sanità sostenibile

Continuità delle cure: tecnologie e strategie per mettere il paziente al centro



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Occorre un cambio di approccio per raggiungere obiettivi quali la continuità assistenziale e la qualità delle cure, il decongestionamento degli ospedali e dei pronto soccorso, la gestione delle malattie croniche, offrendo appropriatezza ed efficienza e risposte alle emergenze sanitarie. Ecco come rendere sostenibile il Servizio Sanitario Nazionale, grazie alla trasformazione digitale in ambito sanitario

Pubblicato il 12 feb 2024

Marco Mencacci

Dirigente “Sviluppo Infrastrutture Tecnologiche” – Comune di Firenze

Alfiero Ortali

Consulente ICT



Continuità delle cure: come mettere il paziente al centro

Il dibattito sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale è oggi più rilevante che mai. C’è l’urgente necessità di una trasformazione radicale e di un’integrazione più
stretta tra l’assistenza ospedaliera e quella territoriale.

Il DM 77/2022 ha delineato le linee guida per riorganizzare i servizi territoriali e migliorare il collegamento tra le diverse aziende sanitarie.

Ecco come la nuova organizzazione del territorio, gli investimenti del PNRR sulla sanità di prossimità, sul FSE 2.0 e telemedicina hanno come obiettivo principale quello di
ridisegnare un sistema sanitario sostenibile per gli anni a venire.

I settori dove serve maggiore integrazione ospedale-territorio

Alcuni dei settori in cui una maggiore integrazione Ospedale-Territorio può apportare
notevoli benefici per l’utenza sono:

  • continuità assistenziale;
  • decongestionamento degli ospedali e dei pronto soccorso;
  • gestione delle malattie croniche;
  • qualità delle cure;
  • appropriatezza ed efficienza;
  • risposta alle emergenze sanitarie.

Una maggiore integrazione permette di definire percorsi coerenti e coesi per il paziente, dalla presa in carico ai successivi controlli, riducendo i tempi di attesa e migliorando l’accesso alle cure. La continuità assistenziale significa garantire ai pazienti la possibilità di ricevere cure appropriate e tempestive, riducendo il rischio di complicanze e ricoveri ripetuti.

Migliorando l’assistenza territoriale e mettendola in grado di dare una risposta rapida ed efficace, si riducono gli accessi non necessari in emergenza-urgenza e si
decongestionano gli ospedali. Il decongestionamento degli ospedali e dei pronto soccorso permette di liberare risorse preziose per gestire le situazioni realmente gravi e complesse.

Un’efficace assistenza territoriale è fondamentale per la gestione delle malattie croniche. Integrando i servizi, i pazienti possono essere monitorati più efficacemente e ricevere cure preventive, riducendo gli episodi acuti.

L’integrazione favorisce un approccio multidisciplinare alla salute, con una maggiore cooperazione tra specialisti ospedalieri e medici di base o altri professionisti sanitari territoriali. Questo approccio migliora sia la qualità delle cure che la soddisfazione del paziente.

Migliorando inoltre l’integrazione, si ottimizzano le risorse, riducendo gli sprechi e i costi dovuti a ricoveri inappropriati, esami duplicati e pareri discordanti, basati su informazioni parziali. Appropriatezza ed efficienza non solo migliorano la qualità della vita del paziente, ma permettono anche notevoli risparmi per il sistema nel suo insieme.

L’esperienza della pandemia COVID-19 ha evidenziato la necessità di un sistema sanitario integrato e reattivo.
L’integrazione tra ospedale e territorio è vitale per una rapida risposta alle emergenze sanitarie, permettendo un monitoraggio efficace e una gestione decentralizzata dei pazienti.

Per raggiungere questi obiettivi, occorre dunque un cambio di approccio, ovvero, mettere il paziente al centro del sistema e non la patologia.

Il rovescio della medaglia della estrema specializzazione della medicina è, tuttavia, il rischio di focalizzarsi sulla patologia e perdere di vista i bisogni della persona. Curare una frattura di femore nell’anziano, per esempio, non significa solo mettere una protesi, ma indagare le cause che hanno portato alla caduta, gestire una rapida riabilitazione per farlo tornare a camminare, assicurare un corretto apporto nutrizionale e verificare l’aderenza terapeutica, anche a domicilio.

L’obiettivo non deve essere infatti la qualità dell’intervento, ma la qualità della vita della persona.

Il paradigma della rete

Per questo cambio di paradigma è fondamentale ragionare in ottica di rete tra i professionisti sanitari e le diverse strutture. Ognuno con il suo ruolo e le sue specificità ma in grado di cooperare per raggiungere un fine comune. In quest’ottica abbiamo due livelli che permettono di raggiungere l’obiettivo, entrambi previsti nell’ambito dell’organizzazione delineata dal DM 77: livello organizzativo e tecnico.

