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Cosa sono le stablecoin, i diversi tipi e come funzionano



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Le stablecoin sono token che, come ci indica il termine “stable”, sono tendenzialmente stabili e non subiscono le oscillazioni che tipicamente si registrano con il Bitcoin, non risentendo delle dinamiche di domanda e offerta presenti sul mercato. Cosa sono e in cosa differiscono dal bitcoin

Pubblicato il 26 set 2025

Gianluca Albè

A&A – Albè & Associati Studio Legale

Federica Bottini

A&A – Albè & Associati Studio Legale



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Le stablecoin si presentano come un’alternativa alle criptovalute tradizionali, con la promessa di coniugare innovazione tecnologica e stabilità di valore. Tuttavia, la loro crescente diffusione ha sollevato in passato e continua tuttora a sollevare interrogativi giuridici, finanziari e sistemici.

Con l’entrata in vigore del Regolamento MiCA nell’Unione Europea e il GENIUS Act negli Stati Uniti (acronimo di Guiding and Establishing National Innovation for U.S. Stablecoins), il panorama normativo ha subito una svolta decisiva.

L’obiettivo di questo articolo è analizzare in chiave giuridica cosa sono le stablecoin, i principali modelli operativi, i rischi sottesi e le implicazioni regolamentari più recenti, con un focus sul nuovo quadro europeo e sul ruolo della vigilanza in Italia.

Le stablecoin e la loro rilevanza

Nel panorama del mondo cripto, le stablecoin rappresentano una categoria peculiare: strumenti digitali concepiti per mantenere un valore stabile nel tempo, agganciato a un asset sottostante. A differenza di Bitcoin o Ethereum, caratterizzati da forti oscillazioni, le stablecoin promettono di offrire stabilità, efficienza nei pagamenti digitali e interoperabilità globale. La loro funzione può quindi essere assimilata a quella di una “valuta digitale privata” e la loro crescente adozione, anche da parte di soggetti istituzionali, ha attirato l’attenzione di regolatori, banche centrali e autorità di vigilanza a livello globale.


Cosa sono le stablecoin e le varie tipologie

Dal punto di vista tecnico e funzionale, le stablecoin sono token digitali emessi su una blockchain che replicano il valore di un’attività sottostante, come:
una valuta fiat (es. dollaro, euro). Sono le più diffuse. Mantengono un rapporto di 1:1 con una valuta legale (tipicamente il dollaro USA) grazie alla presenza di riserve equivalenti detenute da un soggetto terzo (es. banca o custode fiduciario). Tra le più recenti si segnala la stablecoin emessa da Société Générale-Forge;
una materia prima (es. oro). In questi casi, per compensare la volatilità dell’asset sottostante, è spesso richiesto un overcollateralization, cioè una riserva di valore superiore all’importo dei token emessi;
un’altra cripto-attività;
oppure nessun asset, affidandosi a un algoritmo per regolare la propria offerta. Non sono garantite da riserve reali. Utilizzano algoritmi e smart contract per regolare automaticamente l’offerta in base alla domanda. Il crollo di TerraUSD (UST) nel 2022) è emblematico dei rischi strutturali di questo modello.

L’obiettivo è garantire stabilità di prezzo, superando la volatilità delle criptovalute tradizionali.


I principali rischi associati alle stablecoin

Sebbene le stablecoin siano progettate per garantire una certa stabilità di valore, non sono esenti da rischi, anzi: proprio la loro struttura ibrida espone a diverse criticità, tanto sul piano tecnico quanto su quello giuridico. Uno dei principali pericoli è rappresentato dalla perdita del “peg”, ossia del collegamento stabile tra la stablecoin e il valore dell’asset sottostante. Se questo ancoraggio si rompe, il token può discostarsi in modo significativo dal valore di riferimento, generando instabilità e perdite per gli utenti come dimostrato dal caso TerraUSD (UST).

A ciò si aggiungono i rischi legati alla trasparenza delle riserve: in alcuni casi non è chiaro se esista effettivamente una riserva a copertura dei token emessi, quale sia la sua natura – ad esempio liquidità, titoli o derivati – e se sia prontamente accessibile in caso di richieste di rimborso.

Dal punto di vista tecnologico, poi, le stablecoin possono inoltre essere esposte a vulnerabilità operative, come bug nei contratti intelligenti, attacchi informatici o errori di gestione algoritmica, soprattutto nei modelli non collateralizzati.

Infine, per lungo tempo il settore è stato segnato da una forte incertezza giuridica, dovuta alla mancanza di una cornice normativa chiara, uniforme e vincolante a livello europeo e internazionale; lacuna oggi in parte colmata con l’entrata in vigore del Regolamento MiCA.


