Quasi tutti i comuni italiani stanno lavorando alla creazione di servizi digitali grazie al PNRR e in particolare alla misura 1.4.1. E tutti stanno inciampando nel problema della gestione della marca da bollo, che molti stanno risolvendo in maniera “analogica” e con le solite “autodichiarazioni” del cittadino, rischiando di non risolvere alla radice un problema annoso: l’evasione fiscale (voluta o meno) da marca da bollo non pagata.
Capiamo cosa succede e come si potrebbe risolvere.
La misura 1.4.1 del PNRR
La misura 1.4.1 ha come obiettivo migliorare l’esperienza dei servizi pubblici digitali definendo e promuovendo l’adozione di modelli collaudati e riutilizzabili per la creazione di siti internet e l’erogazione di servizi pubblici digitali. La platea potenziale è di 15,900 enti e coinvolge scuole, comuni ed altre pubbliche amministrazione.
Il miglioramento dei siti e servizi, per la parte comuni, è garantito dal sito Designers Italia che nella sezione “Modelli” mette a disposizione per i comuni sia il modello di siti che il modello di servizi.
Questo porta ad una standardizzazione dei siti comunali come veste e organizzazione, oltre che come cataloghi e ontologie. Inoltre, permette di standardizzare e rendere davvero fruibili digitalmente da qualsiasi dispositivo (ovvero non come moduli pdf) i servizi.
Da questo punto di vista i passi avanti sono importanti, standardizzati e diffusi, per cui a maggior ragione stride il ragionamento che andremo a fare associato alla marca da bollo.
Marca da bollo ed evasione fiscale
Ad oggi nei servizi digitali (pre e post 1.4.1) la marca da bollo viene pagata in diversi modi, come verrà spiegato di seguito . Questo laddove il comune ha capito dove inserirla, perchè tanti comuni non hanno chiaro in che procedimenti va richiesta, riducendo il gettito per lo Stato.
Caso A
La prima moadlità è nata per l’assolvimento dell’imposta di bollo telematica sulle istanze dello Sportello Unico Attività Produttive, descritto dal Decreto Ministeriale (MISE) 10/11/2011, art. 3, è stato poi esteso a tutti i servizi digitali, ed è il workaround più utilizzato.
Il cittadino nel corso della compilazione di una pratica inserisce il codice identificativo e la data di emissione di una marca da bollo acquistata precedentemente, promettendo solennemente con tanto di giurin giurella in forma di autocertificazione che impiegherà quel titolo una sola volta ed esclusivamente sull’istanza in oggetto e impegnandosi a conservare il contrassegno per eventuali controlli.
L’annullamento della marca da bollo avviene grazie al fatto che gli identificativi del bollo vengono registrati nel protocollo dell’amministrazione destinataria, insieme all’istanza.
Va precisato che in un’istanza trasmessa ad una PAL il destinatario del documento non coincide con chi incassa l’imposta di bollo.
L’amministrazione destinataria ha come unico compito quello di applicare la corretta disciplina dell’imposta, quindi richiederla quando è previsto dalla legge, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 26/10/1972, n. 642. Sempre che lo sappia, come si diceva precedentemente, con il rischio di perdita di gettito in caso di applicazioni errate.
Con questa modalità però nè l’amministrazione destinataria nè l’Agenzia delle Entrate che è il soggetto riscossore può fare delle verifiche.
Infatti non è possibile al momento della ricezione dell’istanza verificare se il titolo è già stato utilizzato in precedenza, a meno che venga memorizzato nell’applicativo in cui il cittadino ha dichiarato di utilizzarla. Il tutto rende il controllo limitato all’applicativo di utilizzo e all’ente per cui viene presentata la pratica, con evidente mancanza di un’efficienza di controllo e un database centrale.
Questa mancanza può incentivare comportamenti evasivi, o più semplicemente provocare dimenticanze o errori materiali.
Ad oggi i servizi digitali costruiti dalle amministrazioni si limitano solo a controlli di correttezza formale sui codici identificativi e sulle date di emissione. E la maggior parte dei comuni utilizza questa modalità.
