ai literacy

Truffe, deepfake, diritti: l’ABC dell’IA per nonni e studenti



Indirizzo copiato

L’AI literacy è essenziale per proteggere anziani e minori da truffe, deepfake e disinformazione. Progetti in Europa dimostrano che programmi mirati aumentano autonomia e sicurezza. Servono standard nazionali e formazione continua per rendere l’innovazione inclusiva

Pubblicato il 20 ott 2025

Tania Orrù

Privacy Officer e Consulente Privacy Tuv Italia



ai literacy faq commissione europea alfabetizzazione all'IA fiducia nell'IA

Anziani e minori sono le fasce di popolazione più esposte ai rischi (truffe, disinformazione, deepfake), ma anche quelle che possono trarre più benefici dall’Intelligenza Artificiale se accompagnate da programmi di alfabetizzazione mirati.

Ecco il quadro di ricerca più recente, le iniziative internazionali, gli standard regolatori e una roadmap operativa per cittadini, aziende e istituzioni.

L’IA è ovunque, ma non per tutti

L’Intelligenza Artificiale (IA) è ormai presenza costante nella vita quotidiana: algoritmi invisibili scelgono i contenuti che vediamo, suggeriscono acquisti, gestiscono assistenti virtuali e persino diagnosi mediche.

Tuttavia, la familiarità con l’IA non è uniforme e per molte persone, soprattutto per over 65 e minori, l’IA resta un concetto vago e distante: questo divario di conoscenza crea vulnerabilità significative. Colmare questa lacuna è essenziale non solo per una piena partecipazione sociale, ma anche per difendersi dai crescenti rischi di sicurezza informatica.

Perché parlare di AI literacy adesso (e perché è un tema di sicurezza)

L’Intelligenza Artificiale generativa ha accelerato l’adozione di strumenti che “interloquiscono” con tutti: studenti, lavoratori, nonni digitali. La rapidità con cui questi sistemi entrano nelle nostre abitudini non è neutra: se da un lato abilitano produttività e accessibilità, dall’altro ampliano il raggio d’azione di minacce informatiche e manipolazioni (phishing più credibile, deepfake vocali e video, furti d’identità alimentati da dati pubblici). Per questo alfabetizzazione all’IA e cybersecurity vanno affrontate insieme: saper usare l’IA in modo consapevole è già di per sé una misura di sicurezza.

La letteratura più recente concorda su un punto: non esiste una sola “AI literacy”, ma un insieme di competenze funzionali, critiche e socio-tecniche che vanno allenate in modo diverso a seconda dell’età e del contesto (scuola, lavoro, cittadinanza attiva). Una review integrativa, pubblicata nel 2025, sistematizza 124 studi (dal 2020 in poi), mostrando come l’alfabetizzazione spazi dall’uso strumentale (cioè saper dialogare con i sistemi) alla comprensione dei bias e dei limiti dei modelli, fino alla lettura socio-culturale dell’IA nelle nostre vite.

In parallelo emergono linee guida focalizzate specificamente sull’IA generativa: occorre distinguere tra “IA in generale” e GenAI, perché la percezione pubblica e i rischi associati sono diversi. Servono infatti percorsi didattici ad hoc per le capacità generative, la verifica dei contenuti e l’uso responsabile.

AI Literacy: oltre la semplice alfabetizzazione digitale

Il termine “AI Literacy” non indica solo la capacità di usare strumenti tecnologici, ma racchiude un insieme di competenze avanzate, ma queste competenze comprendono:

  • Comprensione critica degli algoritmi: sapere come vengono addestrati i modelli IA e riconoscere bias.
  • Interazione efficace (prompt engineering): capacità di formulare richieste mirate ai sistemi IA per ottenere risposte affidabili.
  • Etica digitale: conoscenza dei diritti legati ai dati personali e delle implicazioni sociali dell’IA.
  • Creatività e problem solving: utilizzo dell’IA per risolvere problemi reali e stimolare innovazione.
  • Adattabilità: aggiornamento costante delle competenze in un panorama tecnologico in rapida evoluzione.

