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Digital Omnibus, GDPR e AI Act: la nuova grammatica digitale europea



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Il Digital Omnibus ridisegna il Gdpr per allinearlo ad AI Act, NIS2 e EIDAS2. La riforma introduce modifiche su dati personali, decisioni automatizzate e trattamenti tramite dispositivi, con scadenze operative distribuite tra 2025 e 2027

Pubblicato il 25 nov 2025

Francesca Niola

Research Fellow Legal manager @ Aisma srl



digital omnibus gdpr (1)

Con il Digital Omnibus l’Unione Europea cerca di rispondere alla necessità di armonizzare la protezione dei dati personali con le nuove frontiere tecnologiche.

La genesi del Digital Omnibus: dall’AI alla cybersecurity

L’intervento nasce da una tensione strutturale tra l’impianto originario del GDPR e la metamorfosi dell’ecosistema tecnologico prodotta dall’intelligenza artificiale, dalla sicurezza cibernetica regolata in forma sovranazionale e dalla nuova architettura dell’identità digitale europea.

Il legislatore ha considerato insufficiente il rapporto tra norme pensate per un ambiente data-driven “lineare” e un sistema fondato su processi algoritmici capaci di interagire con infrastrutture, identità, servizi fiduciari e dispositivi personali.

Da questa diagnosi deriva una strategia di riallineamento del diritto europeo, costruita attraverso interventi mirati su quegli articoli del GDPR che sostengono la coerenza sistemica tra diritti fondamentali, innovazione, responsabilità pubblica e standard tecnici comuni. La consultazione pubblica e la bozza consolidata del 19 novembre 2025 tracciano questo itinerario e definiscono le disposizioni che modificano categorie concettuali, fondamenti giuridici del trattamento, assetti istituzionali e perimetri operativi.

L’apertura legislativa genera un movimento che prosegue oltre l’approvazione formale attraverso l’attività della Commissione, le deliberazioni dell’EDPB, le revisioni cicliche e l’integrazione progressiva con l’AI Act, la direttiva NIS2 e il Data Governance Act.

Il nuovo spazio normativo: oltre la tutela individuale

L’azione europea sul GDPR fuoriesce da una tensione istituzionale che richiede la ricomposizione dell’intero panorama digitale. La Commissione ripensa uno spazio normativo dove AI Act, NIS2, Data Governance Act ed EIDAS2 costituiscono un’architettura unica per il governo dell’informazione. Questa struttura impone un equilibrio rinnovato: la protezione dei dati si colloca dentro una rete regolatoria che attribuisce all’informazione personale una valenza infrastrutturale, operativa e strategica.

L’impianto originario del GDPR mantiene una logica costruita sulla centralità dell’individuo e sulla frammentazione analitica delle tutele, mentre la governance digitale contemporanea tratta il dato come risorsa dinamica che sostiene modelli algoritmici, dispositivi di sicurezza transnazionali, identità digitali interoperabili e circuiti di notifica degli incidenti informatici.

L’architettura unica della governance digitale europea

Il legislatore europeo sceglie il Digital Omnibus per edificare una logica regolatoria unica capace di armonizzare AI Act, NIS2, Data Governance Act ed EIDAS 2. Il GDPR diventa perno istituzionale di un dispositivo che esige parametri omogenei, autorità tecniche accentrate e una modalità di gestione del rischio coerente con processi algoritmici ad elevato impatto.

In questa prospettiva, la disciplina che ridefinisce l’informazione personale, le categorie sensibili, i trattamenti automatizzati e le operazioni tramite dispositivi terminali assume portata strategica: ciascuna disposizione modificata orienta la tutela verso un equilibrio basato su standard europei, con un baricentro istituzionale concentrato sulla Commissione e sul Comitato europeo per la protezione dei dati.

La riforma genera quindi uno scenario ermeneutico rinnovato: il dato personale circola dentro un sistema che connette terminali, infrastrutture cloud, identità digitali, modelli di intelligenza artificiale e dispositivi di sicurezza delle reti, attraverso un’architettura unica di controllo e una filiera di responsabilità armonizzata.

Questo passaggio rivela la ragione profonda della scelta europea: impiegare interventi selettivi per costruire una grammatica digitale unitaria, idonea a sostenere l’integrazione tecnologica del mercato interno e a preservare l’impianto dei diritti fondamentali attraverso un modello istituzionale dotato di coerenza interna, continuità operativa e flessibilità adattativa.

