nuovi paradigmi

DAPPS e WEB decentralizzato: così Italia e Ue possono competere con gli Usa

Una nuova rivoluzione è alle porte: quella del web decentralizzato e delle cosiddette DAP (Decentralized Application). Ma serve un cambio di paradigma e una presa di coscienza di tutti noi utenti e dei nostri Governi. Vediamo di cosa si tratta e perché Italia e Europa possono svolgere un ruolo centrale

Pubblicato il 09 Apr 2019

Massimo Simbula

avvocato, associazione Copernicani

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Investire su un paradigma di web centralizzato e DAPP (Decentralized Application) permetterebbe all’Italia e all’Europa di emanciparsi dal ruolo dominante degli Stati Uniti su internet e allo stesso tempo combattere, con armi nuove, lo sfruttamento dei nostri dati personali da parte delle multinazionali Usa del web.

Il web com’era agli albori

Molti di noi ricordano bene com’era un tempo il web decentralizzato, fatto di server gestiti da una pletora multiforme di società che facevano a gara per fornire servizi di hosting e condivisione dati in tutto il mondo

Era la seconda metà degli anni ’90 e il mondo stava per affrontare la quarta rivoluzione industriale.

Dopo oltre 20 anni ben poco è rimasto di quella geografia virtuale. Molti provider sono spartiti, molte società fallite o fagocitate dalle big 5 (Google, Amazon, IBM, Facebook, Microsoft), e tanti dati personali raccolti a differenza delle vecchie interfacce di ICQ o tin.it dove, per poter capire con chi avevamo a che fare, eravamo soliti chiedere “da dove chatti?” o “sei maschio o femmina?”.

Altri tempi, certo. Un’era in termini di innovazione digitale come quella attuale che ormai non lascia nemmeno il tempo di redigere un libro o un paper, per scoprire che quello che è stato scritto, è già vecchio e superato.

Web decentralizzato e Dapps

Eppure, nonostante per molti il destino del web è segnato, una nuova rivoluzione è già alle porte: quella del web decentralizzato e delle cosiddette DAPP (Decentralized Application).

Del web decentralizzato, dei sistemi peer to peer e del potere che ritorna, come in una vera e propria rivoluzione, al popolo consumatore di contenuti, si è già scritto tanto.

Ben sappiamo come in un sistema di hosting web decentralizzato / peer-to-peer, il server originale, a differenza che nello schema classico “centralizzato”, si connette ai client che a loro volta servono il sito Web in favore dei nuovi clienti

Fig. 1: Sistema di hosting web decentralizzato / peer-to-peer. (Si noti che il server sta effettuando solo quattro connessioni simultanee per raggiungere una rete di otto nodi)

Un’applicazione a cui accedi tramite il tuo browser ha una logica conosciuta come “front-end” e “back-end. Il front-end, solitamente composto da HTML, CSS e JavaScript, definisce la presentazione visiva del sito Web e il modo in cui è possibile interagire con esso: facendo clic, scorrendo, inserendo testo e così via. La logica di back-end del sito web legge da un database per decidere quali dati vengono presentati ai singoli utenti e come sarà modificato in base all’attività dell’utente.

Pensiamo a Facebook: il codice HTML / CSS / JS di front-end indica al tuo browser di visualizzare la barra delle attività blu in alto, il newsfeed a scorrimento bianco, una barra laterale di app ed eventi e così via: un modello base identico a ogni utente. Questo modello viene quindi popolato con i contenuti di amici, gruppi e preferenze di pagina specifici, tutte le informazioni archiviate in un database (sui server di Facebook) e lette dal software di back-end (anche sui server di Facebook), che prende decisioni su cosa mostrarti in base a chi sei, dove sei, quando hai effettuato l’ultimo accesso e molti altri fattori, che insieme costituiscono il noto algoritmo newsfeed.

Web decentralizzato e blockchain

Le applicazioni decentralizzate hanno la stessa divisione tra design di front end, logica back-end e dati memorizzati, ma sostituiscono i server centralizzati per i nodi distribuiti di una blockchain. Gli utenti si connettono a una dapp, con un browser specializzato – o un browser web decentralizzato su misura come Blockstack, o attraverso un plugin come Metamask – e questo browser interagisce con la logica back-end di un programma software che può essere eseguito su una rete distribuita, chiamata smart contract. A sua volta, lo smart-contract legge e scrive i dati sulla blockchain, che memorizza le informazioni al posto di un database convenzionale.

