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Superintelligenza o bolla? L’enigma economico della corsa all’IA



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Investimenti senza precedenti e utili rinviati alimentano interrogativi sull’effettiva sostenibilità economica dell’intelligenza artificiale. La corsa alla superintelligenza intreccia ambizioni scientifiche, strategie geopolitiche e dinamiche di mercato che rischiano di generare squilibri profondi nel sistema tecnologico e produttivo globale

Pubblicato il 11 nov 2025

Mauro Lombardi

Università di Firenze, BABEL – Blockchain and Artificial intelligence for Business, Economics and Law



gemini 3

La corsa alla superintelligenza segna la nuova frontiera dell’economia digitale, ma dietro l’entusiasmo delle Big Tech emergono segnali di incertezza. La ricerca del primato cognitivo delle macchine solleva interrogativi sulla sostenibilità economica e sull’equilibrio tra innovazione, redditività e impatto sociale.

La frenesia degli investimenti delle big tech

L’epoca attuale, oltre che per avvenimenti fuori dal comune, sarà sicuramente ricordata per alcuni fenomeni sorprendenti, che generano attese e incognite circa il futuro dei rapporti tra umanità e mondo tecnico-scientifico. Assistiamo, infatti, a ingenti volumi di risorse destinate a perseguire obiettivi di cui è difficile definire la natura, dal momento che si tratta di raggiungere non solo obiettivi di profittabilità, bensì soprattutto traguardi tecnico-scientifici di cui non si conosce né la portata, né la realizzabilità, oltre ai rischi globali che potrebbero derivarne. Siamo in sostanza di fronte ad una dinamica multiforme e incontrollata, derivante da strategie ben precise, indotte da aspirazioni e molteplici velleità, tipiche degli umani.

La spirale degli investimenti e la guerra dei talenti

Iniziamo con qualche fenomeno a prima vista sorprendente.

Le Big Tech che offrono tecnologie e servizi ad alta intensità di conoscenza (Microsoft, Meta, Amazon, Alphabet-Google, Anthropic) non sembrano coinvolte da problemi di reddiitività: la loro spesa complessiva è pari a 364 milioni di dollari nel solo anno corrente (Yahoo Finance, 2025).

Ad inizio 2025 esse hanno annunciato 220 miliardi di dollari in investimenti, 100 mld in più rispetto al 2023, destinati soprattutto a nuovi data center, in modo da incrementare l’efficienza nell’elaborazione dati, che costituisce la spinta basilare verso un’espansione dell’uso e della domanda di IA (Weise, 2025). Alla forte spesa in infrastrutture hardware e software è seguita una sorta di “frenesia” (Metz, 2025a), cioè un’intensa dinamica nell’assunzione di un numero ristretto di persone ad alta qualifica tecnico-scientifica, attratte da retribuzioni milionarie a livello individuale e a gruppi limitati.

Google: 3 miliardi per Character.Ai

La competizione nell’assumere competenze ha raggiunto livelli ragguardevoli, se si pensa che Google ha speso 3 miliardi per acquistare licenze per tecnologie prodotte da Character.AI, startup che si occupa di intelligenza artificiale ed è stata fondata da Noam Shazeer and Daniel De Freitas, usciti tempo fa dalla stessa Google,. In realtà Google con questa operazione assorbe i due computer scientist e il 20% della Character.AI, che resta “autonoma” senza i suoi fondatori e la componente più propulsiva (Griffith e Metz, 2024a). Strategie analoghe sono state attuate da Microsoft, Meta, Amazon.

La prima ha nel marzo 2024 ha stipulato un accordo con la start-up Inflection, in base al quale sono impegnate risorse per 650 mln di dollari, al fine di acquisire le loro tecnologie e assumere quasi tutti i loro addetti, incluso il fondatore Mustafa Suleyman, attualmente a capo della branca consumer AI business di Microsoft (Griffith e Metz, 2024b)[1]. L’anno scorso Inflection ha raccolto 1,3 mld di dollari per creare un chatbot.