Le tre fasi del cronoprogramma: dal 2025 al 2027

Il cronoprogramma del Digital Omnibus si articola secondo una progressione normativa costruita su tre momenti distinti. Il 2025 inaugura la fase preparatoria diffondendo le bozze consolidate e circoscrivendo le modifiche concernenti la protezione dei dati, le operazioni tramite terminali, le decisioni automatizzate e i parametri tecnici per DPIA, notifiche e pseudonimizzazione.

Questa fase preliminare genera il quadro concettuale dove collocare gli obblighi applicativi successivi. Dal 2026 prende avvio la fase di implementazione amministrativa mediante l’attivazione del punto unico di accesso per le notifiche, la definizione del modello europeo di comunicazione delle violazioni, la revisione delle liste comuni sui trattamenti soggetti a DPIA e l’elaborazione dei parametri tecnici per i modelli standardizzati. Questo momento attribuisce al sistema europeo una configurazione uniforme e avvicina discipline finora parallele come NIS2, GDPR e AI Act. Il 2027 completa la trasformazione.

Le disposizioni sulle decisioni automatizzate diventano pienamente operative, l’articolo 88a diventa riferimento esclusivo per i trattamenti effettuati tramite dispositivi, i parametri europei per la pseudonimizzazione entrano nella prassi operativa e le liste comuni per DPIA acquisiscono carattere definitivo. L’intero dispositivo della protezione dei dati ottiene così una scansione coerente con l’architettura digitale europea e con l’accentramento tecnico affidato alla Commissione e all’EDPB.

Prima conseguenza: la ridefinizione del dato personale

Ciascun intervento genera un effetto che produce conseguenze concrete nelle scadenze già stabilite e crea un nesso diretto tra il testo della riforma e le attività che ogni soggetto dovrà realizzare nel 2025, nel 2026 e nel 2027. La prima conseguenza riguarda la ridefinizione del dato personale.

L’adozione dell’approccio soggettivo penetra nella vita delle imprese nel momento in cui le scadenze del 2026 impongono la revisione delle mappature dei trattamenti.

Ogni titolare dovrà costruire una valutazione variabile in funzione delle proprie capacità di identificazione e quindi dei propri sistemi tecnici, dei propri flussi informativi e dei propri strumenti di analisi. Questa trasformazione genera un calendario operativo interno e anticipa un mutamento che esige attuazione immediata, poiché la piena applicazione del criterio rinnovato coincide con l’avvio delle liste europee comuni sui trattamenti da sottoporre a DPIA.

Seconda conseguenza: i dati particolari e l’intelligenza artificiale

La seconda conseguenza discende dalla disciplina rinnovata dei dati particolari. La ridefinizione dell’area protetta e la deroga riservata ai sistemi di intelligenza artificiale delineano un orizzonte dove l’anno 2027 diventa soglia critica. Le imprese che impiegano modelli algoritmici dovranno integrare procedure uniformi con i requisiti dell’AI Act, mentre i Garanti e il Comitato europeo dovranno coordinare elenchi e parametri tecnici attraverso strumenti aggiornati.

Ogni fase temporale acquisisce così un contenuto materiale: il 2025 introduce l’impianto concettuale, il 2026 avvia la costruzione delle liste europee, il 2027 consolida un regime stabile per l’impiego dei dati sensibili nei modelli di intelligenza artificiale.

Terza conseguenza: gestire le richieste di accesso ai dati

La terza conseguenza investe l’accesso ai dati. La possibilità di qualificare alcune richieste come abusive genera un passaggio che incide direttamente sulle attività di gestione interna previste per il 2026.

Ogni titolare dovrà predisporre dispositivi idonei a distinguere richieste legittime da richieste prive di una finalità coerente. Questo compito esige un adattamento immediato, poiché la riforma prevede modelli europei di risposta e procedure standardizzate che entrano nel circuito istituzionale con l’avvio del punto unico di accesso.

In questo senso, il calendario assume valore operativo e costruisce percorsi organizzativi che si sovrappongono alle attività quotidiane degli operatori.

