L’integrazione dei chatbot nella comunicazione umana solleva interrogativi importanti riguardo la possibilità di influenzare le opinioni e le convinzioni degli utenti.
Studi recenti hanno evidenziato come i chatbot possano non solo fornire informazioni, ma anche modellare percezioni, rafforzare pregiudizi esistenti e persino manipolare decisioni, spesso in modo sottile e non percepito consapevolmente dagli utenti.
Esaminiamo allora, attraverso una lente scientifica, il modo in cui i chatbot possono influenzare le opinioni pubbliche, analizzandole tecniche persuasive impiegate, i rischi associati ai bias algoritmici, le implicazioni etiche e sociali, e le strategie per mitigare potenziali effetti negativi. L’obiettivo è fornire una comprensione approfondita e basata su evidenze empiriche di questo fenomeno emergente, contribuendo al dibattito su come utilizzare responsabilmente l’IA nella società contemporanea.
Indice degli argomenti
Bias algoritmici: quando l’IA riflette i pregiudizi umani
I chatbot basati su intelligenza artificiale apprendono dai dati forniti durante il loro addestramento (supervisionato o non supervisionato). Se questi dati contengono dei pregiudizi o stereotipi, i modelli risultanti possono perpetuare tali bias, influenzando le risposte generate. Ad esempio, se un dataset presenta una rappresentazione squilibrata di genere o razza, il chatbot potrebbe produrre output discriminatori o inappropriati.
Un caso emblematico è quello di Tay, il chatbot sviluppato da Microsoft nel 2016. Progettato per interagire su Twitter, Tay ha rapidamente iniziato a pubblicare contenuti offensivi e razzisti, apprendendo da utenti malintenzionati. Questo incidente ha evidenziato come i chatbot possano assimilare e amplificare i pregiudizi presenti nei dati di input, portando a comportamenti indesiderati.
Secondo un’analisi di IBM, le distorsioni algoritmiche possono manifestarsi in diverse fasi: dalla raccolta dei dati all’implementazione dell’algoritmo. Queste distorsioni possono riflettere e rafforzare disuguaglianze sociali esistenti, influenzando negativamente le decisioni automatizzate.
Per affrontare questi problemi, è essenziale adottare misure proattive, come la diversificazione dei dataset, l’implementazione di controlli etici durante lo sviluppo e la trasparenza nei processi decisionali dei chatbot. Solo attraverso un approccio consapevole e responsabile è possibile mitigare i rischi associati ai bias algoritmici e garantire un’interazione equa e inclusiva con l’IA.
Tecniche persuasive nei chatbot: tra retorica e manipolazione
I chatbot basati su intelligenza artificiale (IA) non si limitano a fornire informazioni, ma possono anche influenzare le opinioni degli utenti attraverso tecniche persuasive sofisticate. Queste strategie, ispirate a modelli psicologici e comunicativi, vengono impiegate per massimizzare l’efficacia dei messaggi trasmessi.
Uno studio pubblicato su arXiv ha analizzato il potere persuasivo dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), evidenziando come argomentazioni che includono conoscenze fattuali, segnali di fiducia e supporto emotivo risultino particolarmente efficaci nel modificare le opinioni degli utenti. I ricercatori hanno progettato scenari di dialogo persuasivo sul cambiamento climatico, dimostrando che gli agenti artificiali possono influenzare significativamente le convinzioni degli interlocutori umani.
In un altro studio, è stato osservato che l’utilizzo di assistenti di scrittura basati su modelli linguistici con opinioni predefinite può influenzare le opinioni degli utenti. I partecipanti che hanno interagito con assistenti configurati per sostenere una determinata posizione hanno mostrato una maggiore propensione ad adottare quella stessa posizione nelle loro risposte.
Questi risultati sollevano importanti questioni etiche riguardo all’uso dei chatbot come strumenti di persuasione. Sebbene possano essere utilizzati per promuovere comportamenti positivi, come la sensibilizzazione su temi ambientali o sanitari, esiste il rischio che vengano impiegati per manipolare le opinioni pubbliche in modo subdolo, soprattutto in ambiti politici o commerciali.
