Sin dai primi giorni della sua elezione, Leone XIV viene raccontato come il Pontefice che traghetterà la Chiesa e la società attuale lungo le innumerevoli sfide (e opportunità) poste dall’intelligenza artificiale.
Indice degli argomenti
Le prime parole di Leone XIV sull’IA
D’altronde, è stato lui stesso a citare la “questione” due giorni dopo l’uscita dalla Cappella Sistina, nel primo incontro che ha avuto con i Cardinali che qualche ora prima lo avevano scelto come 267º Papa della storia. Commentando la scelta del nome, ha detto innanzitutto di rifarsi al predecessore Leone XIII (Pontefice dal 1878 al 1903), autore della famosa enciclica Rerum Novarum alla base della Dottrina Sociale della Chiesa. E come lui intende affrontare l’attuale “rivoluzione industriale”, tra cui gli “sviluppi dell’intelligenza artificiale”, soprattutto per le sfide poste a dignità umana, giustizia e lavoro.
Responsabilità di tutti, in proporzione all’età e ai ruoli
Ancora due giorni dopo, incontrando gli operatori della comunicazione nell’Aula Paolo VI – come consuetudine per ogni neoeletto Pontefice – ha rimarcato il tema spiegando che la missione della Chiesa in questo ambito “diventa ancora più necessaria”. Se da un lato, infatti, l’intelligenza artificiale possiede un “potenziale immenso”, bisogna al tempo stesso fare in modo che questi strumenti vengano orientati “al bene di tutti”, affinché possano “produrre benefici per l’umanità”. Questa missione va esercitata con “responsabilità e discernimento”, attitudini che devono riguardare “tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali”.
Evidentemente, questo desiderio e questa constatazione di Papa Leone XIV intercetta completamente quello che è stato il cammino di riflessione compiuto finora dalla Chiesa in questo settore dell’intelligenza artificiale. E molti spunti per la “missione” futura possono derivare proprio dall’eredità dell’immediato predecessore di Prevost, Papa Francesco, del quale è possibile tracciare ampie pennellate tratte dai suoi numerosi interventi, che vediamo per sommi capi.
Il lascito di Papa Francesco sull’intelligenza artificiale
Tra le prime “vittime” dei deepfake – impossibile non ricordare la celebre immagine che lo ritraeva imbacuccato in un piumino bianco di una nota marca – Papa Francesco è stato anche il Pontefice che più di ogni altro ha affrontato il tema dell’IA. E non poteva essere diversamente, considerando l’accelerazione tecnologica degli ultimi anni.
Il suo insegnamento, tuttavia, affonda radici lontane, come abbiamo documentato anche nel libro Anima digitale, pubblicato nell’ottobre 2022, poche settimane prima dell’avvento di ChatGPT. Prima di lui, già Giovanni Paolo II aveva delineato linee guida significative per l’uomo e la società di fronte al crescente sviluppo tecnologico sin dagli anni Ottanta, a cominciare dall’idea che l’uomo debba restare “al centro del processo” senza diventarne vittima.
Le prime riflessioni di Francesco sul paradigma tecnocratico
Nel caso di Papa Francesco, lungo i 12 anni di Pontificato si contano almeno 28 interventi specifici sul tema dell’intelligenza artificiale: 15 discorsi, 9 tra messaggi e videomessaggi, 2 lettere e 2 encicliche.
Le prime esternazioni sull’argomento le ritroviamo proprio nella sua seconda enciclica, la Laudato si’ uscita esattamente 10 anni fa, in cui c’è l’originario riferimento al cosiddetto “paradigma tecnocratico”. Francesco parte dalla constatazione che l’umanità si trova di fronte a un bivio generato dalla “potenza della tecnologia”, capace tanto di alleviare mali quanto di attribuire all’uomo un potere difficilmente gestibile.
