L'analisi

Registro delle opposizioni, verso maggiori tutele privacy: cosa cambia

Le modifiche normative riguardanti il Registro delle Opposizioni spingono verso una maggiore tutela dei dati degli utenti che non intendono ricevere telefonate a fini di marketing da parte di aziende o operatori incaricati

Pubblicato il 05 Feb 2021

Federico Marini Balestra

Avvocato, Bird & Bird

telemarketing - registro pubblico opposizioni

Revoca di tutti i consensi precedentemente forniti e automatica negazione all’uso dei propri dati: insomma, maggiori tutele per la privacy degli utenti. È l’obiettivo al quale puntano le modifiche normative al Registro pubblico delle opposizioni presenti nell’attuale testo di decreto Mise.

La svolta è più vicina, il 20 gennaio la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha dato parere favorevole – con unico rilievo, l’aggiunta di una clausola di invarianza finanziaria (infra) – allo schema di decreto del Presidente della Repubblica apportante modifiche al RPO. Il decreto, che andrà rivisto dal Mise per recepire i diversi pareri (tra cui quello del Garante Privacy), andrà poi al Consiglio dei ministri e poi potrà cominciare la “costruzione” del nuovo registro.

Gli obiettivi cui mirano le modifiche normative devono essere guardati con favore sia perché rafforzano le tutele a disposizione degli utenti in un settore ancora fortemente caratterizzato da trattamenti illeciti di dati personali di milioni di utenti; sia da parte delle imprese che potranno certamente beneficiare di una maggiore chiarezza dei comportamenti consentiti tenuto conto della rilevanza delle sanzioni irrogate dal Garante all’esito della costante attività di vigilanza svolta.

Perché la riforma del Registro delle Opposizioni (RPO)

Istituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 178/2010, il RPO costituisce un servizio a titolo gratuito per ogni utente intestatario di un numero telefonico fisso e/o mobile incluso negli elenchi degli abbonati. Una volta effettuata l’iscrizione al registro, gli operatori di telemarketing sono tenuti a rispettare il diritto degli utenti iscritti a non acconsentire all’utilizzo dei propri dati personali e recapiti telefonici per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale. Come noto, tale disciplina è stata progressivamente estesa con il fine ultimo di garantire una maggiore tutela del consumatore. Con decreto del Presidente della Repubblica 149/2018, in linea con quanto previsto all’Articolo 130, comma 3-bis, del Codice in materia di protezione dei dati personali, l’operatività del RPO è stata estesa anche ai connessi recapiti postali, introducendo dunque ulteriori limitazioni anche rispetto alle attività di marketing svolte tramite posta cartacea soprattutto dagli operatori di telecomunicazioni.

Con legge n. 5/2018 è stata successivamente prevista una modifica normativa della disciplina in vigore demandata al regolamento di delegificazione attualmente in discussione alla Camera.

RPO, cosa dicono le nuove regole

Il decreto al momento in esame oltre a chiarire la nozione di contraenti telefonici includendo tra i soggetti aventi diritto ad iscriversi al RPO sia le persone fisiche che le persone giuridiche, gli enti o le associazioni, prevede che l’iscrizione determini:

  • l’automatica opposizione al trattamento dei dati, tanto delle numerazioni telefoniche quanto degli indirizzi postali, ai fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o di ricerche di mercato o di comunicazioni commerciali;
  • la preclusione ad effettuare qualsiasi trattamento delle numerazioni telefoniche fisse e mobili, indipendentemente dal fatto che siano contenute o meno negli elenchi dei contraenti, e dei relativi indirizzi postali, ai fini commerciali sopra individuati, siano essi effettuati tramite telefono o posta cartacea;
  • la revoca di tutti i consensi espressi in precedenza, indipendentemente dalla forma in cui fossero stati espressi. Allo stesso modo, il rinnovo all’iscrizione al registro comporta anch’esso la revoca dei consensi precedentemente manifestati. Come sottolineato anche dal Garante Privacy, l’iscrizione al registro è infatti a tempo indeterminato, dunque il rinnovo assume unicamente la funzione di revoca dei consensi espressi precedentemente al rinnovo stesso.

In aggiunta alle conseguenze dirette che derivano dall’iscrizione al Registro, la nuova normativa prevede inoltre:

  • la possibilità di esercitare la revoca del diritto di opposizione con riferimento ad uno o più operatori specifici senza che questo comporti, rispetto a tutti gli altri operatori anche appartenenti alla medesima categoria, l’automatica cancellazione del soggetto dal RPO;
  • la modifica dei canali di iscrizione per i contraenti telefonici,
  • l’eliminazione di alcune sanzioni amministrative, già abrogate legislativamente, in quanto incompatibili con la nuova disciplina europea in materia di protezione dei dati personali (RGDP).

