RICERCA

L’algoritmo della musica, effetto gregge e autonomia nel mercato online: tre esperimenti

I sistemi di raccomandazione tipici dell’e-commerce concorrono al successo di un prodotto. Anche nel mondo discografico. Ma non è detto che l’architettura digitale di filtraggio determini automaticamente un trend. I risultati dei test condotti alla Sapienza di Roma da un team multidisciplinare creato ad hoc

Pubblicato il 26 Gen 2021

Marzia Antenore

Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale Sapienza - Università di Roma

Thanks to Oscar Keys for sharing their work on Unsplash.

Il mercato discografico online sta cavalcando da tempo la digital transformation. Le piattaforme di streaming, da Spotify a Deezer, basano il proprio successo (anche) su sistemi di raccomandazione sempre più raffinati.

Ma che peso hanno gli algoritmi nelle nostre scelte musicali e nella scalata di una canzone?

Cosa determina il successo di alcune canzoni

Da quando Chiara si è messa a comporre canzoni non c’è pranzo o ricorrenza che non si parli di musica e di come trasformare questa passione in un mestiere, se non redditizio almeno dignitosamente retribuito. Il rituale di questi incontri famigliari è ormai consolidato: tra ritrosia ed entusiasmo si comincia con l’ascolto della sua ultima canzone, ci si confronta sui brani degli artisti emergenti del panorama musicale italiano, si discetta sulle qualità di questa o quella hit, per giungere a affrontare un unico, inafferrabile, enigma: perché alcuni dei brani musicali che avevamo ascoltato avevano riscosso un successo di pubblico enorme mentre altri simili o persino migliori non avevano ottenuto gli stessi risultati?

La nostra esperienza di fruitori di film, libri, serie televisive, ecc ci suggerisce come questo enigma non riguardi solo la musica ma in generale tutta quella produzione artistica e letteraria che nell’insieme definisce il mercato culturale. Le dinamiche di questo genere di mercati sono tanto complesse quanto imprevedibili, come spesso lamentano pubblico, artisti e critica. Da un lato sono regolati da distribuzioni scalabili ossia da un elevato livello di disuguaglianza per cui pochi prodotti hanno molto più successo della media di tutti gli altri presenti sul mercato. Per questo alcuni li definiscono mercati “winner-take-all” ossia pochi vincitori si prendono quasi tutto il bottino mentre gli altri si spartiscono quello che rimane. Allo stesso tempo, prevedere quale prodotto prenderà tutto è impossibile poiché piccoli vantaggi iniziali – distribuiti in modo casuale – si sommano sino a diventare determinanti nell’influenzare in maniera definitiva tutto il percorso. Non sorprendentemente, dunque, in questi mercati anche il caso o la fortuna possono rivelarsi decisivi.

Applicate al mercato musicale, queste dinamiche possono essere molto interessanti da esplorare. Soprattutto tra le giovani generazioni la musica è un lubrificante sociale: la preferenza comune per un artista può facilitare l’interazione tra chi lo ascolta e spingere verso il conformismo, accentuando dunque l’effetto winner-take-all dovuto al vantaggio iniziale. D’altro canto, le canzoni – come altri tipi di beni – sono un classico segnale di differenziazione sociale per cui il gusto personale potrebbe giocare un ruolo decisivo nelle preferenze di consumo. Infine, anche la valutazione degli esperti potrebbe fare la differenza per la loro funzione di orientamento del gusto e certificazione collettiva della qualità.

In questo articolo presento i risultati di due esperimenti che abbiamo condotto all’Università La Sapienza di Roma, che cercano di fare un piccolo passo avanti nella risposta a questa domanda con gli strumenti offerti dalla ricerca digitale. Poiché le ricerche in questione si sono avvalse di un team di ricerca misto – sociologi, computer scientist e psicologi – attraverso il racconto di questa esperienza proverò anche a riflettere su quali opportunità di conoscenza ha offerto l’ibridazione tra discipline umanistiche e sociali – SSH (Social Science and Humanities) con le discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics).

La scalata di una hit: regole del gioco

Ambire a racchiudere tutte le variabili che entrano in gioco nel decretare il successo di un prodotto in un mercato altamente imprevedibile come quello discografico è un’impresa tanto ambiziosa quanto improponibile per un unico progetto di ricerca. Probabilmente lo sarebbe anche volendogli dedicare un’intera carriera scientifica e persino un’intera esistenza!

Poiché tuttavia molti se non tutti i brani vengono oggi distribuiti online e filtrati da sistemi di raccomandazione di cui quotidianamente facciamo esperienza, nel nostro esperimento le piattaforme digitali hanno costituito un piccolo mondo che ci ha consentito di isolare il ruolo di alcune variabili e, allo stesso tempo, di usare gli algoritmi per somministrare alcuni segnali di influenza (o digital cues).

