Molto importante la Mappa dei Comuni digitali 2025 presentata dal Governo in questi giorni. Una bussola che ci permette di capire dove siamo arrivati e cosa resta da fare con i fondi del Pnnr nei comuni italiani.
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Mappa dei Comuni digitali 2025, cos’è e a cosa serve
La Mappa è un rapporto innovativo, frutto del lavoro congiunto tra il Dtd (Dipartimento per la trasformazione digitale) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani), basato sui dati delle misure Pnrr finanziate ai Comuni tramite di PAdigitale2026, unitamente a quelli delle risposte di un questionario somministrato ai Comuni nel corso del 2024, con l’obiettivo di scattare una fotografia sullo stato dell’arte del loro percorso di transizione al digitale e avviare un monitoraggio permanente nel tempo.
Il documento nasce per “rappresentare un primo momento di confronto basato sui dati dello stato di digitalizzazione del territorio, al fine di stimolare una riflessione condivisa tra stakeholder pubblici e privati, addetti ai lavori e cittadini”, fornendo un primo rapporto sintetico coi principali risultati a cui seguiranno specifici documenti di discussione verticali con la restituzione di tutti i dati del questionario DTD-ANCI.
Personalmente ritengo importantissimo questo lavoro, che dà l’occasione di fermarsi a ragionare sia su quanto fatto e sugli obiettivi di risultato raggiunti, ma anche e soprattutto sul lavoro ancora necessario da compiere per riuscire davvero a ottenere l’outcome (impatto) previsto e per cui è stata stanziata una quantità di fondi tanto ingente. Premetto che i miei commenti che seguiranno si basano su oltre 20 anni di lavoro nella trasformazione digitale della PA e dall’esperienza maturata negli ultimi tre con ruoli diversi e intrecciati tra loro: seguendo i Comuni e i loro fornitori nell’attuare al meglio le misure PNRR; coordinando il team di un Comune per attuare una delle misure più complesse; come consulente per altri Comuni per pianificare e implementare quanto previsto da CAD sfruttando al meglio attività e fondi del PNRR; come formatore dei Comuni su come implementare le misure in modo da ottenere il maggiore impatto possibile.
Mappa Comuni digitali capitolo 1 | Infrastrutture, connettività e sicurezza
Il rapporto comincia con l’analisi degli elementi infrastrutturali, fondamentali e imprescindibili per il processo di trasformazione digitale

I dati e le osservazioni su questo tema sono molto importanti.
Mi soffermo sugli aspetti della migrazione al cloud, obbligatoria entro fine 2026 per i Comuni con Data Center privi dei requisiti previsti da Regolamento AGID prima e ACN poi, classificati come “B”, praticamente tutti.
I dati presentati mostrano come il processo di migrazione sia stato avviato dalla quasi totalità dei Comuni (96%) sfruttando i fondi messi a disposizione con gli avvisi della misura 1.2, col 68% che ha già completato la migrazione dei servizi candidati. La dismissione dei propri server locali è stata inoltre avviata dal 70% dei Comuni, con un 23% che dichiara di averla già completata.
La migrazione “full” al cloud, cioè “completa”, con connessa dismissione del proprio data center, si basa sul piano di migrazione presentato e aggiornato dai Comuni su Padigitale2026.
Per i Comuni che hanno aderito agli avvisi della misura 1.2 l’obbligo di presentazione del piano risultava assolto proprio con l’invio della candidatura, anche se riguardava un numero di servizi limitato, dipendente dalle dimensioni dell’Ente. I Comuni poi dovevano (o avrebbero dovuto) aggiornare tale piano – sempre su Padigitale2026 – integrando i servizi candidati con quelli non oggetto di candidatura ancora on premise, dato che anch’essi devono essere migrati entro il 2026.
