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L’AI come personal shopper: addio ricerche, benvenute conversazioni



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Gli AI Personal Shopper stanno trasformando l’esperienza d’acquisto, offrendo consigli personalizzati e guidando le scelte dei consumatori. Un cambiamento che ridefinisce marketing, fiducia e visibilità dei brand

Pubblicato il 25 set 2025

Marianna Chillau

Business Development Manager @b2x Presidente @4eCom



tiktok shopping (1) L'AI come personal shopper

Fino a poco tempo fa, il percorso d’acquisto di un consumatore cominciava quasi sempre da una ricerca su Google, da un sito eCommerce conosciuto, da un marketplace o magari da un prodotto scoperto per caso sui social.

Oggi, sempre più persone non cercano, ma chiedono direttamente consiglio a un’intelligenza artificiale.

Dal motore di ricerca al consiglio personalizzato

ChatGPT, Perplexity, Claude o Gemini stanno rapidamente diventando i nuovi personal shopper virtuali: strumenti a cui ci si rivolge per sapere quale tablet scegliere, che crema solare usare per la pelle sensibile, o quali scarpe da corsa siano adatte a chi soffre di dolori articolari.

Il segnale è evidente, ci stiamo muovendo verso una nuova era del B2C, in cui il funnel d’acquisto non parte più da una parola chiave, ma da un prompt conversazionale. Così, invece di digitare “migliore piastra per capelli 2025”, sempre più utenti preferiscono chiedere: “Mi consigli una piastra per capelli di qualità sotto i 100 euro?”

L’IA risponde in modo contestualizzato, ragionato e “neutrale” (forse), attingendo a recensioni, articoli, forum e cataloghi online. In pochi secondi ci restituisce un elenco curato di opzioni, con vantaggi, svantaggi e sempre più spesso, link diretti all’acquisto.

Dalla ricerca all’assistenza di “fiducia”

Secondo la Consumer Pulse Survey 2025 di Accenture[1], già il 47% dei consumatori ha consultato almeno una volta una AI generativa per prendere decisioni su cosa comprare.

Tra gli utenti abituali di questi strumenti, si sta delineando una nuova modalità di scelta, sempre più guidata dalla tecnologia: oltre il 30% afferma di fidarsi più dei consigli dell’IA che di quelli di amici, venditori o motori di ricerca tradizionali, mentre il 9% considera l’IA la fonte più affidabile in assoluto per decidere cosa comprare.

Strumenti come ChatGPT permettono, attraverso semplici conversazioni in linguaggio naturale, di generare idee, ricevere proposte su misura, ottenere comparazioni dettagliate e trovare rapidamente offerte e prezzi competitivi online. Le versioni più recenti sono persino integrate con plugin e API di e-commerce[2], in grado di mostrare link diretti, riassumere recensioni, suggerire prodotti correlati e addirittura completare l’acquisto in autonomia.

I vantaggi percepiti? Personalizzazione, efficienza e accessibilità. Le proposte tengono conto di gusti, esigenze, trend e comportamenti passati. Le IA confrontano automaticamente più fonti tra cui recensioni, schede prodotto, promozioni e marketplace; offrendo suggerimenti già filtrati e rilevanti. Rispetto alla navigazione tradizionale, si arriva molto più rapidamente a una selezione mirata, e grazie all’interfaccia conversazionale, anche gli utenti meno esperti, possono ottenere suggerimenti d’acquisto chiari e personalizzati in modo immediato.

Tutti questi segnali confermano che siamo entrati in una nuova fase dell’esperienza d’acquisto, sempre più guidata dalla conversazione e dalla fiducia verso l’AI, con implicazioni rilevanti per il marketing, la brand visibility e il rapporto tra consumatori e aziende.

L’impatto per i brand: come essere scelti dall’AI

Il ruolo degli agenti AI come consulenti d’acquisto sta riscrivendo le regole del gioco per aziende e brand. Se un tempo il primo punto di contatto era il sito e-commerce ufficiale, oggi la porta d’accesso alla decisione d’acquisto passa sempre più spesso da una risposta generata da un’intelligenza artificiale. Ma quali sono le conseguenze per le aziende?

Visibilità distribuita o esclusione automatica

Le AI generative attingono da una moltitudine di fonti sparse sul web: recensioni, blog, forum, schede prodotto, comparatori e marketplace. Se un brand non è presente (o lo è con dati scarsi, imprecisi o obsoleti), rischia di essere semplicemente ignorato dalle risposte. Essere presenti non basta più, oggi serve essere leggibili, rilevanti e affidabili agli “occhi” degli algoritmi.

La nuova SEO si chiama “AI-readability”

Ottimizzare per i motori di ricerca è ancora importante, ma non più sufficiente. Le AI non si limitano a indicizzare contenuti, li re-interpretano, sintetizzano e ri-presentano sotto forma di conversazione personalizzata.

