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Tutela legale dei podcast: nuove frontiere nel diritto d’autore digitale



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I podcast stanno ridefinendo il panorama dei diritti d’autore, richiedendo nuove regolamentazioni per proteggere contenuti creativi e garantire l’innovazione. L’assenza di leggi specifiche apre a nuove interpretazioni giuridiche

Pubblicato il 22 nov 2024

Sabrina Marchese

Consulente legale



podcast (1)

Oggigiorno chiunque ha un appuntamento più o meno fisso, giornaliero o settimanale, con l’ascolto dei podcast preferiti.

Che siano meramente divulgativi, che siano formativi, che forniscano contenuti tecnici, che abbiamo carattere informativo o di semplice intrattenimento, da qualche anno a questa parte si vive immersi in una molteplicità di Podcast, prima audio, adesso anche video, e la produzione degli stessi è in costante aumento, in diretta proporzione all’aumento della loro fruizione.

Nonostante la proliferazione di contenuti, ad oggi non c’è una regolamentazione ovvero una tutela specifica del suddetto mezzo di intrattenimento ed informazione.

Infatti, a differenza di quanto accaduto, a titolo d’esempio, per il software, che possiede una sua propria definizione giuridica, dalla quale ricavare la corretta disciplina normativa da applicare, il Podcast, ad oggi, non può essere inquadrato in modo univoco e definito.

Genesi ed evoluzione del podcast

Partendo con il dire come è nato e con una sintetica descrizione, ci si addentra in un approfondimento relativo alla tutela giuridica ed alle implicazioni legali, correlate a quello che potremmo definire un “nuovo media”.

Il Podcast arriva dal distante 2003, tempo in cui Adam Curry, ex VJ di MTV intendeva trovare un modo semplice per far scaricare e ascoltare i file audio, da lui pubblicati sul Web.

La soluzione gli veniva offerta dalla tecnologia RSS feed (Really Simple Syndication), che gli avrebbe consentito di creare radio libere in rete, ma mettendo a disposizione contenuti on-demand. La tecnologia era inventata da Dave Winer, sviluppatore di software.

Perché si chiama podcast

È così che contenuti on-demand venivano resi disponibili sull’Ipod, lanciato da Apple nel 2001.

Il giornalista Ben Hammersley scriveva, nel febbraio 2004, un articolo sul The Guardian coniando la parola “podcast”, che veniva scelta dall’American Dictionary “parola dell’anno” 2005.

Il termine podcast nasce così, dalla fusione di “iPod” e “broadcast”, riferendosi alla trasmissione digitale di contenuti audio.

Come funziona il podcasting

A differenza dello streaming, che avviene in tempo reale, è noto che il podcasting permette una fruizione in differita: gli episodi sono caricati online e gli utenti possono fruirne liberamente in qualsiasi momento.

Grazie ad un client (come, per esempio, Apple Podcast; Raiplay Sound ecc.), il software scarica automaticamente le nuove puntate, offrendo così un’esperienza personalizzata e flessibile. Lo streaming, invece, richiede la connessione live, senza possibilità di ascolto asincrono.

Da una prospettiva giuridica il podcasting, sebbene non possa più definirsi fenomeno emergente, non dispone di una disciplina giuridica ad hoc. Questa, si può, infatti, solo desumere per analogia da altre disposizioni normative.

Quella che appare più pertinente è la regolamentazione delle trasmissioni radiofoniche come stabilita dalla Legge sul diritto d’autore n. 633/1941 “L.D.A.”, più nello specifico dall’art. 79 L.D.A., che disciplina i diritti relativi all’emissione radiofonica e televisiva, i c.d. diritti di broadcasting.

Direttive Ue sui diritti di broadcasting

Sui diritti di broadcasting sono intervenute nel tempo diverse Direttive UE, quali, fra le più rilevanti:

  • la Direttiva 92/100/CEE sui diritti connessi, che ha esteso la protezione ai produttori di fonogrammi, artisti e organismi di radiodiffusione, rafforzando la tutela dei diritti connessi;
  • la Direttiva 2001/29/CE, sull’armonizzazione del diritto d’autore che ha aggiornato il quadro normativo per adattarlo all’era digitale, con regole per la riproduzione e la distribuzione di opere protette;
  • la Direttiva 2010/13/UE, sui servizi di media audiovisivi che ha ampliato la disciplina regolatoria a nuovi media e piattaforme digitali, come il video on demand e i contenuti online;
  • la direttiva 2019/790/UE sul diritto d’autore nel mercato unico digitale che ha modernizzato la protezione dei diritti d’autore, con particolare attenzione all’uso delle opere su piattaforme digitali e social media.

Broadcasting e diritti connessi al diritto d’autore

I diritti di broadcasting rientrano fra i cosiddetti diritti connessi al diritto d’autore, che rappresentano una categoria di diritti che tutela soggetti differenti rispetto agli autori delle opere originali ma che contribuiscono alla diffusione e valorizzazione delle stesse.

Questi diritti proteggono, ad esempio, artisti interpreti ed esecutori, produttori di fonogrammi e organismi di radiodiffusione.

Se il diritto d’autore tutela la creazione artistica dell’opera, i diritti connessi riconoscono un valore economico e giuridico alle prestazioni legate all’opera stessa, garantendo ai titolari del diritto d’autore la facoltà di autorizzare o vietare determinate forme di sfruttamento economico del bene tutelato, come, per esempio, la registrazione o trasmissione delle loro performance.

Il concetto dei diritti connessi nell’era digitale

Nell’era digitale il concetto di diritti connessi ha acquisito (e via via acquisisce) una rilevanza sempre più centrale, dato il cambiamento delle modalità di fruizione delle opere. In particolare, l’evoluzione tecnologica ha moltiplicato le modalità con cui le opere artistiche e culturali possono essere condivise e trasmesse, estendendo la protezione a nuovi contesti, come lo streaming e le piattaforme online.

