criptovalute

Banche centrali e monete virtuali/blockchain: i progetti e i vantaggi

L’emissione di valuta digitale da parte delle banche centrali potrebbe essere la prossima pietra miliare nell’evoluzione del denaro. Sono almeno quindici gli istituti (nessuno Ue) che ne studiano l’adozione. Ma possono esistere criptovalute “vigilate”? Un’analisi degli scenari di breve-medio termine in un paper del FMI

Pubblicato il 17 Gen 2019

Roberto Garavaglia

Innovative Payments and blockchain Strategic Advisor

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Sempre più banche centrali stanno valutando l’adozione delle cosiddette “Valute Digitali di Banca Centrale” (dall’inglese CBDC Central Bank Digital Currency), una forma digitale di moneta fiat ampiamente accessibile che potrebbe avere corso legale.

Un modo per adattarsi alla digitalizzazione, che sta riducendo il ruolo del contante e stimolando nuove forme di moneta.

Ci sono progetti pilota: una recente pubblicazione del Fondo Monetario Internazionale (FMI)[1] mostra come almeno quindici istituti centrali siano seriamente intenzionati ad avviare progetti basati sull’emissione e diffusione di CBDC.

Molte altre non hanno ancora esplorato attivamente rischi e benefici dipendenti (o conseguenti) da una sua possibile adozione e rimangono, pertanto, scettiche.

Che le monete digitali (o, meglio sarebbe dire, monete digitalizzate) possano presto iniziare a sostituire quelle “fisiche”? Una domanda, questa, tutt’altro che inusitata. Ma andiamo oltre; se declinassimo il quesito introducendo la possibilità che le valute digitali in questione possano essere emesse da banche centrali sfruttando le DLT (Distributed Ledger Technology) tipiche della blockchain, dovremmo chiederci, appunto, se possano esistere (o se esisteranno mai) delle criptovalute vigilate.

Vediamo in questo articolo un’analisi degli scenari che potrebbero delinearsi nel breve-medio termine, partendo da una definizione di Valuta Digitale di Banca Centrale.

Monete elettroniche, criptovalute, banche centrali: i principi cardine per capire

Definizione di CBDC Central Bank Digital Currency

Premettendo che sino ad ora non esiste una definizione universalmente riconosciuta, possiamo definire la CBDC come una forma digitale di moneta fiat esistente, emessa dalle banche centrali e destinata ad avere corso legale, potenzialmente disponibile per tutti i tipi di pagamenti e implementabile su diverse piattaforme tecnologiche.

Sebbene, come detto, il concetto stesso di CDBC rimanga (ancora) in gran parte teorico, l’evoluzione di nuove tecnologie come quelle che si basano su Distributed Ledger sta contribuendo ad accrescerne la fattibilità di realizzazione in pratica.

Ad alto livello è possibile definire l’emissione di CBDC come un deposito di valore digitalizzo, che assolva anche le funzioni di mezzo di scambio, emesso da una banca centrale. L’uso delle CBDC introduce un nuovo meccanismo digitale per il regolamento in tempo reale tra individui ed entità. Tali valute digitali sono intercambiabili in rapporto 1:1 con altre forme di denaro (come le banconote, le monete e i depositi bancari) e possono essere emesse in forma alternativa, sostituibili con una valuta fiat detenuta in deposito da una banca centrale e pagabile su richiesta al proprietario.

Le CBDC possono altresì essere emesse come nuova forma di offerta di moneta, in aggiunta all’emissione tradizionale della banca centrale.

Uno degli scopi principali di una CBDC è quello di ampliare l’accesso alle passività della banca centrale (come le banconote e le monete) in forma digitale. Oltre ad ampliare tale accesso, un sistema CBDC deve essere progettato per assolvere appieno i requisiti di massima funzionalità nel rispetto della neutralità tecnologica.

Soluzioni tecnologiche per la realizzazione di CBDC

La complessità che contraddistingue le diverse soluzioni tecnologiche su cui potrebbero basarsi le CBDC è piuttosto evidente se si guarda allo schema riportato in Fig.2.

