Digital Competence Framework

Educare alla società dell’innovazione: ecco le competenze (non solo digitali) che servono

Solo il possesso di competenze digitali e di imprenditorialità integrate in un bagaglio di competenze personali, sociali e di apprendimento renderà le persone capaci di affrontare l’incertezza, l’ambiguità, le sfide e i rischi che connotano la società digitale. Il ruolo della Scuola, chiamata a un radicale cambiamento

Pubblicato il 06 Ott 2021

Franco Torcellan

Associazione RED - Laboratorio di Ricerca Educativa e Didattica “Formare Trasformare Innovare”

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Nella scuola si sta progressivamente diffondendo il Digital Competence Framework (Digicomp 2.1) come strumento per perseguire l’acquisizione di competenze digitali. Il quadro elaborato da Joint Research Centre (JRC Siviglia) della Commissione Europea, risulta molto agile nel sintetizzare e organizzare il complesso delle competenze in 5 aree e 8 livelli di padronanza.

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Nelle aree vengono dettagliate le competenze in forma di verbi che correttamente individuano processi che si sviluppano sul piano delle operazioni da compiere, delle elaborazioni cognitive da attivare e delle relazioni da instaurare e gestire. Per l’insegnante è facile identificare, attraverso gli strumenti professionali e le esperienze realizzate, azioni e strategie per costruire opportuni momenti di metacognizione .

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Competenze digitali e disciplinari: studenti e docenti di fronte alle trasformazioni del digitale

DigiComp si presenta altamente fruibile e correttamente orientato rispetto ai criteri pedagogici. Nondimeno si possono intravvedere alcuni rischi nel suo utilizzo lì dove persistono competenze digitali limitate nei docenti, o scarsa quotidianità d’uso di piattaforme e dispositivi, che li focalizzano sulla gestione tecnico-operativa di strumenti ed ambienti digitali. In altri termini, la didattica può finire per ridursi quasi interamente alla dimensione operativo-strumentale senza trovare effettivamente la sua collocazione e, soprattutto, il suo senso nelle disciplina di insegnamento. Questa condizione può anche, conseguentemente, rappresentare un limite all’integrazione delle discipline stesse.

Non bisogna dimenticare che ciò che abbiamo di fronte è una vera e propria rivoluzione sociale e culturale con tutta la sua complessità: non si tratta solamente di apprendere l’uso di nuovi strumenti, ma di rispondere ad un mondo in continua trasformazione in cui l’innovazione in tutti i settori è un dato strutturale. Gli allievi vanno quindi formati a vivere nella complessità dove i percorsi non sono precisamente segnati e mutano spesso in maniera repentina.

DigiCompEdu: un framework per i docenti

In effetti, il lavoro del Joint Research Centre ha chiara la portata epocale della digitalizzazione e ne affronta la complessità non limitandosi al solo specifico quadro delle competenze digitali per gli studenti e i cittadini.

Il Centro ha elaborato anche il quadro delle competenze digitali per gli insegnanti e i formatori, il DigiCompEdu. In esso competenze digitali e competenze disciplinari si integrano, innovando e potenziando la professionalità del docente per metterlo in grado di gestire l’acquisizione delle competenze da parte dello studente.

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Queste connessioni e convergenze nella formazione dei docenti e nell’apprendimento degli studenti definisce una sorta di contesto comune di sviluppo di competenze digitali.

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Di fronte a dispositivi, procedure, strumenti ed ambienti che appaiono nell’orizzonte di vita con estrema rapidità e si trasformano continuamente è quanto mai importante apprendere e crescere tutti insieme nel possesso di competenze, tanto più che un elemento fondamentale è individuare e costruire nuovi linguaggi e retoriche, ristrutturando continuamente la comunicazione curando i contesti di vita, e non limitandosi alla manualistica: si tratta di una sintonizzazione tra docenti e studenti che si configura più ampiamente anche come relazione tra generazioni.

