Il 15 maggio 2025, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) ha avviato la consultazione pubblica sulla bozza delle “Linee Guida sull’accessibilità dei servizi digitali di consultazione” che rappresenta, inevitabilmente, una tappa decisiva nel processo di attuazione della Direttiva (UE) 2019/882, nota come European Accessibility Act – recepita nell’ordinamento italiano mediante il Decreto Legislativo 27 maggio 2022, n. 82.
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Accessibilità digitale, cambio di paradigma: oltre la formalità burocratica
A partire dalla medesima data, inoltre, fino al 14 giugno 2025, sarà possibile inviare commenti, suggerimenti e proposte di modifica tramite PEC all’indirizzo protocollo@pec.agid.gov.it, indicando nell’oggetto “Osservazioni sulle Linee Guida relative all’accessibilità dei servizi”.
Tali contributi saranno attentamente esaminati e valutati da AGID per la redazione della versione definitiva del documento, in un’ottica di partecipazione inclusiva e responsabile.
È innanzitutto opportuno chiarire che, contrariamente a quanto si potrebbe superficialmente ritenere, non ci si trova dinanzi all’ennesima formalità burocratica, bensì all’avvio di un vero e proprio conto alla rovescia normativo destinato a ridefinire in profondità – a partire dal 28 giugno 2025 – l’architettura degli obblighi giuridici in materia di accessibilità digitale.
Un cambiamento che chiama quindi all’azione tanto le amministrazioni pubbliche quanto gli operatori privati, i quali sono tenuti a garantire, in modo effettivo e continuativo, l’accessibilità dei propri servizi digitali.
Obiettivi concreti delle linee guida per l’accessibilità digitale
Ma a cosa mirano, in concreto, le Linee Guida attualmente in consultazione presso l’AGID? Ben lungi dal limitarsi a reiterare enunciazioni di principio, esse mirano a colmare il divario che troppo spesso separa la norma scritta dalla sua effettiva implementazione tecnica offrendo un corpus organico di prescrizioni destinate a orientare, con chiarezza e precisione, l’operato di progettisti, sviluppatori e responsabili dei servizi digitali.
Tali indicazioni, infatti, costituiscono non già mere raccomandazioni, bensì criteri operativi verificabili e misurabili, concepiti per assicurare una fruizione piena, equa e dignitosa delle interfacce digitali da parte di tutti i cittadini, incluse le persone con disabilità sensoriali, motorie, cognitive o intellettive.
I destinatari della normativa sull’accessibilità digitale
La portata soggettiva di tali disposizioni è ampia e trasversale: le Linee Guida si rivolgono non soltanto alle amministrazioni pubbliche, siano esse centrali o territoriali, ma anche agli enti strumentali, alle camere di commercio, agli enti pubblici economici, fino a ricomprendere i soggetti privati che offrono servizi digitali di interesse generale: ne sono esempio emblematico gli operatori del settore bancario, assicurativo, dei trasporti, del commercio elettronico e dell’editoria digitale.
In altri termini, chiunque metta a disposizione dell’utenza un’interfaccia di consultazione online è chiamato a garantire il rispetto dei requisiti di accessibilità stabiliti dalla normativa vigente, poiché l’intento non è quello di introdurre un vincolo formale, bensì di dare sostanza a un principio democratico: l’uguaglianza nell’accesso all’informazione e ai servizi digitali, indipendentemente dalle condizioni personali di ciascun utente.
Le caratteristiche tecniche dell’accessibilità digitale
L’ambito oggettivo delle Linee Guida riguarda, invece, i “servizi digitali di consultazione”, ossia quei servizi che consentono all’utente di accedere a contenuti informativi senza necessità di autenticazione.
Ne costituiscono esempi paradigmatici i portali istituzionali, le applicazioni delle pubbliche amministrazioni e le piattaforme digitali informative: tali strumenti sono tenuti a rispettare i principi fondamentali della percepibilità, operabilità, comprensibilità e robustezza, così come sanciti dalla norma tecnica EN 301 549.