Sarebbe importante quindi sapere innanzitutto il numero dei Comuni che hanno completato questa attività (dato che in base alla mia esperienza diretta anche Comuni grandi e strutturati non sempre lo hanno fatto) e se i dati relativi al completamento della migrazione si riferiscono ai servizi candidati o a tutti i servizi on premise del proprio Ente. Questo per valutare il percorso di messa in sicurezza dei dati e delle informazioni.
Ma per la migrazione al cloud sarebbe interessante capire anche che tipo di migrazione è stata scelta: un semplice lift & shift dei server attuali per un trasferimento in sicurezza, oppure l’adozione di soluzioni SaaS qualificate? E collegato a questo, un ulteriore aspetto di fondamentale rilevanza riguarda i costi dei servizi SaaS adottati: il loro importo, la loro strutturazione (dovrebbero essere relativi a un servizio complessivo, molto diverso quindi dai costi precedenti per hosting, licenza, supporto, manutenzione, …) e soprattutto la loro sostenibilità nel tempo.
Capitolo 2 | Digitalizzazione delle attività amministrative
Il rapporto punta quindi a comprendere meglio il livello di digitalizzazione dell’attività amministrativa, un aspetto cruciale nel processo di trasformazione dei Comuni, che rappresenta un punto di snodo tra le infrastrutture tecnologiche adottate e i servizi pubblici offerti.

Su questi aspetti, il PNRR, come indicato nel rapporto, ha incentivato la diffusione delle piattaforme abilitanti, a partire da PDND e ANPR (integrandi ANSC – Archivio nazionale dello stato civile), con l’obiettivo di semplificare soprattutto le interazioni tra le diverse PA, evitando che cittadini e imprese debbano fornire più volte le stesse informazioni già in possesso degli enti (principio del once only).
Se l’adesione a PDND e l’avvio dell’integrazione con ANSC sono entrambe superiori al 90%, ciò sembra aver per il momento solo posto le basi per una reale semplificazione delle attività amministrative, che però per oltre il 56% dei Comuni con oltre 5.000 abitanti non risulta essere stata avviata, o se anche avviata lo è stata solo parzialmente. Non abbiamo per il momento il dato complessivo, comprendente anche i Comuni con meno di 5.000 abitanti, che a rigor di logica farà crescere e di molto questo dato.
Non mi soffermo sui singoli risultati del questionario, comunque interessanti, ma provo invece a fornire una possibile spiegazione del perché questo accade.
La attività di reingegnerizzazione e semplificazione dei processi (possibili sfruttando al meglio il digitale) che devono essere annualmente indicate nel PIAO, in base all’art. 17 del CAD sono di competenza dell’Ufficio per la Transizione al Digitale (UTD) e al suo responsabile il Responsabile per la transizione al digitale ( RTD). Quest’ultimo deve possedere (art. 17 comma 1-ter) “adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali”.
L’assenza nei Comuni di una risorsa che possegga realmente tali competenze finisce col vanificare la possibilità di ottenere un vero e significativo impatto a livello di efficienza della “macchina comunale”. Per attuare una vera trasformazione digitale non è infatti sufficiente acquistare soluzioni “off-the-shelf”, ma è necessario valutare quali e come adattarle al proprio contesto organizzativo e tecnologico, prevedendone l’integrazione con le piattaforme abilitanti, gli altri servizi gestionali dell’Ente e offerti ai cittadini, nonché con le soluzioni dei propri partner tecnologici pagoPA (e SEND).
Sono attività non affatto banali e che i fornitori difficilmente offrono o rendono disponibili spontaneamente. Queste considerazioni rimandano al capitolo 4 del report, ma è a mio avviso importante che venga compreso come non sia né sarà possibile ottenere risultati realmente significativi in quest’ambito senza intervenire su questo aspetto.