Caso B
L’amministrazione destinataria può stipulare con il riscossore Agenzia delle Entrate una convenzione secondo la quale sarà lei (il comune) ad incassare il tributo per le istanze ricevute da parte del cittadino.
Grazie a questa modalità il cittadino potrà, nel corso della compilazione della pratica, effettuare un pagamento verso l’amministrazione destinataria dell’imposta di bollo, oltre che di altri eventuali dovuti tramite il sistema PagoPA. La distinzione tra i due importi avviene mediante tassonomia pagoPA, sebbene la riscossione sia fatta dal comune.
Tuttavia questa modalità è molto onerosa proceduralmente per gli adempimenti necessari all’amministrazione destinataria che deve dialogare con la propria AdE di riferimento (tipicamente provinciale) per stipulare un accordo, oltre ad avere in questo caso la responsabilità di essere di fatto il sostituto d’imposta.
Tutti gli adempimenti necessari fra ente e AdE non sono mai stati standardizzati e sono diversi per ogni territorio.
Il punto di forza di questo metodo è l’acquisto digitale del titolo nel corso della compilazione, e quindi non c’è rischio di evasione.
Il principale aspetto negativo riguarda la complessità dell’ente nell’attuare qualcosa di cui non ha beneficio, dato che non è il soggetto riscossore ma solo un sostituto di imposta, con oneri in tempo e risorse non compensati dall’impegno di riscossione.
Per il cittadino invece questa modalità è migliorativa perchè non deve andare a comprare la marca da bollo. Del resto quando l’imposta di bollo è l’unico pagamento previsto per l’istanza, l’importo finale sarà caricato delle commissioni del servizio di intermediazione di pagamento, che con un acquisto tradizionale non avremmo.
Caso C
Una modalità ulteriore per evitare la fastidiosa interruzione del flusso digitale con l’acquisto di una marca da bollo fisica potrebbe essere l’utilizzo di un F24, pagabile online.
Anche in questo caso non è banale l’associazione tra il pagamento e l’istanza per garantire l’annullamento del contrassegno.
Questo sistema è sicuramente da considerare come in obsolescenza.
Questo anche se alcune Software House fornitrici di servizi digitali, nel passato, precompilavano F24, con i necessari codici tributo, sulla base dell’istanza in compilazione e tramite un’integrazione ne permettevano il pagamento.
Questo faceva poi parte dell’invio al registro di protocollo dell’amministrazione destinataria.
Caso D
L’Agenzia delle Entrate ha realizzato un servizio online che permetterebbe l’acquisto dell’imposta di bollo dai propri dispositivi, utilizzando sistemi di pagamento elettronici.
Il sistema è basato sul fatto che ogni documento avrebbe un’impronta digitale unica (hash) e questa verrà univocamente associata ad uno IUBD Identificativo Univoco Bollo Digitale.
Tuttavia questa modalità, che apparentemente risolverebbe ogni problema sia lato comune che cittadino, resta una chimera di cui si vede poca applicazione per diversi motivi:
- limiti tecnologici delle software house che erogano i servizi digitali, che devono integrare questo processo nei loro applicativi e workflow
- poca partecipazione da parte dei Prestatori di Servizi di Pagamento a stipulare la convenzione con AdE (a questo link gli attuali PSP abilitati).
Chi scrive e alcuni contatti autorevoli sentiti come confronto, non sono a conoscenza di sistemi digitali offerti al cittadino che consentano di presentare istanze annullando l’imposta di bollo contestualmente all’invio impiegando questo sistema. Come non si è a conoscenza di servizi attivi con questa modalità.
Per ulteriori informazioni si può consultare il sito di Agenzia delle Entrate.
A questi quattro scenari va aggiunto un elemento di complessità ulteriore: quando parliamo di servizi digitali parliamo di istanze di iniziativa del cittadino.
Del resto l’imposta di bollo dovrà essere annullata, a spese del cittadino, anche sui provvedimenti espressi dalle amministrazioni, e se anche questi documenti sono nativamente digitali dovrà esserci un flusso altrettanto strutturato.