Pur esistendo diversi tipi di algoritmi, generalmente un sistema di raccomandazione evoca la presenza di altre persone attraverso segnali digitali convenzionali. Stars, numero di download, ascolti, valutazioni fatte da altri utenti o da esperti segnalano, attraverso una iconografia ormai nota, quanto il prodotto sia popolare, innescando eventualmente una regolazione “chi vince prende tutto”.

Qualunque sia il segnale digitale, gli algoritmi sono oggi i filtri tra milioni di prodotti online e milioni di utenti: costituiscono dunque una mediazione molto potente per numerose decisioni prese nella vita quotidiana. Lo studio dei loro effetti sul comportamento delle persone e le dinamiche di mercato è oggi irrinunciabile e cruciale.

Partendo da queste suggestioni, Giovanna Leone, Alessandro Panconesi, Erisa Terolli e io abbiamo condotto due esperimenti sul campo simulando un piccolo mercato discografico online. Come nella pièce “Tre versioni della vita” di Yasmina Reza, abbiamo animato diversamente mondi digitali identici e osservato lo svolgersi degli eventi in ciascuno di essi.

Nel primo mondo i partecipanti erano invitati a scaricare i brani preferiti conoscendone la popolarità tra gli altri utenti, nel secondo come i brani erano stati accolti dai critici musicali, nel terzo era l’algoritmo a suggerire la canzone più vicina ai loro gusti. Abbiamo poi rilevato il cambiamento della quota di mercato di ciascuna canzone in regime di “indipendenza” in cui i partecipanti conoscevano solo i titoli dei brani musicali e i nomi delle band. L’idea era che se le canzoni avessero seguito percorsi differenti in ciascuno dei mondi sarebbe stato possibile isolare il meccanismo specifico che agiva sul download.

“Effetto gregge” vs autonomia?

Già negli anni Cinquanta lo psicologo sociale Solomon Asch aveva verificato l’enorme potere persuasorio del “conformismo”. Negli esperimenti laboratoriali di Asch le persone cambiavano spesso le loro opinioni per conformarsi a quelle degli altri anche se disponevano di dati oggettivi che invalidavano le opinioni della maggioranza. Esperimenti recenti come quelli condotti in ambiente digitale dal sociologo Matthew Salganik hanno suggerito, tra l’altro, come la tendenza al conformarsi alla maggioranza agisca anche nel mercato musicale online. Non solo la popolarità delle canzoni si muove nella stessa direzione dell’influenza sociale ma le canzoni socialmente più attraenti sono anche quelle che hanno maggiormente beneficiato della fortuna innescando effetti del tipo winner-take-all.

Con una certa sorpresa nel nostro esperimento abbiamo riscontrato variazioni minime tra le quote delle canzoni scelte in condizione di “indipendenza” e le quote di quelle indicate come più popolari. In altre parole, la popolarità di una canzone non aveva alcuna influenza sulle decisioni di scaricamento degli utenti. Sia che la canzone fosse popolare tra altri, sia che fosse suggerita dagli esperti o dal recommender system, la scelta del brano appariva indipendente dalle decisioni altrui.

Poiché ricerche precedenti sembravano andare in direzione opposta, ci siamo interrogati a lungo se le nostre conclusioni fossero accurate o, invece, frutto di qualche macroscopico errore di rilevazione. Abbiamo così ripetuto l’esperimento variando di poco il disegno di ricerca (ad esempio abbiamo inserito ulteriori stimoli persuasori) e le condizioni di svolgimento (in presenza invece che online). Questo secondo esperimento ha tuttavia confermato i risultati del primo.

Winston Churchill sosteneva che l’abilità in politica consiste nella capacità di prevedere ciò che accadrà domani, la settimana prossima, il mese prossimo, l’anno prossimo. E successivamente nell’essere in grado di spiegare perché non è avvenuto. Anche la ricerca scientifica talvolta si confronta con questa sfida.

Paradossalmente, la piega presa dai risultati sperimentali ha sollecitato un ragionamento su altri aspetti della pressione “conformistica” in ambiente digitale. Quando le persone hanno tempo e opportunità di farsi un’idea di cosa stanno scegliendo – come nel caso dei nostri partecipanti – esse agiscono in modo indipendente. Di contro, in una situazione in cui l’esplorazione è cognitivamente onerosa (ad esempio quando le alternative sono numerose o il tempo da dedicarvi è limitato), si verifica un effetto analogo al social loafing (“pigrizia sociale”) per cui le preferenze degli altri diventano scorciatoie informative utili a orientare le decisioni. Nel caso dei nostri esperimenti, la possibilità di scelta era offerta tra pochi brani che i partecipanti potevano ascoltare e riascoltare prendendosi tutto il tempo necessario. Non sappiamo quanto pigrizia sociale e “conformismo” avrebbero influenzato le loro decisioni dovendo valutare tra molte più opzioni disponibili. Però sappiamo che, messi in alcune condizioni favorevoli, hanno fatto una scelta indipendente, basata sulla canzone più vicina ai loro gusti.