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Dal mobile all’intelligenza artificiale, le tecnologie mutano i modi di pensare

Avere consapevolezza di come si gestiscono gli strumenti digitali e di come muta il modo di cercare informazioni e organizzarle in forme fruibili e che generino apprendimento e nuova conoscenza è una ineludibile necessità per chiunque si affacci alla società digitale. Per raggiungere tale consapevolezza non bastano riflessioni personali ed estemporanee, bisogna rispecchiarsi e cogliere le differenze tra età diverse che determinano esposizioni a differenti media ed ambienti.

A livello molto elementare ne ebbi contezza, quando già 6 anni fa, non riuscivo a capire come mai in un laboratorio di informatica gli studenti (11-14 anni), alla fine delle lezioni, spegnessero i monitor dei computer e non i computer stessi. Poi, riflettendo sui comportamenti di vita, mi accorsi che la loro esperienza nettamente prevalente era quella dei dispositivi mobile e non quella del computer e quindi trattavano il medesimo allo stesso modo di uno smartphone che normalmente viene messo in stand by oscurando il display.

Andando oltre questo banale elemento di operatività, che si può ricondurre a un divertente aneddoto, va considerato come le tecnologie plasmino insieme alle le nostre azioni anche i modi di organizzare il pensiero.

La recente esperienza della Didattica a Distanza (nonché della Didattica Digitale Integrata), determinata dall’emergenza dovuta al Covid19, ha agito positivamente in tal senso o quantomeno ha creato un terreno digitale di incontro non solo tra docenti e studenti, ma anche tra i medesimi e le famiglie. Se si leggono ricerche mirate all’analisi del fenomeno (CNR, La famiglia e la scuola ai tempi del Covid-19, 2020), invece di disquisire apoditticamente su dati di valutazione generale del sistema scolastico, ricavando conclusioni in modo deterministico e meccanicistico, si scoprirà che, in tale situazione contingente, ci sono state criticità, ma anche riscontri positivi.

Mantenere il terreno d’incontro creato sarà a mio avviso fondamentale in sua situazione non emergenziale in cui integrare le tecnologie digitali nelle forme di relazione tra i soggetti coinvolti nell’apprendimento, non solo con scopi funzionali, ma anche per creare ambienti misti in presenza e in remoto in cui esercitare collettivamente autovalutazione, metacognitività e riesame delle esperienze, per definire le competenze da raggiungere ed anche per individuare e potenziare le cosiddette soft skill.

Ad esempio, una constatazione molto semplice che si può fare è il fatto che l’organizzazione gerarchica delle informazioni in file e cartelle è acquisizione ormai diffusa in docenti ed adulti, mentre è abbastanza frequente che gli studenti (che comunque non esprimono particolari difficoltà nell’uso delle tecnologie) mostrino difficoltà nella gestione di tale forma di archiviazione dei documenti.

Il già evidenziato maggior utilizzo del mobile li proietta, infatti, verso un mondo di app che costituiscono il contenitore degli specifici file, senza necessità di predisporre una gerarchia. L’ecosistema Google, poi, conserva le strutture gerarchiche, ma mette a disposizione il suo potente motore di ricerca per cercare i file senza dover percorrere l’albero delle cartelle.

Probabilmente, tutto ciò ha già cominciato ad incidere sul modo di pensare. La potenza del motore di ricerca (che ha messo in secondo piano la stessa “ricerca avanzata”, ormai ben poco utilizzata sia da giovani che da adulti) e l’impatto dell’intelligenza artificiale e del machine learning nella ricerca personalizzata di informazioni spingeranno ben oltre il fenomeno.

Interessante risulta in proposito esplorare le potenzialità di Keen, una sperimentazione proprio di Google (Area 120) che consente di organizzare in argomenti e sezioni i risultati delle ricerche. I repertori possono essere incrementati con ulteriori ricerche, ma la piattaforma fa molto di più di una bacheca on line tipo Pinterest (piattaforma incline al collezionismo): essa è in grado di svolgere autonomamente ricerche su specifici insiemi di parole chiave e di inviare in posta elettronica newsletter che propongono all’attenzione siti, pagine, articoli e risorse del web individuati in tali ricerche realizzate da algoritmi innovativi che suggeriscono correlazioni raffinate tra gli argomenti.
Si tratta dunque di una automatizzazione della ricerca nel web e non solo di un nuovo aggregatore di risorse del web quali Scoop.it, Pocket, Pearltrees, Bagtheweb.

