Questa disciplina, applicata al marketing, consente di comprendere e misurare le emozioni dei consumatori, trasformandole in dati utili per creare esperienze pubblicitarie più empatiche, mirate e predittive.
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L’affective computing nel marketing: quando le emozioni guidano le decisioni
Le decisioni di consumo raramente seguono un processo puramente razionale. Le emozioni, più della logica, guidano l’attenzione, orientano la memoria e influenzano la valutazione di un messaggio pubblicitario o di un prodotto. Nella maggior parte dei casi, ciò che una persona prova nel momento dell’esposizione orienta la sua reazione, quasi sempre senza che lei stessa se ne accorga.
Questa dimensione affettiva, quella che riguarda emozioni e stati interni spesso non consapevoli, oggi può essere osservata con nuove lenti: quelle dell’intelligenza artificiale.
All’interno di questo ambito si colloca l’affective computing, la branca che studia come rendere le macchine capaci di riconoscere, interpretare e simulare le emozioni umane. Dove un tempo si chiedeva alle persone di descrivere le proprie reazioni, oggi è possibile misurare micro-espressioni facciali, variazioni fisiologiche o segnali vocali che rivelano emozioni implicite.
Questi dati, elaborati da sistemi di machine learning, offrono una visione più diretta e predittiva del comportamento, superando i limiti dei metodi tradizionali basati su ciò che gli individui dichiarano.
Le neuroscienze avevano già mostrato che le emozioni sono centrali nei processi decisionali; l’affective computing porta questa consapevolezza dentro le macchine, traducendo i segnali affettivi in dati interpretabili.
Da questa convergenza nasce un modo inedito di osservare i consumatori: non solo per capire cosa dicono di volere, ma per cogliere ciò che li muove davvero (Pei et al., 2024).
Dalle origini psicologiche alla traduzione digitale delle emozioni
Nel 1997 Rosalind Picard formulò l’idea di sistemi in grado di elaborare segnali emotivi umani, aprendo la strada all’affective computing, un’area di ricerca interdisciplinare che mira a rendere le macchine capaci di riconoscere, interpretare e generare emozioni (Rosalind, 1997).
Le emozioni, tuttavia, non sono entità semplici da rappresentare. La psicologia le ha descritte secondo due principali prospettive: quella discreta, che distingue emozioni di base universali (come gioia, paura, rabbia, tristezza, disgusto e sorpresa) e quella dimensionale, che le colloca su assi continui di valenza (positiva o negativa) e di attivazione fisiologica (arousal).
A queste si aggiungono dimensioni più complesse, come il senso di controllo o dominanza, che descrivono quanto un individuo percepisce di poter gestire il proprio stato emotivo (Afzal et al., 2024).
Al di là delle classificazioni, le emozioni hanno una funzione adattiva e regolativa: orientano l’attenzione, guidano le decisioni e modellano la relazione con l’ambiente e con gli altri.
È proprio questa funzione, in gran parte automatica, che l’affective computing tenta di tradurre in termini computazionali, trasformando risposte fisiologiche, espressioni e segnali linguistici in dati interpretabili.
Ed è grazie a questa capacità di rendere misurabile la dimensione affettiva che trova nel marketing e nella pubblicità un terreno di applicazione privilegiato.
Come l’affective computing interpreta linguaggio, voce e segnali del corpo
L’affective computing si fonda sull’analisi integrata di segnali eterogenei che insieme restituiscono la complessità dell’esperienza emotiva.
Il linguaggio, scritto o parlato, rappresenta una prima fonte di informazione: attraverso le tecniche di elaborazione del linguaggio naturale (NLP) è possibile individuare parole, espressioni e strutture sintattiche connotate da valenza emotiva.
La voce aggiunge un ulteriore livello di significato: variazioni di tono, ritmo e intensità rivelano stati come entusiasmo, frustrazione o incertezza, restituendo quella componente affettiva che il linguaggio verbale tende spesso a mascherare.
A questi si aggiungono espressioni facciali, postura e gestualità, che riflettono emozioni che sfuggono al controllo consapevole e permettono di osservare in tempo reale la risposta emotiva a uno stimolo.
Inoltre, i segnali fisiologici come la frequenza cardiaca, la conduttanza cutanea, l’attività muscolare o cerebrale, sono indicatori diretti dell’attivazione emotiva e difficilmente alterabili (Afzal et al., 2024).
Con l’affective computing si riesce a combinare testo, voce, immagini e dati fisiologici, ridurre le ambiguità e aumentare la precisione, restituendo una rappresentazione più vicina alla complessità della comunicazione umana.
La combinazione di più canali espressivi rappresenta oggi la direzione di ricerca più promettente per una comprensione accurata delle emozioni (Hu et al., 2024).
Dalle neuroscienze al marketing: l’affective computing entra nella pubblicità
La pubblicità è uno dei campi in cui l’affective computing mostra con maggiore evidenza il suo potenziale.
Le prime applicazioni hanno riguardato la sentiment analysis automatica di social media e recensioni online, utile per misurare il tono emotivo che accompagna la percezione di un brand.