Per questo motivo, i contenuti aziendali devono diventare AI-readable[3], ovvero strutturati logicamente, chiari nel linguaggio, organizzati per titoli e sezioni, arricchiti con dati, comparazioni e tabelle, oltre che facilmente estraibili e aggiornati nel tempo. “Seminare” contenuti di qualità su tutti i canali rilevanti è oggi una leva strategica, non più un’attività accessoria.

Le recensioni passano da testimonianze a leva algoritmica

Nell’ecosistema AI, le recensioni sono molto più di semplici opinioni, diventano materia prima per la raccomandazione. Non è più sufficiente avere un buon punteggio medio, servono recensioni numerose, dettagliate, autentiche e distribuite su fonti autorevoli e diversificate (Amazon, forum, blog, siti comparativi, ecc). Le AI privilegiano contenuti che raccontano pro e contro reali, esperienze d’uso diverse, e che offrono valore informativo concreto.

Reputazione più fragile, visibilità più dinamica

Oggi, la reputazione di un brand è più esposta e vulnerabile. Bastano poche recensioni negative ben argomentate o una scheda prodotto errata su una fonte credibile per essere esclusi dalle risposte dell’IA. Una gestione attenta della presenza online può attivare un circolo virtuoso, più l’IA ti consiglia, più vieni selezionato, più cresci in visibilità e fiducia.

Dal prodotto alla conversazione

Il modo di raccontare i prodotti deve evolversi, non basta più descrivere le caratteristiche: serve anticipare le domande, intercettare bisogni impliciti, costruire scenari d’uso concreti e credibili. Contenuti long form come guide, Q&A, confronti dettagliati, così come la presenza su piattaforme che permettono integrazioni via plugin o API con agenti AI, diventano veri e propri asset strategici.

Limiti e criticità della ricerca conversazionale

Per quanto la ricerca conversazionale attraverso agenti AI stia rivoluzionando l’esperienza d’acquisto rendendola più fluida, personalizzata e accessibile, non mancano limiti e ambiguità da considerare, che emergono ormai anche dagli osservatori internazionali più autorevoli.

Un primo aspetto riguarda la percezione di neutralità da parte dell’utente. Sebbene molte persone vedano negli assistenti AI dei suggeritori imparziali, in realtà le risposte sono modellate da algoritmi che apprendono da database selezionati, spesso integrati da dati di partner commerciali o plugin di terze parti. Questo fa sì che le raccomandazioni possano risultare influenzate da bias, sponsorizzazioni o semplicemente dalla prevalenza online di determinati brand o voci autorevoli. Ne deriva che un consiglio “personalizzato” potrebbe non essere tanto neutrale, ma piuttosto il frutto di una visibilità costruita o di logiche di monetizzazione invisibili all’utente finale.

Si pone poi la questione della qualità delle fonti. Le AI generative “pescano” informazioni da una pluralità di contenuti, ma non sempre questi sono affidabili o aggiornati. Se la rete è satura di informazioni contraddittorie, scarne o manipolate, anche l’output della AI può diventare confuso o, peggio, fuorviante. In ambiti delicati come salute, babycare, elettronica di consumo o prodotti finanziari, questo rischio si amplifica, esponendo l’utente a potenziali errori di scelta o disinformazione.

Altro elemento critico è l’assenza di controllo umano nel processo decisionale[4]. L’efficienza della conversazione AI invoglia a delegare quasi tutto: in Italia il 34% degli utenti abituali delega all’AI gran parte del processo di valutazione[5], limitandosi poi alla scelta finale, mentre l’8% si affida completamente alla decisione della macchina. Ma c’è il rischio che questa semplificazione porti a una minor consapevolezza del processo d’acquisto, senza confronti né valutazione autonoma delle alternative. Soprattutto tra i consumatori meno esperti o vulnerabili, si osservano tendenze a una fiducia cieca nella tecnologia, in parte confermata anche da sondaggi come quelli di Accenture e Salesforce[6].

Dal punto di vista dell’esperienza, la piena integrazione tra IA e funnel di vendita non è ancora matura in ogni settore, spesso il percorso d’acquisto via chat si interrompe tra suggerimento e conversione effettiva, richiedendo ancora passaggi manuali o il ricorso a piattaforme esterne. Non tutte le categorie merceologiche sono oggi mappate e accessibili allo stesso livello, lasciando alcuni brand avvantaggiati e altri esclusi.

Infine, il ricorso massivo all’intelligenza artificiale solleva interrogativi etici e normativi sempre più rilevanti, dal modo in cui vengono tracciati e usati i dati personali delle conversazioni, al grado di trasparenza delle logiche algoritmiche, fino alla chiarezza sui criteri che guidano i suggerimenti di prodotto. In questo scenario, sia le piattaforme AI che i brand sono chiamati a maggiore responsabilità, trasparenza e ad un adeguamento continuo alle regolamentazioni emergenti in tema di privacy, uso dei dati e trasparenza delle fonti.

Sguardo globale ed evoluzione futura

Il panorama globale dello shopping online sta cambiando rapidamente sotto la spinta della nuova generazione di agenti AI. In tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Asia, cresce il numero di consumatori che non si limita più a chiedere all’intelligenza artificiale solo suggerimenti su cosa acquistare, ma si affida agli agenti digitali anche per individuare dove comprare, con quali modalità e a quali condizioni economiche più vantaggiose.