Può sembrare una piccola cosa e non sappiamo se la sperimentazione sarà fruttuosa e se la piattaforma si affermerà o fornirà importanti indicazioni per altre implementazioni, ma può essere un esempio di un modo utile per affrontare l’Area 1 di Digicomp 2.1 (Alfabetizzazione su Informazioni e Dati), ponendo al contempo un problema di aggiornamento del quadro di riferimento, che data 2017.

Infatti, in esso, a mio avviso, non si individua una particolare attenzione alle problematiche dell’Intelligenza Artificiale e dei big data. La tematica è di estrema complessità, e nella scuola va affrontata per quanto possibile evitando approcci esclusivamente contenutistici e proponendo, invece, situazioni di vita che ancora una volta unificano gli sforzi di apprendimento di giovani e adulti: del resto il Framework si rivolge a tutti i cittadini e non solo a chi è in età scolare.

La dimensione di cittadinanza è ben presente ed ineludibile (si veda la recente ridefinizione dell’insegnamento di Educazione Civica (Legge 20 agosto 2019, n° 92) e tutti constatano che essa viene profondamente trasformata proprio dalle tecnologie e dagli ambienti digitali, proponendo grosse opportunità, ma anche seri rischi.

Competenze Digitali e Competenze di Imprenditorialità

Per gestire un apprendimento che affronti la complessità e il divenire strutturale del cambiamento e dell’innovazione, il Joint Research Centre (JRC Siviglia) ha realizzato anche EntreComp, quadro europeo della competenza Imprenditorialità. Lo scopo complessivo è quello di formare persone più creative, più proattive, più orientate a cogliere le opportunità e più innovative. L’imprenditorialità viene definita come una competenza trasversale chiave in tutte le sfere della vita. Imprenditorialità significa agire sulle opportunità e sulle idee per trasformarle in valore per gli altri; valore che può essere finanziario, culturale o sociale.

Le competenze di imprenditorialità sono organizzate in tre aree che la descrivono come capacità di trasformare idee e opportunità in azione attraverso la mobilitazione di risorse: esse possono essere:

  • personali (vale a dire, la consapevolezza di sé e di auto-efficacia, motivazione e perseveranza);
  • materiali (per esempio, i mezzi di produzione e le risorse finanziarie);
  • immateriali (ad esempio, specifiche conoscenze, abilità e attitudini).
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È evidente, dunque, l’ampiezza dell’interpretazione del concetto di imprenditorialità che si estende fino ad inserire nel novero delle competenze creatività, etica e sostenibilità, senza restringere il campo di implementazione alle semplici situazioni aziendali.

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Ponendo l’attenzione, in particolare sulla trasformazione delle idee in valore (competenza 1.4 “Idee di valore”), è impossibile prescindere dalle tesi di Maurizio Ferraris che evidenziano il ridursi della generazione di valore nella produzione per l’implementazione massiccia di automazione e intelligenza artificiale; una “rarefazione” dei lavori tradizionali alla quale si contrappone una crescente generazione di valore nel consumo, il vero lavoro del futuro.

Il modo adeguato di affrontare questi cambiamenti epocali e rapidi e la crescente complessità è, dunque, proprio quello di perseguire uno sviluppo integrato di competenze digitali e competenze di imprenditorialità, generando profili di formazione ampi, articolati e dalle forti interconnessioni tra le parti.

Coerentemente EntreComp invita a promuovere politiche volte a favorire la realizzazione di pratiche esperienze di imprenditorialità da parte di tutti i giovani prima che lascino la scuola.

Tutto ciò richiama la necessità di impegnare gli studenti in quelli che si definiscono oggi “compiti di realtà” e di perseguire una didattica esperienziale per formarli a risolvere problemi e ad affrontare situazioni nuove e cambiamenti.

Competenze digitali e di vita

A chiusura del cerchio, il Joint Research Centre (JRC Siviglia), ha realizzato anche LifeComp, il quadro europeo per le competenze chiave personali, sociali e di apprendimento per sviluppare la quinta competenza delle “Competenze chiave per l’apprendimento permanente” così come riformulata nel 2018 dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa (un allargamento da un approccio pedagogico, centrato sulla metacognizione, alla dimensione delle relazioni tra i singoli e la società).