Questi sistemi non si limitano a calcolare la polarità positiva o negativa dei commenti, ma permettono di individuare con precisione quali aspetti di un prodotto (come il prezzo, il design o la qualità del servizio) suscitano emozioni differenti.
Le versioni più avanzate, come l’aspect-based multimodal sentiment analysis, combinano testo, immagini e segnali acustici per restituire una mappa più completa delle reazioni del pubblico (Hu et al., 2024).
Accanto a queste analisi indirette si stanno diffondendo studi sperimentali che misurano la risposta emotiva agli annunci in modo diretto.
Marques e colleghi (2024) hanno dimostrato che la combinazione di indicatori fisiologici, come la risposta elettrodermica, e dati di facial expression analysis, elaborati con algoritmi di machine learning, consente di predire le preferenze pubblicitarie con maggiore accuratezza rispetto ai tradizionali questionari.
I risultati suggeriscono che le emozioni implicite catturate attraverso questi segnali spiegano una parte significativa del comportamento dei consumatori che resta invisibile alle autovalutazioni.
Dati e sensibilità: come prevedere le preferenze dei consumatori
Il confronto tra approcci tradizionali e sistemi di affective computing evidenzia una relazione di complementarità più che di opposizione.
Le metodologie classiche, basate su interviste e questionari, forniscono dati contestualizzati e mantengono un contatto diretto con la percezione soggettiva, ma restano esposte ai bias cognitivi e alla desiderabilità sociale.
Le tecniche di affective computing, invece, analizzano reazioni sottili e immediate, difficilmente manipolabili, e consentono di costruire modelli predittivi più sensibili alle sfumature emotive.
Questa prospettiva apre nuove possibilità per il marketing e la comunicazione, ma introduce anche responsabilità.
La raccolta e l’elaborazione di dati fisiologici o comportamentali richiedono strumenti avanzati e dataset ampi, culturalmente rappresentativi, oltre a un presidio etico rigoroso.
Come osservano Pei e colleghi (2024), la frontiera dell’affective computing non è soltanto tecnologica: riguarda la capacità di bilanciare precisione analitica, tutela della privacy e trasparenza nell’uso delle informazioni emotive.
Sul piano delle prospettive future, il campo si sta orientando verso l’integrazione con tecnologie immersive e modelli multimodali di nuova generazione.
Hu e colleghi (2024) sottolineano come i sistemi pre-addestrati capaci di elaborare simultaneamente testo, immagini e audio stiano aprendo scenari fino a poco tempo fa impensabili.
L’interazione con ambienti di realtà virtuale e mista potrebbe rendere l’esperienza pubblicitaria sensibile agli stati emotivi in tempo reale, ridefinendo il modo in cui i brand progettano la relazione con il pubblico.
Etica e responsabilità: il lato umano dell’affective computing nel marketing
L’evoluzione dell’affective computing impone una riflessione sulle implicazioni etiche e metodologiche della raccolta e dell’uso dei dati emotivi.
Raccogliere dati emotivi significa entrare in una sfera di vulnerabilità, fatta di reazioni inconsapevoli e stati interni che meritano tutela.
Perché la comprensione delle emozioni non si trasformi in controllo, servono regole chiare di trasparenza, consenso informato e protezione dei dati.
Anche la variabile culturale ha un peso: modelli addestrati su popolazioni omogenee rischiano di riprodurre pregiudizi e disuguaglianze, compromettendo l’attendibilità delle analisi (Afzal et al., 2024).
Analizzare le emozioni significa riconoscere il loro ruolo nei meccanismi decisionali.
La pubblicità che integra queste tecnologie non diventa più invasiva, ma più mirata: misura l’efficacia dei messaggi non solo in base a ciò che le persone dichiarano, ma in base a come reagiscono realmente, un modo nuovo di osservare ciò che le persone provano mentre scelgono.
Per chi lavora nel marketing e nella comunicazione, il punto sarà usare la potenza analitica dell’intelligenza artificiale senza smarrire il senso umano dell’ascolto.
È in questa sintesi tra precisione e rispetto, tra predizione e sensibilità, che l’affective computing potrà davvero diventare uno strumento di comprensione più profonda del comportamento umano.
Bibliografia
Afzal, S., Khan, H. A., Piran, M. J., & Lee, J. W. (2024). A comprehensive survey on affective computing: Challenges, trends, applications, and future directions. IEEE Access, 12, 96150–96172.
Hu, G., Xin, Y., Lyu, W., Huang, H., Sun, C., Zhu, Z., Gui, L., Cai, R., Cambria, E., & Seifi, H. (2024). Recent trends of multimodal affective computing: A survey from an NLP perspective. arXiv preprint arXiv:2409.07388.
Marques, J., Mantas, R., Ferreira, A., Ferreira, J., & Simões, C. (2024). Predicting consumer ad preferences: Leveraging a machine learning approach for physiological and facial expression data. Psychology & Marketing, 41(11), 2259–2275.
Pei, G., Li, H., Lu, Y., Wang, Y., Hua, S., & Li, T. (2024). Affective computing: Recent advances, challenges, and future trends. Intelligent Computing, 3, Article 0076. Rosalind, W. (1997). Picard: Affective Co











