Il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale e dei servizi collegati, ma anche più semplicemente la diffusione capillare degli usi e delle abitudini digitali di noi tutti (dall’invio di questo testo alle miriadi di messaggi istantanei ricevuti e inviati), sta portando ad un aumento della domanda energetica dei data center. Di fatto, i data center sono il cuore pulsante dell’infrastruttura digitale mondiale.
Una crescita che rende necessario cercare di stimare quale sarà l’effetto di questo notevole sviluppo sulla domanda energetica. Le recenti stime fornite dall’Agenzia internazionale dell’energia, la IEA, indicano un possibile aumento del consumo elettrico dei data center fino al 127% entro il 2030. Fatto che implica un’altra questione chiave, vale a dire definire quali e in che misura le varie fonti energetiche forniranno il fabbisogno aggiuntivo.
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Impatto ambientale dei data center, cosa dicono i dati
Per non deragliare lungo i binari di sviluppo sostenibile e transizione energetica è necessario infatti che tutti nuovi consumi incrementali – quali sono quelli dei data center – siano coperti da fonti rinnovabili.
Se lo sviluppo digitale è trasversale a tutte le latitudini, la maggior parte dei data center si trova negli Stati Uniti, dove se ne contano 3.678, circa al 93% di quelli presenti in tutto il Nord America. Includendo nel calcolo i 173 data center presenti nella Federazione Russa, l’Europa ne conta poco meno di 3000. Tra i paesi europei, il maggior numero di data center si trova in Germania e Regno Unito con rispettivamente 424 e 419 strutture. La terza maggior macro-regione per numero di data center a livello globale è l’Asia, con 1.209 strutture. Di queste il 29% si trova in Cina dove se ne contano 346 data center.
Quali sono i consumi energetici dei data center
In seguito alla rapida diffusione dell’intelligenza artificiale (IA), specialmente dei modelli generativi, il consumo energetico dei data center sta cambiando significativamente. Secondo i dati riportati da EPRI (Electric Power Research Institute) le query AI richiedono circa 10 volte più elettricità rispetto alle tradizionali ricerche (2,9 watt-ora vs 0,3 watt-ora). Negli Stati Uniti, le applicazioni IA attualmente utilizzano il 10-20% dell’elettricità dei data center, ma questa percentuale è in rapida crescita.
Già nello scenario base previsto dalla IEA nel report “Energy and AI”, pubblicato lo scorso aprile, la capacità totale installata dei data center raggiungerà i 226 GW nel 2030, contro i 97 GW attuali, con un consumo globale di energia elettrica che passerà dai circa 416 TWh, del 2024 in crescita del 15% sul 2023, ai 946 TWh del 2030.
Secondo le stime dell’Agenzia, nel 2030 saranno sempre Stati Uniti, Cina ed Europa (geografica) a dominare in termini di capacità installata. Tuttavia, mentre i primi due potrebbero più che raddoppiare la loro capacità rispetto al valore attuale, l’Europa potrebbe non superare il 70%. Questa tendenza è già visibile confrontando la crescita del 2024 con l’anno precedente, quando l’Europa ha raggiunto un +7% contro il +20% di USA e Cina.
Oggi la maggior parte della domanda proviene dalle aree maggiormente interessate dalla presenza di queste strutture e nelle quali si concentra la gran parte della capacità installata. Gli Stati Uniti rappresentano il 44% della domanda mondiale proveniente dai data center, seguono invece Cina ed Europa rispettivamente a quota 25% e 16%. Unitamente, le tre economie detengono quindi l’85% della domanda. Anche in questo caso, al 2030, si prevede che gli equilibri rispetto al resto del mondo rimangano invariati. Tuttavia, se da un lato la domanda elettrica dei data center statunitensi e cinesi avrà un maggior peso in termini di quota sul totale, quella europea potrebbe invece diminuire di circa 4 punti percentuali.
Le strategie di decarbonizzazione per i data center
Considerata la rapida crescita dei data center prevista nei prossimi anni a livello mondiale, è importante definire una strategia per la fornitura di energia che consideri gli obiettivi di decarbonizzazione. Secondo i dati dell’IEA, nello scenario base, le emissioni indirette associate all’elettricità consumata dai data center, che oggi ammontano a 180 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO₂) e rappresentano lo 0,5% del totale delle emissioni da combustione, potrebbero raggiungere il picco massimo dell’1% intorno al 2030.
Nello stesso scenario, le energie rinnovabili che attualmente forniscono in media il 27% dell’elettricità consumata dai data center, potrebbero coprire la metà della domanda aggiuntiva di elettricità nel 2030. Per affrontare queste sfide, le aziende del settore stanno cercando di ridurre le emissioni di queste strutture tramite progetti che puntano a integrare diverse tecnologie. In particolare, le fonti rinnovabili potranno essere affiancate da sistemi di accumulo energetico per rispondere alla variabilità, mentre le tecnologie di cattura della CO₂ potranno essere applicate centrali alimenta da combustibili fossili che per la loro natura sono programmabili. Da notare, infine, che molti sono i progetti che prevedono l’utilizzo di energia prodotta da fonte elettronucleare.
Risorse idriche per data center e gestione dei rifiuti elettronici
Un altro aspetto critico è quello dell’utilizzo delle risorse idriche. Il raffreddamento dei data center è essenziale per il funzionamento ottimale dei sistemi di intelligenza artificiale, richiede, infatti, quantità significative di acqua. Questa necessità sta già creando sfide notevoli in regioni caratterizzate da scarsità idrica, dove numerosi data center sono stati costruiti a livello mondiale. Alcune tecnologie emergenti promettono di ridurre drasticamente questa dipendenza dall’acqua, ma la loro adozione su larga scala è ancora in fase iniziale. Non mancano poi studi, progetti e esempi su come valorizzare il calore prodotto con impianti di teleriscaldamento.