Come cambiano i processi

Da un punto di vista strettamente procedurale, il decreto in discussione prevede una restrizione dei canali di iscrizione al Registro, prevedendo unicamente la possibilità di iscrizione per via telefonica e via internet, ed escludendo invece le iscrizioni tramite fax, raccomandata e posta elettronica (attualmente possibili) al fine di assicurare la sostenibilità gestionale, sia sotto il profilo tecnico che finanziario, del Registro stesso. Ferma restando la possibilità per il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) di allargare tali modalità di iscrizione in futuro.

Invece, con riferimento all’estensione delle numerazioni nazionali che possano beneficiare del diritto di opposizione con l’approvazione del suddetto regolamento, verrebbe meno l’attuale limitazione alle numerazioni contenute negli elenchi dei contraenti e si aprirebbe invece l’operatività del registro anche alle numerazioni, sia fisse che mobili, non incluse in tali elenchi.

I costi per gli operatori

L’ampliamento di platea che l’estensione suddetta potrebbe determinare ha inevitabilmente aperto delle questioni relativamente alla copertura finanziaria del mantenimento e della gestione del Registro delle Opposizioni. I costi relativi al RPO sono infatti posti in capo agli operatori di telemarketing, i quali, essendo tenuti a consultare il Registro, corrispondono al gestore del RPO le relative tariffe di accesso. Tali tariffe sono a loro volta stabilite dal MISE, pur essendo la gestione del Registro in concreto stata affidata, tramite apposito contratto di servizio, ad un soggetto pubblico (Fondazione Ugo Bordoni, vigilata dal MISE).

Al fine di valutare l’impatto economico dell’estensione del RPO alle numerazioni non contenute negli elenchi degli abbonati, è stata redatta una relazione tecnica, che ha fornito elementi specifici in relazione ai profili finanziari che tale modifica legislativa potrebbe comportare. Calcolando che l’estensione coinciderebbe con la copertura potenziale del totale di linee telefoniche nazionali fisse e mobili (oltre 100 milioni, stando ai dati Agcom), la relazione tecnica ipotizza un aumento dei soggetti iscritti al Registro e delle relative verifiche cui gli operatori sono sottoposti e, parallelamente, una riduzione delle tariffe di accesso.

Questo specifico punto relativo all’adeguamento tariffario ha costituito oggetto esplicito di dibattito in Commissione Bilancio, dove la Viceministra dell’economia e delle finanze, Laura Castelli, è intervenuta espressamente per chiarire che il meccanismo di adeguamento previsto nella bozza del decreto (articolo 6) è considerato idoneo a garantire sia l’integrale copertura dei costi derivanti dalla gestione del RPO, sia ad allineare tali costi e il gettito tariffario alla luce del maggior numero potenziale di utenti interessati e delle relative necessarie modifiche tecnico-informatiche.

RPO e spesa pubblica

In ogni caso, in base a quanto affermato nella relazione tecnica, un calcolo effettivo del costo di start up del nuovo servizio sulle tariffe di accesso al RPO sarà possibile solo dopo le consultazioni con gli operatori e le associazioni dei consumatori, appositamente previste nello schema di decreto in discussione. La relazione tecnica ha comunque concluso che dal nuovo decreto non discendono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Di conseguenza, la Commissione Bilancio ha proposto l’aggiunta, sotto forma di rilievo alla valutazione favorevole, di una clausola di invarianza finanziaria (articolo 14 -bis) all’attuale testo del decreto.

Allo stesso modo, non comporterà oneri per le finanze pubbliche la campagna informativa finalizzata ad informare i cittadini circa le novità introdotte dal decreto in questione. Come già avvenuto per la precedente campagna realizzata al momento dell’istituzione del Registro, anche in questo caso si farà infatti ricorso al fondo ex articolo 148 della legge n. 388/2000, costituito dai proventi derivanti dalle sanzioni pecuniarie amministrative irrogate dall’AGCM.

Verosimilmente, una tale campagna informativa determinerà, almeno nel primo periodo di entrata in vigore delle nuove norme, un aumento nel numero di iscrizioni al Registro. Al 30 novembre 2020, come risulta dall’attività di monitoraggio svolta mensilmente dalla Fondazione Ugo Bordoni risultavano iscritte rispettivamente 1.545.000 numerazioni al Registro Telefonico ed oltre 14.000 numerazioni nel Registro Postale. Per questo motivo, la relazione tecnica ha previsto la necessità di prevedere un rafforzamento, tanto del personale che delle infrastrutture tecniche, impegnate nella gestione del RPO.

