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Social Zombing: ricercare sé stessi online non è onanismo, ma arma di difesa

Social zombing: ricercare se stessi online non è onanismo ma difesa

Ricercare sé stessi online è un’arma importantissima, perché quando attaccano la nostra reputazione e la nostra presenza online in generale via Social Zombing le prime avvisaglie arrivano proprio da account e siti web clonati

Pubblicato il 02 Giu 2022

Gabriele Gobbo

Consulente e docente in digital marketing, divulgatore della cultura digitale

Il social zombing, lo dice la parola stessa, è una serie di pratiche che servono a zombificare i nostri account social e siti web, farli sparire, sostituirli o farli chiudere.

Sappiamo che andare su Google o sui social a ricercare sé stessi può sembrare un atto di onanismo, ma come abbiamo detto può e deve essere un’arma importantissima, perché quando attaccano la nostra reputazione e la nostra presenza online in generale via Social Zombing le prime avvisaglie arrivano proprio da account e siti web clonati.

Reputazione aziendale: i pericoli peggiori del social zombing e come difendersi

Ovviamente ricercare noi stessi è anche una buona pratica per capire se siamo ben indicizzati e se le nostre strategie di marketing stanno funzionando o se siamo finiti in qualche shadowban o diminuzione di presenza e visibilità. Ma in questo caso useremo questo stratagemma per verificare se ci sono nomi simili ai nostri fra i risultati delle ricerche.

Facciamo attenzione ai risultati delle ricerche

Per capire subito se sta succedendo qualche cosa di strano, facciamo attenzione ai risultati delle ricerche e se notiamo nomi simili ai nostri o addirittura cloni identici, approfondiamo! Lo sappiamo bene quanto è facile replicare i nostri contenuti, usare le nostre foto profilo, i nostri loghi e addirittura interi post o siti web.

Visto che possiamo capirlo solo con la ricerca di noi stessi, partiamo da Google e poi passiamo ai moduli di ricerca interni di ogni social network o piattaforma di nostro interesse. Ricordiamoci che possono clonare persone, aziende, liberi professionisti, membri dello staff, manager e CEO, ma anche prodotti. Con molta probabilità se troviamo dei cloni potrebbero averli creati per truffare i nostri amici, clienti o fornitori o per usarci come grimaldello per proporre acquisti rischiosi, click per scaricare virus o qualsiasi altra cosa; giocano infatti sulla fiducia delle persone, scatenata proprio dalla visualizzazione del nostro nome, foto o logo.

Un’arma di difesa

L’onanismo digitale (scusate se insisto col simpatico termine) è davvero un’arma potentissima e strategica ma lo è anche segnalare immediatamente qualsiasi account o presenza clone, facendosi aiutare anche dalle nostre amicizie, community, clienti o anche semplici follower. Più segnalazioni arriveranno alle piattaforme e prima potrebbero intervenire.

Utilissimo ricercarci anche per scovare post, hashtag, pagine web, forum in cui parlano (male) di noi e per capire come si muove il mercato nei nostri confronti, com’è il “sentiment” e come la nostra popolarità si muove all’interno delle bolle sociali.

Ovviamente non abbiamo sempre tempo per cercare noi stessi, quindi possono venirci in aiuto piattaforme automatizzare o di facilitazione dei processi, come Google Alert, Talkwalker, Social Searcher e diverse altre; alcune gratuite, alcune con piani free basici e piani estesi a pagamento e altre ancora solo a pagamento. Ne potete trovare molte cercandole su Google e poi dipenderà dalle vostre tasche, ovviamente per partire andranno bene anche quelle gratuite.

Infine, teniamo sempre gli occhi ben aperti e le antenne ben sollevate, il clone è sempre dietro l’angolo! Buona ricerca a tutti.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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