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IA e lavoro, verso una nuova era di competenze e servizi: prepariamoci



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Mansioni svolte dall’IA, cicli di sostituzione della forza lavoro, cambiamento delle competenze richieste dal mercato e necessità di una formazione continua. Non si può fermare l’onda dell’innovazione, ma possiamo navigarla e, per farlo, dobbiamo prepararci adeguatamente, sia a livello individuale che collettivo

Pubblicato il 24 apr 2024

Simona Romiti

Change agent Senior Advisor in Programmi ed ecosistemi europei



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Tutti parlano di intelligenza artificiale: le narrazioni più indicizzate espongono le sue molteplici implicazioni legate all’accessibilità, alla complementarietà con l’agire dell’uomo, e ai potenziali rischi associati alla produzione di risultati indistinguibili rispetto alla fonte produttiva.

Le sfide che ci pone davanti l’IA, in particolare quella generativa, sono molteplici e possono essere analizzate con un meta-riflessione progressiva, coerente con le sue caratterizzazioni principali, dirompente rispetto ai tradizionali strumenti di indagine.

IA e lavoro, ancora troppo presto per misurare l’impatto

La missione chiave dell’IA è la disintermediazione: finora abbiamo avuto evidenza di quella spazio-temporale, è tutto qui e ora, ma è quella relazionale, misurata dal rapporto uomo-algoritmo o algoritmo-algoritmo, insieme a quella generazionale, associata all’uso improprio o al non uso dell’IA, che inevitabilmente si ripercuoterà sulla vulnerabilità della capacità lavorativa più esposta ai rischi di produttività, di disuguaglianza dei redditi e di concentrazioni tecnologiche.

Presa singolarmente, senza tener conto di tutte le altre fonti di automazione, l’IA da sola può svolgere un’infinità di compiti in tutti i settori e in tutte le occupazioni.

Finora l’impatto quantitativo sulla domanda di lavoro è stato mitigato da un basso uso di tale tecnologia, sia da parte delle imprese che della Pubblica amministrazione; e dal periodo necessario perché sia pienamente implementata. Un altro fattore di resistenza è legato ai vincoli legislativi per cui le organizzazioni preferiscono fare affidamento su uno “scivolamento” naturale della forza lavoro, fatto di pensionamenti o dimissioni volontarie, piuttosto che sostituire la persona con gli algoritmi.

Per essere visibili e misurabili, i potenziali risvolti richiedono ancora del tempo.

È corretto chiedersi quale è l’impatto dell’IA generativa sull’occupazione, analizzare gli effetti di breve periodo della forza lavoro, ma sarebbe opportuno spingere l’analisi verso i cicli di reintegrazione della struttura occupazionale, studiare le fluttuazioni di valore della forza lavoro rispetto all’età media della popolazione occupata od occupabile, esplorare il tasso potenziale di servizitizzazione -servitization- delle economie.

Automazione, sostituzione, conversione, post-industrializzazione sono processi chiave che disegnano un possibile scenario evolutivo del condizionamento dell’IA sulla domanda di lavoro.

Effetto spostamento: quali attività saranno sostituite dall’Intelligenza artificiale

La prima analisi ci conduce inevitabilmente a valutare l’effetto di spostamento, vale a dire quali attività saranno sostituite dall’Intelligenza artificiale. Secondo uno studio della Goldman Sachs del 2023, in Europa e negli Stati Uniti, nel prossimo decennio, un quarto delle attuali prestazioni lavorative degli impiegati potrebbe essere automatizzato dall’intelligenza artificiale. A livello globale, la percentuale diminuisce al 18% per effetto della ponderazione operata dalle economie in via di sviluppo.

Coerentemente con questa previsione, l’impatto più significativo dell’IA potrebbe manifestarsi sulle professioni “pluriennali”, le cui funzioni principali fanno leva su una conoscenza esperienziale abbinata alla costruzione di contenuti disposizionali- burocratici, informativi, legali, gestionali, etc. Tale risultato è dimostrabile con la velocità con cui gli algoritmi di apprendimento automatico percepiscono, memorizzano e ordinano le informazioni e, per estensione, le decisioni.

L’effetto produttività e l’effetto reintegrazione: cambio delle competenze richieste

Oltre all’automazione c’è la complementarietà. Molte funzioni potrebbero essere completate con l’inserimento di applicazioni di IA, originando l’effetto produttività e/o l’effetto di reintegrazione. L’effetto produttività può tradursi in una espansione della domanda di lavoro per le competenze STEM o in una sua contrazione per le mansioni eseguibili dall’IA, perché ripetitive o a compensazione di una perdita di capacità dovuta all’obsolescenza delle competenze. L’effetto produttività è strettamente connesso al processo. L’effetto reintegrazione è invece legato ai fabbisogni produttivi di nuovi servizi, da qui la progettazione di nuovi compiti e la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro. La complementarietà richiede l’acquisizione generalizzata di competenze STEM, di base o avanzate, di abilità di scrittura, e lo sviluppo di abilità comunicative, così come la capacità di innovazione e creatività, la tutela dei principi etici e l’integrità professionale. Questo vale per esempio per i medici, gli operatori sanitari, la formazione, l’intrattenimento, l’arte, il design e i media.

È importante intuire quale dei tre effetti è dominante nella determinazione dei risultati occupazionali. La ponderazione tra gli effetti di sostituzione, produttività e reintegrazione e la comprensione della loro correlazione, può guidare l’analisi dell’evoluzione della domanda di lavoro.

Cicli di sostituzione della forza lavoro e formazione continua

In un orizzonte di medio periodo, l’analisi strategica va spostata sulla frequenza dei cicli di sostituzione della forza lavoro. Il valore del capitale umano, insieme relazionale e produttivo, sarà fortemente condizionato dalla capacità di auto-determinazione con cui l’IA di prossima generazione, per esempio l’AGI -Intelligenza artificiale generale- occuperà sia le funzioni ripetitive che quelle cognitive e predittive. La velocità con cui una base occupazionale può essere convertita dipende dall’età media dei lavoratori, come anche dal sistema formativo pubblico in capo agli Stati e dai processi di apprendimento permanente, messi a sistema dalle organizzazioni private. Già in questa fase è necessario un monitoraggio continuo dell’avanzamento dell’IA e delle altre fonti di automazione rispetto ai tempi e ai costi di attuazione di una funzione.

Il ruolo crescente dei servizi nell’era dell’automazione

Infine, a completamento della riflessione, è importante avere la consapevolezza che i compiti che l’IA sarà in grado di svolgere sposteranno gli investimenti dalla manifattura ai servizi, trasformando di fatto l’industria manifatturiera in fornitori di servizi, sia nelle economie avanzate che nei paesi in transizione. Le sue applicazioni sono destinate a performare i processi produttivi ma soprattutto ad aumentare l’importanza della relazione impresa-cliente, PA-cittadino.

Conclusioni

Da un punto di vista sociale, l’unico rilievo certo è che sostituzione, produttività e reintegrazione produrranno una profonda trasformazione della struttura della forza lavoro, in fatto di funzioni e competenze, e una radicale cambiamento della domanda di lavoro in termini di mobilità orizzontale, da un settore a un altro, o di un trascinamento delle competenze e dei redditi associati verso il basso.

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