Il Regolamento MiCA: un nuovo quadro normativo per l’UE

Per lungo tempo le stablecoin, così come le altre cripto-attività, hanno operato in un contesto privo di una disciplina organica a livello europeo. Questa assenza normativa ha generato incertezza giuridica, difficoltà per gli operatori che volevano offrire servizi conformi e, soprattutto, rischi significativi per i consumatori e per la stabilità del sistema finanziario.

Il Regolamento (UE) 2023/1114 sui mercati delle cripto-attività (MiCA) segna un punto di svolta nella regolazione delle stablecoin in Europa stabilendo norme uniformi per gli emittenti di cripto-attività: l’Unione Europea ha compiuto un passo decisivo verso la costruzione di un quadro regolamentare chiaro, uniforme e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Si tratta di un testo normativo di portata storica, che mira a disciplinare l’intero settore delle cripto-attività e, in particolare, a introdurre regole specifiche per le stablecoin, riconosciute come strumenti potenzialmente idonei a incidere sulla stabilità dei mercati finanziari e sulla politica monetaria.

Il Regolamento MiCA, sul punto, distingue due tipologie di token, a seconda dell’asset di riferimento:
Asset-referenced tokens (ART): sono le stablecoin ancorate a più valute legali, a materie prime o ad altre attività. Si tratta, ad esempio, di token garantiti da un paniere diversificato di valute o da riserve in oro o altre commodities;
E-money tokens (EMT): sono le stablecoin ancorate a una singola valuta fiat, come l’euro o il dollaro statunitense e puntano a offrire stabilità paragonabile alla moneta elettronica emessa dalle banche.

Gli operatori che intendono emettere stablecoin nell’Unione Europea devono ora rispettare precisi requisiti normativi, volti a garantire trasparenza e tutela degli investitori:
Autorizzazione preventiva: l’emittente deve ottenere l’autorizzazione da parte dell’autorità nazionale competente. In Italia, l’autorità competente per la vigilanza delle stablecoin nell’ambito del regolamento MiCA è la Banca d’Italia mentre Consob è competente invece per la trasparenza, la correttezza dei comportamenti e la tutela dei possessori di cripto-attività, con poteri di vigilanza su offerta e ammissione a negoziazione.
Riserve a copertura integrale: per ogni token emesso deve esistere una riserva equivalente, costituita da asset liquidi e sicuri, segregata rispetto al patrimonio dell’emittente. Questo garantisce la possibilità di soddisfare le richieste di rimborso degli utenti in qualsiasi momento.
Trasparenza e governance: gli emittenti sono tenuti a fornire informazioni chiare sulle modalità di gestione delle riserve, sulle procedure di custodia e sui controlli di auditing nonché sul meccanismo di stabilizzazione. Devono inoltre adottare regole di corporate governance solide, per evitare conflitti di interesse e garantire una gestione prudente.
Obblighi di disclosure: occorre predisporre documentazione informativa aggiornata e comunicare in modo puntuale agli utenti i rischi connessi all’utilizzo della stablecoin.

Regolamento MiCa non si limita a disciplinare gli emittenti. Tutti i soggetti che forniscono servizi su cripto-attività – i cosiddetti Crypto Asset Service Providers (CASP) – devono anch’essi ottenere una specifica autorizzazione. Rientrano in questa categoria gli exchange, i wallet provider, i gestori di piattaforme di scambio e i soggetti che prestano consulenza o intermediazione in cripto-attività. Per i CASP sono quindi previsti requisiti in materia di capitale minimo, governance societaria, sistemi di sicurezza informatica, politiche di gestione del rischio e obblighi di condotta verso i clienti.

L’obiettivo, dichiarato espressamente, è allineare i fornitori di servizi in criptovalute agli standard già applicabili agli intermediari finanziari tradizionali.


Lo scenario fuori dai nostri confini: dagli Stati Uniti al Digital Euro

Il dibattito sulle stablecoin non riguarda solo l’Unione Europea. In un contesto globale, anche altri ordinamenti hanno avviato iniziative legislative o istituzionali per governare un fenomeno che, per natura, travalica i confini nazionali.

Il GENIUS Act ha introdotto una disciplina estremamente puntuale sugli emittenti di stablecoin a fini di pagamento negli Stati Uniti. In primo luogo, viene stabilito che solo le entità espressamente approvate da un’autorità di vigilanza federale o statale possono emettere stablecoin.