Già nel 2015, dunque, Bergoglio afferma chiaramente che “i prodotti della tecnica non sono mai neutri, perché creano una trama che finisce per condizionare gli stili di vita e orientano le possibilità sociali nella direzione degli interessi di determinati gruppi di potere”.
La “frammentazione del sapere”, riflette ulteriormente il Papa, non permette di comprendere la complessità della realtà; per cui la soluzione potrebbe essere quella di “rallentare la marcia”, “raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili”, e “recuperare i valori e i grandi fini”.
Intelligenza artificiale e chiesa: la questione della dignità umana
Proseguendo su questa linea, nel gennaio 2016, nel suo messaggio al World Economic Forum, Francesco sottolinea il pericolo per l’uomo di essere “rimpiazzato da una macchina senz’anima”; da qui il forte appello alla tutela della dignità umana e del lavoro: “l’uomo deve guidare lo sviluppo tecnologico, senza lasciarsi dominare da esso!”.
Nel successivo Messaggio al WEF del 2018, torna la preoccupazione affinché l’IA e tutte le altre innovazioni tecnologiche vengano utilizzate “in modo da contribuire al servizio dell’umanità e alla protezione della nostra casa comune”. Infatti, “creare le giuste condizioni per consentire a ogni persona di vivere in maniera dignitosa” rappresenta “un imperativo morale, una responsabilità che coinvolge tutti”.
Etica universale e limiti dell’intelligenza artificiale
Approfondendo questa riflessione, in occasione del 25º anniversario dell’istituzione della Pontificia Accademia per la Vita (2019), Papa Francesco scrive la Lettera Humana communitas, dedicando un paragrafo alle “nuove tecnologie oggi definite ‘emergenti e convergenti’”.
In questo caso, la Chiesa è chiamata a “comprendere le trasformazioni epocali che si annunciano su queste nuove frontiere” per orientarle “al servizio della persona umana, rispettando e promuovendo la sua intrinseca dignità”. Un compito che richiede un attento discernimento, da compiersi “attraverso le dinamiche della coscienza morale”.
In stretta continuità con tali preoccupazioni, incontrando i partecipanti all’Assemblea plenaria della stessa Accademia, il Papa sollecita la ricerca di “criteri operativi universalmente condivisibili”, indicando nei diritti umani la base comune per un’etica universale. È stata in quella occasione che avverte come la denominazione “intelligenza artificiale” possa di per sé essere “fuorviante”. Afferma il Papa: “i termini occultano il fatto che – a dispetto dell’utile assolvimento di compiti servili (è il significato originario del termine ‘robot’) –, gli automatismi funzionali rimangono qualitativamente distanti dalle prerogative umane del sapere e dell’agire. E pertanto possono diventare socialmente pericolosi. È del resto già reale il rischio che l’uomo venga tecnologizzato, invece che la tecnica umanizzata: a cosiddette ‘macchine intelligenti’ vengono frettolosamente attribuite capacità che sono propriamente umane”. Insomma, simulano capacità umane ma sono privi di qualità umane.
Un’innovazione tecnologica al servizio dei più fragili
Nel Messaggio alla 108ª Sessione della International Labour Conference (giugno 2019), Papa Francesco ribadisce inoltre l’importanza della salvaguardia del lavoro di fronte agli sviluppi tecnologici, attribuendo a istituzioni come la stessa Conference il compito di contrastare una mentalità incline a sottomettersi a paradigmi di potere, dominazione e manipolazione.
Sviluppando ulteriormente il tema etico, in un discorso ai partecipanti al Seminario “Il bene comune nell’era digitale” promosso dall’allora Pontificio Consiglio della Cultura e dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale (2019), afferma che “un mondo migliore è possibile grazie al progresso tecnologico se questo è accompagnato da un’etica fondata su una visione del bene comune, un’etica di libertà, responsabilità e fraternità”.
Qualche mese dopo, rivolgendosi ai partecipanti a un convegno sulla dignità dei bambini nel mondo digitale, Francesco evidenzia anche in questo campo la necessità di incoraggiare investitori e gestori affinché “il bene dei minori e della società non sia sacrificato al profitto”.