Quarta conseguenza: decisioni automatizzate e algoritmi

La quarta conseguenza discende dalla disciplina delle decisioni automatizzate. Il rinnovato articolo 22 crea un dispositivo dove l’equivalenza tra decisione umana e decisione algoritmica entra a pieno regime nel 2027, ma genera già nel 2025 un’esigenza di analisi interna.

Le imprese dovranno verificare se i propri sistemi possiedono requisiti di affidabilità, controllo e proporzionalità coerenti con i parametri europei.

Ogni scadenza della riforma produce un passaggio di responsabilità crescente: nel 2025 nasce l’obbligo di valutazione, nel 2026 si definiscono i parametri europei per l’analisi del rischio, nel 2027 il dispositivo diventa operativo attraverso una disciplina che valorizza l’automazione come modalità ordinaria di decisione.

Quinta conseguenza: trattamenti tramite dispositivi terminali

L’ultima conseguenza riguarda i trattamenti effettuati tramite dispositivi. L’articolo 88a unifica l’intero campo operativo già nel 2026 attraverso un sistema di consenso e di opt-out basato su parametri europei. Il 2027 segna l’applicazione integrale del regime rinnovato e genera una linea di continuità tra terminali, servizi digitali e attività di marketing.

La disciplina costruisce così una temporalità che governa infrastrutture, piattaforme e operatori commerciali dentro un’unica cornice tecnica.

Il salto prospettico: protezione o coordinamento istituzionale?

Il Digital Omnibus produce un salto prospettico che modifica la struttura del GDPR dall’interno. Il legislatore europeo impiega interventi mirati per ricomporre una distanza crescente tra il linguaggio del 2016 e un ecosistema digitale dominato da intelligenza artificiale, identità elettroniche, infrastrutture critiche e reti governate da standard sovranazionali.

Questo processo genera un movimento che ridisegna i presupposti della protezione dei dati: il diritto si estende oltre la relazione binaria tra individuo e titolare, assumendo una funzione di coordinamento che attraversa ogni sezione dell’ordinamento digitale europeo.

La riforma introduce un principio differente: la tutela opera dentro un sistema che valorizza uniformità, interoperabilità e affidabilità tecnica come elementi costitutivi della garanzia.

A questo punto emerge un interrogativo autentico. La protezione si rafforza attraverso un incremento della sofisticazione istituzionale oppure attraverso una centralità più marcata dell’individuo?

Il Digital Omnibus indica una direzione precisa: il centro di gravità si sposta verso un diritto capace di reggere l’urto dei modelli di intelligenza artificiale, dei flussi generati dai dispositivi, della sicurezza delle reti e delle logiche di mercato che esigono tempi rapidi e standard stabili.

La tutela dell’interessato costituisce la base del sistema, tuttavia ottiene forza attraverso l’ordine complessivo e attraverso la capacità dell’Unione di esercitare una funzione tecnica continua. L’efficacia della protezione dipende quindi dalla qualità dei parametri comuni, dalla precisione dei criteri di valutazione del rischio e dalla coerenza tra discipline che, fino ad ora, avanzavano su linee parallele.

L’impatto concreto su imprese e cittadini

L’impresa si inserisce in questa architettura con una sensibilità diversa. Ogni titolare osserva un ordinamento che elimina sovrapposizioni, allinea disposizioni e costruisce una grammatica uniforme su decisioni automatizzate, trattamenti tramite dispositivi, parametri di pseudonimizzazione e impiego dei dati sensibili nei sistemi di intelligenza artificiale. Questa uniformità alza il livello di responsabilità tecnica. Ogni struttura interna deve comprendere il proprio ruolo dentro un quadro che attraversa privacy, sicurezza e governance algoritmica. L’impresa ottiene quindi una condizione più stabile, ma deve costruire strumenti più raffinati per mantenere una piena adesione ai parametri europei.

Il cittadino vive questa trasformazione attraverso un’esperienza quotidiana. La protezione dei dati assume un profilo più complesso, poiché interagisce con processi automatizzati che incidono su credito, lavoro, consumo, informazione e identità digitale. Il Digital Omnibus interviene sulla sostanza della tutela: l’individuo controlla il trattamento ed entra simultaneamente in una rete di garanzie che dipende dalla qualità delle verifiche, dalla forza degli standard comuni e dalla capacità delle istituzioni europee di imporre controlli tecnici vincolanti.

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