Fig. 2: Schema di una DAPP

Le applicazioni decentralizzate hanno sicuramente degli svantaggi (su cui non mi addentro per ora). Ma si basano sui loro stessi utenti che rimangono quindi nel controllo (almeno in linea teorica) dei propri dati potendo scegliere come eventualmente trasferirli, condividerli, comunicarli, diffonderli, e, perché no, sfruttarli direttamente commercialmente senza lasciare che sia una società terza a guadagnarci (nonostante dichiari di fornire servizi gratuiti e per sempre…).

Facebook e il business dei dati

Sfortunatamente, la modifica dell’architettura delle moderne applicazioni web non è, da sola, sufficiente per realizzare una rete democratica e decentralizzata. Oltre a riconfigurare il modo in cui forniamo i dati, il decentramento del web consiste anche nel resistere al potere di un limitatissimo numero di player. Fare questo significa stabilire nuovi standard sui quali basare le modalità di gestione dei nostri dati e un radicale cambiamento del modo con cui oggi li memorizziamo.

Confrontiamo due forme di comunicazione testuale: e-mail e un messaggio di Facebook.

Secondo le statistiche di Facebook, il social network, aveva quasi 1,5 miliardi di utenti al giorno a partire da settembre 2018. Questa cifra rappresenta quasi il 20% della popolazione mondiale, un individuo su cinque che accede al social network ogni giorno. Il risultato: alla fine del XX secolo, 1,5 miliardi di persone sarebbero connesse ad ogni persona vivente sul pianeta.

Facebook è diventato uno strumento di comunicazione essenziale per amici, famiglie e aziende, che si intrecciano così profondamente nel tessuto delle nostre vite digitali in modo tale da non poter oggi facilmente pensare ad una alternativa per avere lo stesso risultato in termini di connessione.

Una azienda che fa dei dati personali una vera miniera d’oro se si pensa che oltre il 98% del fatturato globale (al dicembre 2017 di circa 47,5 miliardi di euro) deriva proprio dalle politiche di condivisione, analisi e profilazione dati e su questo vi invito a leggere l’interessante report pubblicato sul sito della Security and Exchange Commission statunitense che contiene molte informazioni sul modello di business di Facebook.

E ci sono state anche molte critiche su come l’azienda opera, compresi i suoi presunti esperimenti sull’analisi delle emozioni, la presunta influenza nella delicata vicenda dei Rohingya in Myanmar, l’utilizzo improprio del social network quale strumento di influenza elettorale negli Stati Uniti, ecc.

Molte persone – incluso il sottoscritto – hanno più volte preso in considerazione l’idea di abbandonare Facebook anziché continuare a contestarlo sul web o altrove.

Ma poi non lo abbiamo fatto (almeno la gran parte di noi) perché è diventato un mezzo talmente essenziale e pervasivo che ci consente connessioni e azioni obbiettivamente inimmaginabili prima della sua esistenza.

E non esiste una vera alternativa, almeno non una che possa essere minimamente comparabile con la potenza e grandezza del social network dal confortante colore azzurro.

Prendere o lasciare. Essere o non essere social. Questo è il problema di chi non condivide le politiche di Facebook. E d’altronde, come biasimare l’azienda? Sono stati bravi. Straordinariamente bravi. I loro fondatori e chi è saltato al momento giusto sul carro del vincitore.

Perché dietro Facebook non c’è solo la rassicurante e simpatica faccia del suo fondatore, Mark Zuckeberg ma molto altro.

Basta guardare al consiglio di amministrazione di Facebook per scoprire i nomi di Marc Andreessen (General Partner del Venture Capital Andreessen Horowitz, con dotazione di circa 4 miliardi di dollari), Susan Desmond-Hellmann (CEO della Bill and Melinda Gates Foundation), Reed Hastings (CEO di Netflix).

Fortunatamente il web non è fatto solo di social network che fagocitano i nostri dati.

L’email esempio di web decentralizzato

Prendiamo ad esempio l’email: è un ottimo esempio di servizio di comunicazione decentralizzato.

Infatti esistono molti provider di posta elettronica diversi, ma il formato dell’email non è di proprietà di nessuno. È un protocollo aperto per come i messaggi vengono inviati e quindi può essere utilizzato da qualsiasi azienda che si conformi a queste regole.

