PNRR

Public innovation manager: cosa fa e perché è cruciale per la transizione digitale dei Comuni

Il public innovation manager rappresenta l’ultimo miglio per ottimizzare la comunicazione tra livello centrale e territori, in modo che anche gli enti locali possano usufruirne. Una figura nevralgica non solo per la realizzazione dei progetti finanziati dal PNRR ma anche per la loro gestione futura

Pubblicato il 14 Ott 2022

Davide D’Arcangelo

vicepresidente network Impatta e responsabile relazione esterne e Pnrr di Fondazione Italia Digitale

skills

Fornire nuove professionalità ai comuni è essenziale per evitare di sprecare i fondi del PNRR: cruciale in questo momento sarebbe la figura del public innovation manager, un professionista in grado di portare un ente a ripensare i propri servizi il proprio ruolo, oltre a ridisegnare i processi.

Per fare la PA digitale servono i “progettisti dell’innovazione”: chi sono e perché sono cruciali

L’attuazione del PNRR nei Comuni: il gap di professionalità che mette a rischio i progetti

L’attuazione del PNRR, al di là delle ingenti tranche che l’Europa sta assicurando al nostro Paese, nasconde problematiche di cui si parla poco. Recentemente lo studio Openpolis elaborato sui dati Anci ha fatto emergere un quadro preoccupante. Si stanno purtroppo accumulando ritardi nella presentazione dei progetti, aumenta il divario nelle performance tra nord e sud del Paese – dove servono oltre 1400 giorni per terminare un’opera pubblica – mentre le continue proroghe nelle scadenze (per mancanza di progetti presentati) sono un chiaro segnale di sofferenza da parte degli enti locali. Tra le proroghe eclatanti, quella relativa ad asili e scuole dell’infanzia: servono come il pane nel nostro Paese, ma non si è stati in grado di fare proposte in maniera celere. Il prossimo Governo si trova nella delicata situazione di rinegoziare il Pnrr (e non sappiamo ancora in quali termini) ma pensiamo che dovrà tener conto delle enormi difficoltà di natura progettuale derivanti dalla mancanza di personale adeguato.

Le istanze che il Governo deve considerare

Come partner di molti enti pubblici, registriamo una forte domanda di professionalità che va innestata da subito nella macchina del PNRR, sperando che rimanga strutturalmente in forze presso comuni, province o regioni. In passato si parlava di cattedrali nel deserto, di progetti isolati nati solo per spendere denaro e poi lasciati morire. Il rischio è che ciò accada di nuovo, anche se sotto altre forme. Impatta si sta dedicando molto al tema del gap di professionalità per scongiurare un nuovo effetto “Cassa del Mezzogiorno”. La realizzazione di un percorso formativo con la Camera di Commercio di Roma per creare le figure dei public innovation manager, e la grande adesione al progetto, ci convince sempre più della necessità di fornire nuove professionalità ai comuni, soprattutto ai più piccoli, che rischiano di perdere il treno dello sviluppo senza poter realizzare alcun progetto in chiave PNRR. Il Governo deve prendere in considerazione queste istanze, perché si rischia di alimentare gli squilibri territoriali che proprio il piano di ripresa e resilienza vorrebbe colmare.

Cultura e innovazione per un’amministrazione 4.0

Come network di Imprese e professionisti operanti nel campo dell’innovazione e della sostenibilità sosteniamo da tempo la via del public innovation management, convinti che servano una nuova cultura e nuove professionalità con skills trasversali che possano traghettare gli enti locali verso l’innovazione digitale. Insomma, una vera e propria pubblica amministrazione 4.0.