Per raggiungere questo obiettivo, la legge ha creato un sistema a doppio binario regolatorio:
• da un lato, gli emittenti qualificati a livello federale, che possono includere sia le controllate di istituti di deposito assicurati (banche) sia soggetti non bancari, previa autorizzazione da parte di autorità federali come l’Office of the Comptroller of the Currency (OCC);
• dall’altro, gli emittenti qualificati a livello statale, ossia entità regolate secondo il diritto di uno Stato federato, purché il relativo quadro normativo sia certificato come “sostanzialmente simile” a quello federale. Per questi ultimi è previsto, tuttavia, un limite quantitativo: non possono superare emissioni di stablecoin per un controvalore complessivo superiore a 10 miliardi di dollari.

Particolare attenzione è dedicata alle riserve: ogni stablecoin deve essere coperta uno a uno da riserve denominate in dollari statunitensi o in altri asset altamente liquidi ed equivalenti. La legge impone inoltre requisiti stringenti di trasparenza, obbligando gli emittenti autorizzati a pubblicare regolarmente le proprie politiche di rimborso e a rendere disponibili report mensili dettagliati sulla composizione delle riserve.

Gli emittenti vengono qualificati come istituzioni finanziarie ai sensi del Bank Secrecy Act (BSA), il che comporta l’obbligo di adottare solidi programmi di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo (AML/CTF), di monitorare le operazioni sospette e di effettuare procedure di identificazione dei clienti (KYC).

La normativa prevede poi specifici divieti di pratiche commerciali scorrette, ad esempio vietando che i servizi legati alle stablecoin vengano condizionati all’acquisto di altri prodotti o servizi a pagamento (c.d. tying).

Viene inoltre sancito che nessun prodotto può essere commercializzato come stablecoin di pagamento negli Stati Uniti se non conforme al GENIUS Act. Si tratta quindi di una vera e propria barriera regolamentare di accesso al mercato, volta a escludere dal mercato emittenti privi di autorizzazione o operanti in giurisdizioni non allineate.

Infine, sono previste regole di onorabilità degli esponenti aziendali: soggetti condannati per reati finanziari gravi – come insider trading, riciclaggio, frode o appropriazione indebita – non possono ricoprire incarichi di amministratore o dirigente presso società emittenti di stablecoin.

In parallelo, sul fronte europeo, il discorso si sposta sulle valute digitali pubbliche. La Banca Centrale Europea sta infatti proseguendo i lavori per il progetto del Digital Euro, una vera e propria Central Bank Digital Currency (CBDC) emessa direttamente da una banca centrale, a differenza della moneta elettronica emessa da istituti privati. L’idea alla base è duplice: da un lato, offrire ai cittadini un’alternativa sicura e garantita dallo Stato alle stablecoin private e, dall’altro, preservare la sovranità monetaria europea, evitando che strumenti digitali emessi da soggetti extra-UE (come grandi operatori statunitensi o asiatici) diventino dominanti nel mercato dei pagamenti.

Un esempio recente è rappresentato da Japan Post Bank, che ha annunciato il lancio di una stablecoin legata allo yen, utilizzabile anche per il trading di asset digitali.

Il Digital Euro, invece, se introdotto, garantirebbe a chiunque l’accesso a uno strumento di pagamento digitale sicuro, facilmente utilizzabile anche in scenari transfrontalieri, in linea con le evoluzioni tecnologiche e con l’esigenza crescente di transazioni istantanee.

È evidente che la coesistenza tra stablecoin private e CBDC sarà uno dei temi più delicati dei prossimi anni. Da un lato, le stablecoin continueranno a innovare, offrendo soluzioni veloci e globali mentre dall’altro, le banche centrali cercheranno di mantenere il controllo sulla moneta e sulla stabilità del sistema finanziario. La sfida sarà dunque trovare un equilibrio tra innovazione privata e garanzie pubbliche, in un contesto sempre più interconnesso e competitivo a livello internazionale.


Conclusioni

Il 2025 segna l’avvio concreto di una nuova fase regolamentare per le stablecoin. L’ambizione dell’Unione Europea con il Regolamento MiCA è chiara: coniugare innovazione e sicurezza, stimolare lo sviluppo del mercato delle cripto-attività senza compromettere la stabilità finanziaria. Sarà tuttavia fondamentale che i principi affermati nella normativa trovino attuazione effettiva, con una supervisione coerente e una cooperazione internazionale solida. Le stablecoin, se correttamente disciplinate, possono giocare un ruolo rilevante nel futuro dei pagamenti digitali, ma solo se integrate in un contesto trasparente, affidabile e adeguatamente regolato.

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