Il PNRR e i fondi strutturali europei rappresentano un’opportunità storica per rilanciare il sistema amministrativo italiano: non si tratta solo di finanziare infrastrutture o progetti, ma di rafforzare la struttura stessa della pubblica amministrazione, migliorando la capacità di utilizzo, gestione e valorizzazione delle risorse europee.
Tuttavia, per far sì che queste risorse producano un impatto reale, è indispensabile un fattore spesso trascurato: la qualità del dato. Solo informazioni puntuali, affidabili, coerenti e complete permettono la gestione efficace e responsabile dei programmi finanziati, la misurazione degli impatti reali e la trasparenza verso cittadini e territori. La trasformazione digitale della PA, infatti, non inizia con algoritmi sofisticati o piattaforme all’avanguardia: comincia da un presupposto semplice eppure cruciale.
Senza dati di qualità — aggiornati, interoperabili, documentati — ogni discorso sulla digitalizzazione rischia di restare astratto, tecnico, incapace di incidere sul governo reale delle politiche.
Indice degli argomenti
Il dato come infrastruttura strategica per il governo della PA
Oggi il dato non è più soltanto un archivio tecnico confinato agli uffici informatici: è un’infrastruttura strategica che abilita la capacità di governo, la trasparenza amministrativa e la fiducia dei cittadini. Strumenti come OpenCoesione o i Conti Pubblici Territoriali mostrano chiaramente che è possibile rendere tracciabili i flussi finanziari e permettere analisi indipendenti sull’efficacia della spesa pubblica. Ma questi sono solo i primi passi: la vera sfida è passare da piattaforme di monitoraggio (reporting) a veri strumenti di open government, dove i dati alimentano politiche predittive, partecipazione, controllo sociale.
In questo contesto la PA assume il ruolo di gestore del patrimonio informativo pubblico: essa stessa è il più grande produttore di dati del Paese e dunque ha una responsabilità enorme verso la qualità, la conservazione, la riusabilità e la condivisione di quelle informazioni.
Il sistema SURF e il progetto qualità del dato in Campania
In questa prospettiva risulta emblematico l’impegno della Regione Campania, che con il sistema SURF (Sistema Unico Regionale Fondi) ha avviato un percorso di profonda innovazione. Nato come semplice canale di trasmissione dati, SURF si è evoluto in un ecosistema digitale integrato per programmare, monitorare e controllare gli investimenti pubblici. Un passaggio significativo è stato il progetto “Qualità del dato”, realizzato nell’ambito del Programma Nazionale Capacità per la Coesione e del PR FESR 2021‑2027, che proseguirà fino al 2026: l’obiettivo è trasformare i dati in strumenti di governo effettivo e non solo in obblighi formali.
Il contributo consiste nell’attivare dashboard interattive, sistemi di reporting dinamici, modelli di Business Intelligence, ma soprattutto nel garantire che ogni ufficio, funzione o operatore che inserisce un dato lo faccia secondo criteri condivisi di completezza, correttezza e tempestività. In questo senso è un progetto culturale e organizzativo, non solo tecnologico.
Dashboard interattive e intelligenza artificiale per decisioni strategiche
La Regione Campania ha progettato, in una visione a medio‑lungo termine, di convertire gli strumenti di gestione dati in piattaforme intelligenti di governo della Politica di Coesione. L’uso di dashboard interattive consente di visualizzare in tempo reale il progresso degli investimenti, identificare ritardi, benchmark territoriali e aree critiche da attivare. Ma non ci si ferma qui: si prepara il terreno per l’applicazione dell’intelligenza artificiale (IA) nella PA. Algoritmi che possano prevedere rischi, stimare impatti, individuare anomalie, supportare decisioni strategiche. In questo modo il dato non è più un obbligo burocratico, ma il carburante per una PA reattiva, trasparente, orientata ai risultati.
Formazione e cultura del dato nella pubblica amministrazione
È evidente che la tecnologia non basta: la Campania ha puntato anche sulla formazione dei dipendenti e sulla diffusione di una vera “cultura del dato”. Ogni informazione inserita nei sistemi deve essere completa, precisa e utile: solo così il meccanismo funziona. Ma perché questo avvenga è necessario che il personale delle amministrazioni riceva un adeguato supporto formativo sul digitale, sulle nuove procedure operative, sulla lettura e interpretazione dei dati. Nel complesso, la trasformazione digitale della PA richiede investimenti su più fronti: tecnologia, processi, competenze.
Un modello replicabile per tutte le amministrazioni
Il caso campano non è un’eccezione isolata, ma un laboratorio replicabile. Mostra come la qualità del dato possa diventare la leva principale della digitalizzazione della PA e non soltanto un requisito tecnico: non per spendere meglio i fondi europei, ma per preparare la PA alle sfide future — dall’adozione dell’IA fino all’ingresso di nuove generazioni di dirigenti e funzionari.
È un modello che merita di essere esportato: perché in Italia, pur essendosi registrati progressi nella digitalizzazione della PA, non tutte le amministrazioni sono allo stesso livello.
Il ruolo della consulenza e della sinergia PA‑mercato
La consulenza, in questo processo, non è un mero fornitore di tecnologie, ma un vero partner di cambiamento. Nel caso campano, la Regione non è stata sostituita, bensì accompagnata: trasferendo competenze, supportando la ridefinizione dei processi, costruendo un nuovo equilibrio tra PA e mercato. Questo modello consente di valorizzare il patrimonio informativo pubblico, trasformandolo in risorsa attiva per decisioni migliori e servizi più efficienti.
In prospettiva, la consulenza può e deve affiancare la pubblica amministrazione nell’abbracciare la sfida della gestione del dato e dell’intelligenza artificiale, facendola diventare protagonista del cambiamento. Inoltre, per evitare che i nuovi assunti nella PA si sentano disorientati di fronte a compiti e regole complesse, è fondamentale un efficace percorso di onboarding. La consulenza dovrebbe supportare l’orientamento, la formazione e la costruzione di un nuovo “patto di servizio” tra PA e consulenza, con un obiettivo condiviso: migliorare la qualità dei servizi per i cittadini.