Dalla teoria alla pratica: iniziative concrete della chiesa sull’intelligenza artificiale
Concretizzando questa visione, all’inizio del 2020, Papa Francesco torna sul tema dell’etica degli algoritmi in un discorso ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, a margine dell’importante iniziativa Rome Call for AI Ethics. Da questo summit è scaturito l’ormai noto e omonimo documento, firmato inizialmente da Microsoft, IBM e FAO e accolto anche al mondo delle università, delle imprese e delle religioni mondiali. Nel testo, sinteticamente, si ribadisce l’importanza di creare un futuro in cui le innovazioni digitali e il progresso tecnologico siano al servizio del genio umano e della sua creatività.
Nell’apprezzare l’evento, il Papa sottolinea l’importanza dell’interdisciplinarietà scientifica per affrontare fenomeni complessi, ma anche la necessità “di un’azione educativa più ampia”. Non basta affidarsi “alla sensibilità morale di chi fa ricerca e progetta dispositivi e algoritmi”: occorre “creare corpi sociali intermedi che assicurino rappresentanza alla sensibilità etica degli utilizzatori e degli educatori” e puntare a “un coinvolgimento sempre più ampio di tutti coloro che hanno a cuore il bene della famiglia umana”.
Tra robotizzazione e dignità dei fragili
Nel corso del 2020, parlando a un gruppo di laici che collaborano con i Vescovi francesi sui temi dell’ecologia, il Papa ribadisce poi che all’intelligenza artificiale mancherà sempre la “tenerezza”, la “capacità di accarezzare”, mentre in un videomessaggio alle Nazioni Unite a settembre esprime preoccupazione per gli effetti sul lavoro prodotti da una “robotizzazione generalizzata”.
Nel marzo 2021, in un messaggio per il 150º anniversario della proclamazione di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori a Dottore della Chiesa, Francesco menziona tra le sfide contemporanee gli “input che ci vengono dall’intelligenza artificiale”, invitando a cercare “risposte costruttive” e a coniugare “l’esigenza del Vangelo e le fragilità umane”, con un’attenzione particolare per “la dignità dei fragili”.
Chiesa e intelligenza artificiale: la questione della pace digitale
Veniamo agli ultimi due anni. Ampliando la portata della sua riflessione, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del gennaio 2024, il Papa parla di sviluppo dell’intelligenza artificiale positivo solo se radicato in valori umani fondamentali quali l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità, riprendendo in questo caso i principi della Rome Call for AI Ethics (e prima ancora ribaditi, in ambito civile, in sede OCSE, nel 2019). Sottolinea quindi l’importanza di salvaguardare il lavoro e la dignità dei lavoratori, invocando giustizia ed equità, e richiamando l’attenzione sul fatto che le macchine non possono essere soggetti moralmente responsabili.
Il Papa riconosce altresí le potenzialità dell’IA in ambiti come l’agricoltura, l’istruzione e la cultura, specialmente se indirizzate al servizio degli ultimi ed esorta la comunità internazionale ad adottare un trattato vincolante per la regolamentazione dell’IA.
Comunicazione e discernimento nel tempo delle macchine intelligenti
Portando la riflessione nel campo della comunicazione, nel Messaggio per la 58ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (2024), Francesco riflette sulla crescente e inevitabile difficoltà nel distinguere tra calcolo e pensiero, tra il linguaggio umano e quello delle macchine. Ammonisce perciò contro i rischi della disinformazione su larga scala e dell’isolamento sociale, laddove la tecnologia si priva del calore umano.
Nel documento fa riferimento poi alla “sapienza del cuore” come sede di libertà, desideri, sogni e discernimento. E considera che in fin dei conti, opportunità e pericoli dell’IA “dipendono da come sta il cuore dell’uomo” e solo incidendo sulla sua “salute” sarà possibile “crescere in umanità e come umanità”.