I pareri del Garante privacy e di Agcom su RPO

La pubblicazione dell’ultima bozza di decreto in questione è stata preceduta inoltre da una serie di pareri rilasciati dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), dal Garante della Privacy e dal Consiglio di Stato. Il Garante della Privacy ha evidenziato, in particolare, la necessità di escludere limitazioni temporali al diritto di opposizione o sue limitazioni basate su differenti categorie merceologiche. Entrambe, secondo il Garante, risulterebbero infatti misure di difficile applicazione pratica. Il Garante ha ritenuto inoltre opportuno precisare la portata del diritto di opposizione, finalizzato a ricoprire tutti i trattamenti a fini promozionali da parte di chiunque effettuati, con revoca anche dei consensi precedentemente manifestati.

L’Agcom ha sottolineato invece l’importanza di tale aggiornamento normativo, reso necessario dall’entrata in vigore del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (Regolamento UE 2016/679). L’Agcom ha inoltre sottolineato la necessità di ridefinire l’ambito di applicazione del Regolamento, non limitandolo ai soli trattamenti commerciali svolti mediante operatore telefonico o postale, ma estendendolo ad ogni trattamento commerciale automatizzato (quindi non solo a chiamate effettuate da operatore umano) al fine di garantire una maggiore tutela del consumatore, alla luce dei più recenti sviluppi tecnologici.

Nell’ultimo parere reso nel dicembre 2020, il Garante Privacy ha invece richiesto di delimitare il Regolamento alle sole chiamate effettuate da operatore umano, basandosi sulla premessa per cui le attività di telemarketing automatizzate non possono in nessun caso effettuarsi in assenza di consenso esplicito dell’utente. La questione rimane dunque al momento un punto aperto, in attesa dell’intervento chiarificatore del legislatore. In riferimento alle attività commerciali svolte dagli operatori e dai soggetti che svolgono attività di call center per conto di questi ultimi, l’Autorità ha richiesto di introdurre un obbligo di presentare identificazione della linea chiamante, almeno per un periodo pari alla durata della campagna pubblicitaria, o un obbligo di utilizzare una numerazione che si basi sui codici di cui alla delibera Agcom n. 156/18/CIR.

Il caso Vodafone

In questo modo, si introduce anche in sede legislativa quanto già anticipato in sede istruttoria nel provvedimento del Garante della Privacy del 12 novembre 2020 contro i call center Vodafone, la quale, oltre ad essere stata multata per 12 milioni e 250 mila euro, è stata anche obbligata ad adottare misure in linea con la nuova legislazione europea in materia dei dati personali. Oltre che per aver instaurato un sistema di call center abusivi che conducevano attività di telemarketing non rispettando il RGPD, Vodafone è stata sanzionata anche per la gestione delle liste di utenti cui effettuare attività di telemarketing, acquisite tramite fornitori esterni e partner commerciali senza ottenere un loro esplicito consenso.

Gli sviluppi futuri

Con uno sguardo rivolto ai futuri sviluppi regolamentari a livello sia nazionale che europeo, l’Agcom ha inoltre evidenziato la possibilità di dover nuovamente adeguare in un prossimo futuro la regolamentazione del Registro delle opposizioni, alla luce dell’implementazione in Italia del Codice europeo delle comunicazioni elettroniche e dell’attesa approvazione dell’e-Privacy Regulation (Regolamento sulla confidenzialità delle comunicazioni elettroniche) da parte del legislatore europeo.

Le sanzioni

Sotto il profilo sanzionatorio, troveranno applicazione le norme dalla legge n. 5/2018 cosi come modificate dal D.Lgs n. 101/2018 tenuto anche conto – come ribadito dal CDS nel parere reso a suo tempo sullo schema di decreto – che la legge non attribuisce all’amministrazione alcuna potestà derogatoria al regime sanzionatorio già delineato in modo compiuto e definito da una fonte di rango primario. Pertanto, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie ex art. 166 comma 2 del Codice della Privacy per un importo fino a 10 milioni di euro, o per le imprese, fino al 2 % del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, in linea con quanto previsto dall’art. 83, comma 4, RGPD. Inoltre, in caso di reiterazione della violazione del diritto di opposizione, su segnalazione del Garante della Privacy, è prevista nella bozza di decreto anche la possibilità di sospendere (o addirittura revocare, nei casi più gravi) l’autorizzazione ad esercitare l’attività.

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