Livello organizzativo:

  • centrali Operative Territoriali (COT): costituiscono il fulcro dell’integrazione, agendo come ponte tra gli ospedali e i territori. Per comprendere pienamente il loro impatto e le opportunità di miglioramento, è indispensabile un’analisi approfondita dello stato attuale di queste strutture;
  • ospedali di comunità;
  • case della salute;
  • infermiere di famiglia;
  • casa come primo luogo di cura.

Livello tecnico:

  • la telemedicina, elemento chiave in questo contesto, permette di evolvere le dinamiche di cura, rendendo possibili visite virtuali, consulenze e monitoraggio a distanza, superando le barriere geografiche e migliorando l’accesso alle cure;
  • l’evoluzione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) verso la versione 2.0 apre nuove prospettive nella gestione condivisa e sicura delle informazioni sanitarie del paziente;
  • L’IoT (Internet delle cose), ovvero tutti i dispositivi indossabili collegati alla rete che permettono un monitoraggio 24 ore su 24 dei pazienti.

Su questa struttura di base vanno innestate le tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale (IA), che promettono di rivoluzionare ulteriormente il panorama sanitario. L’IA non è solo un assistente nelle diagnosi, ma una forza motrice nella personalizzazione delle cure e nella prevenzione delle complicanze.

Adottare un paradigma di rete è essenziale anche all’interno delle aziende ospedaliere, creando delle strutture in staff trasversali ai dipartimenti sanitari che si occupano della continuità delle cure, sia nei percorsi interni all’azienda stessa che verso il territorio. Una rete di professionisti che supera il concetto di Dipartimento per mettere al centro i bisogni della persona e collegare le diverse strutture e professionisti necessari a garantire la loro soddisfazione.

L’importanza dell’interoperabilità

Sebbene il paradigma della “rete” sia insito nelle tecnologie stesse, non sempre queste
sono in grado di comunicare in maniera proficua tra loro. Questo limite è particolarmente presente nei sistemi informativi sanitari per una moltitudine di fattori, molti dei quali non tecnici:

  • concezione “a silos” dei sistemi;
  • difficoltà nell’innovare;
  • gestione dei dati sanitari;
  • resistenza al cambiamento;
  • opposizione dei fornitori;
  • scarsità di risorse interne.

I sistemi informativi sanitari sono spesso nati in epoche diverse, con scopi specifici e una personalizzazione estrema, creando così silos informativi che rendono difficile la comunicazione sinergica.

Il settore sanitario affronta inoltre vincoli di budget sempre più stringenti, e il fenomeno del lock-in (quella particolare condizione di monopolio di fatto per cui cambiare il fornitore di un software comporta costi e rischi eccessivi) impedisce l’adozione di nuove soluzioni a causa dei costi elevati, della formazione del personale e dei rischi di interruzione del servizio.

La corretta applicazione delle normative sulla protezione dei dati personali aggiunge ulteriori complessità, creando difficoltà nell’implementare sistemi interoperabili quando si trattano dati a maggior tutela come quelli sanitari.

Settori come la Pubblica Amministrazione spesso si scontrano con la resistenza al cambiamento, ostacolando l’adozione di nuove tecnologie che porteranno benefici nel medio e lungo termine ma, di fatto, nel breve termine stravolgono modelli e metodi di lavoro consolidati da decenni

Alcuni fornitori possono vedere l’approccio “API first” e l’interoperabilità come una minaccia o una porta di ingresso per aziende concorrenti in un settore in cui hanno avuto per anni un controllo praticamente esclusivo.

La mancanza di risorse interne alle aziende sanitarie, dedicate alla progettazione e, soprattutto, alla governance del cambiamento, è infine uno dei fattori che maggiormente rallenta la trasformazione digitale.

Il successo di questa trasformazione dipende fortemente dall’interoperabilità, ovvero la capacità dei diversi sistemi e servizi di “operare insieme” in maniera fluida e significativa, senza la necessità dell’intervento umano. L’interoperabilità è una condizione necessaria per rendere possibile la telemedicina e per garantire una continuità delle cure efficace ed efficiente. Permette infatti di “far muovere i dati e non i pazienti o i professionisti”, con un risparmio considerevole di tempi e costi.

L’intero processo deve essere dunque accompagnato dall’interoperabilità organizzativa, che va oltre la semplice connessione tra sistemi tecnologici. Coinvolge la collaborazione tra diverse entità, come ospedali, aziende territoriali, regioni e amministrazioni centrali.

Governo e ministero giocano un ruolo fondamentale nel facilitare l’adozione di standard e promuovere lo scambio di dati. La creazione di linee guida chiare e l’implementazione di politiche che incentivano la collaborazione e la condivisione dati sono essenziali per superare le barriere attuali e garantire un futuro in cui l’interoperabilità diventa la norma, facilitando così il progresso del sistema sanitario.

I fondi allocati dal PNRR per il Fascicolo Sanitario, la telemedicina e il COT non devono
essere visti come un mero adempimento per raggiungere target e milestone, ma come un investimento strategico per il sistema. Solo raggiungendo l’interoperabilità trasformeremo questi finanziamenti in un motore di progresso; in caso contrario, la manutenzione dei nuovi sistemi sarà l’ennesimo fattore di costo a pesare su un sistema già in crisi, senza apportare alcun beneficio.