Come rimediare
In questi casi la parola d’ordine dovrebbe essere oltre a risolvere anche standardizzare.
- applicando in maniera uniforme la disciplina della marca da bollo,
- standardizzando il workflow di pagamento e annullamento dell’imposta di bollo
- definire per ogni procedimento i processi per il ritiro di provvedimenti finali e quindi l’annullamento dell’imposta.
Se per il primo punto si deve affidarsi maggiormente ai “giuristi” degli enti, per i punti 2 e 3 sono molteplici i soggetti coinvolti.
Nell’ambito delle Misure 1.4.1 Esperienza del Cittadino ed 1.4.5 Piattaforma notifiche digitali uno degli attori fondamentali è il Dipartimento per la trasformazione digitale, che si affianca a Designer Italia, a PagoPA s.p.a e ad Agid, come anche ad Agenzie delle entrate.
Sono probabilmente il Dipartimento per la Trasformazione digitale e l’AdE, a doversi occupare della standardizzazione del processo di pagamento e annullamento dell’imposta, colloquiando con gli altri stakeholder appena nominati evitando la territorialità di accordi e procedure.
Sarebbe preferibile che questa soluzione sia unica e ben chiarita. Nel caso invece si vogliano tenere più modalità, sarebbe comunque utile un chiarimento di AdE che non sia formale, ma che sia chiaro, documentato, standardizzato per ogni ente a prescindere da dimensione e territorio di competenza.
Visto che lo scopo è sempre essere propositivi quando si evidenzia un problema, proviamo ad abbozzare alcune soluzioni, dalla più semplice alla più articolata.
Soluzione base
Avere un api che consenta la verifica dell’esistenza e validità del contrassegno. Questo è complesso perché da quando è dato sapere non esiste una banca dati con identificativi e annullamenti effettuati che sia aperta. Conoscere l’esistenza e la validità della marca da bollo non risolve, inoltre, il problema di associarla univocamente ad un documento digitale.
Soluzione intermedia
Permettendo il pagamento del bollo digitale direttamente con tassonomia pagoPA, con incasso del comune che poi rigira i fondi ad AdE (come si faceva prima per la provincia, quando non c’era TARI/TEFA). Il tutto facendo un accordo con AdE che sia standard a livello nazionale.
Soluzione avanzata
Come per Tari/TEFA, poter incassare direttamente su conto AdE il pagamento per il bollo, senza dover comprare nessun bollo cartaceo. Si dice questo sia quanto fa e@bollo, ma pare e@bollo sia molto più complesso e nessuno lo usi (sia lato enti che software house), come precedentemente spiegato. Quindi una soluzione “TARI/TEFA like” facile tecnicamente e praticamente, nonché unica a livello nazionale, sarebbe possibile?
Conclusioni
Le soluzione proposte sono molto embrionali per chi capisce bene di marca da bollo, del resto da qualche parte bisogna iniziare, partendo anche dalla realtà delle soluzioni esistenti.
Se stiamo digitalizzando i servizi degli enti, serve anche di ragionare su vecchie pratiche che “sono sempre state così” perché utilizzate per risolvere scelte legislative difficili da tradurre in pratica.
I fondi investiti nella 1.4.1 è fondamentale che permettano di superare da un lato l’implementazione della marca da bollo di carta (datata 1862) che dell’evasione fiscale ad essa associata, voluta oppure accidentale, con conseguenti vantaggi per il Paese e i servizi digitali e analogici da erogare.
Un’ultima riflessione potrebbe essere meramente economica: è efficiente questa imposta?
L’imposta di bollo deve essere stampata, distribuita sul territorio, comprata dal cittadino per essere inserita come identificativo e data in un portale digitale.
Questo meccanismo genera un ritorno economico importante, efficace e che semplifica la vita di cittadini e imprese? Le “ore uomo” del processo sono trascurabili?
Forse digitalizzare davvero la marca da bollo potrebbe far risparmiare molti soldi e tempo sia ai cittadini che alla PA, che poi è il vero obiettivo della digitalizzazione.