Grandi operatori come Amazon, Shopify, Alibaba e Zalando stanno già sperimentando sistemi conversazionali avanzati capaci non solo di guidare la scelta del prodotto ma persino di gestire l’intero flusso di acquisto, dalla comparazione delle offerte fino al supporto post-vendita.

Un esempio emblematico di questa nuova direzione è rappresentato da Daydream[7], una startup tecnologica fondata da Julie Bornstein, già protagonista dell’e-commerce internazionale (con esperienze in Nordstrom, Sephora, Stitch Fix, The Yes). Daydream punta tutto sulla conversazione naturale e sulla capacità dell’AI di interpretare i desideri degli utenti, un assistente digitale a cui si può chiedere consigli tramite prompt complessi come “un vestito da vendetta per una festa in Sicilia a luglio” o “una borsa estiva perfetta per il lavoro e l’aperitivo”, addirittura, si può caricare direttamente una foto d’ispirazione. La piattaforma, finanziata con investimenti di Google Ventures e altri partner strategici, agisce come uno stylist digitale autonomo, rielaborando milioni di prodotti per restituire selezioni pertinenti e personalizzate.

Daydream non vende direttamente, ma reindirizza gli utenti ai siti dei brand partner, monetizzando tramite commissioni affiliate e garantendo così un ecosistema di acquisto pragmatico e trasparente.

Insomma, la ricerca e l’acquisto attraverso agenti AI conversazionali rappresentano una svolta che va ben oltre la semplice automazione. Per i consumatori significa accedere a esperienze su misura, rapide e intuitive; per i brand, la vera sfida sarà garantire visibilità, affidabilità e capacità di emergere in un mondo dove “essere scelti” dipenderà sempre più dal linguaggio con cui si dialoga con le intelligenze artificiali. La partita, ormai, si gioca nella capacità di farsi capire (e preferire) non solo dagli utenti, ma anche dagli algoritmi che guidano le nuove scelte di acquisto.

Conclusioni

Stiamo entrando nell’era del commercio conversazionale 2.0, dove l’intera customer journey si sposta fuori dai canali proprietari per iniziare su piattaforme conversazionali, percepite come neutre, intelligenti e accessibili.

Strumenti come ChatGPT, connessi tramite plugin e API, sono ormai in grado di suggerire prodotti altamente personalizzati, proporre comparazioni dettagliate, offrire link diretti per l’acquisto e, in alcuni casi, completare autonomamente l’ordine. Altri agenti, come Perplexity, arricchiscono l’esperienza mostrando fonti aggiornate, recensioni ed estratti di articoli in tempo reale, mentre Claude integra le risposte attingendo a contenuti generati dagli utenti di community online come Reddit o Quora, intercettando così anche esperienze e opinioni personali.

In questo nuovo ecosistema, l’intelligenza artificiale diventa il filtro attraverso cui passa la decisione d’acquisto. Un filtro potente, ma anche complesso e in costante evoluzione, che impone attenzione, responsabilità e preparazione sia ai brand che ai consumatori.

Per le aziende, la sfida non sarà più solo farsi trovare, ma essere scelte da un’intelligenza artificiale che valuta contenuti, reputazione e qualità informativa. Per i consumatori, sarà fondamentale sviluppare competenze critiche per interpretare con consapevolezza i consigli automatizzati.

Solo garantendo trasparenza, affidabilità e inclusività, potremo esprimere tutto il potenziale di questa rivoluzione. Una cosa è certa, il futuro dello shopping nasce da una conversazione, non più da una ricerca.

Note


[1] “Me, my brand and AI: The new world of consumer engagement”: https://www.accenture.com/content/dam/accenture/final/accenture-com/document-3/Accenture-Me-My-Brand-and-AI.pdf

[2] eCommerce Plugin ChatGPT: https://openai.com/index/chatgpt-plugins/

[3] “Machine-readable or irrelevant – why companies need to rethink now”: https://norbert-kathriner.ch/en/machine-readable-or-irrelevant-why-companies-need-to-rethink-now/

[4] “Two-Thirds of Shoppers Say ‘No’ to AI Shopping Assistants – Trust Issues Could Slow Retail’s AI Revolution”: https://www.omnisend.com/latest-news/two-thirds-of-shoppers-say-no-to-ai-shopping-assistants-trust-issues-could-slow-retails-ai-revolution/

[5] “Il 47% degli italiani ha già utilizzato l’AI generativa come consulente acquisti”: https://www.mark-up.it/il-47-degli-italiani-ha-gia-utilizzato-lai-generativa-come-consulente-acquisti/

[6] “State of the connected customer”: https://www.salesforce.com/en-us/wp-content/uploads/sites/4/documents/research/State-of-the-Connected-Customer.pdf

[7] “DayDream AI Online Shopping”: https://edition.cnn.com/2025/07/26/tech/daydream-ai-online-shopping?mc_cid=6818945838&mc_eid=b9b4a7aa98

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