Negli ultimi anni abbiamo visto mutare radicalmente l’approccio del consumatore verso gli acquisti, specie per ciò che concerne il settore agroalimentare.
La consapevolezza che la nostra salute e più in generale il nostro benessere, olisticamente inteso, dipendano in gran parte dalla qualità e salubrità di ciò di cui ci cibiamo hanno costituito fattori chiave di una trasformazione a tutt’oggi in atto che determina profonde rivoluzioni del comparto agroalimentare, sia a livello di filiera produttiva, sia a livello di supply chain. A cui si aggiunge un crescente interesse verso temi quali sostenibilità, tanto ambientale quanto sociale, e alla tendenza a privilegiare la provenienza dei prodotti locali.
Alimentazione e globalizzazione: i rischi per la salute
Questo processo è stato ulteriormente accelerato quale reazione ad una globalizzazione sempre più spinta che ha portato sulle nostre tavole alimenti provenienti da Stati pressoché privi di controllo di qualità, con una conseguente crescita del rischio di intossicazioni alimentari, ancora troppo numerose in tutta Europa: 93.000 casi di salmonella, 2.536 casi di listeriosi di cui 245 mortali e 246.307 casi di campylobacter, in crescita rispetto agli anni precedenti (fonte: Epicentro, portale di epidemiologia dell’ISS/ The European Union Summary report on trends and sources of zoonoses, zoonotic agents and food-borne outbreaks in 2016).
Frodi alimentari, una minaccia per l’enogastronomia
Ma sono le frodi alimentari a rappresentare ancor di più una minaccia per le nostre eccellenze enogastronomiche ed in particolare per i prodotti tipici contrassegnati dalle denominazioni di origine quali DOP, IGP, DOC, DOCG, IGT: secondo i dati pubblicati dall’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) nel 2017 gli oltre 53 mila controlli condotti sono sfociati nel sequestro di più di 22 mila tonnellate di prodotti sofisticati, per un controvalore complessivo di oltre 103 milioni di euro.
È proprio di questi giorni la notizia della sospensione per sei mesi comminata ai certificatori di numerosi prosciutti, formaggi e salami DOP fra cui Prosciutto di San Daniele, Cinta Senese, Pecorino Romano e Sarso, Mortadella di Bologna e Cotechino di Modena, i cui consorzi si dichiarano parte lesa.
E se le frodi, specie nel web, sono sempre più frequenti, di contro anche gli organi di controllo stanno affinando nuove armi e strategie: l’Italia, ad esempio, è l’unico Paese al mondo ad aver introdotto l’obbligo di tenuta telematica dei registri di vinificazione rendendo possibile il monitoraggio in tempo reale di oltre 20 milioni di operazioni enologiche e di movimentazione compiute annualmente nelle cantine italiane.
Tracciabilità della filiera, la blockchain nell’agroalimentare
In un simile scenario, per le aziende produttrici nel segmento agroalimentare poter tracciare in modo certificato e immutabile l’origine, la filiera di produzione, trasformazione e distribuzione di un determinato prodotto, delineandone l’identità e rendendo tali dati identitari fruibili da chiunque in modo semplice e rapido tramite il proprio smartphone, può divenire, agli occhi del consumatore più attento, fattore di preferenza rispetto prodotti analoghi della concorrenza.
Tracciabilità e trasparenza divengono dunque un valore aggiunto che, intercettando le nuove esigenze dei consumatori, è in grado di orientarne le scelte di acquisto.
Oggi tutto ciò, e forse anche qualcosa di più, è reso possibile dalle Distributed Ledger Technologies (DLT). In particolare, una blockchain strutturata come permissioned ledger (vale a dire una blockchain “privata”, la cui governance non è diffusa bensì riservata ad un numero limitato di soggetti) può consentire agli operatori di rilevare – mediante token, eventualmente in associazione a sistemi di geolocalizzazione e altre soluzione IOT – determinati dati (ad esempio quelli dalla legge, dal disciplinare di produzione dei prodotti tipici), di immettere detti dati crittografati nella rete, consentendone la consultazione da parte degli utenti-consumatori. Tali sistemi crittografici, oltre a garantire la trasparenza e l’immutabilità dell’inserimento, sono in grado di certificare il momento e il luogo degli inserimenti, responsabilizzando i singoli operatori della filiera. Si crea così un processo di disintermediazione tra il consumatore e il produttore, il quale facendo “parlare” direttamente il proprio prodotto, catalizza la fiducia del consumatore che ricerchi garanzie circa la provenienza delle materie prime, i processi di produzione, di conservazione e di distribuzione del prodotto.
Tale innovativa tecnologia, nata per far circolare le criptovalute, è suscettibile di svariate applicazioni, dalla tracciabilità della supply chain al processo di compliance imposto dai consorzi di tutela delle denominazioni di origine quali DOP, DOC, COCG.
La blockchain per rafforzare la fiducia tra produttori e consumatori
La circostanza che i dati inseriti nella blockchain siamo tamper-prof ossia non manipolabili, determina un aumento della fiducia tra produttore e consumatore, il quale, semplicemente avvicinando il proprio smartphone all’etichetta intelligente apposta sul prodotto tracciato, potrà in pochi secondi conoscerne l’intero processo di produzione, confezionamento e distribuzione.
