La trasformazione digitale non è un fenomeno reversibile: avanza come un’onda che travolge strutture, linguaggi e modelli organizzativi. È questa l’immagine che Luca Gastaldi, professore associato al Politecnico di Milano, ha scelto per descrivere il cambiamento in corso durante il convegno Ital_IA: tra dati pubblici e algoritmi, organizzato da ADM e Sogei.
Nel suo intervento, Gastaldi ha sottolineato come l’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione non rappresenti una minaccia per il lavoro pubblico, ma una risorsa per sostenere un sistema che affronta un inevitabile ricambio generazionale e una crescente complessità nella gestione dei servizi.
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La pubblica amministrazione come infrastruttura del Paese
Gastaldi ha invitato a superare due pregiudizi radicati: il primo è quello che vede l’IA come un pericolo per i dipendenti pubblici, il secondo è la contrapposizione fra pubblico e privato, dove il primo sarebbe sinonimo di lentezza e burocrazia e il secondo di agilità e innovazione.
«Le imprese sono il motore dell’economia», ha osservato, «ma la pubblica amministrazione è la macchina dentro cui questo motore corre. Se la macchina non è digitale, non andiamo da nessuna parte».
Un’affermazione che rimette al centro il ruolo dello Stato come abilitatore del sistema produttivo e non come freno. Gli oltre 30 miliardi di euro del PNRR destinati alla trasformazione digitale e la nascita di infrastrutture come l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) dimostrano che la PA dispone oggi di un patrimonio informativo senza precedenti, capace di alimentare innovazione se governato con strumenti adeguati.
Dalla frammentazione al modello Government as a Platform
Negli ultimi anni, la ricerca condotta dal Politecnico ha individuato nel modello Government as a Platform la cornice di riferimento per modernizzare l’amministrazione italiana.
Il principio è semplice: concepire lo Stato come un insieme di piattaforme condivise, in grado di rendere omogenei i processi e ridurre la disomogeneità fra enti centrali e locali. I pilastri di questa visione sono quattro: piattaforme comuni per i servizi digitali, dataset univoci, interoperabilità tramite API e infrastrutture cloud scalabili.
Esempi concreti non mancano. Strumenti come SPID, CIE, PagoPA, l’app IO, SEND e la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) sono oggi il cuore di un ecosistema che collega cittadini, imprese e istituzioni. I numeri citati da Gastaldi mostrano la portata della trasformazione: oltre 20.000 connessioni attive, 160 enti privati coinvolti e 800 milioni di scambi di dati e servizi fra amministrazioni. Una “rivoluzione silenziosa”, ha detto il docente, «una foresta che cresce senza fare rumore».
I ritardi del sistema e il ruolo dell’intelligenza artificiale
Nonostante gli investimenti, l’Italia resta in ritardo rispetto ad altri paesi europei per livello di digitalizzazione e qualità dei servizi pubblici. Secondo le analisi condotte dagli osservatori del Politecnico, l’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione è il tassello che può colmare questo divario.
L’obiettivo non è sostituire le persone, ma permettere al sistema di funzionare con efficienza in un momento in cui circa 600.000 dipendenti pubblici andranno in pensione nei prossimi anni.
«L’IA non ruba il lavoro», ha chiarito Gastaldi, «ma aiuta chi resta a fornire servizi migliori». L’automazione delle attività ripetitive e il supporto alle decisioni sono oggi le aree di maggiore impatto.
I dati raccolti dall’Osservatorio indicano che gli investimenti nazionali in intelligenza artificiale si sono quadruplicati negli ultimi anni, con una prevalenza di soluzioni legate all’analisi dei dati e non all’IA generativa. In Italia sono stati censiti 167 progetti di IA nella PA, molti dei quali coordinati da enti centrali come ADM e Sogei, e il numero dei progetti operativi è in costante crescita dopo la pausa forzata del periodo pandemico.
Accanto ai progressi emergono anche le sfide: la tutela della privacy, la spiegabilità degli algoritmi e la difficoltà di interpretare risultati prodotti da sistemi complessi restano nodi centrali. Temi che, come ha ricordato il docente, non riguardano solo la tecnologia ma la responsabilità amministrativa e la fiducia dei cittadini.
Dati pubblici e algoritmi: il potenziale applicativo
Nell’ambito di un protocollo di collaborazione fra il Politecnico di Milano, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e Sogei, sono stati esplorati alcuni scenari per comprendere come dati e algoritmi possano generare valore nei tre principali domini di competenza dell’Agenzia: accise, dogane e monopoli.
Nel settore delle accise, l’Agenzia dispone di dati dettagliati sui consumi di gas naturale, che riflettono dinamiche economiche e sociali: il calo dovuto al lockdown, seguito da una nuova contrazione legata alla guerra in Ucraina e alla maggiore sensibilità dei cittadini verso l’efficienza energetica.
Secondo Gastaldi, questi dati potrebbero essere utilizzati per identificare anomalie o frodi, ottimizzare la riscossione e migliorare la pianificazione fiscale attraverso analisi predittive.
Nel campo delle dogane, la mole di informazioni sui flussi di esportazione delle imprese italiane consente di individuare tendenze controintuitive. «Le esportazioni dalla Sardegna verso l’Africa», ha ricordato Gastaldi, «sono quasi il triplo di quelle verso l’America». Dati di questo tipo permettono di automatizzare classificazioni doganali, migliorare la tracciabilità e fornire raccomandazioni basate su evidenze empiriche alle imprese che operano sui mercati internazionali.
Infine, il comparto dei monopoli e dei giochi rappresenta un laboratorio particolarmente sensibile, dove l’uso etico dell’AI partendo dai dati può avere impatti sociali diretti. I 150 miliardi di euro di raccolta nel settore dei giochi offrono una base informativa che, se trattata nel rispetto della privacy, consente di prevenire comportamenti a rischio e ludopatie, costruendo strategie di prevenzione personalizzate su cluster di utenti, senza ricorrere a identificazioni individuali.
«L’IA può aiutare a individuare segnali d’allarme», ha spiegato, «come un aumento progressivo della spesa o una frequenza anomala di gioco notturno, e consentire interventi mirati per tutelare i cittadini».
Competenze, coordinamento e visione
Gastaldi ha infine richiamato tre condizioni essenziali per far crescere l’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione in modo diffuso e sostenibile: coordinare gli sforzi, definire una strategia chiara a 18-24 mesi e coinvolgere i dipendenti pubblici in un processo di cambiamento che li renda protagonisti.
La gestione della complessità, ha osservato, richiede collaborazione e pianificazione, ma soprattutto la capacità di valorizzare le competenze già presenti nella macchina pubblica. «I dipendenti pubblici hanno un potenziale enorme», ha detto, «ma serve risvegliarlo, perché per troppo tempo è rimasto sopito».
Verso una cultura condivisa dell’innovazione
L’intervento di Gastaldi offre una lettura tecnica e culturale di come la PA possa evolvere grazie all’IA, non come replica di modelli privati ma come costruzione di un’infrastruttura pubblica intelligente, fondata su dati affidabili, algoritmi trasparenti e una visione di sistema.
Il percorso non è privo di ostacoli, ma l’idea di una PA che “surfa” sull’onda digitale anziché subirla restituisce un’immagine di fiducia: non uno slogan, ma una direzione di lavoro concreta per lo Stato digitale italiano.















Molto interessante questo approfondimento, soprattutto per chi lavora in enti pubblici e deve orientarsi tra AI Act, NIS2 ed eIDAS 2.0.
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