Cionondimeno, è possibile proporre una semplificazione classificando in due macrocategorie:

  • account based;
  • token based.

Le soluzioni “account based”, in realtà non nuove[2], potrebbero contraddistinguersi laddove fosse impiegata una DLT (Distributed Ledeger Technology) mediante cui verrebbero registrati i trasferimenti di credito in moneta scritturale. Un’architettura siffatta non prevede alcuna emissione di criptovaluta, bensì si limita a porsi quale alternativa ai sistemi di compensazione e regolamento oggigiorno disponibili, laddove possano ravvisarsi efficientamenti rispetto allo status quo rappresentato dalle odierne ACH (Automatic Clearing House).

Le soluzioni “token based” potrebbero caratterizzarsi dall’emissione effettiva dei cosiddetti “fiat pegged token”, altrimenti noti come stablecoin, per una descrizione più puntuale dei quali rimandiamo il lettore a un precedente articolo a firma di chi scrive, pubblicato il 19 dicembre 2018.
Tali soluzioni si classificherebbero in due ulteriori sottocategorie:

  • wholesale digital token;
  • retail digital token.

Mentre per i “wholesale digital token” si ipotizza che siano solo le banche centrali autorizzate all’emissione, per i “retail digital token” è prevedibile l’opportunità che anche singole banche commerciali possano essere coinvolte nel processo di emissione e gestione.

L’analisi sull’emissione di valuta digitale da parte delle banche centrali

L’emissione di valuta digitale da parte delle banche centrali potrebbe essere la prossima pietra miliare nell’evoluzione del denaro. La storia del denaro stessa suggerisce che, mentre le funzioni di base di una moneta potrebbero non cambiare, la forma si evolve in risposta alle esigenze degli utenti. La digitalizzazione di molti aspetti dell’attività economica sta spingendo le banche centrali a considerare seriamente l’introduzione della CBDC.

Sulla base di queste valutazioni, nel novembre 2018 l’FMI ha proposto un documento di discussione con cui si è esaminato un quadro concettuale atto a valutare l’opportunità di adozione delle CBDC dal punto di vista degli utenti e delle banche centrali.

La cornice entro cui si muovono le considerazioni emerse nel paper, prevede tre fasi per valutare il potenziale di creazione di valore per gli utenti finali e per le banche centrali.

  • Il primo passo è quello di identificare i criteri con cui gli utenti valutano le diverse forme di denaro.
  • Il secondo consiste nel definire gli obiettivi di politica pubblica delle banche centrali in materia monetaria.
  • La terza fase delinea il panorama competitivo, che comprende le forme di denaro esistenti e in evoluzione.

Assumendo il presupposto che l’adozione delle CBDC è destinata esclusivamente a un uso interno, il report ne discute le possibili direttrici di sviluppo progettuale esplorandone i potenziali costi e benefici, con particolare attenzione all’impatto sulla politica monetaria, la stabilità finanziaria e l’integrità.

Gli scenari del discussion paper del FMI

L’analisi, che prende in considerazione le ricerche e i progetti pilota riguardanti le CBDC da parte delle banche centrali di tutto il mondo, prospetta alcuni scenari così riassunti brevemente:

  • Introduzione delle CBDC nei singoli paesi.
    L’impatto dell’introduzione dipenderà sia da come sarà progettata l’infrastruttura (quale tipologia di blockchain?… se di blockchain potrà parlarsi) sia dalle caratteristiche specifiche del paese. Gli aspetti più critici sono rappresentati dall’anonimato (e la conseguente necessità di rendere tracciabili le transazioni), la sicurezza, i limiti degli importi transati. Anche il ruolo del contante, inteso come massa circolante, e dei pagamenti in moneta scritturale (depositi presso le banche commerciali) è dirimente.
  • Dal punto di vista delle banche centrali è probabile che le argomentazioni a favore della CBDC differiscano da paese a paese.
    Le CBDC possono ridurre i costi sociali associati all’uso del denaro contante. Inoltre, possono migliorare l’inclusione finanziaria nei casi in cui le soluzioni e gli sforzi politici del settore privato non abbiano (avuto) successo. La diffusione delle CBDC, inoltre, potrebbe aiutare le banche centrali a rafforzare la sicurezza e la fiducia nel sistema di pagamento proteggendo i consumatori nei casi in cui la regolamentazione non contenga adeguatamente i monopoli privati. Ma la sorveglianza sui mercati e sul sistema dei pagamenti stessa e, ove possibile, nuove soluzioni di pagamento parimenti potrebbero offrire valide alternative a una CBDC.
  • Impatto sulla (trasmissione della) politica monetaria
    È improbabile che l’emissione di CBDC abbia un impatto significativo in termini di politica monetaria. La trasmissione, tuttavia, potrebbe rafforzarsi se la CBDC stimolasse una maggiore inclusione finanziaria. L’ipotesi di un “CBDC fruttifero” eliminerebbe l’effettivo vincolo a una politica dei tassi d’interesse, ma solo laddove vi fossero significative limitazioni all’uso del contante.
  • Costi e benefici
    Le CBDC potrebbero rafforzare i benefici, riducendo al contempo alcuni costi e taluni rischi per il sistema di pagamento, mentre contribuirebbero a incoraggiare l’inclusione finanziaria. Tuttavia, la domanda non sarà necessariamente molto elevata, dipendendo – anche – dall’attrattività di forme alternative di denaro. Le infrastrutture tecnologiche adottate dovranno far fronte ai rischi operativi derivanti da interruzioni di servizio e attacchi cyber.

Guardando al futuro, le implicazioni transfrontaliere delle CBDC sollevano una moltitudine di nuove questioni che meritano un’indagine ulteriore. Ad esempio, da un punto di vista pratico, come potrebbero essere in grado i turisti di effettuare pagamenti in un paese straniero che avesse adottato le CBDC? Gli stranieri dovrebbero avere accesso alle CBDC? In che misura questo complicherebbe le procedure KYC (Know-Your-Customer), la conformità alle norme antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo? E non ultimo, le informazioni standardizzate potrebbero tutte realmente essere richieste in tutti i paesi?

Inoltre, l’accesso alla CBDC in una valuta di riserva (come il dollaro elettronico) faciliterebbe la sostituzione valutaria nei paesi con istituzioni deboli? E in che misura potrebbero essere incoraggiati flussi verso beni rifugio (più?) sicuri, potenzialmente drenanti risorse da paesi che devono affrontare crisi bancarie, sovrane o valutarie?
Infine, se le CBDC fossero utilizzabili per operazioni transfrontaliere, come si potrebbe imporre alle banche centrali di cooperare? Assorbirebbero alcune delle funzioni delle banche corrispondenti e si assumerebbero così ulteriore liquidità, credito e rischi di cambio o potrebbero essere creati tokens per i pagamenti transfrontalieri tra particolari banche centrali, banche commerciali o imprese?

Questo punto, a onor del vero, è altresì meritorio di attenzione laddove si pensasse di impiegare un’architettura tecnologica basata su blockchain che consentirebbe la gestione di una moneta di compensazione fra banche centrali tokenizzata, con probabili benefici in termini di efficientamento delle stanze di compensazione.

La ricerca e gli esperimenti in corso nelle banche centrali

La ricerca sulle valute digitali emesse da banche centrali sta procedendo con determinazione, attesa la portata, in termini sia di profondità sia di complessità, delle questioni che devono essere vagliate.

