Mentre l’Irlanda guida l’iniziativa europea per imporre alle Big Tech l’obbligo di verificare l’identità e l’autorizzazione degli inserzionisti finanziari, Meta si trova al centro di una crisi senza precedenti, con Facebook e Instagram invasi da truffe digitali che colpiscono milioni di utenti e mettono in discussione la responsabilità delle piattaforme nel prevenire i raggiri online.
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La trasformazione delle piattaforme digitali e l’emergere delle truffe sui social, Meta, Instagram
Negli ultimi anni, l’esplosione della pubblicità online e la pervasività dei social media hanno trasformato radicalmente il panorama della comunicazione commerciale, aprendo nuove opportunità di promozione, ma anche gravi vulnerabilità sul piano della sicurezza informativa e della tutela del consumatore.
Le piattaforme digitali, da semplici contenitori di contenuti generati dagli utenti, si sono evolute in sofisticati ambienti pubblicitari regolati da algoritmi predittivi e sistemi di targeting iperpersonalizzato. Questo mutamento ha reso le Big Tech attori centrali anche nel campo della comunicazione finanziaria, con conseguenze giuridiche e sociali di grande rilievo.
Proprio in questo contesto si inseriscono due fenomeni recenti e fortemente interconnessi: da un lato, l’azione dell’Irlanda volta a responsabilizzare le piattaforme rispetto alla pubblicazione di pubblicità finanziarie ingannevoli; dall’altro, la crescente emergenza delle truffe online che colpiscono in modo massivo gli utenti di Meta, in particolare su Facebook e Instagram.
Entrambi i casi segnalano un cambio di rotta nella percezione del ruolo delle piattaforme: da soggetti neutrali a co-gestori dell’ecosistema informativo, ai quali si iniziano a richiedere obblighi positivi di prevenzione e controllo.
L’iniziativa irlandese contro le truffe social nel settore finanziario
La Bank of Irland ha recentemente lanciato un allarme sulla crescita incontrollata delle truffe finanziarie online, molte delle quali veicolate attraverso canali pubblicitari digitali. Secondo i dati forniti, una quota significativa delle frodi che colpiscono investitori privati in Irlanda e nell’Unione Europea trova origine in pubblicità sponsorizzate o in profili social apparentemente autorevoli, che promettono guadagni facili tramite investimenti in criptovalute, forex o prodotti finanziari inesistenti. In questo scenario, le piattaforme come Google, Meta e TikTok sono accusate di non effettuare controlli sufficienti sull’identità degli inserzionisti e sulla veridicità delle informazioni fornite, limitandosi a risposte ex post quando il danno è ormai compiuto.
L’Irlanda, quale Paese ospitante delle sedi europee di molte Big Tech, ha assunto un ruolo guida nel promuovere un coordinamento tra autorità di regolazione finanziaria, organismi per la protezione dei consumatori e legislatori europei, con l’obiettivo di introdurre obblighi chiari e cogenti per le piattaforme digitali.
L’iniziativa si propone di andare oltre la mera autoregolamentazione per vincolare giuridicamente le piattaforme a verificare preventivamente l’identità dei soggetti che promuovono prodotti o servizi finanziari e ad assicurarsi che siano autorizzati o registrati presso autorità competenti.
Questa richiesta si ricollega direttamente alle disposizioni contenute nel Digital Services Act (DSA), entrato in vigore il 17 febbraio 2024, che stabilisce un quadro normativo innovativo per la responsabilità delle piattaforme digitali. In particolare, l’art. 26 del DSA impone ai prestatori di piattaforme online l’obbligo di fornire informazioni dettagliate sugli inserzionisti commerciali e di garantire la tracciabilità degli annunci. Tuttavia, l’efficacia di queste norme dipende dalla loro concreta attuazione e dalla capacità delle autorità di vigilanza di monitorarne il rispetto.
Il caso Meta: una crisi strutturale nella gestione delle frodi online
Se l’Irlanda propone un’azione sistemica sul piano regolatorio, l’esperienza quotidiana degli utenti dimostra quanto urgente sia un intervento. Meta, conglomerato che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, è oggi teatro di un’epidemia di truffe online che assumono forme sempre più variegate e sofisticate.
Dai finti annunci di trading automatizzato, ai profili fasulli che imitano personaggi noti, fino ai link malevoli nascosti dietro pubblicità accattivanti, la rete delle frodi sembra espandersi senza che vi siano contromisure realmente efficaci.