Mappa Comuni Digitali capitolo 3 | Digitalizzazione dei servizi
Il rapporto analizza quindi i servizi rivolti alla cittadinanza, ambito decisivo del processo di trasformazione digitale, nonché obiettivo finale dell’azione amministrativa

A livello di PNRR sono ingenti le risorse offerte dagli avvisi della misura 1.4 dedicata ai servizi, a cui i Comuni hanno aderito per aumentare l’adozione di SPID/CIE, di App IO, dei pagamenti tramite pagoPA, di SEND e per riprogettare il proprio sito e i propri servizi digitali conformemente alle nuove linee guida, adottando quindi i modelli rilasciati da Designers Italia.
Il questionario ha permesso di ottenere inoltre informazioni utili per comprendere meglio quali sono, ad oggi, le risultanti delle scelte di policy, di governance, organizzative e infrastrutturali adottate.
Alcune mie considerazioni rispetto a quanto presentato.
La necessità di sviluppo della digitalizzazione dei backoffice è figlia del fatto che la misura 1.4.1 per la parte “cittadino attivo” (che mira alla messa a disposizione di servizi digitali) riguarda l’esperienza che deve essere garantita all’utente, occupandosi unicamente del front-end. È quindi onere del Comune prevedere allo sviluppo e/o all’integrazione di un backoffice per tali servizi. Backoffice che il più delle volte viene acquisito come soluzione SaaS utilizzando i fondi dell’avviso 1.2 di cui si è parlato nel primo capitolo. Perché questo possa essere realizzato occorre che il Comune richieda e faccia realizzare ai propri fornitori una serie di integrazioni necessarie ma che raramente sono rese di default disponibili dai fornitori.
Questo risulta ancor più evidente dai risultati inerenti la “possibilità per i cittadini e le imprese di consultare on line e in autonomia lo stato di avanzamento del fascicolo e degli atti dei propri procedimento”.
Perché questo possa avvenire trasversalmente (per tutti i servizi) occorre infatti attivare la sezione “Area personale” del sito (pacchetto “cittadino informato” dell’avviso 1.4.1) e farvi confluire lo stato d’avanzamento dei servizi avviati dai cittadini con la presentazione di un’istanza (che può essere avvenuta digitalmente o presentando un modulo compilato a sportello o inviandolo per posta elettronica).
Questo richiede di aver provveduto anche ad attivare l’interoperabilità tra Area personale e i diversi software gestionali dell’Ente e con una soluzione “orizzontale” per gestire pratiche per le quali non è disponibile uno specifico gestionale. Interoperabilità che deve inoltre essere fatta realizzare anche tra il proprio sistema di gestione documentale e i gestionali (così da far confluire nel fascicolo procedimentale i diversi documenti prodotti tramite tali gestionali che lo compongono ) e tra questo e l’Area personale per valorizzare la sezione “Documenti”. In modo molto simile dovrà essere attivata l’interoperabilità tra Area personale e l’Archivio dei pagamenti attesi (APA) del proprio partner tecnologico pagoPA, in modo da valorizzare i contenuti della sezione “Pagamenti”.
Sono tutte attività non previste dai criteri degli avvisi PNRR e che dovranno però essere realizzate per poter generare effettivi vantaggi per i cittadini.
Tra l’altro i Comuni che hanno completato le attività dell’avviso 1.4.1 potrebbero ora avere i loro siti aderenti al modello di design, ma aver digitalizzato il frontend di solo pochi servizi (la maggior parte doveva farlo solo per 4 servizi). Potrebbero inoltre riportare nella sezione “Servizi” del proprio sito le informazioni su come fruire dei servizi messi a disposizione dell’Amministrazione dei soli servizi offerti digitalmente, in quanto non vi era la necessità di pubblicare le informazioni su come presentare le istanze per le centinaia di procedimenti avviabili per istanza di parte non ancora digitalizzati e che richiedono la compilazione e la presentazione o trasmissione per email del relativo modulo.
