contact tracing

App anti-covid, le ragioni del flop: ecco cosa si poteva fare meglio (non solo in Italia)

Secondo un recente articolo su Science, il contact tracing non ha funzionato soprattutto perché è mancata una struttura di “governance” nazionale. Ci si è concentrati su temi tecnici e legati a privacy e sicurezza, mettendo in secondo piano l’efficacia. Ciò che ne è scaturito è l’idea di un processo per niente governato

Pubblicato il 01 Dic 2020

Eugenio Santoro

Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

united-nations-covid-19-response-lbWcHW6KAyI-unsplash

Riconosciamolo. È stato un flop. Le app di contact tracing, in Italia, come nel resto del mondo, non hanno fornito l’aiuto sperato nel limitare la diffusione di SARS-CoV-2. In Italia è lo stesso Commissario all’Emergenza Covid Domenico Arcuri che nei giorni scorsi ha ammesso il fallimento di Immuni ricordando che a fronte di circa 10 milioni di scaricamenti, solo 500 contagiati sono stati scoperti su un milione e mezzo.

Studi condotti ad aprile e maggio 2020 hanno dimostrato che in paesi come Stati Uniti, Svizzera e Italia, il 55%-70% degli adulti era disposto a scaricare un’app di tracciamento dei contatti, senza particolari differenze per fasce di età. Tuttavia, queste cifre non corrispondono all’attuale utilizzo delle app di contact tracing. Anche nei paesi nei quali esistono solide garanzie sulla privacy, i download di queste app sono stati al di sotto delle aspettative. Per esempio, l’app australiana è stata scaricata da 6,5 ​​milioni di persone (il 26% della popolazione), quella italiana da 10 milioni (il 16%) e quella francese da 1,5 milioni (il 2,3%). L’Irlanda ha circa 1,3 milioni di utenti attivi (il 24%), la Svizzera 1,8 milioni (il 21,5%) e la Germania 16 milioni (il 19,3%). Numeri quindi ben lontani da quelli che riportati negli studi condotti in primavera.

Le ragioni del flop delle app anti-covid

Ad esaminare le ragioni di questo flop ci ha pensato un recente articolo apparso su Science (dal quale provengono i suddetti dati da adozione)

Secondo i ricercatori queste app non hanno funzionato principalmente perché è mancata una struttura di “governance” nazionale delle app e delle attività ad esse connesse, a partire dalla gestione delle segnalazioni.

L’attenzione nello sviluppo di questi strumenti, in generale, si è concentrata su temi tecnici e legati alla privacy e alla sicurezza, mettendo in secondo piano la valutazione dell’efficacia, la sinergia tra sviluppatori, autorità sanitarie, garante privacy, esperti, e soprattutto ignorando il coinvolgimento dei cittadini.

Ciò che ne è scaturito è l’idea di un processo per niente governato (in Italia questo aspetto è amplificato dalla frammentazione della “catena di comando” e dalla eterogeneità dei comportamenti assunte dalle varie Regioni nella gestione delle segnalazioni), che ha evidenziato l’aspetto di sorveglianza di massa contraria ai principi democratici e lasciato in secondo piano i benefici per la lotta al Covid-19.

Il tutto amplificato dal fatto che i sistemi di contact tracing pongono un importante dilemma del controllo sociale. Da un lato, in attesa di una ampia diffusione di tali sistemi, valutare la loro efficacia è estremamente difficile; d’altra parte, fino a quando non è dimostrata la loro efficacia, il loro uso e la loro diffusione è difficile da giustificare.

I ricercatori per questo ribadiscono l’importanza di una governance adattiva, basata su modelli flessibili che distribuiscono i compiti di controllo sull’andamento del contact tracing fra attori diversi tra i quali sviluppatori, autorità sanitarie, garante privacy, esperti e cittadini, la cui collaborazione è essenziale per adattare le app in modo da garantirne sicurezza e accettazione del pubblico.

Il mancato coinvolgimento del pubblico

I ricercatori osservano in particolare che una delle cause alla base del fallimento delle app di contact tracing è il mancato coinvolgimento del pubblico o dei rappresentanti della “società civile” nei diversi processi. Certo, l’emergenza non ha fornito le basi per questo genere di confronto, ma nei paesi democratici ciò rischia di minare la fiducia nelle soluzioni tecnologiche, soprattutto se incarnano una logica di sorveglianza pervasiva che può benissimo apparire in contrasto con gli ideali democratici.