Le segnalazioni aumentano costantemente e riguardano non solo gli utenti privati, ma anche aziende e professionisti danneggiati dall’utilizzo fraudolento della propria immagine.
Le campagne di phishing camuffate da promozioni, le “truffe del marketplace” e i finti investimenti sono solo alcune delle modalità con cui i criminali informatici operano indisturbati. Ciò che preoccupa maggiormente è il fatto che, nonostante Meta dichiari di utilizzare sistemi basati su intelligenza artificiale per rilevare attività sospette, la maggior parte delle truffe riesce comunque a raggiungere gli utenti, sfruttando i meccanismi automatici di profilazione e diffusione degli annunci.
Responsabilità giuridica delle piattaforme nelle truffe social
La responsabilità di Meta, sotto il profilo giuridico, appare dunque non più eludibile.
La giurisprudenza europea ha iniziato a riconoscere che, nei casi in cui la piattaforma agisca attivamente nella selezione, promozione e monetizzazione dei contenuti, essa non può invocare la mera neutralità tecnologica prevista dalla Direttiva sul commercio elettronico (2000/31/CE).
Con l’entrata in vigore del DSA, le piattaforme di grandi dimensioni come Meta sono state classificate come “Very Large Online Platforms” (VLOPs), e pertanto soggette a obblighi rafforzati di diligenza e trasparenza, inclusa la valutazione sistemica dei rischi connessi alla diffusione di contenuti illegali o fraudolenti.
Tra libertà economica e dovere di protezione: le tensioni normative
Il nodo centrale della questione riguarda l’equilibrio tra la libertà economica degli operatori digitali — e il loro diritto a fornire servizi di intermediazione — e l’interesse pubblico alla protezione dei cittadini da pratiche ingannevoli. Il diritto dell’Unione Europea riconosce e tutela entrambi questi valori, ma la loro coesistenza richiede un bilanciamento che oggi appare sempre più difficile. Se fino a pochi anni fa la priorità era garantire lo sviluppo dell’economia digitale, oggi l’attenzione si sposta sulla necessità di evitare che tale economia diventi strumento di danno sistemico ai consumatori.
Da qui nasce la proposta, avanzata da diversi studiosi e organismi di regolazione, di introdurre un nuovo paradigma giuridico: il duty of care algoritmica. Tale concetto prevede che le piattaforme debbano adottare non solo misure reattive, ma anche precauzioni tecniche e organizzative volte a prevenire l’abuso degli strumenti di promozione digitale. In altri termini, la responsabilità delle piattaforme non deriverebbe solo dal mancato intervento, ma anche da una progettazione inadeguata dei sistemi che veicolano contenuti ingannevoli.
Una simile evoluzione sarebbe coerente con il principio di “progettazione responsabile” (by design and by default) già previsto dal GDPR per i trattamenti automatizzati di dati personali, e potrebbe essere esteso all’intera architettura dei sistemi pubblicitari delle piattaforme. Ciò comporterebbe, ad esempio, l’obbligo di filtrare automaticamente le pubblicità di soggetti non autorizzati a offrire prodotti finanziari, o di fornire agli utenti strumenti più chiari per valutare la credibilità degli annunci ricevuti.
Verso una regolazione integrata e proattiva
L’azione promossa dall’Irlanda e l’emergenza truffe su Meta indicano con chiarezza che il tempo della autoregolamentazione volontaria è finito. I governi e le autorità di vigilanza stanno cercando strumenti per obbligare le piattaforme a diventare parte attiva nella lotta contro le frodi, riconoscendo il loro ruolo centrale nel moderno ecosistema informativo. In parallelo, emerge la necessità di rafforzare le competenze delle autorità nazionali e sovranazionali, sia in termini tecnici sia giuridici, per poter esercitare un controllo efficace su sistemi complessi e opachi.
L’integrazione tra le norme del DSA, le direttive sui servizi finanziari e le normative sulla protezione dei consumatori rappresenta la sfida principale dei prossimi anni.
Ma al di là delle regole formali, sarà decisivo monitorare l’effettiva implementazione delle misure e garantire che i giganti del web non possano più sottrarsi alla responsabilità dei contenuti che promuovono e monetizzano. Solo così sarà possibile costruire uno spazio digitale più sicuro, in cui l’innovazione tecnologica non sia più il paravento per l’impunità delle frodi.