È evidente quindi come il lavoro da compiere sia ancora enorme, com’è constatabile anche dal fatto che molti Comuni, che dal 2021 hanno l’obbligo di ricevere i pagamenti esclusivamente tramite pagoPA (a meno di rare eccezioni), ancora oggi permettono per alcuni servizi il pagamento solo tramite bonifico bancario o POS non connesso con pagoPA e che l’ammontare degli incassi ottenuto con pagoPA seppur molto aumentato negli ultimi anni risulti essere ancora notevolmente incrementabile, come riferito proprio durante la conferenza di presentazione dei risultati.
Capitolo 4 | Governance e innovazione
Il rapporto si conclude analizzando la governance della gestione amministrativa e tecnica del comparto ICT dei Comuni e il ruolo del Responsabile per la transizione al digitale, aspetti decisivi per realizzare e consolidare un cambiamento duraturo e pervasivo dell’amministrazione comunale.

Sul tema della governance interna all’Ente ho iniziato a parlare analizzando i dati del capitolo 2 e i dati qui riportati rafforzano le considerazioni già espresse. Mi soffermo ora su alcuni aspetti evidenziati dal report. Nella maggior parte dei Comuni il Responsabile dei sistemi informativi (RSI) non è una figura dedicata e molto spesso non ha un profilo e competenze tecnologiche. Dato che è inversamente proporzionale alle dimensioni del Comune. Discorso simile per il RTD, che pur obbligatorio, non risulta però ancora nemmeno nominato dal quasi 8% dei Comuni del campione.
La mancanza di figure in possesso di adeguate competenze tecnologiche spiega anche come non venga considerato un ostacolo al processo di trasformazione digitale una corretta gestione dei fornitori (che abbiamo visto essenziale nelle attività di semplificazione e digitalizzazione), così come a non ritenere essenziali o rilevanti l’utilizzo di strumenti di analisi avanzata per supportare le decisioni. Allo stesso modo viene considerata oggi “non rilevante” da più della metà dei Comuni l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (56%), che rappresenta invece un elemento potenzialmente importante per l’automazione e l’efficientamento delle attività dei Comuni (come evidenziato anche recentemente da uno studio dell’Osservatorio Agenda digitale della School of Management del Politecnico di Milano).
Risulta quindi a mio avviso questo l’aspetto essenziale su cui intervenire, che dovrebbe prevedere per i Comuni l’obbligo della presenza di una figura realmente competente cui affidare l’Ufficio per la transizione al digitale, prevedendo per i Comuni con meno di 5.000 abitanti una serie di possibilità tra cui scegliere per l’affidamento a una figura condivisa con altri enti.
Mappa Comuni Digitali: perché è utile
I risultati di questo primo monitoraggio collegati ai dati di PAdigitale2026 forniscono effettivamente una base conoscitiva solida su cui poter “basare la costruzione di percorsi di accompagnamento mirati e politiche di rafforzamento strutturale, partendo da un dialogo aperto con tutti i soggetti coinvolti”, come indicato nel report in cui si sottolinea anche come ciò sia necessario per “favorire una visione della trasformazione digitale che sia olistica”.
Perché questo possa realmente accadere sono a mio avviso da prevedere innanzitutto ulteriori dati relativi alle piattaforme abilitanti, come ad esempio il dettaglio del loro effettivo utilizzo (importi incassati per le singole voci tassonomiche di pagamento; numero messaggi inviati dai singoli servizi attivati su IO; numero delle notifiche inviate su SEND per singolo servizio).
Risulta inoltre chiaro come gli effetti di una vera trasformazione digitale dipenderanno in maniera sostanziale dalla presenza di figure competenti nei Comuni, in grado di definire la direzione di trasformazione digitale del proprio Ente e di seguire l’implementazione di quanto necessario per ottenere gli impatti indicati dal PNRR, sfruttando al meglio le risorse disponibili grazie agli avvisi lump sum, che offrono importanti residui a livello finanziario da poter utilizzare anche a valle della conclusione dei progetti degli avvisi.