La gestione del ciclo di vita dell’hardware, infine, rappresenta un’ulteriore dimensione dell’impatto ambientale dell’IA. L’accelerata obsolescenza delle infrastrutture computazionali specializzate contribuisce significativamente all’accumulo di rifiuti elettronici. Inoltre, la produzione di chip specializzati per l’intelligenza artificiale, come GPU (Graphics Processing Units) e TPU (Tensor Processing Units), richiede non solo processi manifatturieri ad alta intensità energetica ma anche l’estrazione e la lavorazione di materiali rari, con conseguenti impatti ambientali nelle regioni di estrazione.
Impatto ambientale data center, la situazione in Italia
L’Italia è salita sul treno dei data center già da qualche anno, ma è nell’ultimo biennio che si è vista una decisa accelerazione nelle progettualità avviate e nelle strutture costruite e messe in servizio, come monitorato dal progetto Energ-IA, sviluppato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) come hub di analisi e confronto sulle applicazioni dell’intelligenza artificiale in ambito energetico.
La concentrazione dei siti attualmente attivi è prevalentemente nel Centro-Nord, ma è la provincia di Milano ad essere il centro nevralgico di queste infrastrutture, con una presenza nel solo milanese che supera un terzo del totale dei centri elaborazione dati italiani. A fine aprile, la sola provincia di Milano contava 58 data center, rispetto ai 169 totali del territorio italiano.
Segue la provincia di Roma con 19 strutture, seguita da quella di Torino con 10. Queste tre provincie sono le uniche ad ospitare un numero pari o superiore a 10 data center in Italia. Sotto un profilo energetico, ad oggi, la gran parte dei data center attualmente in esercizio è concentrata sulla rete di media e bassa tensione, visto il contenuto calibro degli impianti ed il loro uso più ristretto.
Negli Stati Uniti, ma in generale in tutto il mondo, con il passaggio al cloud computing e all’intelligenza artificiale, i nuovi data center stanno già aumentando di dimensioni, con capacità che vanno da 100 a 1.000 MW, equivalenti all’incirca al carico di 80.000-800.000 abitazioni. Secondo i dati di Terna, questo passaggio verso dimensioni più grandi delle strutture, con un conseguente aumento della potenza richiesta da ciascun progetto, sta iniziando a manifestarsi anche in Italia.
Nel 2024, secondo dati del Documento di Programmazione territoriale efficiente e interventi di connessione di Terna, le richieste di connessione di data center alla rete di trasmissione nazionale hanno toccato i 30 GW, in aumento di 24 GW rispetto al 2023. In particolare, si riscontrano 15 richieste di allaccio alla rete di trasmissione nazionale per impianti di taglia superiore ai 400 MW, nota Terna, che però costituiscono il 26% della potenza totale richiesta, pari a 8 GW. Attualmente, su 198 richieste attive, il 40% è attribuibile a impianti da 50 a 100 MW, ma le taglia media si attesta sui 140 MW, e appare in continua crescita.
Le iniziative di allaccio alla rete di trasmissione nazionale associate ai data center si concentrano nel Nord Italia, seguendo la localizzazione degli impianti già esistenti.
A seguire, le Regioni Puglia, Basilicata e Molise, che compongono la macroregione del Sud, hanno in capo più richieste di quante ne abbiano le aree del Centro-Sud e Centro-Nord, mentre in Sardegna e Calabria non si registrano iniziative di questo tipo.
Fra le Regioni del Nord, ancora una volta, prevale nettamente la Lombardia, con quasi 19 GW di richieste, seguita da Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Veneto e infine Liguria.
Il futuro dell’impatto ambientale dei data center
L’evidente sbilanciamento verso il Nord, con una notevole concentrazione in Lombardia, e nella provincia di Milano in particolare, è senz’altro una criticità da affrontare, anche perché all’aumentare delle iniziative proposte si stanno moltiplicando proteste e fenomeni di opposizione locale. Nel prossimo futuro, sarà importante per il nostro Paese evitare l’effetto “saturazione”, sia dei territori che delle reti elettriche. In primis perché i data center sono delle infrastrutture impattanti, sia dal punto di vista degli spazi occupati che delle risorse consumate. L’accettazione delle progettualità proposte da parte della popolazione locale dipenderà molto da quali saranno le tipologie di siti scelti dai proponenti ed il ritorno effettivo in termini di reali benefici sui territori.
In questo senso, vi è l’interrogativo di come gli ingenti consumi elettrici di queste strutture potrebbero impattare sul PUN zonale ed il relativo effetto di potenziali aumenti in bolletta per la popolazione. In secondo luogo, ci troviamo in un momento storico di cambiamenti e di grande dinamicità del sistema elettrico, soprattutto a monte, in quanto vi sono richieste sempre più grandi, in taglia e numerosità, per l’allaccio alla rete di impianti rinnovabili per la transizione energetica. Le domande relative ai data center vanno a sommarsi a un sistema già di per sé saturo di richieste che, a prescindere dalla serietà ed effettiva realizzazione dei progetti sottostanti, devono essere smaltite dall’apparato istituzionale preposto e dal gestore della rete e possono porre serie difficoltà proprio sul piano dell’impatto locale sulle infrastrutture di trasmissione dell’energia elettrica.













