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Formazione 4.0 in Legge di Stabilità 2019, ecco che chiedono le imprese

Non solo la lentezza dei contratti territoriali, ma anche la mancanza di visione strategica rallenta la formazione 4.0, imprese favorevoli al rinnovo degli incentivi, magari con qualche qualche modifica. Ma soprattutto chiedono continuità sul Piano Industria 4.0

Pubblicato il 28 Set 2018

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Proroga degli incentivi sulla formazione 4.0, ma anche estensione dell’agevolazione ai formatori, agli imprenditori, maggior attenzione alle piccole imprese che in mancanza di stimoli rischiano di restare indietro sul fronte della digitalizzazione.

Sono le richieste di fondo che arrivano dai rappresentanti delle imprese al Governo sul fronte della formazione 4.0 in vista della manovra economica 2019.

In Legge di Bilancio 2019 ci saranno gli incentivi a Industria 4.0, il Governo lo ha confermato a più riprese, ma non è chiaro se ci saranno solo delle proroghe o anche delle nuove regole o nuove agevolazioni. Su un punto i rappresentanti del mondo imprenditoriale sono tutti d’accordo: l’aspetto formazione, in ottica di digitalizzazione verso Industria 4.0, è strategico» sintetizza Andrea Bianchi, responsabile relazioni industriali di Confindustria.

Il punto è che in molti casi, siamo ancora di fronte alla primaria esigenza di fare awareness, «abbiamo necessità di fare sensibilizzazione» sottolinea Paolo Manfredi, di Confartigianato. Bisogna promuovere «il passaggio culturale delle imprese» aggiunge Stefano Valvason, direttore generale di Api. Come si vede, i ritardi accumulati sull’utilizzo degli incentivi alla formazione 4.0 dipendono, in parte, anche da un atteggiamento ancora prudente del mondo imprenditoriale.

Abbiamo dimenticato la formazione dei manager

«Spesso siamo ancora in fase di awareness», insiste Manfredi. «Non è che siamo rimasti a zero», molte aziende hanno già intrapreso il cammino verso Industry 4.0 e praticamente tutte le imprese ormai sanno che cosa significa Industria 4.0 (solo due anni fa, la percentuale era bassissima). «Ma insieme alle aziende che hanno già risposto alla sfida, ci sono quelle che ancora non hanno investito». E qui sta il punto, nel senso «un conto è la formazione delle competenze dopo aver fatto gli investimenti produttivi, in questo caso l’impresa ha bisogno di qualcuno che faccia funzionare le nuove macchine. Ma spesso siamo in una fase precedente, in cui le imprese devono ancora capire di cosa stiamo parlando, per poi pianificare gli investimenti, che in seguito le porteranno ad avere bisogno di nuove competenze». Molto simile il quadro tracciato da Valvason: «c’è un tema di formazione degli imprenditori e uno di formazione dei dipendenti».

Per far ordine, sottolineiamo che gli incentivi alla formazione 4.0 sono strettamente legati alle tecnologie 4.0. La norma individua con una certa precisione le tecnologie e gli ambiti aziendali nei quali si concentra la formazione 4.0 (big data e analisi dei dati, cloud e fog computing, cyber security, simulazione e sistemi cyber-fisici, prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione, realtà virtuale, RV, e realtà aumentata, RA, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo macchina, manifattura additiva, o stampa tridimensionale, internet delle cose e delle macchine, integrazione digitale dei processi aziendali).

Come si vede, non è una misura che incentiva la formazione dell’imprenditore, o del manager, alla cultura 4.0. Le due cose possono comunque non essere scollegate, una parte importante nel definire che cosa possa o non possa far parte della formazione digitale è rimandata ai contratti fra imprese e sindacati, che possono essere territoriali o aziendali, e che sono necessari per utilizzare il credito d’imposta. Contratti che iniziano ad essere firmati negli ultimi mesi (anche perché fino a maggio mancava il decreto attuativo). Segnaliamo la recente firma del contratto per la formazione siglato da Assindustria Venetocentro (Padova e Treviso) con Cil, Cisl e Uil, che consente l’utilizzo del credito d’imposta formazione anche alle imprese senza rappresentanza sindacale interna. In ogni caso, pur con la recente accelerazione, i contratti aziendali o territoriali sulla formazione sono pochi. Fra le proposte, quelle di rendere eventualmente validi, al fine dell’applicazione della norme, anche eventuali intese firmate prima della norma, ma con contenuti in linea.

La formazione 4.0 dei vertici e dei formatori

Ma il problema è il bisogno che ancora c’è di sensibilizzazione 4.0 dei vertici aziendali. E in secondo luogo, il mercato sta affrontando anche un secondo bisogno che la normativa ha prodotto, ovvero la formazione ai formatori. Confartigianato ha in corso uno specifico progetto con il Cini, consorzio interuniversatario nazionale per l’informatica, proprio per andare incontro a questa esigenza. «E’ un progetto di formazione dei consulenti», spiega Manfredi, sottolineando il compito che, in questa fase spetta alle associazioni imprenditoriali: «noi oggi investiamo sulla capacità dei nostri funzionari di interpretare la domanda. Questo serve anche per costruire awarness, intepretare la domanda per disegnare scenari complessi. I nostri funzionari vengono formati a interpretare il bisogno di tecnologia dell’impresa».

Le infrastrutture

Molto simile l’analisi di Valvason: «sì alla proroga degli inventivi formazione 4.0. E’ una misura selettiva, il credito d’imposta è una formula corretta, le imprese hanno un gran bisogno di supporto alla formazione dei dipendenti». Ma ci vogliono forzi ulteriori, anche perché «siamo in un momento di grande discontinuità nel manifatturiero e nel sistema imprenditoriale», e il passaggio alla digitalizzazione è fondamentale per essere competitivi». Ma, secondo API, il 2019 dovrà essere anche l’anno delle infrastrutture digitali, a partire dal piano banda ultralarga: «se le imprese investono in macchinari e sul personale, poi non si possono ritrovare in un sistema territoriale la cui competività non è all’altezza».

Le richieste delle imprese per il 2019

Confartigianato, come detto, insiste invece sull’estensione degli incentivi alla formazione dei datori di lavoro, mentre Confindustria ritiene che bisognerebbe ampliare il raggio d’azione dell’incentivo in un altro senso: «non più solo alle ore uomo del persone in formazione, ma sull’attività di formazione, comprendendo quindi, ad esempio, anche una quota del costo del corso». In pratica, oggi il credito d’imposta si applica alle ore che il dipendente trascorre in formazione, non al costo della formazione. Una formulazione pensata anche in termini di impatto sociale, favorendo la formazione delle persone che costano di più, quindi la riconversione di competenze del personale anziano.

In ogni caso, la priorità per le associazioni imprenditoriali è la continuità con il passato sul fronte delle scelte del Piano Industria 4.0. Anche in considerazione della complessità dell’opera di riconversione per le imprese. L’imprenditore, sintetizza Valvason, deve definire la strategia di digitalizzazione, scegliere di conseguenza le tecnologie, formare il personale. Si tratta di un progetto con respiro almeno triennale. Quelli che lo stanno facendo, interpretando quindi correttamente la sfida, sono sulla strada giusta». Manteniamo il focus su Industria 4.0, insiste Bianchi, secondo il quale, ad esempio, l’ipotesi formulata negli ultimi giorni che vede l’IRES ridotta al 15% per le imprese che reinvestono gli utili, per quanto adatta a stimolare gli investimenti, non è mirata in chiave 4,0, perché è molto orizzontale, perde la connotazione digitale.

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