Verso una governance globale dell’intelligenza artificiale
In uno degli interventi più citati degli ultimi anni, durante il G7 di Borgo Egnazia (giugno 2024), il Pontefice argentino individua quattro ambiti prioritari per l’azione politica: bandire l’uso delle armi letali autonome; limitare l’impiego della giustizia predittiva; stimolare il pensiero critico nella quotidianità; e intervenire in campo educativo per segnalare i limiti dell’IA generativa. Quest’ultima, spiega e precisa, è spesso “rafforzativa” più che generativa, in quanto riordina contenuti esistenti consolidando talvolta errori o pregiudizi.
Pochi giorni dopo, durante un’udienza con la Fondazione Centesimus Annus, solleva la domanda cruciale: “a cosa serve l’IA?”. Per il bene dell’umanità o per l’aumento del potere dei giganti tecnologici? E invita a riflettere su molteplici aspetti: responsabilità nelle decisioni, incentivi e regolamentazioni efficaci, coordinamento tra educazione, formazione e comunicazione, effetti sul lavoro, sulla sicurezza, sulla privacy e sulla capacità relazionale e cognitiva. Ricorda inoltre gli elevati costi energetici dell’IA, invitando alla sobrietà digitale.
Nell’enciclica Dilexit Nos (ottobre 2024), Francesco ribadisce senza mezzi termini che all’intelligenza artificiale manca la poesia e l’amore umano. Con immagini che richiamano a momenti dell’infanzia – come il gesto di sigillare i panzerotti con la forchetta accanto alla madre o alla nonna – afferma che “l’ordinario-straordinario” dell’esperienza umana sfugge a qualunque algoritmo. “Perché la forchetta, le battute, la finestra, la palla, la scatola di scarpe, il libro, l’uccellino, il fiore… si appoggiano sulla tenerezza che si conserva nei ricordi del cuore”, riprendendo proprio le immagini utilizzate nell’esempio.
Educazione critica e dimensione umana oltre l’intelligenza artificiale
Proseguendo questo percorso di riflessione, nel gennaio 2025, rivolgendosi al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il Papa insiste inoltre sull’alfabetizzazione mediatica come strumento per contrastare la polarizzazione e l’isolamento, e per promuovere il pensiero critico. E fa un esplicito richiamo all’attenzione su proprietà intellettuale, sicurezza lavorativa, privacy e impatto ambientale, ribadendo come l’intelligenza artificiale, pur utile, amplifica comunque molte criticità del nostro tempo.
In continuità con i suoi precedenti interventi al World Economic Forum, il 14 gennaio 2025 Francesco riafferma l’urgenza di una responsabilità condivisa, promuovendo una sorta di “intelligenza relazionale”, che si opponga al paradigma tecnocratico e rimetta al centro la dignità dell’individuo. Senza dubbio, l’IA è frutto dell’ingegno umano, e come tale va usata con giustizia e fraternità per migliorare la vita di tutti, “al servizio di uno sviluppo più sano, più umano, più sociale e più integrale”.
Durante il Giubileo della Comunicazione (gennaio 2025), il Pontefice ribadisce nuovamente il valore dell’alfabetizzazione mediatica come educazione al pensiero critico e alla speranza, ed esorta i comunicatori a esercitare la responsabilità anche in questo contesto, trovare il modo di “narrare la speranza” (hopetelling) e lasciare spazio alla possibilità di “ricucire ciò che è strappato”.
La questione antropologica fondamentale
In uno dei suoi ultimi interventi significativi sul tema, al AI Action Summit di Parigi (febbraio 2025), Francesco richiama l’attenzione sugli effetti sociali delle tecnologie avanzate in termini di relazioni, informazione ed educazione, riaffermando che la questione di fondo resta antropologica: l’uomo, in quanto uomo, diventerà davvero migliore? Più maturo, più cosciente della propria dignità, più responsabile e solidale con i più deboli? Citando in questo caso proprio il suo predecessore Giovanni Paolo II, al n. 15 dell’Enciclica Redemptor hominis.