Diverse banche centrali, sia nei mercati più maturi che in quelli emergenti e nelle economie in via di sviluppo, stanno valutando i pro e i contro dell’emissione di CBDC. Il documento dell’FMI riporta le giurisdizioni in cui le banche centrali stanno esplorando (o hanno esplorato) attivamente le CBDC per un uso retail, sulla base di informazioni pubblicamente disponibili:

  • Australia
  • Bahamas
  • Brasile
  • Canada
  • Cina
  • Curaçao and Sint Maarten
  • Danimarca
  • Eastern Caribbean
  • Ecuador
  • Filippine
  • Israele
  • Norvegia
  • Regno Unito
  • Svezia
  • Uruguay

Alcuni stati sovrani hanno emesso, o sono intenzionati ad emettere, valute digitali per i pagamenti al dettaglio, anche se queste non sono a tutti gli effetti CBDC in quanto non emesse banche centrali. Ad esempio, le Isole Marshall hanno discusso il lancio del SOV, un criptoasset che avrà corso legale insieme al dollaro USA, con l’intenzione di raccogliere fondi per il governo. Allo stesso modo, il Venezuela ha progettato il “Petro”, un commodity-backed cryptoasset.

Secondo quanto riferito nel paper del Fondo Monetario Internazionale, alcune banche centrali hanno dismesso (o stanno per farlo) taluni progetti avviati su CBDC. Tra le cause principali si annoverano una quantificazione (troppo) risibile dei benefici e l’emersione di potenziali rischi di disintermediazione (Australia, Danimarca, Banca Centrale Europea, Nuova Zelanda, Svizzera).

Le banche centrali che prendono in considerazione la CBDC lo fanno per due motivi principali: diminuzione dell’uso del contante nelle economie avanzate e inclusione finanziaria nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo. Questi e altri obiettivi menzionati dagli istituti centrali sono riassunti nella tabella di Fig.3.

Nelle economie di mercato emergenti, l’interesse maggiore per le CBDC sembra essere quello di promuovere l’inclusione finanziaria raggiungendo i segmenti non bancarizzati della popolazione. L’efficienza dei costi è anche alla base delle sperimentazioni cinesi, ecuadoregne[3] e uruguaiane.

La logica principale delle economie avanzate sembra, invece, essere quella di contrastare la crescita delle forme di sistemi di pagamento e di gestione delle riserve di valore privative, caratterizzate da rischi operativi e distorsioni monopolistiche del mercato piuttosto rilevanti, nonché quella di ridurre i costi associati alla gestione del contante (efficienza dei costi).

Diverse banche centrali di alcuni paesi in via di sviluppo hanno anche menzionato la riduzione dei costi e dei rischi associati alla distribuzione del contante fisico.

In termini di progettazione, la maggior parte delle banche centrali sembra contemplare forme di CBDC account based. La Banca centrale dei Caraibi orientali e la Banca Popolare della Cina possono offrire sia soluzioni account based si token based, con conti gestiti da banche commerciali e/o altri istituti finanziari autorizzati. L’istituto cinese, inoltre, sta considerando anche l’impiego di wallet per l’uso dei token completamente anonimi, entro limiti di importo predefiniti.

Un certo numero di banche centrali intervistate ha indicato che il sistema di pagamento basato sulle CBDC dovrebbe essere disponibile 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, per simulare l’accessibilità del contante. A tal proposito, Canada, Cina e Svezia stanno esaminando la possibilità d’impiego delle CBDC anche offline. Ciò verrebbe offerto precaricando fiat pegged token su un wallet tramite un’applicazione online, per poi convalidare le transazioni mediante l’uso di messaggi criptati presso terminali dei punti di vendita, analogamente alle carte di pagamento.

Nessuna delle banche centrali intervistate sta seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi di un CBDC fruttifero di interessi. Gli istituti sembrano preoccupati da un rischio di disintermediazione finanziaria, dalla contrazione dei prestiti e dall’accresciuta volatilità dei bilanci bancari. Alcuni, come la Reserve Bank of New Zealand e l’Uruguay si limitano ad affermare che, almeno in linea di principio, le CBDC dovrebbero essere fungibili. Le banche centrali che prendono in considerazione soluzioni di CBDC basate su token suggeriscono che il pagamento degli interessi rappresenterebbe una sfida tecnica, anche se non insormontabile. Altri sollevano il problema del monitoraggio dei pagamenti di interessi a fini fiscali. Tuttavia, ad esempio, la CBDC proposta dalla Svezia (la e-krona) avrà la capacità di pagare gli interessi se la banca centrale dovesse decidere di farlo.

