L’integrazione socio-sanitaria costruisce ponti tra servizi sanitari e welfare: questo significa garantire continuità assistenziale, superare le frammentazioni territoriali e mettere realmente la persona al centro della cura.
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La frammentazione del sistema socio-sanitario italiano
In Italia, di fatto, il dialogo tra sanità e welfare rappresenta ancora una delle principali sfide del sistema pubblico. Due ambiti che condividono la stessa finalità – il benessere complessivo della persona e la qualità della vita – ma che troppo spesso operano in modo disgiunto, con linguaggi, strumenti e procedure non sempre interoperabili. Il risultato è una frammentazione che si traduce in discontinuità assistenziali, ritardi nei percorsi di presa in carico e diseguaglianze territoriali. Nel contesto nazionale, la pluralità dei livelli amministrativi e delle responsabilità nei processi di assistenza – Regioni, ASL, Comuni e Ambiti sociali territoriali – accentua la necessità di strumenti condivisi, capaci di connettere i diversi attori e restituire una visione unitaria dei bisogni dei cittadini. Si tratta di una sfida che si gioca su tre piani interconnessi: normativo, organizzativo e tecnologico. Solo la convergenza tra questi ambiti può abilitare un nuovo paradigma di “presa in carico integrata”, tanto culturale quanto gestionale.
Il quadro normativo: da LEA e LEPS all’integrazione
Sono passati ormai più di vent’anni dalle prime leggi che hanno posto le fondamenta di un sistema integrato di servizi sociali e sanitari. La Legge 328/2000, “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, ha rappresentato una svolta culturale: ha introdotto la pianificazione integrata dei servizi, riconoscendo il diritto al progetto individuale per le persone in condizione di fragilità e promuovendo la cooperazione tra pubblico e privato sociale.
A questa si è aggiunto il Decreto Ministeriale 77/2022, che ha ridefinito l’assistenza sanitaria territoriale in chiave di prossimità, continuità e multidisciplinarità. L’obiettivo dichiarato è quello di garantire una presa in carico globale della persona, rafforzando la rete dei servizi di comunità – Case e Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali – e favorendo l’integrazione tra i livelli di cura. Un ulteriore pilastro è rappresentato dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), introdotti con DPCM 29 novembre 2001, e dai Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS), previsti dalla Legge 234/2021. I LEA definiscono le prestazioni sanitarie che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire a tutti i cittadini; i LEPS stabiliscono invece gli interventi sociali che le amministrazioni devono assicurare alle persone in condizioni di vulnerabilità. Insieme, costituiscono la base per un sistema realmente integrato di tutela dei diritti.
Dalla programmazione alla presa in carico condivisa
Questo quadro normativo, pur consolidato, richiede oggi un salto di qualità: trasformare la programmazione in pratica di presa in carico globale, dove la responsabilità dell’assistenza non ricade su un singolo ente, ma è condivisa tra tutti gli attori territoriali – Servizi sociali comunali, ASL, Distretti Socio-Sanitari, Ambiti territoriali, Terzo Settore e privato accreditato. Superare la logica dei “compartimenti stagni” significa ripensare i processi in chiave collaborativa e digitale.
L’attuazione dei LEPS e dei LEA, la crescente regolamentazione regionale e l’avanzamento dei sistemi informativi rendono oggi possibile e necessario questo passaggio. Occorre costruire strumenti di monitoraggio e valutazione in tempo reale, capaci di misurare la qualità delle prestazioni erogate e la coerenza con i bisogni delle comunità locali. La conoscenza condivisa dei dati, organizzata in basi informative integrate, diventa così la premessa per una programmazione più efficace e trasparente.
L’infrastruttura digitale al servizio della persona
Integrare sanità e welfare significa porre la persona al centro di un processo continuo, che parte dalla segnalazione del bisogno e arriva alla valutazione degli esiti. Questo percorso richiede la condivisione strutturata delle informazioni tra medici di medicina generale, assistenti sociali, operatori dei distretti, amministrazioni e organizzazioni del terzo settore, in modo da garantire la tracciabilità di ogni intervento e la coerenza del “progetto di vita” della persona. In questo scenario, la tecnologia non sostituisce la relazione umana ma la abilita e amplifica, creando un’infrastruttura di conoscenza comune e assicurando strumenti di valutazione e intervento condivisi.
Il modello ASL Lecce: un ecosistema digitale condiviso
Un’esperienza significativa di integrazione socio-sanitaria è quella realizzata in provincia di Lecce, dove è stato implementato un ecosistema digitale per la gestione integrata dei processi tra sanità e welfare. Non si tratta di un semplice gestionale, ma di un ambiente applicativo collaborativo che consente di uniformare i processi, armonizzare i flussi informativi e costruire un’unica cartella socio-sanitaria condivisa. Attraverso moduli interoperabili, la piattaforma gestisce l’intero ciclo di presa in carico – dall’accesso ai servizi fino alla costruzione e alla gestione del Piano Assistenziale Individualizzato (PAI) – integrandosi con i sistemi informativi regionali e garantendo coerenza tra la dimensione sociale e quella sanitaria. I risultati sono concreti: oltre 1,5 milioni di persone assistite, più di 40 enti pubblici coinvolti e una riduzione del 90% dei tempi medi di presa in carico. La standardizzazione dei flussi e la disponibilità di un “dato unico” validato consentono alle amministrazioni di pianificare in modo più efficiente e di monitorare in tempo reale la risposta dei servizi.
Superare il divario tra sanità e welfare sul territorio
Nel caso leccese, l’adozione di una piattaforma condivisa ha permesso di superare la frammentazione operativa e rafforzare la connessione tra Distretti Sanitari e Ambiti Sociali Territoriali. Come emerso nel confronto istituzionale promosso dall’Azienda Sanitaria, la principale criticità resta “il dialogo tra due mondi che faticano a parlarsi”: sanità e welfare. L’esperienza dimostra che la digitalizzazione dei processi, se accompagnata da un ridisegno organizzativo, può colmare questo divario. Oggi la Direzione generale è in grado di leggere i fabbisogni in modo unitario, definire priorità di intervento e riallocare risorse dove l’impatto sociale e sanitario è maggiore.
Dai dati alla governance: misurare per governare meglio
L’integrazione dei flussi informativi ha trasformato la gestione dei dati in una vera leva di governo. La disponibilità di indicatori territoriali aggiornati consente di misurare l’efficacia delle politiche, garantire la tracciabilità delle prestazioni e rendere trasparente l’intero ciclo di erogazione. La governance dei flussi diventa così governance della persona: ogni cittadino è seguito attraverso un percorso personalizzato, multidisciplinare e verificabile.
Verso un nuovo modello di cura condivisa e sostenibile
L’integrazione socio-sanitaria non può più restare un principio programmatico: deve tradursi in un modello operativo e misurabile, capace di connettere informazioni, competenze e responsabilità. Costruire un’infrastruttura digitale condivisa significa rendere interoperabili LEA e LEPS, monitorare in tempo reale la capacità di risposta dei territori e promuovere una programmazione basata sull’evidenza. Governare i flussi informativi significa costruire valore pubblico: ridurre la distanza tra istituzioni e cittadini, garantire prossimità, equità e sostenibilità.
L’esperienza della ASL Lecce dimostra che, quando tecnologia e organizzazione evolvono insieme, l’integrazione tra sanità e welfare diventa una realtà concreta e misurabile, capace di restituire centralità alla persona e di generare una nuova cultura della cura condivisa.