Dunque, i diritti di broadcasting (art. 79, L.d.A.) rappresentano una particolare declinazione dei diritti connessi, riferiti alla diffusione di opere e contenuti attraverso i mezzi di radiodiffusione. La trasmissione di un’opera tramite un’emittente televisiva o radiofonica rappresenta solo il punto di partenza per la normazione di detti diritti; come si evince dalle Direttive UE citate sopra, l’evoluzione delle tecnologie di trasmissione ha portato ad una estensione della tutela dei i diritti di broadcasting nel contesto digitale.

L’estensione del concetto di broadcasting anche ai mezzi digitali (che sono in continua evoluzione), rende necessario il rafforzamento della protezione dei contenuti trasmessi online e pone nuovi obblighi per le piattaforme.

La protezione del copyright resta cruciale per la sopravvivenza dei broadcaster, soprattutto nel contrastare le violazioni online, che minano certamente la produzione di contenuti di qualità, se non viene assicurata una sostanziale e concreta tutela dei contenuti creativi.

Le responsabilità delle piattaforme digitali

Implicazioni rilevanti si ripercuotono, in questo contesto, soprattutto sulle piattaforme digitali che trasmettono podcast e/o contenuti live.

Vi sono sempre maggiori responsabilità per le piattaforme nel garantire che i contenuti caricati dagli utenti rispettino il diritto d’autore. Questo ha portato a un cambiamento nella gestione delle licenze e all’adozione di strumenti di filtraggio automatico per evitare violazioni, pur con l’intento irrinunciabile di garantire l’equilibrio tra protezione dei contenuti e libertà d’espressione.

I Podcast sono fruibili in differita diversamente dalle usuali trasmissioni radio disponibili sul web, dunque, potrebbe essere corretto parlare di diritto di messa a disposizione dell’opera sancito, dall’art. 16 L.D.A., come modificato dal d. lgs. n. 68/2003 (emanato in attuazione della direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione), come:“ Il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico su filo o senza filo dell’opera ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radio, la televisione ed altri mezzi analoghi e comprende la comunicazione al pubblico via satellite, la ritrasmissione ((…)), nonché le comunicazioni al pubblico codificate con condizioni particolari di accesso; comprende, altresì, la messa a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.” .

Una nuova sfida per la regolamentazione dei diritti di proprietà intellettuale

La giurisprudenza non si è ancora espressa in modo specifico sull’inquadramento giuridico dei Podcast ed è ancora in evoluzione, ma possiamo affermare che nel contesto della digitalizzazione, i Podcast rappresentano una nuova sfida per la regolamentazione dei diritti di proprietà intellettuale.

Il primo aspetto sfidante è legato al fatto che nel Podcast sono potenzialmente utilizzate diverse opere coperte dal diritto d’autore (musica, audio, o altri contenuti coperti da copyright).

Infatti, quando si trasmettono canzoni in diretta radio, non solo bisogna munirsi preventivamente dell’autorizzazione degli autori dei brani, ma anche dei titolari dei diritti connessi spettanti, per esempio, ai produttori fonografici ed agli artisti interpreti ed esecutori per l’utilizzazione, delle loro registrazioni (i primi) e delle loro prestazioni artistiche (i secondi).

L’utilizzo della musica è consentito raggiungendo un accordo con le società di gestione collettiva dei diritti d’autore (i.e. Siae, la Soundreef, la Scf).

Come evitare di incorrere in violazioni dei diritti di proprietà intellettuale

Dunque, per non incorrere in una violazione dei diritti di proprietà intellettuale, potrebbe risultare utile adottare brani non coperti dal diritto d’autore perché oramai di pubblico dominio oppure brani copyright-free, o scegliere quelli di artisti che ne hanno consentito il libero utilizzo (come nel caso di adozione delle licenze Creative Commons).

Altro aspetto da considerare prima di caricare i propri contenuti online in forma di Podcast è il rispetto dei regolamenti interni, c.d. policy, delle piattaforme web che si intende utilizzare. Qualora si decida di utilizzare una specifica piattaforma, è opportuno conoscerne dettagliatamente i termini e le condizioni di utilizzo, con il suggerimento di rivolgersi ad un legale esperto in materia, che possa attenzionare detti documenti contrattuali e rendere semplice la comprensione e la valutazione di ogni aspetto giuridico rilevante da tenere in conto.

Ultimo aspetto, non per importanza: un Podcast è il risultato di un’attività creativa e può essere protetto dal diritto d’autore eventualmente anche in più aspetti, dai quali eventualmente rileveranno diversi titolari di diritto d’autore: il creatore del format o che detiene i diritti sulla struttura; il creatore della narrazione ovvero dei contenuti originali.

In più il diritto d’autore non protegge solo l’autore del Podcast, ma anche chi partecipa alla sua creazione, come ospiti o produttori, introducendo così anche i diritti connessi.

Verso un futuro ricco di podcast

Se anche i Podcast sono inizialmente nati come fenomeno di nicchia, oggi stanno diventando un pilastro dell’informazione e dell’intrattenimento nel mondo digitale. L’assenza di normative che vi si riferiscano e che regolino questo mezzo in modo più specifico è sì una sfida, ma altresì un’opportunità per riflettere ed interpretare la normativa vigente, nel senso di proteggere ed al contempo incentivare la creatività digitale. Ad ogni modo, è probabile che la crescente popolarità del Podcast e l’importanza di creare contenuti audiovisivi porterà ad una maggiore attenzione giuridica per garantire la tutela del diritto d’autore e dei diritti ad esso connessi, senza però ostacolare l’innovazione, la creatività e la condivisione di contenuti.

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