Il framework LifeComp considera questa competenza chiave come un insieme di competenze che si applicano a tutte le sfere della vita e che possono essere acquisite attraverso l’istruzione formale, informale e non formale e possono aiutare i cittadini a prosperare nel 21° secolo.

Joint Research Centre dichiara che LifeComp è complemento essenziale di DigiComp e EntreComp e ne costituisce un terreno di integrazione poiché si occupa di abilità di vita, le abilità e le competenze che tutti dovrebbero sviluppare continuamente nel corso della propria vita. Significativo è poi il fatto che il framework sia stato sviluppato nell’ambito della ricerca del Centro su “Learning and Skills for the Digital Era”

LifeComp è costituito da tre aree di competenza intrecciate: “Personale”, “Sociale” e “Imparare a imparare”.

Ogni area comprende tre competenze:

  • autoregolamentazione, flessibilità, benessere (Area Personale),
  • empatia, comunicazione, collaborazione (Area Sociale),
  • mentalità di crescita, pensiero critico e gestione dell’apprendimento (Area dell’Imparare ad Imparare).

Ogni competenza ha, a sua volta, tre descrittori che generalmente corrispondono al modello “consapevolezza, comprensione, azione”

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L’obiettivo complessivo è fornire strumenti ai cittadini per affrontare l’incertezza dei tempi. Tale sentimento si è fortemente inasprito ai nostri giorni, non per la causa contingente della pandemia di Covid19, ma per i rapidi mutamenti economici e sociali che appaiono ormai una condizione strutturale. È quindi necessario affrontare la situazione sviluppando una specifica competenza che possa aiutare studenti e cittadini ad assumere un atteggiamento preventivo riguardo alla propria salute e a quella degli altri, a discernere l’informazione dalla disinformazione, ad autoregolare le emozioni, a gestire l’apprendimento in modo flessibile e a mantenere la speranza.

Questa competenza chiave ha stretti legami con la consapevolezza delle espressioni culturali e con la dimensione della cittadinanza. Ciò implica la comprensione e il rispetto di come le idee e i significati vengono espressi e comunicati in modo creativo nelle diverse culture e attraverso una gamma di arti e altre forme culturali; essa richiede, inoltre, di impegnarsi nella comprensione, nello sviluppo e nell’espressione delle proprie idee, nell’avere un senso del proprio posto o ruolo nella società in una varietà di modi e contesti, un atteggiamento aperto e di rispetto per la diversità dell’espressione culturale, insieme ad un approccio etico e responsabile alla proprietà intellettuale e culturale.

Il possesso di competenze digitali e di competenze di imprenditorialità integrate in un bagaglio di competenze personali, sociali e di apprendimento strutturerà persone consapevoli delle proprie capacità di elaborare soluzioni ai problemi, di interagire con gli altri, di esprimere creatività e positivi atteggiamenti verso il cambiamento. Ciò le renderà capaci di affrontare l’incertezza, l’ambiguità, le sfide e i rischi che connotano la società digitale. Sarà così posto un freno all’agire involutivo e scomposto di soggetti che non riescono a gestire l’ansia per i continui sconvolgimenti e per la perdita condizioni note e predeterminabili, alimentando, per paura, impotenza e rabbia, fake news e teorie ascientifiche, rappresentazioni surreali e folkloriche di fenomeni politici e sociali, individualismo e rifiuto di regole di comunità, ribellismo fine a sé stesso.

Conclusioni

Il complesso quadro di gestione degli apprendimenti qui descritto configura la necessità di un radicale cambiamento nel sistema scolastico. Il passaggio da una scuola della società industriale ad una scuola della società digitale, nonostante l’affermarsi di corretti approcci culturali e professionali e lo sviluppo di interessanti esperienze di innovazione, trova ancora forti resistenze nell’organizzazione del sistema e dello spazio-tempo delle scuole ancora legati ad orientamenti lontani di percorsi formativi omologanti.

La scuola secondaria di primo grado appare particolarmente in crisi: è del 1975 l’invettiva di Pasolini contro la “scuola media dell’obbligo” come strumento di omologazione piccolo borghese.