Il loro coinvolgimento negli organi di controllo sarebbe visto non solo come strumento di legittimazione, ma come una componente fondamentale del processo di adattamento, una precondizione per l’apprendimento sociale intorno ai rischi previsti e imprevisti. Inoltre, sempre secondo i ricercatori, l’impegno pubblico avrebbe il potenziale per mitigare la minaccia rappresentata dalle concentrazioni di potere in carica da parte delle autorità statali o delle società private coinvolte nelle strategie di contact tracing nazionali.

Aspetti etici

Secondo i ricercatori le app di contact tracing, così come sono state concepite, corrono il rischio di esacerbare le disuguaglianze sanitarie ignorando persone che non hanno uno smartphone, hanno contratti per un utilizzo limitato dei dati o non appartengono a categorie di utenti esperti. Per esempio, gli anziani non hanno familiarità con le funzionalità avanzate degli smartphone e possono quindi essere esclusi dai potenziali benefici delle app di contact tracing, nonostante rappresentino il gruppo sociale più vulnerabile in termini di contagio e mortalità correlata a COVID-19. Per superare questa difficoltà, i ricercatori suggeriscono di monitorare come i diversi gruppi sociali rispondono e sono influenzati dalle attività delle app di contact tracing. Allo stesso modo è quindi importante raccogliere dati che aiutino a chiarire come gli utenti agiscono quando ricevono una notifica da un’app di contact tracing. Queste informazioni possono essere utilizzate per sensibilizzare gli utenti a seguire le migliori pratiche e raccomandazioni sui test e l’autoisolamento.

Mancata evidenza dell’efficacia

L’articolo sottolinea come l’efficacia delle app di contact tracing nel rompere le catene di trasmissione dovrebbe essere valutata rispetto agli obiettivi di salute pubblica come la riduzione del carico sanitario e sociale dell’infezione. Studi in questo contesto sono clamorosamente mancati come testimoniato da numerosi articoli[1], molti dei quali pubblicati da parte di scrive.

Studi (anche locali, della durata di poche settimane) avrebbero potuto, per esempio, misurare l’efficacia delle app di contact tracing nel ridurre il numero di falsi positivi e falsi negativi tra i contatti stretti rispetto al tracciamento manuale, oppure in un modello di confronto tra tracciamento manuale e tracciamento manuale+tracciamento digitale.

Allo stesso modo sono mancati studi di coorte per misurare vari tipi di incentivazione all’adozione dell’app (tempi ridottissimi – e certi – per l’esecuzione del tempone e per ottenerne i risultati, acceso prioritario ai Covid-hotel, partecipazione a lotterie nazionali, ecc) per identificare quello più promettente alla diffusione.

Insomma, tutte cose, in realtà già note, che molti osservatori raccontano da molto tempo, rimanendo purtroppo inascoltati.

A parere di chi scrive, è mancato anche un piano di comunicazione efficiente, almeno per quanto riguarda l’app Immuni. Poche sono state le occasioni per spiegare bene a cosa sarebbe dovuta servire e che per renderla efficace c’è bisogno di un rapporto di mutua collaborazione tra la App e chi la scarica. Così come poche sono state le occasioni (e i fondi) per promuoverla attraverso i media (tutti, tradizionali e nuovi). Ciò avrebbe contribuito ad accrescere la fiducia nello strumento.

Ma soprattutto in Italia è stata determinante l’assenza di una struttura di supervisione attorno all’app Immuni e ciò che accade attorno ad essa che avrebbe potuto alimentare ulteriormente la fiducia del pubblico.

Lo si è visto nella gestione delle notifiche dell’app Immuni nelle 21 Regioni italiane, in molte delle quali, per scelta o disorganizzazione, lo strumento è risultato del tutto inutile. I dati del Ministero della Salute mostrano, per esempio, che a oggi in sette Regioni le segnalazioni attraverso l’app non vengono attivate, ingolfando così la macchina del contact tracing.

Conclusioni

Il decreto legge 137 da poco approvato “ha previsto di integrare il sistema di tracciamento regionale della app Immuni con un supporto telefonico nazionale e gli operatori potranno caricare il codice chiave in caso di positività”. Ciò per rendere più celere la procedura. Sarà sufficiente questa scelta per raddrizzare la situazione? Lo scopriremo solo nelle prossime settimane.

______________________________________________________________________________

  1. https://www.agendadigitale.eu/sanita/immuni-aumenta-il-numero-di-falsi-positivi-il-problema/, https://www.agendadigitale.eu/sanita/regioni-contro-immuni-ecco-perche-e-un-problema-per-tutti/, https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/contact-tracing-abbiamo-perso-di-vista-la-scienza/

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