Queste competenze non sono puro appannaggio di tecnici e sviluppatori, ma diventano necessarie per ogni cittadino, dai bambini agli anziani. Senza un’alfabetizzazione adeguata, i rischi di manipolazione, truffe e discriminazioni algoritmiche crescono esponenzialmente.

La cornice regolatoria: cosa chiede l’Europa e cosa raccomanda la CNIL

Sul piano regolatorio, la traiettoria UE è chiara: promuovere un’innovazione responsabile, sostenuta da formazione degli utenti e dei professionisti. Il Living repository dell’EU AI Office è una piattaforma collaborativa che raccoglie buone pratiche e casi di studio di AI literacy dei firmatari dell’AI Pact quale impegno volontario per la promozione di standard comuni in UE e per prepararsi agli obblighi dell’AI Act (mediante schede aggiornate – iniziative implementate, parzialmente avviate o pianificate).

Sono di luglio 2025 le linee guida CNIL che sottolineano che l’alfabetizzazione tecnologica è essenziale per esercitare i diritti digitali e comprendere i rischi dei sistemi automatizzati. La CNIL chiarisce l’applicazione del GDPR ai modelli, indica misure di sicurezza e condizioni per l’annotazione dei dati, e annuncia strumenti settoriali per supportare la conformità, con il messaggio chiave che la data protection non è un freno all’innovazione, ma un abilitatore, e che competenze e trasparenza riducono i rischi e aumentano la fiducia.

Questa cornice normativa evidenzia che la consapevolezza è parte integrante della sicurezza tecnologica: l’IA non è solo una sfida tecnica, ma sociale, culturale ed etica.

L’IA e le fasce fragili: anziani e minori

Gli over 65 rappresentano una fascia cruciale e, con l’aumento dell’aspettativa di vita, milioni di loro restano esclusi dai benefici dell’innovazione proprio mentre diventano target privilegiato di truffe e raggiri sempre più sofisticati. In questa situazione l’AI literacy ha un doppio valore: autonomia digitale e resilienza. I ricercatori dell’Università Nazionale di Singapore (NUS) hanno redatto un paper, a seguito di un sondaggio su 103 partecipanti di età media 64 anni, rilevando che questi considerano importante e utile apprendere l’IA, desiderando sfruttarne i benefici e proteggersi dai rischi; percepiscono l’alfabetizzazione digitale come una necessità per il futuro; constatano le difficoltà pratiche (complessità del linguaggio tecnico, mancanza di punti di partenza chiari). I partecipanti hanno mostrato inoltre una spiccata preferenza per forme di apprendimento “hands-on”, ovvero pratiche e interattive, rispetto ai tradizionali metodi teorici. Lo studio ha messo quindi in luce la necessità di percorsi formativi su misura per le persone mature, che combinino contesti pratici, linguaggio accessibile, supporto guidato e l’attenzione sia ai benefici sia ai timori di sicurezza.

I rischi percepiti

Per gli anziani, l’esposizione tipica è al phishing/smishing più credibile (testi impeccabili, imitazioni di sintassi bancarie) e vishing con clonazione vocale. Per gli studenti, la sfida è la disinformazione multimodale (meme, short video, audio) e l’uso improprio degli strumenti (condivisione di dati sensibili, plagio inconsapevole). Una formazione efficace integra tre dimensioni:

  1. Tecnica (strumenti/setting, policy di sicurezza, gestione dei dati),
  2. Cognitiva (pensiero critico, debiasing, verifica),
  3. Etica e legale (GDPR, diritti digitali, trasparenza).

Qui il parallelismo con la cybersecurity è diretto: comprendere come un modello “predice” una risposta e quali dati usa, aiuta a riconoscere anomalie e attacchi sociali; imparare a leggere metadati, firme e tracce di manipolazione in immagini/audio è un vaccino culturale contro i deepfake.