Le banche centrali intervistate (riporta sempre il documento dell’FMI) stanno studiando le modalità di gestione e finanziamento dell’infrastruttura CBDC. Sebbene i costi marginali di gestione del contante fisico siano probabilmente più elevati di quelli della CBDC, gli elevati costi fissi iniziali potrebbero favorire l’adozione delle CBDC nelle economie più grandi.

Alcune banche centrali stanno prendendo in considerazione meccanismi di condivisione dei costi. Ad esempio, la Cina consente a ai wallet service provider indipendenti di farsi carico di una parte dei costi di sviluppo in cambio di una riduzione delle commissioni addebitate[4]. Sempre la Cina sta anche pensando di applicare commissioni per le transazioni di importi rilevanti.

Alcuni istituti stanno valutando la possibilità di realizzare e mantenere le CBDC internamente, ma la maggior parte di loro sta progettando di esternalizzare queste attività particolarmente onerose, nonostante i rischi connessi. È il caso, ad esempio, del progetto pilota uruguaiano che impiega tre fornitori diversi, rispettivamente per lo sviluppo di banconote digitali, per la gestione dei wallet e per le operazioni di cash-in/cash-out presso i punti vendita. Similmente anche Tunisia e Senegal hanno esternalizzato su differenti fornitori analoghe attività.

Sul fronte del possibile impiego delle CBDC esteso oltre i confini dell’economia nazionale, solo il Canada e la Cina hanno menzionato le questioni transfrontaliere, evincendone, in particolare, più le complicazioni che le opportunità. Il Canada sembra concentrarsi sull’accessibilità da parte dei turisti. Altri progetti si concentrano maggiormente sull’intermediazione dei pagamenti all’ingrosso transfrontalieri[5].

Il caso giapponese

Sebbene non riportato nel paper del Fondo Monetario Internazionale in questione, ci sembra opportuno menzionare l’iniziativa giapponese denominata “J-Coin”, che potrebbe rappresentare un caso molto concreto di emissione di una valuta digitale emessa da un consorzio di banche.

Alla fine dello scorso anno, Mizuho Financial Group ha annunciato la previsione di introdurre una valuta digitale da utilizzare per le rimesse e per i pagamenti al dettaglio nel mese di marzo 2019[6], basata su una soluzione, presumibilmente, wallet based, che può essere offerta anche in white label alle banche regionali che decidessero di aderire all’iniziativa[7].

Secondo quanto si apprende leggendo il comunicato, le commissioni che i negozianti saranno tenuti a pagare per accettare la valuta saranno notevolmente inferiori a quelle applicate per l’uso della carta di credito. Le operazioni di ricarica e rimborso da wallet a conto bancario saranno presumibilmente gratuite, così come l’invio di fondi ad altri utenti (P2P payment).

La valuta sarà gestita da un’applicazione dedicata per smartphone e i pagamenti saranno effettuati mediante l’impiego di codici QR. Il token sarà una moneta stabile fissata ad un prezzo di 1 yen per unità, il che fa pensare che possa trattarsi a tutti gli effetti di uno stablecoin.

Mizuho Financial Group è una holding bancaria pubblica che nel 2017 ha registrato un fatturato di 1,45 trilioni di yen, pari a oltre 13 miliardi di dollari. La moneta digitale è il risultato dello sviluppo di J-Coin, annunciato nel settembre 2017 dalla banca.

Ma Mizuho non è da sola in questi primi esperimenti. A gennaio 2018, anche un altro istituto nipponico, Mitsubishi UFJ Financial Group (la quinta banca più grande del mondo), aveva annunciato di essere in procinto di lanciare la propria valuta digitale: il MUFG.

I dettagli di come saranno implementate entrambe le soluzioni J-Coin e MUFG, non è ancora del tutto chiaro. Non si ha neppure evidenza se tali progetti possano essere davvero realizzati su DLT, tuttavia appare utile, oltre che importante, osservare le evoluzioni che nei prossimi mesi il paese del Sol levante sarà in grado di proporre al mondo.

