Spid

Identità digitali nazionali, tutti i ritardi che frenano le imprese

Una serie di novità in una mezza dozzina di ambiti sta rallentando ulteriormente la diffusione di Spid e creando incertezza nelle imprese. La pazienza di queste ultime è messa a dura prova. E’ importante ora influenzare l’attività del legislatore e del regolatore italiano, in questo momento critico

Pubblicato il 11 Feb 2020

Ornella Fouillouze

Vice Presidente Club TI Milano e coordinatore gruppo sanità

Gianfranco Gauzolino

Club TI Milano

Gianluca Marcellino

Alliance e partner manager

spid

A gennaio 2020, le identità digitali nazionali italiane hanno vissuto una pausa preoccupante per chi come noi crede che queste identità abbiano bisogno delle imprese per affermarsi. Peggio, questa sospensione mette a dura prova la pazienza delle imprese che ancora valutano di usare SPID e CIE per autenticare i loro clienti e utenti. Se è vero, come scrivevamo ancora poche settimane fa, che siamo a una svolta, certo la situazione ora si è complicata.

Le identità digitali nazionali: cosa le tiene in bilico

In questi giorni si sono susseguite novità in una mezza dozzina di ambiti, tutte segni di rallentamento e fonte di incertezza:

  • Tarda a partire l’identità digitale unica con la sua nuova gestione pubblica, annunciata a dicembre dal ministro per l’innovazione tecnologica come prima iniziativa del piano innovazione nazionale #Italia2025, in sostanziale continuità con SPID.
    La discussione in aula del decreto milleproroghe 2020 che avrebbe dovuto renderla possibile, con nuovi fondi e una nuova struttura governativa di gestione e controllo, è attesa ora non prima del 10 febbraio.
  • Nel frattempo il ministero dell’economia ha confermato annunci dei mesi scorsi su una carta unica che unifichi una serie di tessere e documenti fisici nazionali intorno alla Carta d’Identità Elettronica e ne faccia anche uno strumento di pagamento elettronico!
    La discontinuità con quanto fatto finora sembra ancora più netta; sul rapporto con l’identità digitale unica gli annunci tacciono.
  • Una terza linea di pensiero, riconducibile nella dialettica politica ad altri partiti che sostengono la maggioranza attuale, evidenzia i meriti del modello di governo precedente con operatori privati e auspica che l’intervento pubblico si concentri soprattutto sul controllo e la garanzia del servizio a cittadini, amministrazioni e imprese.
    Certo il prezzo che rischiamo di pagare nell’attesa che uno dei cambiamenti annunciati succeda davvero è caro, la tentazione di rimpiangere il modello precedente è forte. Questa proposta però sembra più utile a mitigare alcuni aspetti di discontinuità e migliorare le precedenti che non a fermarle.
  • Quanto possa costarci il cambio del modello di governo lo dimostra il fatto stesso che alcuni risultati importanti della gestione precedente, frutto di anni di lavoro, siano oggi congelati: le identità per uso professionale e la gestione degli attributi (Attribute Authority) saranno necessarie per qualsiasi carta o identità nazionale, come ha ampiamente dimostrato l’esperienza di 3 anni con SPID nelle stesse pubbliche amministrazioni.
    Oggi qualsiasi attività concreta per realizzare questi strumenti essenziali è ferma, e rimarrà tale, comprensibilmente, finché almeno uno degli annunci di queste settimane non troverà un embrione di realizzazione.
  • L’intero dibattito si concentra sulla pubblica amministrazione, sullo stato e le sue articolazioni come fornitore e cliente del servizio. Di uso da parte delle imprese si parla pubblicamente solo per evocare l’ombra della password di stato – un esercizio stucchevole per un paese con milioni di cittadini che condividono ogni minuto della propria giornata con Google, Facebook e magari mezza dozzina di altri operatori internazionali.
    Certo, unificare quattro tesserini e password pubbliche è utile, e meglio ancora se saranno quaranta, ma quanto pesa sulla vita digitale di un cittadino che gestisce, malissimo, decine di password e altre credenziali per accedere a servizi di operatori privati di tutti i tipi? Quanto varrebbe per l’educazione digitale di tutti noi, per la qualità stessa della nostra vita digitale, poter scegliere quali di queste “Pippo2020” e “123456” sostituire con una unica, tutelata da un’authority, associata all’identità anagrafica, con garanzie enormemente superiori a quelle che ci offrono oggi gli operatori internazionali ai quali ci affidiamo centinaia di volte al giorno?