Facilitazione sociale in azione

Sebbene gli algoritmi sembrava non avessero alcuna influenza sulle scelte di ascolto, si sono invece rivelati determinanti nell’influenzare il tempo di permanenza degli utenti sulla piattaforma e sulla decisione di scaricare o meno le canzoni. Indipendentemente da quale fosse la canzone più scelta, la presenza delle stars aumentava considerevolmente sia il tempo speso sulla piattaforma sia il numero complessivo di download effettuati.

Perché accadeva ciò? Tra le molte spiegazioni possibili, abbiamo letto questo risultato come effetto di un fenomeno psicosociale noto come “facilitazione sociale”. Si tratta del modo in cui il comportamento di un individuo è influenzato dalla presenza di altri mentre svolge un compito, migliorando la performance nei compiti semplici e peggiorandola nei compiti complessi. Nella vita quotidiana ciascuno di noi sperimenta, più o meno consapevolmente, gli effetti della co-azione. Meccanismi di facilitazione sociale, ad esempio, spiegano perché oratori esperti risultino più brillanti di fronte ad una platea gremita, ma contribuiscono anche a chiarire – e questo è il punto cruciale della nostra osservazione – alcuni meccanismi di funzionamento delle attività online come il download.

Rispetto ad altre attività, lo scaricamento di un brano musicale è un compito molto semplice, soprattutto per giovani studenti universitari. La presenza di altri utenti – anche se solo evocata tramite segnali digitali come le stars e il numero di download – attiva il soggetto e gli fa svolgere quel compito con maggiore efficacia rispetto allo stesso compito portato a termine in un ambiente vuoto, come avviene nella condizione di indipendenza. Per rimarcare l’effetto della facilitazione sociale su un ipotetico mercato culturale digitale abbiamo intitolato uno degli articoli dell’esperimento Togheter we buy, alone I quit (ossia insieme compriamo, da soli abbandoniamo).

La forza di un team multidisciplinare

Come in un test proiettivo in cui si è chiamati a interpretare l’immagine che si ha di fronte, quello che ciascuno di noi ha trovato nell’esperimento è dipeso dalla nostra esperienza di ricercatori e dalla nostra prospettiva. Se per i computer scientist è stato un modo per esplorare gli effetti dei sistemi di raccomandazione, la psicologia vi ha visto un’occasione per osservare il fenomeno dell’influenza sociale in un ambiente che consente di farlo su più vasta scala rispetto ai classici studi laboratoriali. Infine, le scienze sociali vi vedranno l’occasione per ricondurre il consumo alla sua dimensione sociale e distintiva, secondo una tradizione scientifica che risale al lavoro di Pierre Bourdieu.

In ogni caso, se non avessimo potuto contare sulle risorse offerte da un team di ricerca misto – dalla fase di costruzione della piattaforma sino alla elaborazione e lettura dei dati – una ricerca di questo tipo avrebbe avuto ben poche chance di essere realizzata.

La collaborazione multidisciplinare alla base di un disegno di ricerca digitale ci ha consentito di condurre un esperimento che fino a pochi anni fa sarebbe stato proibitivo in termini di costi, almeno per le discipline umanistiche notoriamente sottofinanziate in Italia.

L’inclusione nel team di una figura in grado di sviluppare la piattaforma sperimentale ha consentito di contenere al minimo le risorse economiche necessarie a costruire un ambiente laboratoriale idoneo. In secondo luogo, il reclutamento dei partecipanti – di solito molto oneroso e lungo – ha potuto beneficiare di una meccanica automatizzata, sia nel momento della call to partecipation sia per la possibilità di svolgere l’esperimento in tempi flessibili su un dispositivo digitale. Ciò ha consentito, nel giro di poco tempo, di osservare il comportamento di circa 3.000 soggetti. Poter contare su un numero elevato di persone non era un obiettivo fine a se stesso, ma un requisito indispensabile per distribuire i partecipanti nei diversi mondi e osservarne il comportamento su gruppi quantitativamente omogenei.

Oltre a indiscutibili vantaggi, ricerche di questo tipo hanno anche l’involontario compito di mettere in evidenza molti dei limiti con sui si confronta oggi la ricerca accademica sui temi del digitale. Tali limiti non sempre sono colmabili con collaborazioni scientifiche multidisciplinari, ma attengono alla possibilità di accedere ai dati necessari per condurre esperimenti su più vasta scala. Attualmente questi dati, salvo poche eccezioni di accessibilità parziale, sono solo nelle disponibilità delle piattaforme digitali: con implicazioni allarmanti per la ricerca pubblica e i benefici collettivi.

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