Prendiamo ad esempio il caso di un produttore di latte che faccia parte di una filiera di produzione di formaggi DOP. Per ottenere tale qualifica è necessario dar prova della provenienza del latte e del luogo di lavorazione. Attraverso la blockchain, il produttore di latte e il caseificio che tale latte trasforma, possono certificare entrambe queste informazioni inserendo nel sistema i dati identificativi del lotto utilizzato, comprensivi delle relative marche temporali e di geolocalizzazione. L’etichetta intelligente applicata sulla confezione del prodotto finito conterrà tutte queste informazioni le quali saranno accessibili al consumatore e alle autorità per i controlli del caso.
La blockchain contro le frodi alimentari
Qualora un caseificio concorrente provi ad alterare l’etichetta dei propri prodotti asserendo di aver usato il lotto di latte precedentemente tracciato con la blockchain, la frode risulterà facilmente individuabile dalle autorità in quanto i codici impiegati dalla filiera del prodotto autentico risulteranno già utilizzati e quindi non reimpiegabili.
In ambito allevamento questa metodologia potrebbe portare il consumatore a conoscere agevolmente, la provenienza dell’animale, la sua razza, la sua alimentazione, l’eventuale assunzione di medicinali, il luogo in cui è cresciuto, quello in cui è stato macellato.
Ad esempio, al fine di creare un sistema di gestione dei protocolli HACCP altamente automatizzato è stata studiata la possibilità di integrare le capacità di tracciare di una tag RFID con i vantaggi in termini di trasparenza, sicurezza e accessibilità offerti dalle blockchain.
Vero è che per ottenere risultati ottimali è indispensabile che tutti gli operatori coinvolti nel processo produttivo e distributivo siano dotati di tecnologie compatibili, in modo da tracciare integralmente l’iter dalla materia prima alle nostre tavole. Ciò anche nell’ottica di aumentare il livello di responsabilizzazione dei vari attori coinvolti nella tracciabilità in blockchain della filiera, posto che maggiore è il loro numero, minore saranno le possibilità che si verifichino fenomeni abusivi, anche di natura collusiva.
L’incremento di trasparenza e accessibilità si traduce quindi, da un lato, in una valorizzazione dei prodotti autentici rispetto a quelli contraffatti e, dall’altro lato, in un incremento di credibilità e affidabilità: a trarne vantaggio, oltre ai consumatori, è il prodotto stesso che grazie alla trasparenza offerta viene garantito nella sua identità e nella sua autenticità, riuscendo al contempo a “raccontare” l’attenzione, la cura e gli sforzi del produttore nel selezionare le materie prime e nel lavorarle con dedizione e perizia nel rispetto delle sue caratteristiche organolettiche naturali oltre che di eventuali disciplinari imposti dai vari consorzi di tutela.
Gli ostacoli alla blockchain per le PMI nell’agroalimentare
Nonostante i vantaggi che potrebbero portare, specie nella valorizzazione delle nostre eccellenze enogastronomiche, tali soluzioni di tracciabilità basate su RFID e Blockchain faticano ad affermarsi, non solo per il DNA tendenzialmente conservativo delle imprese agroalimentari, ma anche e soprattutto perché, per funzionare, richiedono il coinvolgimento di tutti gli snodi della filiera, con conseguenti importanti investimenti che le imprese agroalimentare di piccole e medie dimensioni faticano a sostenere.
Non è un caso che, ad oggi, la tracciabilità in blockchain sia stata attuata prevalentemente da colossi multinazionali come Walmart, Dole, Nestlè, Unilever in collaborazione con IBM.
Blockchain a tutela del Made in Italy, la vitivinicoltura 4.0
Tra i progetti di piccolo cabotaggio, in Italia spicca il caso di Ey Italia che, in collaborazione con Ezlab e Cantina Volpone, sin dallo scorso anno ha implementato un sistema in grado di certificare la territorialità e autenticità del proprio vino DOP attraverso una blockchain “aperta” al consumatore.
Analoga iniziativa, ma di più ampio respiro, è stata presentata nei giorni scorsi in occasione del Vinitaly: la piattaforma di Tracciabilità della Filiera Vitivinicola 4.0, basata sulla tecnologia blockchain, che si propone di valorizzare il Made in Italy e tutelarlo dalle sempre più frequenti contraffazioni e frodi, anche nella declinazione del cd. Italian sounding. Il progetto, realizzato con la partnership tecnologica di AlmavivA, ha visto parti attive direttamente il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf), l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea), il Sistema Informativo Nazionale per lo sviluppo dell’agricoltura (SIN).
Soluzioni equivalenti potrebbero essere implementate anche da molte altre aziende nei prossimi anni, anche in conseguenza delle iniziative adottate dal Ministero dello sviluppo economico per favorire i processi di digitalizzazione delle nostre imprese, quali ad esempio, la c.d. Nuova Sabatini, il piano Industria 4.0 e il Patent Box, che prevedono sgravi fiscali ed incentivi a chi investa in innovazione e digitalizzazione.
Blockchain, Italia non pervenuta al Digital Day 2018
Sorprende perciò che lo scorso 10 aprile, durante il Digital Day 2018, l’Italia non si sia unita ai 22 Paesi dell’Unione Europea che hanno stilato una comune dichiarazione d’intenti per una gestione congiunta di progetti di digitalizzazione basati sulle tecnologie blockchain.
Solamente mettendo a fattor comune le reciproche competenze e interessi – il pubblico riguardo a normative e agevolazioni in investimenti 4.0, il privato sviluppando innovazione vera lungo tutta la catena di valore – sarà possibile non solo garantire ai consumatori prodotti di qualità certificati, ma anche dare un contributo sensibile all’economia italiana valorizzando la biodiversità culinaria che rende il nostro Paese una superpotenza invidiata (e ancora troppo spesso contraffatta) del settore alimentare.