In effetti, la struttura e l’organizzazione di tale grado di Scuola Secondaria, nonostante l’impegno al cambiamento di molti dirigenti scolastici e docenti, sono ancora funzionali a rispondere alla necessità di formazione di una classe media di operai specializzati ed impiegati attraverso l’indirizzamento in percorsi di studio omologati e omologanti finalizzati verso poche carriere lavorative e professionali, predefinite e durature.

Un sistema scolastico in grado di perseguire i quadri integrati di competenze qui esposti, richiede un’impostazione diametralmente opposta: è necessario perseguire la diversità, la flessibilità che fa cogliere opportunità e sviluppare i talenti personali; bisogna formare cittadini consapevoli delle proprie competenze, che accettano le sfide (che passano inevitabilmente per il Digitale) e controllano l’ansia, cittadini in grado di gestire il proprio apprendimento e di inserirsi in situazioni nuove, ricostruendo la propria professionalità ed adeguando il proprio stile di vita.

Il cambiamento sarà l’orizzonte di vita e, nel gestire il proprio lavoro, sarà necessario il più delle volte non pensare di conservarlo fino alla terza età e predisporsi, invece, per il lavoro successivo.

La scuola dovrà dunque sviluppare competenze ed atteggiamenti adeguati ad affrontare la complessità e a non rifugiarsi in rassicuranti, ma fallimentari rappresentazioni riduttive.

La valutazione degli apprendimenti dovrà rappresentare la complessità dei profili di formazione come qui delineata. Dovrà evidenziare la capacità di cambiamento e di risposta degli studenti a situazioni nuove. Gli insegnanti dovranno definitivamente superare la rassicurante rendicontazione dei risultati conseguiti e “rischiare” una valutazione che prefigura il futuro: cosa ha fatto uno studente a scuola è interessante solo se da ciò si ricava quanto sarà in grado di fare in futuro, risolvendo problemi ed affrontando realtà complesse e situazioni nuove.

La nuova forma di valutazione adottata nella Scuola Primaria (Ordinanza n° 172 del 4 aprile 2020) che sostituisce i voti con giudizi descrittivi è ben orientata in tal senso: essa permette la realizzazione di una valutazione pienamente formativa in quanto costringe a mettere a fuoco i processi operativi, cognitivi e relazionali che gli allievi devono sviluppare nel corso delle attività didattiche e padroneggiare alla fine del percorso. Autovalutazione e momenti metacognitivi potranno consolidare la consapevolezza di quanto gli studenti potranno fare nelle successive situazioni scolastiche e di vita.

C’è da augurarsi che una simile impostazione valutativa, interna all’atto progettuale delle attività didattiche, si riversi anche nella Scuola Secondaria di Primo e Secondo grado in una visione sistemica che diffonda strategie comuni in tutte le scuole europee.

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Del Resto JRC ha elaborato anche un quadro di riferimento europeo sulle competenze digitali delle organizzazioni educative. “DigCompOrg è costituito da 7 elementi tematici e 15 sotto-elementi comuni a tutti i settori educativi. Per ciascuno di questi elementi e sotto-elementi sono stati inoltre definiti un numero (74) di descrittori. Questi elementi, sotto-elementi e descrittori sono disposti in un cerchio, anche per sottolineare le interconnessioni e le interdipendenze che esistono fra di loro. Inoltre, il quadro prevede anche la possibilità di includere altri elementi e sotto-elementi relativi a specifici ambiti tematici.”

L’obiettivo dichiarato è quello di arrivare a definire un approccio concettuale comune a livello europeo, per sostenere lo sviluppo delle competenze digitali delle organizzazioni educative al fine di rispondere in maniera coordinata ai bisogni di formazione nei diversi Stati dell’Unione Europea.

Bibliografia

Longo, A., & Scorza, G. (2020). Intelligenza artificiale. L’impatto sulle nostre Vite, diritti e libertà.

Tegmark, M. (2018). Vita 3.0: Essere umani nell’era dell’intelligenza artificiale. Raffaello Cortina Editore.

Zuboff, S. (2019). IL capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri.

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