Meta e l’acquisizione di Scale AI

Meta ha investito 14,3 mld di dollari nella società Scale AI, assicurandosi il 49% della compagine azionaria, mentre il suo fondatore, Alexander Wang è messo a capo di un laboratorio Meta, il cui scopo è realizzare la Superintelligenza. Con questa operazione Meta accede a dataset specializzati. fondamentali per rafforzare in misura rilevante la dotazione di set di addestramento dei LLMs. Scale AI ha, infatti, competenze molto diversificate e di grande livello nello sviluppo del software, oltre a molti contratti per le attività di etichettatura dei dati (labeling) con una forza lavoro distribuita in Kenia, Filippine, Venezuela (Janakiran MSV, 2025). Non va poi trascurato il fatto che Scale AI ha, per così dire, canali privilegiati per l’accesso al mercato della difesa USA, date le solide connessioni che Wang ha con Washington. Sono evidenti le analogie con le scelte operate da Microsoft, tutte volte a evitare le sanzioni dell’antitrust e al tempo stesso ad acquisire posizioni di rilievo nella competizione high-tech, dove emerge con chiarezza una spinta cruciale: ricerca del primato nella corsa alla super-intelligenza.

Amazon e Adept AI

Amazon ha adottato una strategia identica con la start-up Adept AI, fondata da ricercatori di OpenAI e Google, con un valore di mercato ad inizio 2024 pari a 1 mld di dollari. L’ammontare delle risorse impiegate direttamente è pari a 25 mln di $, ma due investitori (Greylock e General Catalyst) recuperano il loro investimento di 414mln. Questi movimenti innescano peraltro un’indagine preliminare della FTC (Federal Trade Commission) sui rapporti societari multipli, nel timore che vi siano violazioni delle regole antitrust.

Il quadro generale è ulteriormente ampliato dalle vicende della start-up Anthropic, rivale di Open Mind e fondata da Dario Amodei (CEO con la sorella Daria (Presidente) allo scopo di creare agenti artificiali di frontiera molto avanzati. Dopo consistenti afflussi di capitali nel triennio 2021-2024 (Griffh e Metz, 2024b), la società ha il 2 Settembre scorso annunciato di aver raccolto 13mld di $ e raggiunto un valore di mercato (post-money) di 183 miliardi, il triplo di quello registrato in marzo (Capoot, 2025). Gli afflussi di capitali sono anche dovuti agli investimenti effettuati grazie agli accordi con Google e Amazon, attualmente sotto indagine FTC.

Il paradosso economico dell’IA generativa

Alla luce di questi accadimenti, un numero consistente di autorevoli analisi indicano squilibri di fondo nella dinamica innovativa, sia sul piano economico-finanziario che su quello tecnico-scientifico. Per quanto riguarda il primo, uno dei principi basilari per la stima della validità degli investimenti effettuati è quello della differenza tra spesa in conto capitale e il raggiungimento del punto di pareggio (break-even point). Uno studio di David Cahn (2024) ha mostrato, con un aggiornamento rispetto all’analogo lavoro del 2023, che il gap tra spese e recupero delle stesse è triplicato in un anno (da 200 a 600 miliardi di dollari) per Nvidia, leader mondiale nella produzione di GPU (graphical processing unit), fondamentali per tutta l’infrastruttura globale dell’IA.

Al gap appena indicato è associato uno analogo e forse maggiore nelle società high-tech che impiegano le GPU, se si pensa che –come spiega sempre David Cahn- ad ogni dollaro speso per l’acquisto di GPU bisogna aggiungere grosso modo 1 dollaro per il consumo di energia nei data center e il margine di profitto. I costi dell’IA tendono quindi ad aumentare e il tempo di rientro delle somme investite si dilata, con la conseguenza di generare instabilità, aggravata dalla spinta competitiva verso investimenti sempre più consistenti. Non è pertanto strano che da più parti si accenni all’ipotesi di essere in presenza di una “bolla”, pari e forse più grande di quelle all’origini delle precedenti crisi del 2001 (dotcom), se si pensa a questo ulteriore dato. Un’indagine della McKinsey (MGI, 2025a), svolta presso circa 1500 imprese di varia dimensione, ha messo in luce come solo il 20% di esse, soprattutto imprese con fatturati superiori a 500 milioni di dollari, rileva un significativo impatto sulla struttura dei flussi di lavoro e sulle modalità di controllo dei risultati generati dall’IA generativa. Emerge ciò che il rapporto McKinsey (2025b) chiama “AI paradox”, ovvero il divario tra gli effetti “orizzontali” e “verticali” dell’IA. Con questa espressione ci si riferisce agli ampi benefici conseguiti nel primo caso con l’impiego di “copilots”, cioè software e applicazioni mirate su singoli utenti e applicazioni, e ai più modesti effetti generati nel secondo caso con i Chatbot di base. In breve, funzionalità specializzate vs agenti conversazionali.