Alcune iniziative internazionali per la turtela di minori e anziani

  • Irlanda – Il progetto AgeFriendly AI, iniziativa nazionale irlandese guidata da ADAPT Centre, punta a coinvolgere oltre 60.000 anziani in un biennio, con workshop, corsi gratuiti sull’uso dell’IA, portali online e attività comunitarie, allo scopo di ascoltare i bisogni dei senior e trasferire loro competenze “pratiche e difensive” sull’IA (ad es. riconoscere testi/video sintetici, impostare correttamente privacy e consenso, usare assistenti in modo sicuro). Nei centri culturali e nelle biblioteche, tutor specializzati insegnano come interagire con assistenti virtuali, proteggere le proprie informazioni e sfruttare applicazioni utili per la salute e la gestione domestica. Secondo i dati pubblicati, i partecipanti hanno riportato un incremento del 40% nella fiducia verso le tecnologie.
  • Francia – La CNIL, insieme a Cybermalveillance.gouv.fr e all’ Union nationale des associations familiales (Unaf), ha pubblicato due guide intitolate « Cybersécurité : ayez les bons réflexes », rivolte a famiglie e senior, con l’obiettivo di educare alla sicurezza digitale, che offrono consigli pratici per riconoscere minacce e proteggere le proprie informazioni personali, in un formato accessibile e pensato per chi ha meno dimestichezza con la tecnologia. Si tratta di iniziativa che promuove una maggiore consapevolezza digitale e incoraggia comportamenti protettivi anche nei confronti di truffe online legate all’uso dell’IA.
  • Italia: l’esperienza intergenerazionale – Esistono anche in Italia, da tempo, iniziative che sperimentano un modello ancora oggi attualissimo, come il progetto Nonni su Internet di Fondazione Mondo Digitale, basato sul tutoring intergenerazionale tra scuole e centri anziani. L’approccio “mani in pasta”, che mette al centro la relazione e la pratica guidata, è infatti il miglior predittore di apprendimento duraturo e mezzo per costruire fiducia. La declinazione più recente, TEO 2.0 – Connecting Generation, evidenzia come lo scambio tra generazioni acceleri l’acquisizione di competenze e riduca il divario digitale. Entrambe le iniziative sono esempi che dimostrano concretamente il valore dell’apprendimento intergenerazionale, con l’affiancamento dei senior da parte di giovani tutor, per un’introduzione graduale a strumenti digitali e applicazioni IA. Questo approccio favorisce la socializzazione, riduce l’isolamento oltre ad aumentare la sicurezza online.

Il focus dell’Estonia sui minori

L’Estonia si dimostra leader mondiale nell’educazione digitale. Con iniziative come AI Leap, il Paese ha introdotto percorsi di formazione IA fin dalla scuola primaria e fornisce ad ogni studente tra i 16 e i 17 anni un account IA personale per sperimentare e creare progetti innovativi, con l’obiettivo di arrivare alla formazione su etica digitale e cybersecurity di 58.000 studenti e 5.000 insegnanti entro il 2027. Questo modello mostra come la scuola possa diventare un laboratorio di sperimentazione sicura, preparando i giovani ad affrontare l’IA come strumento e non come minaccia.

Il piano estone è interessante per tre motivi:

  • Chiarezza di scopo: l’IA non sostituisce il docente, ma aumenta il suo potenziale didattico; si punta a pensiero critico e autonomia degli studenti.
  • Equità: accesso gratuito e dotazione hardware per ridurre il digital divide.
  • Prospettiva sistemica: si capitalizza sull’eredità di Tiger Leap (un ambizioso progetto per la digitalizzazione delle scuole internet già negli anni ’90) e su una cultura di innovazione educativa.