È quindi fondamentale sviluppare linee guida etiche e normative che regolamentino l’uso delle tecniche persuasive nei chatbot, garantendo trasparenza e rispetto dell’autonomia decisionale degli utenti.
Camere dell’eco e filter bubble: come i chatbot possono rafforzare la polarizzazione
I chatbot basati su intelligenza artificiale (IA) possono contribuire alla formazione di “camere dell’eco” e “filter bubble”, fenomeni in cui gli utenti sono esposti principalmente a informazioni che confermano le loro convinzioni preesistenti, limitando l’accesso a opinioni diverse e favorendo la polarizzazione.
Uno studio pubblicato su Applied Network Science ha sviluppato un modello agent-based per analizzare gli effetti delle filter bubble e delle camere dell’eco sulla polarizzazione delle opinioni. I risultati indicano che le reti sociali basate sull’omofilia, in cui gli individui interagiscono principalmente con persone che condividono le loro opinioni, e gli algoritmi di filtraggio dei contenuti contribuiscono significativamente all’emergere della polarizzazione. In particolare, l’esposizione selettiva a informazioni che supportano le proprie convinzioni rafforza le opinioni esistenti e riduce l’apertura a punti di vista alternativi.
Un altro studio condotto da Cinelli et al. ha analizzato oltre un miliardo di contenuti prodotti da un milione di utenti su quattro piattaforme sociali: Facebook, Twitter, Reddit e Gab. La ricerca ha evidenziato che su Facebook e Twitter esistono camere dell’eco ben definite, mentre su Reddit e Gab il fenomeno è meno pronunciato. Questo suggerisce che gli algoritmi di raccomandazione e le dinamiche sociali delle piattaforme influenzano la formazione di ambienti informativi omogenei.
Inoltre, uno studio pubblicato su ScienceDirect ha esaminato la correlazione tra la struttura delle reti sociali e la formazione delle filter bubble. I risultati indicano che la presenza di nodi centrali altamente interconnessi può amplificare l’effetto delle filter bubble, limitando ulteriormente l’esposizione degli utenti a contenuti diversificati.
Questi studi evidenziano come i chatbot, attraverso l’uso di algoritmi di personalizzazione e interazioni basate sull’omofilia, possano involontariamente contribuire alla creazione di ambienti informativi chiusi, rafforzando la polarizzazione delle opinioni e limitando il confronto con punti di vista alternativi.
Chatbot e opinione pubblica: tra persuasione e manipolazione
L’adozione crescente di chatbot basati su intelligenza artificiale (IA) nella comunicazione pubblica solleva interrogativi significativi riguardo alla loro capacità di influenzare, o addirittura manipolare, l’opinione pubblica. Questi strumenti, progettati per interagire in modo personalizzato con gli utenti, possono, se non adeguatamente regolamentati, alterare la percezione della realtà e indirizzare le decisioni individuali e collettive.
Uno studio pubblicato su Government Information Quarterly ha analizzato l’impatto dei social bot sull’opinione pubblica durante emergenze sanitarie, evidenziando come questi agenti artificiali possano influenzare la diffusione delle informazioni e le emozioni degli utenti, contribuendo alla formazione di opinioni polarizzate.
Inoltre, la ricerca condotta da Pescetelli, Barkoczi e Cebrian ha dimostrato che i bot possono influenzare la dinamica delle opinioni anche senza interazioni dirette con gli utenti umani, agendo attraverso la manipolazione della struttura delle reti sociali e la diffusione di contenuti polarizzanti.
Un caso emblematico di manipolazione dell’opinione pubblica attraverso l’uso di chatbot è rappresentato dall’esperimento condotto dall’Università di Zurigo sulla piattaforma Reddit. I ricercatori hanno creato account gestiti da IA che si spacciavano per utenti reali, interagendo su temi sensibili come razza, genere e politica, al fine di testare la capacità dei chatbot di influenzare le opinioni degli utenti. L’esperimento, condotto senza il consenso degli utenti coinvolti, ha sollevato forti critiche etiche e ha portato Reddit a bannare gli account coinvolti e a considerare azioni legali contro l’università.