L’interoperabilità, infine, fatta con le dovute regole, in applicazione al modello di
Interoperabilità italiano ed europeo (EIF) nel rispetto della protezione dati e dei più diffusi standard in ambito sanitario (HL7, FHIR), è la tecnologia che permette di valorizzare il patrimonio informativo, creando big data di qualità. Prerequisito per qualunque applicazione proficua dell’intelligenza artificiale.

Agenda Digitale 2020-2030

Astraendo dalla sanità, l’interoperabilità è uno dei pilastri dell’Agenda Digitale 2020-2030. La Commissione Europea, nella relazione di accompagnamento alla proposta di
regolamento “Interoperable Europe Act”, stima che l’interoperabilità può portare a risparmi nell’ordine di miliardi di euro alla Pubblica Amministrazione, oltre che concretizzare il principio dello “once only”, per cui la Pubblica Amministrazione non può richiedere al cittadino informazioni di cui è già in possesso (o l’amministrazione che gestisce il procedimento o una qualsiasi altra amministrazione).

L’importanza delle persone

Mentre le tecnologie avanzano, è fondamentale non trascurare l’importanza delle risorse umane. La formazione continua degli operatori sanitari è il pilastro su cui si basano le innovazioni.
Senza competenze non può esserci trasformazione digitale e quella delle competenze è la sfida principale per la Pubblica Amministrazione, in particolare, per il Servizio Sanitario Nazionale.
Non a caso, la Missione 6 del PNRR, specifica per il settore Salute, dedica un’importante quota degli investimenti alla formazione del personale sanitario e alla comunicazione nei confronti dei cittadini. La formazione infatti, per essere efficace, deve essere fatta a tutti i livelli:

  • professionisti sanitari: conoscere le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e le minacce che queste comportano, per la sicurezza dei dati e per la salute stessa del paziente, se non usate con consapevolezza;
  • leadership: nessuna tecnologia, da sola, può essere utile senza rivedere i modelli di cura e di presa in carico dei pazienti. È necessario un cambio di prospettiva, una visione che metta l’utente, il paziente, al centro di ogni decisione, anche in ottica di co-progettazione e design thinking con associazioni di pazienti e reti di patologie;
  • caregiver: l’apporto dei caregiver e dei pazienti stessi per la telemedicina e il telemonitoraggio è fondamentale per il funzionamento del sistema;
  • cittadini: la trasformazione digitale è un processo che coinvolge tutti, dalla semplice consultazione di un referto, alla prenotazione di una visita specialistica, tutto passerà dalle nuove piattaforme digitali e dall’utilizzo dell’identità digitale.

Una popolazione che sappia utilizzare i nuovi strumenti in maniera consapevole, evitando le minacce della cyber criminalità, è fondamentale per mantenere il sistema sicuro e affidabile. Una cultura del cambiamento e della partecipazione, anche grazie alle piattaforme di comunicazione e collaborazione, è il cambio di passo necessario per la trasformazione digitale anche in ambito sanitario e, di conseguenza, per garantire la sostenibilità del sistema.

L’importanza dell’organizzazione

La nuova organizzazione del territorio tracciata dal DM77, gli investimenti del PNRR sulla sanità di prossimità, sul FSE 2.0 e telemedicina hanno come obiettivo principale quello di ridisegnare un sistema sanitario sostenibile per gli anni a venire, in uno scenario in cui cronicità e età media della popolazione saranno in costante aumento.
L’uso intelligente delle tecnologie, la semplificazione dei percorsi, la formazione continua e l’attenzione prioritaria alla sicurezza e alla privacy convergono verso un unico obiettivo: rimettere il paziente al centro dell’attenzione.

La tecnologia non deve essere un ostacolo o una barriera, ma uno strumento per favorire la creazione di una rete di supporto e di condivisione intorno al paziente.
Il cambiamento di paradigma, che vede come fulcro del sistema il paziente anziché la
patologia, richiede un’organizzazione che superi personalismi e soluzioni isolate,
abbracciando una visione multidisciplinare e transmurale. La trasformazione digitale deve essere supportata non solo da competenze tecniche, ma da una formazione a tutti i livelli, a partire dalla leadership.

La fiducia del paziente nella digitalizzazione e la tutela dei dati personali rappresentano elementi cruciali in questo scenario. Si rende indispensabile un approccio ‘by design’ alla sicurezza e alla privacy in tutte le fasi della progettazione.
La tecnologia è uno strumento, non è l’obiettivo. Solo con una maggior consapevolezza e cultura del cambiamento sarà possibile ridisegnare il sistema a partire dai bisogni del
paziente.

Solo creando modelli più efficaci e disegnati sui bisogni reali dei pazienti si può vincere la sfida della sostenibilità. E, allo stesso tempo, migliorare la qualità della vita delle
persone.

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