Di tutti questi segni di discontinuità ci preoccupa più di tutti quello che forse siamo i primi a citare oggi, sperando davvero di sbagliarci. Secondo alcuni attori chiave delle identità digitali, le decine di milioni di Euro dei quali si parla in alcuni degli annunci andrebbero non a definire un nuovo modello economico con il quale le identità digitali possano sostenersi e interagire efficacemente con il mercato, ma a ricostruire da zero una nuova struttura informatica di erogazione del servizio, a cura di un nuovo soggetto pubblico, buttando letteralmente via quanto ad oggi realizzato in tre anni da parte di otto imprese e una pubblica amministrazione!

Una spallata per riportare le imprese nella discussione

In questa situazione, perché mai un’impresa che cerca uno strumento per autenticare i cittadini che accedono ai suoi servizi digitali dovrebbe intestardirsi ad aspettare SPID, o CIE, o l’identità unica, o la carta unica?

Per fortuna la vita, anche quella delle identità digitali nazionali, continua: ancora oggi, anche in questo gennaio così tormentato, SPID continua imperturbabile per il tredicesimo mese di fila ad inanellare quasi 200 mila profili attivi in più, a velocità quasi doppia di quella dei primi 2 anni! Al primo febbraio, più di 5,6 milioni di profili avevano fatto almeno un accesso negli ultimi 6 mesi. Evidentemente la domanda dei cittadini esiste, e quindi un mercato prima o poi nascerà.
(E i 13 milioni o più di CIE? Dati sul numero di CIE davvero attive online dobbiamo ancora trovarli – sì, li abbiamo chiesti. Le indicazioni aneddotiche che raccogliamo da fonti autorevoli inducono a pensare che siano pochissime: se da una parte sembra crescere, e ben venga, la popolarità di CIE tra le grandi pubbliche amministrazioni centrali e locali, d’altro canto sembra proprio che la grande maggioranza dei cittadini che la hanno ricevuta ignori il PIN necessario per autenticarsi online.)

A questo punto, confortati da diversi esperti e attori del sistema che ci aiutano a titolo personale in #ClubTI4SPID, cerchiamo di influenzare l’attività del legislatore e del regolatore italiano, in questo momento critico, con i risultati di quasi tre anni di lavoro sul tema delle identità digitali per le imprese. Abbiamo invitato il regolatore, i team operativi dei due ministeri, identity provider e service provider privati di SPID, e molti altri che scrivono anche su queste colonne a una tavola rotonda a Milano in marzo dove definire e proporre pubblicamente a regolatore e legislatore alcune esigenze chiave delle imprese, che potrebbero essere soddisfatte con risorse molto minori di quelle necessarie per ricostruire la piattaforma attuale, quale che sia il ruolo del governo nella nuova gestione di queste identità. Sarà un altro frutto della nostra partecipazione a Repubblica Digitale, il nostro modo per contribuire a ridurre il #DigitalDivide di cittadini e imprese grazie a queste ultime e alle identità digitali nazionali.

Le indicazioni informali positive che ci sono venute in questi mesi da diversi attori privati e pubblici anche del massimo livello ci convincono che stimolare la politica oggi su questo tema è possibile e utile, forse in questo momento di sospensione più che mai prima. Abbiamo cominciato in questi giorni, vi terremo aggiornati.

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