Per rispondere a questi quesiti, secondo Francesco si rende necessaria la creazione di una piattaforma d’interesse pubblico sull’IA, che aiuti le Nazioni a utilizzare la tecnologia per combattere la povertà e valorizzare le culture locali, senza dimenticare – ancora una volta – il tema cruciale del consumo energetico dell’IA.
E veniamo all’ultimo intervento poche settimane prima della sua dipartita. Nel videomessaggio per l’intenzione di preghiera di aprile 2025, Papa Francesco esprime il desiderio – l’intenzione, appunto – di una tecnologia utilizzata per unire, non per dividere; per aiutare i poveri, i malati e le persone disabili; per prendersi cura della casa comune e favorire l’incontro come fratelli: Non a caso, “è vero, la tecnologia è frutto dell’intelligenza che Dio ci ha donato. Ma bisogna usarla bene”.
Il lascito profetico di Papa Francesco sull’intelligenza artificiale
Ripercorrendo l’insieme degli interventi di Papa Francesco sull’intelligenza artificiale, emerge un pensiero organico e lungimirante che ha saputo anticipare molte delle sfide etiche, sociali e antropologiche che oggi ci troviamo ad affrontare. Fatto questo excursus, possiamo riassumere il suo Magistero attorno ad alcuni punti cardinali che possono aiutare a orientarsi nel complesso rapporto tra umanità e tecnologia:
- La centralità della persona umana come fine e mai come mezzo, con la sua dignità inalienabile che nessuna macchina può sostituire. Francesco ha insistito costantemente sul primato dell’uomo sulla tecnica, ricordando che la tecnologia deve essere al servizio dell’umanità e non viceversa.
- L’etica come guida indispensabile dello sviluppo tecnologico, che invita a un approccio responsabile nella progettazione e nell’uso degli algoritmi. Il Papa ha sollecitato la creazione di corpi intermedi che assicurino la rappresentanza della sensibilità etica degli utilizzatori.
- La salvaguardia del lavoro di fronte alla robotizzazione e all’automazione, con l’attenzione alle conseguenze sociali delle nuove tecnologie e la promozione di politiche che proteggano la dignità di ogni lavoratore.
- La fraternità e il bene comune come orizzonte dell’innovazione, indicando che il progresso tecnologico è autentico solo se contribuisce a ridurre le disuguaglianze e a servire gli ultimi.
- L’educazione al pensiero critico e alla “sapienza del cuore” per discernere tra le potenzialità e i rischi dell’IA, promuovendo un’alfabetizzazione mediatica che permetta alle persone di non essere manipolate.
- La responsabilità condivisa a livello globale, con l’invito alla comunità internazionale ad adottare regolamentazioni vincolanti che orientino lo sviluppo dell’IA secondo principi di trasparenza, inclusione ed equità.
- La preoccupazione per l’ambiente, con l’attenzione all’impatto ecologico dell’IA in termini di consumo energetico e la promozione di una sobrietà digitale.
- La dimensione spirituale e relazionale dell’essere umano che nessuna macchina potrà mai replicare, con l’accento posto sulla tenerezza, la poesia e l’amore come prerogative esclusivamente umane.
Questo corpus di insegnamenti consegna dunque a ciascuno un’eredità preziosa, che integra sia tradizione che visione di futuro, per affrontare con responsabilità e saggia consapevolezza ciò che ci attende nei prossimi anni in termini di sviluppo tecnologico avanzato. Il messaggio di Papa Francesco resta in fondo un invito a “rallentare la marcia” per discernere con coscienza morale su quei valori che possano davvero guidare l’innovazione a favore di un autentico progresso collettivo.
Un’ottima bussola per Papa Leone XIV, che si appresta a continuare il decennale cammino compiuto finora.