Ma si sa: l’accessibilità non può essere ridotta a una semplice lista di controllo tecnica, essa si configura, piuttosto, come un obbligo giuridico strutturale, destinato a permeare l’intero ciclo di vita del servizio digitale, esigendo aggiornamenti continui, verifiche sistematiche e una progettazione orientata all’inclusività sin dalle fasi iniziali, secondo i principi del by design e by default.
L‘accessibilità digitale come fondamento dell’inclusività
È lecito a questo punto domandarsi: è sufficiente avere un sito online per ritenersi inclusivi? Può l’accessibilità essere relegata a un momento successivo alla pubblicazione di un servizio?
Senza dubbio, il contesto odierno — fortemente improntato alla digitalizzazione sistemica e all’implementazione sempre più pervasiva dell’intelligenza artificiale all’interno della pubblica amministrazione — mette in luce una verità tanto semplice quanto ineludibile: priva di accessibilità, ogni innovazione rischia di farsi strumento di esclusione anziché veicolo di inclusione, poiché, se non fondata su premesse autenticamente inclusive, è destinata ad amplificare le disuguaglianze anziché ridurle. Ogni algoritmo, ogni interfaccia, ogni architettura informativa che non tenga conto delle diverse esigenze dell’utenza pluralistica finisce col tradire la propria vocazione pubblica, smarrendo la finalità di servizio universale che dovrebbe connotare ogni trasformazione tecnologica promossa in ambito istituzionale.
Le conseguenze della mancata accessibilità digitale
L’adeguamento ai requisiti in materia di accessibilità non costituisce, in definitiva, un’opzione discrezionale, bensì un obbligo giuridico inderogabile. Infatti, a partire dal 28 giugno 2025, la mancata conformità ai parametri stabiliti dall’European Accessibility Act può dar luogo a sanzioni amministrative di entità variabile che oscillano da un minimo di 5.000 euro fino a 40.000 euro, e nei casi più gravi possono arrivare a incidere fino al 5% del fatturato annuo dell’impresa. Oltre alle sanzioni pecuniarie, la non conformità può determinare limitazioni significative nell’accesso al mercato, con la possibile esclusione o il ritiro dal commercio di prodotti e servizi digitali non conformi. Ulteriori conseguenze includono rilevanti danni reputazionali, specie in un contesto sempre più attento e sensibile ai temi dell’inclusività e della responsabilità sociale d’impresa.
Inoltre, l’inosservanza degli obblighi in materia di accessibilità può compromettere le relazioni commerciali, poiché enti pubblici e operatori privati impegnati nella fornitura di servizi accessibili potrebbero escludere dalla propria rete di fornitori e partner coloro che non rispettano la normativa vigente.
In sintesi, la conformità all’EAA non solo è imprescindibile sotto il profilo giuridico, ma costituisce anche un elemento strategico per la competitività e la credibilità sul mercato.
Le linee guida AGID come strumento strategico di accessibilità digitale
In questa prospettiva, le Linee Guida AGID si rivelano uno strumento fondamentale non solo per evitare ricadute sanzionatorie o reputazionali, ma anche per costruire un ecosistema digitale realmente accessibile, efficiente e giusto: dall’adempimento formale alla responsabilità sostanziale, dalla frammentarietà all’integrazione sistemica, da una digitalizzazione per pochi a un’infrastruttura tecnologica pensata per tutti.
Accessibilità digitale: sfida per i diritti e la giustizia sociale
Il conto alla rovescia per il 28 giugno 2025 quindi non rappresenta solo una scadenza normativa, è un appuntamento con l’effettività dei diritti, una sfida alla coerenza delle politiche pubbliche e una misura della capacità del sistema-Italia di coniugare legalità, innovazione e giustizia sociale.
La consultazione pubblica in corso è l’occasione per ogni attore coinvolto – pubblico o privato – di contribuire attivamente a una trasformazione necessaria.
La vera domanda, dunque, è: sapremo essere all’altezza di questa sfida?