Questo modello dimostra che servono linee guida nazionali e cataloghi di strumenti verificati (privacy-by-design, standard minimi di sicurezza e di trasparenza), con formazione docente continua e micro-credential. L’AI Literacy andrebbe inserita nei “curricoli” scolastici, ma anche nei Piani Triennali dell’Offerta Formativa(PTOF), nei Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento PCTO e nei laboratori pomeridiani, con un’attenzione particolare all’educazione ai media (fact-checking e verifica multimodale).

Perché le iniziative di AI Literacy funzionano e quali sono gli indicatori di successo

I progetti richiamaticombinano contenuti essenziali (cos’è un modello, cosa sono i dati, come leggere un output) con routine di sicurezza (verifica delle fonti, controllo e gestione delle impostazioni privacy) e riducono l’ansia tecnologica, che fa emergere “errori di fiducia” (es. prendere per buono un output ben scritto) per trasformarli in strategie di verifica.

È dimostrato che investire nell’alfabetizzazione digitale è possibile anche con budget contenuti, se c’è una strategia chiara e una partnership tra pubblico e privato.

Gli indicatori di successo dell’AI literacy:

  • Qualità dell’interazione: da “uso passivo” a uso riflessivo (domande migliori, richieste di fonte, controllo dei dati).
  • Sicurezza: diminuzione di click su phishing simulati; riconoscimento di deepfake in test periodici.
  • Trust: crescita della fiducia informata (soddisfazione e consapevolezza dei limiti).
  • Impatto sociale: aumento dell’autonomia digitale degli over 65; miglioramento degli esiti scolastici per gli studenti fragili.

C’è già tutto ciò che serve: basta scalare (bene)

Le iniziative ci sono: AgeFriendly AI in Irlanda, le esperienze di Fondazione Mondo Digitale e TEO 2.0 in Italia, AI Leap in Estonia. In Europa un repository vivo raccoglie pratiche replicabili, mentre i regolatori (CNIL in testa) chiariscono come innovare in conformità e con sicurezza. Il salto di qualità ora è organizzativo: coordinare attori, certificare strumenti e misurare l’impatto, evitando duplicazioni e sperimentazioni isolate.

Ecco alcune azioni chiave (roadmap):

  • Introdurre standard minimi di competenza digitale, cioè percorsi obbligatori di alfabetizzazione IA per studenti, dipendenti pubblici e senior, con contenuti pratici e verifiche periodiche.
  • Istituire un catalogo di strumenti verificati, mediante pubblicazione di un elenco ufficiale di applicazioni IA sicure e privacy-by-design (es. per scuole e PA), riducendo il rischio di tool non conformi.
  • Formazione dei formatori, creando reti di docenti, bibliotecari, operatori sociali e volontari senior formati per supportare le comunità locali.
  • Laboratori pratici e intergenerazionali, mettendo a disposizione spazi fisici e online per sperimentare l’IA in sicurezza, promuovendo tutoraggio tra giovani e anziani.

Conclusioni

L’IA non è una bacchetta magica né una minaccia esistenziale a prescindere, ma un amplificatore delle competenze, delle opportunità, ma anche delle vulnerabilità. Per questo l’AI literacy è una infrastruttura di fiducia: protegge, abilita, unisce generazioni diverse intorno alla stessa domanda “come stiamo insieme dentro le tecnologie?”. Investire su scuole, biblioteche, centri anziani e luoghi di lavoro è la via più rapida per ridurre rischi, espandere diritti e rendere l’innovazione davvero inclusiva. In definitiva, investire in AI Literacy non è solo una questione di equità sociale, ma una strategia di resilienza nazionale. Un cittadino informato è meno esposto a disinformazione e cyber attacchi e contribuisce a costruire una società più sicura e inclusiva.

Il futuro sarà caratterizzato da sistemi intelligenti sempre più pervasivi: auto a guida autonoma, assistenza sanitaria predittiva, processi automatizzati. La sfida è garantire che tutti possano comprenderli, criticarli e usarli in sicurezza, per quanto possibile.

L’IA non deve creare nuove barriere: se accompagnata da cultura e consapevolezza, può diventare una leva di inclusione, sicurezza e innovazione.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati