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Il business delle fake news sul Covid: chi fa cassa sulla paura? Le cose da sapere

In un ecosistema digitale altamente tossico, i disinformatori di professione lucrano sulla paura dei vaccini facendo leva su meccanismi assai collaudati di distorsione dei contenuti e manipolazione degli internauti. Chi sono e quanto ci guadagnano

Pubblicato il 16 Mar 2022

Ruben Razzante

docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma

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Il lento e faticoso superamento della quarta ondata del Covid, dovuto principalmente all’efficacia della campagna vaccinale e delle misure di distanziamento e contenimento, non deve far perdere di vista le criticità che ancora dominano l’ecosistema informativo, soprattutto quello digitale.

Disinformazione inevitabile come il gossip? Saper distinguere fa la differenza

L‘infodemia

L’infodemia, intesa come circolazione incontrollata di notizie non validate da alcuna autorità scientifica, è da due anni l’altra faccia della pandemia. Circolano nel web e sui social moltissimi link non riconducibili a fonti istituzionali, che veicolano contenuti non vagliati e non verificati. Il disorientamento è l’effetto più naturale di tale diffusione virale di notizie fake. Tuttavia, in pochi sono a conoscenza dell’enorme business coltivato da quanti veicolano notizie false sulla pandemia e sui vaccini, facendo leva sull’ignoranza e la fragilità emotiva di milioni di utenti. La confusione generata dai virologi, sovraesposti nei talk show e spesso accusati di non essere riusciti a prevedere l’andamento della pandemia, ha finito per fare il gioco dei produttori e spargitori di fake news e per alimentare un pericoloso relativismo delle idee e delle opinioni, scardinando anche quelle poche certezze, ad esempio sull’efficacia dei vaccini.

Il giro d’affari dei disinformatori di professione

Il giro d’affari generato dai video e dagli articoli promossi dai disinformatori di professione è di circa 36 milioni di dollari l’anno, diviso tra 22 aziende appartenenti a 12 individui che producono da soli il 65% delle fake news e delle teorie sul complotto su pandemia e vaccini. Grazie a pubblicità e a video sponsorizzati venduti online, i No Vax – con il loro seguito di 62 milioni di follower – produrrebbero ricavi sui colossi digitali di almeno 1,1 miliardi di dollari all’anno.

Sono i conti fatti dal centro di ricerca britannico Centre for Countering Digital Hate (CCDH) sui professionisti del profitto No Vax e sulle piattaforme che pubblicano e amplificano contenuti contro i vaccini. Il Centre for Countering Digital Hate monitora da anni la Rete alla ricerca dei diffusori di notizie false e crimini di odio online e tra il 1° febbraio 2021 e il 16 marzo 2021 ha analizzato oltre 800 mila contenuti, tra post, tweet etc..

Mercola e la sporca dozzina dei disinformatori più attivi

Il New York Times, insieme al Centre for Countering Digital Hate (CCDH), ha individuato in Joseph Mercola, osteopata della Florida e nella sua compagna Erin Elizabeth, il disinformatore più attivo e profittevole di Internet. Mercola è diventato milionario diffondendo, in più lingue, bugie, sospetti e terrore sui vaccini contro il Covid, negando la gravità della pandemia e incitando le persone alla disubbidienza verso le misure di protezione, a partire dall’uso delle mascherine. Attivo ormai da molti anni con il motto “Prendi il controllo della tua salute” e con un best seller venduto nel 2003, ha tratto sicuramente giovamento in termini di carriera dal prolungarsi della pandemia. Secondo il CCDH, Mercola ha guadagnato oltre 7 milioni di dollari dall’inizio della pandemia, con un impero che impiega 159 dipendenti dagli Usa alle Filippine.

Le bufale più clamorose

Grazie agli oltre 4 milioni di follower tra Facebook, Instagram, Youtube e Twitter e una pagina a pagamento per abbonati sul sito di autopubblicazione Substack, Mercola rende virali le sue teorie facendole viaggiare online dopo averle impacchettate con video, articoli e grafici molto convincenti. I suoi guadagni derivano dalla vendita di pubblicità, abbonamenti e integratori alimentari definiti “miracolosi” per la cura contro il Covid e naturalmente non testati da enti riconosciuti. La stessa Food and Drug Administration gli ha recentemente intimato di fermare l’attività. Mercola ha peraltro ricevuto aiuti dallo Stato americano, come molti altri di questi gruppi, per oltre 600mila dollari, grazie alle sovvenzioni previste per supportare le imprese in difficoltà a causa del Covid, dicendo che sarebbero stati a rischio centinaia di posti di lavoro. Tra le bufale più clamorose promosse da Mercola, quella secondo cui i materassi a molle sono fonte di radiazioni molto dannose per l’uomo o la teoria secondo cui i lettini abbronzanti aiutano a prevenire il cancro e altre malattie. Le autorità statunitensi non riescono a fermarlo, al massimo ha ricevuto qualche multa e ha dovuto pagare alcuni risarcimenti a clienti del passato abbindolati dalle sue pratiche alternative. Mercola – che ha anche accusato la Casa Bianca di censurarlo con la complicità dei social network – si definisce vittima di una caccia alle streghe e di essere un perseguitato politico.

Robert F. jr Kennedy e gli altri

Nella lista dei 12 stilata da CCDH compaiono anche Robert F. jr Kennedy, nipote di John Fitzgerald Kennedy, con il suo gruppo antivaccinista Children’s Health Defence, e Del Matthew Bigtree, fondatore dell’ICAN, l’Informed Consent Action Network, entrambi focalizzati sul reclutamento e l’indottrinamento di genitori preoccupati per la sicurezza e l’efficacia dei vaccini. Sia Facebook che Youtube hanno cancellato alcune loro pagine dopo averne verificato la falsità. Kennedy e Del Bigtree hanno fatto ricorso legale contro le piattaforme per le mancate entrate economiche dovute all’esclusione dalle loro piattaforme. Come e quanto guadagnano queste associazioni e i loro leader? Kennedy percepisce 255mila dollari annui per il suo ruolo alla guida della sua associazione di difesa dei bambini, Del Bigtree 232mila. I soldi arrivano principalmente da donazioni e da promozioni di video o integratori. Recentemente ha fatto clamore la notizia della festa organizzata da Robert F. Kennedy jr nella sua tenuta in California, che ha imposto l’obbligo di certificazione verde ai suoi ospiti. Kennedy si è giustificato scaricando la responsabilità delle procedure anti-contagio sulla moglie e dicendo di non esser stato messo a conoscenza dei “requisiti” anti-Covid richiesti e che comunque non sarebbe stato effettuato nessun reale controllo sugli invitati.

Tra gli altri influencer in testa di lista si distinguono: Rizza Islam, che ha pubblicato diversi post su Facebook contro i vaccini, rilanciati da tanti afro-americani (Facebook ha rimosso la sua pagina a febbraio ma Islam ha proseguito la sua attività su Twitter e Instagram); Sherri Tempenny, osteopata che diffonde notizie false anche sulla sicurezza e sull’efficacia delle mascherine (per questo Facebook ha rimosso alcuni suoi post, che però sono ancora visibili su Twitter e Instagram); Ty e Charlene Bollinger, coppia no-vax che vende libri e dvd sui vaccini, sul cancro e sul coronavirus (sono stati tra i promotori della teoria, secondo cui Bill Gates sarebbe a capo del complotto per impiantare microchip durante le vaccinazioni).

Innegabilmente anche le piattaforme guadagnano dall’industria No Vax. Secondo l’analisi del CCDH, un seguito stimato di oltre 60 milioni di persone nel mondo può voler dire – secondo le metriche delle stesse piattaforme – un ricavo di oltre un miliardo di dollari.

Quanto ci guadagnano le piattaforme?

Oltre alle principali piattaforme online, i contenuti legati a complottismi No Vax vengono sempre più spesso ospitati da veicoli online che propongono ai loro utenti prodotti on demand. È il caso di Spotify, che accoglie sulla sua piattaforma il podcast complottista e antiscientifico “Joe Rogan Experience” che ha fatto sì che il cantautore americano Neil Young chiedesse e ottenesse la rimozione di tutte le sue canzoni dalla piattaforma per non “condividere lo stesso palcoscenico”. La richiesta di Neil Young è stata seguita da quella di altri importanti musicisti. È anche il caso di Substack, sito di autopubblicazione per abbonati su cui pubblica anche Mercola. Inoltre, secondo i dati di CCDH, cinque newsletter di altrettanti leader No Vax da sole hanno generato 2,5 milioni di dollari in un anno.

Il rapporto Ugcons: fake news e sfiducia

Un Rapporto italiano, promosso dall’Unione generale consumatori (Ugcons), dal titolo “Fake news e sfiducia, il ruolo delle associazioni consumeristiche per la ripartenza”, ha evidenziato come durante la pandemia, a causa di fake news e sfiducia diffusa, l’informazione sia stata percepita come  “disorientante”, “confusiva”, “ansiogena” e “di base”. Al centro del Rapporto il tema della comunicazione, dell’informazione e delle fake news durante la pandemia da Covid-19. L’analisi demoscopica, con focus sulla Regione Lazio, è stata effettuata nel mese di ottobre 2021 ed è stata condotta tramite la somministrazione di 1.500 interviste telefoniche e online valide e complete (4.228 contatti totali). I sentimenti positivi sono relegati agli ultimi cinque posti: comunicazione “chiara” (13,8%), “equilibrata” (11,9%), “competente” (10,7%), “autorevole” (5,9%), “tranquillizzante” (3,1%). Quasi la totalità degli intervistati (91,4%) ritiene che “la comunicazione ricevuta dalle Istituzioni durante la Pandemia è stata superficiale e solo a volte chiara e concreta”.

Alla domanda “come distinguere una fonte autorevole da un sito che diffonde una fake news?”, il 77,8% ha risposto “considero fonti autorevoli i siti delle notizie e delle testate giornalistiche nazionali”. Per il 78,9%, prima di condividere una notizia, è importante condividerne il punto di vista della notizia; verificarne l’autenticità (61,2%); e “leggere con attenzione la notizia” (55,2%). Per gli intervistati, i principali artefici della creazione e diffusione di fake news sono i siti non ufficiali (66,7%).

I principali canali di informazione utilizzati per raccogliere notizie durante il lockdown sul Covid-19 sono stati la televisione (84,8%), i siti web istituzionali (52,8%), i giornali online (33,3%), i social media (24,9%). Amici, conoscenti, parenti sono stati la fonte di informazione per quattro cittadini laziali su dieci, mentre il medico di base e lo specialista sono stati interpellati per raccogliere informazioni sul Covid-19 dal 29,5%. Confrontando le stesse fonti nel periodo di post-pandemia acuta, si nota come crescano significativamente la figura del medico di base e quella del farmacista (rispettivamente +6% e +13,1%). È aumentato sensibilmente l’utilizzo della radio grazie al ritorno dell’impiego delle auto ed è tornata ad avere un ruolo importante la figura di scuola/insegnanti, complice la riapertura delle lezioni in presenza.

Conclusioni

Tutti questi studi concorrono a disegnare un ecosistema digitale altamente tossico, in cui la galassia No Vax trae vantaggi economici innegabili, facendo leva su meccanismi assai collaudati di distorsione dei contenuti e manipolazione degli internauti.

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