Considerazioni finali

Terminiamo questo contributo con l’auspicio che possa essere stato di aiuto nel comprendere un tema, quello dell’emissione di valute digitali da parte delle banche centrali, alquanto complesso e sul quale è in corso un dibattito piuttosto acceso che, a opinione dell’autore, è destinato a non risolversi in tempi rapidi.

Non possiamo tuttavia esimerci dal condividere alcune considerazioni che chi scrive pensa sia opportuno portare all’attenzione, non già con l’obiettivo velleitario di chi vuole presuntuosamente vaticinare chissà quali verità assolute, bensì allo scopo di alimentare una (più) puntuale riflessione sugli impatti e le opportunità che la scelta di un sistema di emissione di CBDC potrebbe comportare, con particolare riferimento all’area Euro.

Esperimenti nell’eurozona non pervenuti

Come si è potuto notare dalla disamina del paper diffuso dal FMI a novembre dello scorso anno, nessuna progettualità sembra ancora essere stata avviata nei paesi dell’eurozona in relazione alla possibilità di emettere, anche solo in affiancamento alle usuali procedure, una valuta digitale di banca centrale.

Significa che non potremo mai avere quello che alcuni chiamano “Criptoeuro”? Procediamo con ordine e proviamo a fare qualche ragionamento a mente affrancata da qualsivoglia seduzione tecnologica.

Soluzioni account based

L’impiego di un’architettura DLT (Distributed Ledeger Technology) che preveda l’accesso al ledger in modalità permissioned potrebbe rappresentare un’alternativa con cui è possibile registrare transazioni in moneta scritturale.

Come accennato in precedenza, un’architettura siffatta non prevedrebbe alcuna emissione di criptovaluta, bensì si limiterebbe a porsi quale alternativa ai sistemi di compensazione e regolamento oggigiorno disponibili, e sarebbe giustificata, ad opinione di chi scrive, laddove potesse emergere, a seguito di un’attenta analisi costi-benefici, l’opportunità di efficientare le attuali procedure basate sulle ACH (Automatic Clearing House).

Si cita a titolo esemplificativo alcune attività in corso presso R3 basate su Corda, una blockchain ibrida su cui sarebbe possibile consentire alle banche centrali di emettere moneta fiat, al fine di abilitare un mercato FX di pagamenti internazionali istantanei. L’obiettivo è di abilitare uno scambio diretto di CBDC efficientando il regolamento (settlement) dei titoli internazionali[8].

Soluzioni token based

Di tutt’altra qualità sono le riflessioni che possono svilupparsi nel merito di un possibile impiego di CBDC implementate con soluzioni token based.

In particolare, va innanzitutto ricordato che laddove si pensasse di impiegare degli stablecoin (come spiegato in precedenza) e, in particolare, se si volesse ipotizzare una “tokenizzazione” della moneta elettronica, le norme comunitarie in materia di moneta elettronica consentirebbero alla Banca centrale europea e alle banche centrali nazionali di ascriversi nelle categorie degli emettitori di moneta elettronica, solo laddove non agissero in veste di autorità monetarie o altre autorità pubbliche (direttiva 2009/110/CE art.1 comma 1 lettera d). Al contrario, gli Stati membri o le rispettive autorità regionali e locali potrebbero emettere moneta elettronica ove operassero in veste di autorità pubbliche (direttiva 2009/110/CE art.1 comma 1 lettera e).

Da ciò ne consegue che ben difficilmente si potrebbe pensare a un “EuroCBDC” che unisca la flessibilità della moneta elettronica all’efficienza (anche in questo caso da valutare attentamente) di un fiat pegged token. Sicuramente non se ne ipotizzerebbe un uso “wholesale”, mentre un impiego “retail” potrebbe non solo essere accettato sotto il profilo normativo (laddove l’emissione avvenisse in capo allo Stato membro, o tramite le banche commerciali oppure mediante gli istituti di moneta elettronica), ma potrebbe conferire alcuni benefici fra cui vale ricordare:

  • programmabilità, l’esecuzione di una transazione effettuata con tramite stablecoin può essere vincolata a un set di regole predefinite e “cablate” all’interno del token che determinano come (o dove) può essere usata la fiat money rappresentata dal token stesso;
  • frazionabilità delle fonti di liquidità, usato come mezzo di pagamento, la transazione con questo token consente di attingere da più fonti di liquidità e inviare il pagamento a diversi beneficiari, garantendo l’atomicità della transazione stessa;
  • verificabilità e tracciabilità, tutte le transazioni effettuate mediante queste tipologie di token, permettono di mantenere una traccia immutabile degli scambi avvenuti tramite la moneta fiat rappresentata su un registro distribuito verificabile da terze parti.

Effetti sulla politica monetaria dipesi dall’adozione di soluzioni token based

Abbiamo spiegato in precedenza che tra le soluzioni basate sull’impiego di token per l’emissione di una valuta digitale di banca centrale, si annoverano due sottocategorie: wholesale digital token e retail digital token.

Appare evidente che per la prima categoria di token si ponga un quesito la cui portata, in termini di cambiamenti apportabili al sistema economico finanziario di un paese, potrebbe essere di natura epocale, laddove si voglia anche solo immaginare gli effetti che una soluzione di questo tipo avrebbe sulla politica monetaria.

Si pensi, ad esempio all’impatto sulle modalità non convenzionali note con il termine “allentamenti quantitativi”, o QE se si preferisce la locuzione inglese di “quantitative easing”, soprattutto quando sono in fase di dismissione …

Come è noto, i passi fondamentali che definiscono un intervento non convenzionale come il QE, consistono nella creazione di moneta e nell’utilizzo di questa per acquistare titoli finanziari dalle banche. Perché si possa parlare di Quantitative Easing è quindi necessario che nel processo ci sia creazione di moneta a prescindere dal fatto che sia una moneta “reale” o intesa solo come iscrizione contabile nei bilanci della Banca Centrale.

L’ipotesi dunque di creare dei wholesale digital token per (giustificare) l’emissione di CBDC, deve essere attentamente valutata in funzione delle politiche espansive che una banca centrale è intenzionata ad affrontare. Che possa essere considerato un nuovo metodo alternativo non convenzionale?

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Note

  1. Il documento, intitolato “Casting Light on Central Bank Digital Currency” e redatto da alcuni staff member del Fondo Monetario Internazionale, presenta le analisi e le ricerche politiche sviluppate dagli stessi autori; viene pubblicato nella forma di “Staff Discussion Notes” per suscitare commenti e incoraggiare il dibattito. Le opinioni espresse nel report, tuttavia, sono quelle degli autori e non rappresentano necessariamente le opinioni dell’FMI, del suo Consiglio Esecutivo o della direzione del Fondo stesso.
  2. Per esempio, Tobin (1985)
  3. L’Ecuador ha avviato nel 2015 un progetto di emissione di CBCD, poi conclusosi nel 2018.
  4. Anche il progetto pilota dell’Uruguay sembra indirizzare una soluzione simile a quella proposta dalla Cina.
  5. Si cita ad esempio un progetto congiunto tra la Bank of Canada, l’autorità monetaria di Singapore e la Bank of England.
  6. L’annuncio è stato veicolato il 26 dicembre 2018 tramite Nikkei, un media asiatico in lingua inglese.
  7. Sempre secondo l’annuncio di Nikkei, Mizuho Financial Group sostiene di aver portato “circa 60 banche regionali a bordo” per promuovere i pagamenti senza contanti.
  8. La Bank of Thailand (BoT) nello scorso mese di agosto 2018 ha annunciato di avere in programma lo sviluppo di una moneta digitale emessa da banca centrale (CBDC) wholesale, che utilizzerà la piattaforma Corda di R3. Secondo quanto riportato, la banca centrale starebbe collaborando con otto istituzioni finanziarie, tra cui Bangkok Bank Public, Krung Thai, Siam Commercial Bank, Standard Chartered Bank e HSBC.

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Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
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Innovazione, il Mise “centra” gli obiettivi Pnrr: attivati 17,5 miliardi
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