Di conseguenza l’IA generativa è dappertutto tranne che nel conto profitti e perdite (MGI, 2025a: 6-7), ad indicare che il “payoff for businesses outside the tech sector is lagging behind” (Lohr, 2025). Una survey di S&P (2025), che riguardato 1006 “midlevel and senior IT and line-of-business professionals across North America and Europe”, ha messo in luce un alto tasso di fallimento dei progetti basati sull’IA generativa, a cui sono stati indirizzati investimenti superiori alle forme più tradizionali di IA. I casi di successo non sono molti e alcuni di questi hanno visto risultati in aree non preventivate.

Si registra, inoltre, una elevata percentuale di abbandoni delle iniziative progettuali con IA generativa, prima di passare alla produzione (42%). Tutto questo è avvenuto nonostante l’entusiasmo iniziale verso l’adozione di nuove forme di IA. Ancor più problematici sono i risultati di un Report del MIT (2025)[2], che mette luce un fenomeno significativo: esiste un divario rilevante tra buyers e builders di AI. I primi sono piccole e medie imprese, imprese con fatturati tra 10 miln $ e 1 mld $. I secondi sono startup, venditori e società di consulenza. Investimenti complessivi delle imprese per 30-40 mld $, distribuiti su tutte le tipologie indicate, hanno prodotto esiti deludenti dell’impiego di AI pilot nel 95% delle entità analizzate, mentre solo il 5% è riuscito a realizzare esperienze valide, traendo valore dalle iniziative intraprese. Un così elevato divide non deriva dalla regolamentazione vigente in materia, né dalla qualità dei modelli adottati, bensì da fattori cultuali, manageriali, contestuali, che hanno generato molteplici difficoltà di applicazione dei modelli alle realtà specifiche.

A conferma di questo divide, OpenAI (2025) ha perfezionato un accordo di partnership strategica con AMD con al centro l’impiego di processori molto avanzati. La partnership si aggiunge agli accordi di partecipazione azionaria stipulati con la conglomerata giapponese SoftBankdk e l’impresa di venture capital Thrive Capital, che hanno portato il valore di mercato della società a 500 mld $[3]. Open AI ha peraltro ricevuto la promessa da Trump di un coinvolgimento (per 18 mld $) nel Progetto Starlink, rete di satelliti per l’accesso a Internet[4]. È però sorprendente che la stessa Open AI, nonostante i poderosi afflussi di capitali e l’incremento delle quotazioni di borsa, non produrrà profitti prima del 2029, mentre nei prossimi anni “brucerà” 118 mld $ (Reuters, 2025).

È dunque chiaro che, tra divide e redditività differita negli anni a venire, tra delusioni tecnico-economiche e fenomeni sorprendenti, si delinea uno scenario dominato dalle perplessità circa l’evoluzione di quelli che finora erano considerati motori propulsivi della dinamica socio-tecnica globale.

Interrogativi sulla traiettoria tecno-economica delle Big Tech

Il quadro emerso nel precedente paragrafo è contraddistinto da ciò che nelle analisi di esperti e studiosi viene definito un divario tra promesse e realtà della dinamica innovativa, incentrata sulle tecnologie dell’informazione e dell’IA, con particolare riguardo alla IA generativa. In sostanza quest’ultima sembra aver dato origine ad una forte espansione degli investimenti con esiti incerti e comunque lontani nel tempo.

Affrontiamo allora alcune questioni cruciali dell’odierno scenario. È fondato chiedersi in primo luogo: cos’è che spinge a investimenti così rilevanti in un contesto di redditività differita e diffusa insoddisfazione circa i risultati degli attuali impieghi dell’IA?

Le stime di centri di ricerca specializzati[5] (Daniel, 2025) prevedono che il boom dell’IA richiederà investimenti globali per 7trln di dollari, dato l’enorme aumento della potenza computazionale e l’infrastruttura di supporto a livello globale (MGI, 2025b). Deloitte (2025) ipotizza che nel 2035 la domanda di energia dei data center sarà 30 volte quella odierna.

