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Un’IA sostenibile è possibile: come governarla verso il bene comune



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La sostenibilità dell’IA va oltre il consumo energetico. Il suo impatto ambientale deve considerare anche i benefici di ottimizzazione, mentre vanno valutate anche le dimensioni sociali ed economiche

Pubblicato il 13 mag 2025

Stefano Epifani

Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale Autore del libro “Sostenibilità Digitale: perché la tecnologia non può fare a meno della trasformazione digitale”



llama 4 IA sostenibile IA nella PA

Nel dibattito contemporaneo sull’Intelligenza Artificiale (IA), troppo spesso ci si concentra su due temi: i consumi dell’AI e issuoi aspetti “etici” (o presunti tali). Ciò però distoglie dal vero tema, che è quello della necessità di sviluppare un’analisi sistemica degli impatti dell’AI sui tre elementi costitutivi della sostenibilità: ambientale, economica e sociale. È questa lacuna che occorre colmare se vogliamo affrontare in modo serio la transizione digitale nel contesto della sostenibilità.

L’IA, infatti, non è una tecnologia neutra nei suoi effetti: il suo impatto dipende dal modo in cui viene progettata, adottata e regolata. Paragonabile per portata all’invenzione del motore a scoppio o dell’energia nucleare, l’intelligenza artificiale genera una discontinuità sistemica che sviluppa nuovi paradigmi di governance, nuove sfide per le infrastrutture e impatti sulle policy pubbliche. Il tema, quindi, non è se l’IA sia sostenibile, ma come possiamo renderla tale. Di questo si è parlato nel settimo episodio di Sostenibilità Digitale: il podcast.

Sostenibilità ambientale dell’IA: oltre il consumo energetico

Il più semplice livello di analisi riguarda la dimensione ambientale. È indubbio che i sistemi di IA, in particolare quelli fondati su modelli di deep learning e la GenAI, abbiano un’impronta energetica rilevante. Alcune stime attribuiscono all’addestramento di un singolo modello avanzato un’emissione compresa tra le 300 e le 600 tonnellate di CO₂, equivalenti al ciclo annuale di circa 300 veicoli a combustione interna.

Tuttavia, focalizzarsi esclusivamente su questo aspetto conduce a una visione fuorviante. Non esistono, infatti, tecnologie intrinsecamente sostenibili o insostenibili: è il bilancio del loro impatto lungo il ciclo di vita a determinare il grado di sostenibilità. In questo senso, l’IA può costituire un formidabile strumento di ottimizzazione energetica e riduzione degli sprechi. Ad esempio, in ambito edilizio – che rappresenta circa il 30% delle emissioni urbane di CO₂ – i sistemi basati su IA sono già in grado di ridurre i consumi energetici fino al 10%, attraverso una regolazione adattiva dei sistemi di riscaldamento e raffreddamento.

L’analisi in tempo reale dei dati ambientali e di utilizzo degli spazi consente di intervenire in modo puntuale e continuo sull’efficienza termica degli edifici, con effetti diretti sul contenimento dei consumi e delle emissioni. In tal senso, quindi, è evidente come abbia  poco senso riflettere sugli “impatti” dell’AI se non si considerano gli impatti positivi, oltre che quelli negativi.

Impatto sociale dell’IA: trasformazione del lavoro e qualità della vita

Il secondo elemento da prendere in considerazione è quello sociale. Si pensi, ad esempio, agli aspetti occupazionali: il timore di una massiccia sostituzione della forza lavoro da parte delle macchine ha accompagnato ogni rivoluzione industriale, e l’IA non fa eccezione. La novità risiede nella pervasività dell’impatto: l’intelligenza artificiale estende la sua influenza dai lavori manuali alle professioni intellettuali e cognitive, scardinando il confine tra automazione fisica e automatizzazione decisionale.

Eppure, anche se la direzione di questa rivoluzione non può essere totalmente indirizzata, deve essere almeno in parte governata. L’IA, se progettata in ottica collaborativa, è in grado di abilitare nuovi ruoli professionali ad alto valore aggiunto. È un cambiamento qualitativo, prima ancora che quantitativo, ma impone una ridefinizione delle politiche attive del lavoro, dei programmi di formazione e degli strumenti di protezione sociale. Serve una governance dell’innovazione che non insegua le disuguaglianze, ma le anticipi, redistribuendo i benefici dell’efficienza tecnologica. Si tratta di un equilibrio dinamico tra accelerazione dell’innovazione e mitigazione delle sue asimmetrie.

Sostenibilità economica: crescita inclusiva o polarizzazione?

Il terzo elemento è quello economico. L’IA può contribuire in modo significativo all’efficienza dei processi, alla riduzione dei costi e alla creazione di nuove catene del valore. Tuttavia, l’adozione disomogenea delle tecnologie intelligenti rischia di amplificare il digital divide, polarizzando la capacità competitiva tra chi dispone degli strumenti e chi ne è escluso. Una sostenibilità economica autentica non si misura solo in termini di crescita del PIL o produttività aggregata, ma anche attraverso indicatori distributivi. In tal senso, la dimensione economica è inestricabilmente connessa a quella sociale: se la creazione di valore non è accompagnata da politiche redistributive e inclusive, la tecnologia rischia di erodere la coesione sociale e aumentare l’instabilità sistemica.

Le politiche pubbliche devono perciò svolgere un duplice ruolo:

  • Abilitare l’innovazione, rimuovendo ostacoli regolatori e incentivando la ricerca;
  • Governare gli effetti redistributivi, garantendo equità nell’accesso e tutela nei confronti dei soggetti più vulnerabili.

Responsabilità condivise per un’intelligenza artificiale sostenibile

L’intelligenza artificiale non è sostenibile o insostenibile “in sé”: può esserlo solo se progettata, governata e utilizzata con consapevolezza. Il suo impatto sulla società, sull’economia e sull’ambiente è troppo rilevante per essere lasciato alle sole logiche di mercato. È una questione di scelte. E queste scelte riguardano tutti: istituzioni, imprese, cittadini.

In questo contesto, il Manifesto per la Sostenibilità dell’Intelligenza Artificiale, promosso dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale, vuole rappresentare un riferimento. Non si tratta di un documento teorico o di un elenco di principi astratti: è uno strumento operativo che offre un framework multidimensionale per guidare lo sviluppo e l’adozione dell’IA nel rispetto dei valori umani, dei diritti fondamentali e della sostenibilità sistemica. Il Manifesto fornisce linee guida concrete per integrare trasparenza, equità, tracciabilità e responsabilità nei processi decisionali basati su tecnologie intelligenti.

Affinché l’IA sia davvero una leva per il bene comune, è necessario promuovere un’azione coordinata e sistemica che faccia della sostenibilità un criterio guida, non un’opzione accessoria. L’intelligenza artificiale può e deve contribuire a un futuro più equo, inclusivo e resiliente. Ma questo futuro va costruito. Con visione. Con responsabilità.

Per approfondire questi temi con esempi, dati e riflessioni, l’episodio integrale del podcast Sostenibilità Digitale è disponibile per l’ascolto sulle principali piattaforme:

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