L’interesse verso i chatbot terapeutici è in costante crescita, soprattutto in risposta alla carenza di professionisti della salute mentale e all’elevato numero di pazienti in attesa. I recenti risultati ottenuti da Therabot mostrano il potenziale e i limiti di questa nuova frontiera della terapia digitale, aprendo il dibattito su implicazioni cliniche, etiche e pratiche.
L’ascesa dei bot terapeutici nel trattamento dei disturbi mentali
Indice degli argomenti
Efficacia clinica dei chatbot terapeutici
A marzo del 2025 un gruppo di ricercatori dell’Università della Dartmouth Geisel School of Medicine ha reso noti i risultati del primo trial clinico su un chatbot terapeutico basato sull’intelligenza artificiale, Therabot, sostenendo che ha portato a miglioramenti clinicamente significativi nei pazienti affetti da depressione, ansia e disturbi alimentari.
I risultati dello studio rivelano che c’è stata una riduzione del 51% dei sintomi nei pazienti depressi, del 31% in quelli ansiosi e del 19% nei soggetti con disturbi alimentari.
Inoltre, è emerso che le persone hanno interagito con Therabot come se fosse un terapeuta vivente in carne e ossa e hanno costruito con lui/lei una sorta di relazione, a volte iniziando autonomamente le conversazioni.
L’esperienza di Dartmouth si colloca all’interno di un dibattito sempre acceso negli Stati Uniti, a proposito della carenza di esperti della salute mentale: un solo terapeuta oggi deve gestire in media 1.600 pazienti.
Il trial
I partecipanti hanno usato Therabot per circa sei ore in quattro settimane, ovvero otto sessioni di terapia tradizionale. La sperimentazione ha coinvolto 210 partecipanti con diagnosi di disturbo depressivo maggiore, disturbo d’ansia generalizzato o disturbi alimentari; gli utenti hanno interagito con Therabot tramite un’app per smartphone, comunicando il proprio stato emotivo e ricevendo risposte basate su dati personalizzati e scientifici.
I miglioramenti dei sintomi sono stati valutati con questionari clinici standard, e dopo otto settimane i risultati erano ancora rilevabili e piuttosto solidi.
Rischi e criticità dell’intelligenza artificiale in terapia
Consideriamo ora alcune delle sfide individuate dagli esperti, a cominciare dai ricercatori dell’Università di Dartmouth, nel New Hampshire.
Primo, tra una serie di punti di debolezza, c’è il problema più della imprevedibilità: a differenza di un terapeuta umano, Therabot può dire qualunque cosa, quindi poiché gli sviluppatori hanno garantito che il 90% delle sue risposte è conforme alle migliori pratiche, ci si chiede cosa succede nel 10% degli altri casi.
Un altro pericolo è che l’intelligenza artificiale crei un’illusione di supporto, una sorta di placebo digitale che non affronta realmente le cause profonde del disagio mentale.
Un altro aspetto critico riguarda la mancanza di una vera relazione terapeutica, un elemento fondamentale della psicoterapia tradizionale.
Inoltre, non è ancora nota e certa la capacità dei chatbot di rispondere in modo appropriato in situazioni ad alto rischio, come per esempio l’ideazione suicidaria.
Vantaggi economici e sociali dei chatbot terapeutici
Se si sposta l’attenzione su altri aspetti nell’uso di chatbot terapeutici basati sull’IA emergono anche numerosi vantaggi.
Tra questi, innanzitutto, la possibilità di un supporto immediato e disponibile 24 ore su 24, riducendo i tempi di attesa per una consulenza psicologica. La terapia di persona è proibitiva dal punto di vista dei costi, per cui per esempio negli USA una sessione costa tra 100 e 300 dollari e i tempi di attesa per incontrare un terapeuta e sperare che sia quello adatto possono essere di mesi. Nel 2022 negli Stati Uniti, il 60% degli psicologi non aveva aperture per nuovi pazienti, mentre oltre il 40% aveva 10 o più pazienti in attesa di un appuntamento.
Altro punto a favore è che le sessioni di terapia virtuale eliminano eventuali barriere geografiche e sociali, permettendo alle persone di esprimersi liberamente senza il timore di essere giudicate. La sperimentazione ha evidenziato anche un elevato livello di fiducia nei confronti di Therabot, con molti utenti che lo hanno trattato quasi come un amico, dimostrando una connessione emotiva con il chatbot.
Per molti, se usato bene, il chatbot terapeuta potrebbe essere il primo passo verso un nuovo paradigma della terapia digitale.
Regolamentazione e sviluppo futuro dei chatbot terapeutici
Lo sviluppo di chatbot terapeutici come Therabot rappresenta in ogni caso un’importante evoluzione nel campo della salute mentale. Tuttavia, sono necessarie, come sottolineano gli esperti, non solo una supervisione clinica costante, ma anche regolamentazioni chiare per garantirne un uso sicuro.
Il ruolo dei chatbot per utenti neurodivergenti
Il cambiamento culturale verso la terapia IA evidenzia le sfide che le persone affrontano nell’accedere al trattamento di salute mentale “tradizionale”. Il caso più esplicativo è quello di persone neurodivergenti che non incominciano terapie perché si aspettano critiche e/o rifiuto da parte degli altri.
Per molti, tuttavia, un chatbot offre uno sbocco per la discussione e la riflessione. Secondo gli esperti del The Black Dog Institute di Sydney i chatbot aiutano le persone che trovano difficile raggiungere gli esseri umani.
Il bot di Anthropic Claude ha tra i suoi punti di forza la conversazione intuitiva: Claude è spinto a produrre risposte che si allineano con i tratti umani desiderabili come apertura mentale, considerazione e curiosità. Tra quanti lo sostengono ci sono propri molti esperti della Silicon Valley, che lo considerano più creativo ed empatico. Questa IA offre agli utenti un punto di differenza rispetto ad altri chatbot esistenti, che chiunque abbia conosciuto la sua precoce incarnazione pudica non avrebbe mai previsto.
Il Neurodivergent AI Assistant, sviluppato da Matt Ivey di Dyslexic.ai. è progettato per individui neurodivergenti, fornendo sostegno nel l’istruzione e nello sviluppo della carriera. Aiuta a navigare le complessità socio-emozionali e promuove la risoluzione innovativa dei problemi.
Studi recenti e prospettive future dei chatbot terapeutici
Lo scorso anno Psychiatric Times ha presentato una solida valutazione della funzionalità e del valore dei quattro principali chatbot, ChatGPT-4o, CoPilot di Microsoft, Gemini di Google e Claude.
La Medical School di Mount Sinai ha svolto di recente – marzo 2025 – uno studio, in collaborazione con l’università di Harvard e il Carnegie Mellon, discutere lo studio e il potenziale dell’IA per un uso clinico futuro.
Un gruppo di ricercatori italiani del Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali dell’Università di Brescia ha pubblicato una ricerca, la prima nel campo, sull’Italian Journal of Psychiatry, Questa ricerca mira ad esaminare l’uso corrente dell’intelligenza artificiale nella salute mentale, valutando la loro applicazione in salute mentale e i metodi strumentali utilizzati per raccogliere dati quantitativi validi e sufficienti.
Le tecniche strumentali più comunemente utilizzate sono la neuroimaging, in particolare la risonanza magnetica (MRI) e la neurofisiologia, in particolare l’elettroencefalografia (EEG).
Bibliografia
https://newatlas.com/ai-humanoids/chatbot-therapist
https://edition.cnn.com/2024/12/18/health/chatbot-ai-therapy-risks-wellness/index.html