso e incentivato le Cer con l’intento, ambizioso ma non impossibile, di ridurre le emissioni di gas serra, raggiungere l’indipendenza energetica, diminuire i costi e contrastare la povertà energetica. La strategia perseguita è quella di aumentare la quota di rinnovabili nel consumo di energia.
È chiaro che in un piano strategico di questa portata le Cer possono avere un ruolo di primo piano. In questa direzione, che ha come obiettivo l’accelerazione del processo di decarbonizzazione, va anche la scelta del nostro Paese di puntare sulle Cer, sostenendone la creazione con contributi a fondo perduto fino al 40% delle spese ammissibili.
Prospettive di decarobonizzazione in Sardegna
Politiche di decarbonizzazione sono state proposte anche in Sardegna e fatte rientrare negli obiettivi del Piano energetico ambientale regionale con l’intento di giungere a una significativa riduzione delle emissioni nocive climalteranti.
A far premere sull’acceleratore l’adozione di misure di questo tipo è stata negli ultimi anni anche l’esigenza di rispettare tempi e condizioni imposti a livello comunitario per la chiusura delle centrali di produzione di energia e carbone, che, in Sardegna, è bene ricordare, sostengono una quota considerevole dei consumi energetici.
Insomma, quello del fabbisogno energetico è nell’isola un problema non da poco, ma, secondo Fausto Fadda, la soluzione potrebbe non essere così lontana: «Da un report redatto congiuntamente dal Politecnico di Milano e dall’Università di Cagliari – dichiara – si evince che, al 2030, si potrebbe soddisfare l’intero fabbisogno elettrico dell’isola con fonti rinnovabili».
Secondo lo stesso report, basterebbe, in effetti, una superficie di cinquemila ettari per la realizzazione di impianti da rinnovabili.
Richiesta che potrebbe venire soddisfatta grazie alla disponibilità di siti in cui collocare, per esempio, i parchi fotovoltaici, procedendo però sulla base di scelte attentamente meditate e vagliate.
In tutto questo le Comunità energetiche rinnovabili potrebbero assolvere una decisiva funzione di guida e intermediazione.
«È infatti chiaro l’obiettivo di garantire alla Sardegna l’autosufficienza energetica e il contenimento dei costi – dichiara Gerolamo Balata, segretario generale dell’Eurispes Sardegna – e tutto questo potrebbe rivelarsi per l’economia isolana la leva di un processo positivo atteso da tanti anni».
I tempi della transizione energetica in Sardegna
I tempi della transizione energetica sembrano però seguire nell’isola una tabella di marcia diversa rispetto a quella di altre realtà territoriali. Diversa non perché più accelerata. Anzi.
Rispetto alla necessità di favorire una equilibrata transizione energetica, l’isola si trova in difficoltà nell’onorare gli standard concordati per il contenimento delle emissioni climalteranti del 55%, l’aumento di efficienza energetica del 42,5% e della produzione di energia rinnovabile del 42,5%. Tutto questo entro la deadline del 2030.