Se il mio account di posta elettronica è in Gmail ma non ti piace Google, sei libero di scegliere qualsiasi altro fornitore e possiamo ancora comunicare. E se non ti piacciono i provider di e-mail attualmente disponibili sul mercato, e se hai un discreto livello di competenza tecnica puoi impostare il tuo server privato di posta elettronica, un po’ come si dice avrebbe fatto Hillary Clinton. Passare da un provider all’altro è semplice come esportare la rubrica e la cronologia dei messaggi e quindi importarli nel nuovo account.

Tutto ciò rende l’e-mail una delle forme più robuste e durature di comunicazione digitale, ancora parte integrante della vita personale e professionale di molti di noi da oltre 40 anni. Sfortunatamente, non c’è ancora un Facebook decentralizzato, ma c’è un social network che sta lentamente crescendo in popolarità.

Il modello federato di Mastodon

Mastodon è una rete sociale decentrata e open source basata su un modello federato. Ciò significa che chiunque può scaricare il software e configurare il proprio server Mastodon, applicando le regole che gli aderenti al network preferiscono. Ad esempio, “Imprecare non è consentito”, “nessun contenuto verrà censurato” o, in un caso, “non è possibile utilizzare la lettera e“.

Ogni server è il proprio ambiente: gli utenti all’interno di un server possono parlare tra loro e l’amministratore del server può scegliere con quali altri server federarsi, ovvero consentire il reciproco contatto tra gli utenti. Ciò significa anche che è possibile impedire a interi server di comunicare tra loro (ad esempio, gli utenti del server “no cursing” potrebbero decidere di essere esclusi da quelli totalmente non censurati). Il punto chiave è che se un utente non apprezza il modo in cui viene eseguito un server, è libero di abbandonare e unirsi a uno nuovo.

Mastodon ha una piccola base di utenti negli Stati Uniti che attualmente ammonterebbe a circa 1,79 milioni secondo uno strumento di monitoraggio disponibile on line. Ma non ha bisogno di crescere, a parte il fatto che è un progetto che vale la pena condividere. Non ci sono soldi di Venture Capital dietro, nessun investitore si aspetta un ROI, nessun consiglio di amministrazione chiede che gli obiettivi di crescita siano raggiunti. Per questo motivo, non è necessario vendere gli annunci per generare entrate: gli amministratori di server hanno solo bisogno di denaro sufficiente per coprire i costi di hosting, che possono essere dell’ordine di $ 15-20 al mese.

Fig. 3: La user inteface di Mastodon

I progetti menzionati in questo articolo, come Mastodon, Beaker, Blockstack, Metamask e la rete Ethereum stanno contribuendo a costruire il web decentralizzato oggi.

Vale la pena menzionare anche progetti di archiviazione dati decentralizzati, come IPFS, Filecoin e Storj, che forniscono infrastrutture critiche per le app decentralizzate e, naturalmente, Bitcoin, il primo progetto che ha aperto alla possibilità di transazioni finanziarie internazionali senza la necessità di intermediari centralizzati.

Cosa può accadere in Italia e in Europa

L’Italia e l’Europa possono contribuire allo sviluppo un ecosistema del web decentralizzato sia sfruttando le tecnologie disponibili sia creandone nuove. 

Non è una guerra con gli Usa, ma quasi.

Ben sappiamo quanto le 5 tech companies controllino le vite di ciascuno di noi, anche in Italia. Indipendentemente dal fatto che tu sia un insegnante, un politico, un industriale, un sindacalista, un giornalista, la tua vita è costantemente monitorata attraverso una rete di informazioni che, miscelate fra loro, consentono di avere sempre una traccia dei nostri spostamenti, dei nostri gusti e abitudini commerciali, dei nostri orientamenti politici, dei nostri problemi fisici, delle nostre spese e dei nostri guai giudiziari.

Ben sappiamo quanto il GDPR (il regolamento europeo sul trattamento dei dati personali UE 679/2016) possa ostacolare questo trattamento invasivo dei nostri dati, ma non è da solo sufficiente.

Occorre un cambio di paradigma e una presa di coscienza di tutti noi utenti e dei nostri Governi.

Da questo punto di vista bene fa il nostro Governo ad aderire alla European Blockchain Partnership e a formare un team di esperti a livello nazionale per disegnare una nuova politica sulla blockchain in Italia e sono di particolare interesse le prime, seppur timide e ancora criticabili, misure che il nostro Governo intenderebbe adottare in materia.

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