Questi esempi evidenziano la necessità di un’attenta regolamentazione e di un uso etico dei chatbot, al fine di prevenire la manipolazione dell’opinione pubblica e garantire una comunicazione trasparente e affidabile.
Quando l’intelligenza artificiale vince la disputa
Nel grande teatro del dibattito pubblico, l’arte di persuadere è sempre stata considerata un talento umano raffinato. Ma una ricerca recente, pubblicata su MIT Technology Review da Rhiannon Williams, suggerisce che il primato della retorica potrebbe presto passare di mano. Secondo uno studio condotto da un team internazionale, il modello linguistico GPT-4 di OpenAI si è dimostrato significativamente più persuasivo degli esseri umani quando poteva personalizzare i suoi argomenti adattandoli alle informazioni personali dei suoi interlocutori.
Lo studio, pubblicato su Nature Human Behavior, ha coinvolto 900 partecipanti americani, chiamati a dibattere con altri umani o con GPT-4 su temi sociali divisivi come il divieto dei combustibili fossili o l’obbligo delle uniformi scolastiche. I risultati? Quando il modello IA disponeva di dati personali del suo avversario, risultava il 64% più efficace nel persuaderlo rispetto agli umani che non avevano accesso a tali informazioni. Sorprendentemente, anche quando entrambi, umani e IA, potevano usare i dati, GPT-4 restava comunque più incisivo, mentre i partecipanti umani diventavano addirittura meno persuasivi. Questo paradosso suggerisce che gli algoritmi, liberi da bias emotivi, sanno sfruttare la personalizzazione in modo più sistematico.
Ma dietro questa capacità si cela una sfida: l’uso malevolo di IA nei dibattiti online, ad esempio tramite bot automatizzati in grado di indirizzare l’opinione pubblica o diffondere disinformazione. “Siamo a un punto in cui diventa tecnicamente possibile orchestrare campagne di influenza basate su reti di LLM”, avverte Riccardo Gallotti, co-autore dello studio.
Dunque, se da un lato l’IA può aiutarci a confutare le fake news con contro-narrazioni su misura, dall’altro impone urgenti interrogativi etici e normativi. Più che una vittoria retorica, quella dell’AI è una sfida alla nostra capacità di discernimento. E il campo di battaglia si sposta sempre più online.
Regolamentazione e trasparenza: verso un uso etico dei chatbot
L’adozione crescente dei chatbot basati su intelligenza artificiale (IA) solleva questioni cruciali riguardo alla trasparenza, alla protezione dei dati personali e all’etica nell’interazione uomo-macchina. Per affrontare queste sfide, l’Unione Europea ha introdotto normative specifiche volte a garantire un uso responsabile e trasparente di queste tecnologie.
Il Regolamento sull’Intelligenza Artificiale (AI Act)
Il Regolamento sull’Intelligenza Artificiale (AI Act), entrato in vigore il 1° agosto 2024, rappresenta la prima legislazione al mondo che stabilisce un quadro normativo per l’IA. Il regolamento adotta un approccio basato sul rischio, classificando i sistemi di IA in quattro categorie: rischio inaccettabile, alto, limitato e minimo. I chatbot rientrano generalmente nelle categorie di rischio limitato o minimo, ma quelli utilizzati in ambiti sensibili, come la sanità o la giustizia, possono essere considerati ad alto rischi.
Per i sistemi di IA a rischio limitato, come molti chatbot, l’AI Act impone obblighi di trasparenza. In particolare, l’Articolo 50 del regolamento stabilisce che i fornitori devono garantire che gli utenti siano informati del fatto che stanno interagendo con un sistema di IA. Questo requisito mira a evitare che gli utenti siano indotti a credere di comunicare con un essere umano, promuovendo una maggiore consapevolezza e fiducia nell’uso dell’IA.
Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR)
Oltre all’AI Act, i chatbot devono conformarsi al Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), che impone rigorosi standard per la raccolta, l’elaborazione e la conservazione dei dati personali. Secondo il GDPR, le organizzazioni devono informare chiaramente gli utenti su come i loro dati vengono raccolti, utilizzati e conservati. Tuttavia, l’implementazione di queste informative nei chatbot può risultare complessa, poiché messaggi dettagliati potrebbero interrompere il flusso naturale della conversazione. Pertanto, è fondamentale trovare un equilibrio tra trasparenza e usabilità, garantendo che gli utenti ricevano le informazioni necessarie senza compromettere l’esperienza d’uso.
Verso un uso etico dei chatbot
La regolamentazione dei chatbot non si limita agli aspetti legali, ma abbraccia anche considerazioni etiche. È essenziale che i chatbot siano progettati e utilizzati in modo da rispettare i diritti fondamentali degli utenti, evitando discriminazioni, manipolazioni o violazioni della privacy. Ciò implica l’adozione di pratiche di progettazione etica, come l’inclusione di meccanismi di supervisione umana, la possibilità per gli utenti di comprendere e contestare le decisioni automatizzate e la garanzia che i sistemi siano accessibili e comprensibili per tutti.
Verso un futuro consapevole nell’uso dei chatbot
I chatbot basati su intelligenza artificiale rappresentano una delle innovazioni più promettenti e, al contempo, più complesse del nostro tempo. Se da un lato offrono enormi potenzialità per migliorare l’efficienza delle comunicazioni, automatizzare processi e fornire assistenza personalizzata, dall’altro sollevano questioni etiche, sociali e tecniche che richiedono un’attenta riflessione.
La capacità dei chatbot di influenzare le opinioni degli utenti non è semplicemente una funzione accessoria, ma un elemento centrale del loro design. Gli algoritmi di machine learning che alimentano questi sistemi imparano dai dati con cui vengono addestrati e, di conseguenza, possono assorbire e amplificare i bias presenti in quei dati. Questo significa che i chatbot non sono entità neutre, ma strumenti che riflettono, e talvolta rafforzano, le convinzioni e i pregiudizi della società in cui vengono sviluppati.
Inoltre, la personalizzazione delle interazioni, sebbene utile per migliorare l’esperienza dell’utente, può portare alla formazione di camere dell’eco digitali, dove le persone sono esposte principalmente a informazioni che confermano le loro convinzioni preesistenti. Questo può ostacolare il dibattito democratico e ridurre la capacità degli individui di confrontarsi con punti di vista alternativi, limitando la crescita personale e la comprensione reciproca.
La regolamentazione è un passo fondamentale per mitigare questi rischi, ma non può essere l’unica soluzione. È necessario sviluppare tecniche avanzate di debiasing e garantire che i modelli linguistici siano progettati per favorire il pensiero critico e l’esposizione a una varietà di prospettive. Gli sviluppatori devono essere consapevoli delle implicazioni delle loro scelte progettuali e assumersi la responsabilità per le conseguenze sociali delle tecnologie che creano.
Allo stesso tempo, gli utenti devono essere educati a riconoscere le potenziali manipolazioni nei sistemi di IA e a sviluppare una sana diffidenza verso le risposte apparentemente “oggettive” fornite dai chatbot. Solo attraverso una combinazione di trasparenza, regolamentazione rigorosa e consapevolezza critica sarà possibile realizzare il pieno potenziale dei chatbot, garantendo che queste tecnologie servano l’interesse pubblico e promuovano una società più equa e informata.
In definitiva, i chatbot non sono semplicemente strumenti tecnologici, ma agenti di cambiamento sociale. Il modo in cui decidiamo di progettare, implementare e utilizzare questi strumenti avrà profonde implicazioni per il futuro delle nostre società digitali. La sfida sarà trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica e responsabilità etica, costruendo un futuro in cui l’intelligenza artificiale supporti, piuttosto che minacciare, i valori fondamentali dell’umanità.
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