Lo slancio verso un elevato volume di investimenti sta inducendo manager in posizione apicali presso le big tech e società specializzate a chiedersi se e quando arriveranno payoff[6]. Sulla base delle opinioni rilevate presso molte società c’è chi ipotizza tempi lunghissimi per il recupero delle ingenti somme spese (Noor Al Sibai, 2025), mentre analisti finanziari e studiosi di rilievo si dividono nel delineare le prospettive e nell’individuazione dei fattori. Ciò è quanto emerge dalla pubblicazione della Goldman Sachs “Top of Mind” (2025), che riporta le opinioni di vari esperti, a partire da quella del Premio Nobel per l’Economia Daron Acemoglu. Questi fornisce spunti interessanti di riflessione, dal momento che mette in risalto come il nesso tra nuove tecnologie e produttività non dipenda da una “legge di natura”, bensì dalla natura delle stesse tecnologie e dal contesto in cui si applicano, per cui l’intreccio tra esaltazione esagerata (hype) e le delusioni di pretese infondate possono generare aspettative variabili nel tempo, rendendo quindi difficili le previsioni, specie in seguito ad indicatori non adatti, come nel caso odierno il GDP (Gross Domestic Product).

Visioni contrastanti degli esperti finanziari

Molto dipende poi dalla diffusione di aspettative analoghe a quelle di passate ere innovative, ma non paragonabili alla dinamica odierna. Ad esempio la sorta di “dogma” dei manager high-tech, ovvero che il raddoppio della potenza computazionale induca il raddoppio della capacità dell’IA (la cosiddetta scaling law), è un’idea non ben fondata. Non esiste una metrica chiara: cosa significano, ad esempio, per un verso “raddoppiare i dati” e per un altro “raddoppiare le capacità”.

La qualità dei dati è rilevante, ma come valutarla e ottenerla? Bisogna poi tenere presenti le molteplici e sostanziali differenze tra processi cognitivi umani e l’information processing computazionale. Molto dipende, inoltre, dalla tipologia delle innovazioni, da cui derivano conseguenze in merito alle possibilità di sviluppi operativi, Attualmente, per esempio, uno dei punti fondamentali è la generazione di grandi volumi di informazione con dispositivi sempre più potenti, che sono però disponibili per produrre anche grandi volumi di “cattiva” informazione, tali da produrre effetti distorcenti e da distorcere progressivamente gli effetti positivi, quindi fonti del susseguirsi di hype e delusioni, instabilità socio-economica e crisi di accentuata intensità come nelle prime due crisi economico-finanziarie die questo secolo. Il punto di arrivo delle brevi riflessioni di Acemoglu è che le previsioni sono molto complicate, per così dire, e in ogni caso molti fattori dilatano oggi il periodo di pieno dispiegamento degli effetti innovativi in termini della triade occupazione-produttività-crescita, ipotizzata in termini di decenni.

Top of Mind ospita anche l’intervista a Jim Coviello, manager di punta di Global Equity Research in Goldman Sachs. Le sue valutazioni sono complementari rispetto alle precedenti e si basano sul fatto che l’IA odierna non è progettata per risolvere problemi complessi, perché non ha, e non avrà ancora per molto, capacità cognitive analoghe (tantomeno superiori) a quelle degli umani, che sono pertanto insostituibili. L’attuale eccesso di investimenti in tecnologie, le cui applicazioni sono altamente incerte e lontane nel tempo, depotenzia la loro efficacia, rendendo ancora più l’incerta l’ampiezza della cosiddetta bolla, cioè della presa di atto della realtà e della necessità di cambiare prospettive di investimento.

Altri due interventi, Kash Rangan ed Eric Sheridan, analisti del software in un’articolazione societaria della Goldman Sachs, esprimono valutazioni meno negative, in quanto la IA generativa sta gradualmente aumentando le sue prestazioni, avvicinandosi alle promesse e, per quanto riguarda l’ambito finanziario, occorrerà del tempo prima che la bolla scoppi.

In effetti questa visione dicotomica non è isolata, alla luce dei ricavi più che soddisfacenti dei servizi in cloud di Google e Microsoft, analogamente a quanto avviene per la startup Egnyte, il cui CEO Vincent Jain sostiene che i prodotti di IA sono attualmente troppo costosi e la situazione non migliorerà certo nel corso del 2025.

Segnali di crisi dalle startup

Non appena i costi si abbasseranno, la domanda crescerà, ma le aspettative che accada immediatamente sono irrealistiche, secondo Jain, riferendosi alla “frenesia” con cui le aziende high tech offrono prodotti a consumatori e al mondo del business.

Come mai, allora le big tech continuano questa corsa agli investimenti miliardari?