Per questo, insieme a molti professionisti provenienti dall’ambito giuridico, economico e digitale, abbiamo individuato nel public innovation manager la figura in grado di diventare un vero e proprio coach per ogni comune italiano. Un ruolo la cui importanza diviene centrale alla luce del PNRR e delle ingenti somme stanziate. Parliamo di 40 miliardi di euro messi a disposizione diretta di comuni e città metropolitane come ricorda l’Anci: nella storia non ci sono mai stati così tanti soldi da spendere, ma la carenza sotto il profilo progettuale è un fatto che preoccupa e mina la “messa a terra” del piano di ripresa e resilienza.

Il PNRR, dunque, avrà successo se la spesa pubblica sarà efficace ed efficiente, ma la PA ha alle spalle venti anni di mancata spesa: solo negli ultimi 15 anni è diminuita del 40% e oggi si trova a dover gestire molti soldi senza avere le strutture e le competenze per attivare tutti quei processi che servono per ‘fare spesa’. Da sottolineare come oggi gli investimenti vadano nella direzione della transizione energetica o quella digitale, nuove tipologie interventi che implicano, da parte degli enti locali, l’aggiornamento su tutti i servizi e prodotti che non sempre sono di immediata intuizione da parte della classe amministrativa.

Ma le criticità non finiscono qui: ammesso che i comuni riescano a spendere quanto il PNRR mette loro a disposizione, c’è il tema della manutenzione e della gestione di quanto sarà realizzato. Anche qui, senza la dovuta programmazione e presa di coscienza, i comuni vedranno i propri bilanci sovraccarichi di quelle somme necessarie a mantenere vivi i progressi raggiunti attraverso nuovi servizi, nuove infrastrutture etc…

SI prospetta una spesa corrente elevatissima, a fronte di entrate incerte: per questo occorre che nella PA vengano innestate figure che dispongano di un adeguato know how per sfruttare nuovi prodotti finanziari, nuove tecnologie di sharing proprio pensando alla “condivisione” in tema di manutenzione e funzionamento delle infrastrutture in itinere ( siano esse fisiche o digitali). Il public innovation manager, dunque, non serve solo nell’immediato, ma sarà indispensabile nel futuro per fare in modo che la spesa pubblica venga gestita e manutenuta, diventi efficace.

Il primo corso per formare public innovation manager

Ovviamente non possiamo fermarci alla teoria: insieme all’associazione del Public innovation management, a Impatta ed Ecoter, abbiamo lanciato il primo corso per formare public innovation manager con il patrocinio della Camera di commercio di Roma. Un progetto cui ha preso parte anche una rete di innovatori mondiali in grado di coinvolgere realtà di primissimo livello come l’Mit di Boston o l’università di Harvard, cercando di portare nella PA i migliori modelli organizzativi e le conoscenze più aggiornate. Il corso racchiude una serie di skills trasversali per introdurre alla diffusione del partenariato pubblico-privato, del pre-public procurement, tutte le nuove frontiere della programmazione europea e contiene anche elementi di competenze digitali e di gestione energetica che sono i due principali segmenti in cui in cui sono stati pubblicati bandi PNRR (il terzo riguarda le infrastrutture sociali). La cornice è quella di un project manager evoluto, capace di ridisegnare i processi e rendere certificabile e controllabile l’execution di molti interventi. È un nuovo approccio culturale alla pubblica amministrazione.

Conclusioni

Molti enti locali non sono a conoscenza delle opportunità offerte dalle piattaforme (pensiamo solo a quella della presidenza del Consiglio sul partenariato pubblico-privato), e perciò il public innovation manager rappresenta l’ultimo miglio per ottimizzare la comunicazione tra livello centrale e territori, in modo che anche gli enti locali possano usufruirne. Gli attuali strumenti messi a disposizione da Cassa depositi e prestiti e Invitalia, ad esempio, sono molto validi, ma tardano a trovare un’applicazione a livello periferico, così come gli “esperti” messi a disposizione dal ministro Brunetta, a dimostrare che gli esperimenti “a freddo” non funzionano. Serve un vero e proprio “coach” che accompagni i comuni nella conoscenza e nell’applicazione di tutto quanto è stato predisposto a livello centrale.

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