Ulteriori segnali contrastanti provengono dal mondo delle startup. Nel marzo di quest’anno i fondatori di Inflection (vedi Par. 1) hanno lasciato la società, insieme ad alcune persone di alta competenza. Un’altra startup, Stability AI, una delle prime compagini ad acquisire popolarità come “creatrici di immagini”, ha dovuto licenziare lavoratori. “It’s like a soufflé that keeps popping up and popping up, it has to come down a bit” (Noor Al Sibai, 2025). Indicatori aggiuntivi che l’espansione del soufflé stia esaurendosi non mancano.

L‘impatto dell’AI sul mercato del lavoro

In un incontro a New York City agli inizi di Settembre molti leader di imprese tecnologiche hanno ribadito che ci si deve aspettare profondi cambiamenti dall’IA: è necessario re-immaginare la forza lavoro sulla base degli “skills and capabilities rather than mere head count” (Bousquette e Rosenbush, 2025).

Uno dei motori propulsivi sarà la creazione di team multi-disciplinari, quindi emerge la necessità di “liberare” forza lavoro non ricomponibile in un quadro occupazionale da reinventare. Non si sa ovviamente se avverrà solo in relazione a questa prospettiva tecnologica, oppure a cadute di profittabilità e agli effetti dei dazi.

In ogni caso, nei primi sette mesi dell’anno imprese leader dell’IA hanno attuato tagli occupazionali molto consistenti in tutti i settori produttivi[7], mentre il mercato del lavoro USA appare in significativo rallentamento, come è evidenziato dalla stampa internazionale.

Le prospettive sono in peggioramento sia per chi ha perso lavoro, sia per coloro che intendono cambiarlo, perché esso sta diventando poco flessibile (Ockerman E. 2025), il che si piò comprendere alla luce di quanto indicato nel WSJ.

Sembra proprio che AI stia sostituendo lavori più rapidamente di quanto è accaduto in precedenti ondate innovative, colpendo secondo modalità differenziate nelle varie tipologie di attività (Kumar, 2025):

1) le data-rich industries sono le più colpite.

2) Quelle meno basate su dati avanzano a fatica nel raccogliere i risultati positivi dell’impiego di IA, grazie anche gli ostacoli cui si va incontro nel modificare tradizionali pratiche consolidate.

3) Sono sempre più necessarie competenze che richiedono molteplici ambiti cognitivi: conoscenze tecniche, capacità di giudizio umano, attitudine a combinare le due con le opportunità di mercato.

Verso l’ignoto: perché la corsa alla superintelligenza continua

Leader high tech come Dario Amodei e Sam Altman contribuiscono a rendere il quadro più fosco. Il primo, CEO di Anthropic, prevede un “bagno di sangue” (bloodbath) e ci sarebbe addirittura l’eventualità di una possible job apocalypse (VandeHei e Allen, 2025) dalle conseguenze imprevedibili per la prossima elezione presidenziale (nel 2028).

Sam Altman, ultimo ai fini di questo scritto ma tra i primi in una lunga serie di leader tecnologici con discorsi analoghi, ha affermato che la Open AI spazzerà via intere categorie di lavori umani, intervenendo alla “Capital Framework for Large Banks conference at the Federal Reserve Board of Governors” (Tangerman, 2025b). rincarando poi la dose di pessimismo il 5 Ottobre scorso con l’affermazione che l’AI è destinata a una “spettacolare implosione” (Landymore, 2025).

Alla luce di tutto questo emerge un interrogativo fondamentale: perché, nonostante i segnali avversi, perdura e sembra rafforzarsi la tendenza a investire ingenti risorse?

La risposta va cercata attraverso l’analisi di almeno tre elementi:

1) competizione sempre più intensa tra le Big Tech.

2) L’incombente “pericolo cinese”, esemplificato dallo sconcerto emerso nella Silicon Valley con l’arrivo del chatbot cinese DeepSeek all’inizio del 2025.

3) La ricerca spasmodica della superintelligenza (great unknown, VandeHei e Allen, 2025), cioè IA con prestazioni simili e superiori a quelle umane, che potrebbe essere una sorta di “araba fenice”, uccello mitologico, in riferimento al quale Metastasio scrisse la frase, divenuta proverbiale: “Che vi sia, ciascun lo dice; dove sia, nessun lo sa”. Una parafrasi parziale adatta al problema odierno potrebbe essere “cosa sia, nessun lo sa”.

Svilupperemo i tre temi in un prossimo contributo.

Bibliografia

Albergotti R., 2024 Investors in Adept AI will be paid back after Amazon hires startup’s top talent _ Semafor, August 2

Bertelè U., 2025, AI, ma è bolla finanziaria? Facciamo chiarezza, Agenda Digitale Ottobre 3.

Bousquette E Rosenbush S., 2025, AI Is Turning Traditional Corporate Org Charts Upside Down, Wall Street Journal, 1_ September 16.

Bratton L:, 2025, Big Tech’s AI investments set to spike to $364 billion in 2025 as bubble fears ease Yahoo Finance, August 1.

Cahn D., 2024, AI’s $600B Question, Sequoia Capital, June 26.

Capoot A., 2025 Anthropic raises $13 billion funding round at $183 billion valuation, CNBC, Sept 2.

Daniel A., 2025, The AI boom will require $7 trillion in global investment, Brookfield says

Deloitte Research Center, 2025, Can US Infrastructure keep up with the AI economy? June 24

De Vynck G., 2024, Big Tech says AI is booming. Wall Street is starting to see a bubble, Washington Post, July 24.

Goldman Sachs Report, 2024, Gen AI: too much spend, too little benefit? Issue 129, June 25

Gralla P., 2025, Could Microsoft’s AI billions go up in smoke, New Yrok Times, August 8.

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Griffith E. Metz C., 2024b, Inside the Funding Frenzy at Anthropic, One of hottest Start-ups, New York Times, August 8.

Janakiram MSV, 2025, Meta Invests $14 Billion In Scale AI To Strengthen Model Training, Forbes, June 23

Kumar A. 2025, Why AI is replacing some jobs faster than others, World Economic Forum, August 12.

Landymore F., 2025, Sam Altman Warns That AI Industry Is Due for a Spectacular Implosion, Futurism, October 5.

Lohr S., 2025, Companies Are Pouring Billions Into A.I. It Has Yet to Pay Off, New York Times, August 13.

MGI (McKinsey Global Institute), 2025a, The gen AI paradox: Widespread deployment, minimal impact, June.

MGI (McKinsey Global Institute), 2025b, The cost of compute: A 7 trillion race to scale data center, April, 2025.

Metz C., 2025a, The A.I. Frenzy Is Escalating. Again, New York Times, June 27.

Metz C., 2025b, OpenAI Completes Deal That Values It a 500 Billion $, New York Times, August 2

MIT (NANDA Project), 2025, The GenAI Divide State of AI in Business, June.

NOOR AL SIBAI, The AI Industry is Still Light Years from Making Profits, Futurism, August 16.

Ockerman E., 2025, Job seekers feel awful about the labor market. Data is finally starting to explain why, Yahoo Finance, September 18.

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Reuters, 2025, OpenAI expects business to burn $115 billion through 2029, The Information report, September 6.

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Tangermann V., 2025a, OpenAI Asking for Tens of Billions in New Investment to “Fund Its Money-Losing business, Futurism, January 30.

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VandeHei, J., Allen M., 2025, Behind the Curtain: A white-collar bloodbath, Axios, May 28.

Weise K., 2025, What DeepSeek? Big Tech Keeps Its A.I. Building Boom Alive, New York Times, February 8.


[1] Suleyman, insieme a Bhashkar, è autore di un libro molto interessante: The Coming Wave, Penguin Book, 2023.

[2] L’indagine è basata su “52 structured interviews across enterprise stakeholders, systematic analysis of 300+ public AI initiatives and announcements, and surveys with 153 leaders.” (MIT, 2025: 24).

[3] Per un’analisi puntuale di strategie delle big tech prodromiche di accordi e di probabili effetti economico-finanziari sul piano delle relazioni con altri big player, si vedano Bertelè (2025) e Metz (2025b)

[4] Il progetto è a dire il vero circondato da un diffuso scetticismo (Tangerman, 2025)

[5] Ad esempio Brookfield, uno dei maggiori produttori di infrastrutture per l’high tech come i data center.

[6] Un reportage del Washington Post (De Wynck, 2024) riporta proprio questo interrogative, posto da Sundar Pichai (CEO di Google) e ripreso da esponenti di Goldman Sachs, Barclays, Sequoia Capital (VC).

[7] Per i dati si veda il web site della società specializzata Challengeer, Gray & Christmas: https://www.challengergray.com/blog/pharma-and-finance-lead-as-august-2025-job-cuts-rise-39-to-85979/

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