psicologia

Dal patriarcato alla società digitale: il declino del padre e le sue conseguenze

Gli studiosi sono pressoché concordi sull’odierno declino della società patriarcale. Nella società digitalizzata, l’accesso al sapere e al potere è stato democratizzato e il padre autoritario e i suoi succedanei hanno poco credito. La funzione di gestire le relazioni e l’angoscia è demandata agli oggetti digitali

Pubblicato il 10 Set 2021

Roberto Pozzetti

Psicoanalista, Professore a contratto LUDeS Campus Lugano, Professore a contratto Università dell'Insubria, autore del libro 'Bucare lo schermo. Psicoanalisi e oggetti digitali', già referente per la provincia di Como dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia

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Quello che maggiormente viene oggigiorno messo in discussione, sia più estesamente nella nostra società sia in modo circoscritto alla pratica della psicoanalisi, concerne la priorità del legame fra padre e figli nella formazione della soggettività.

La netta disparità fra genitori e figli, la differenza non soltanto generazionale ma anche quanto allo svolgimento dei ruoli fra adulti e minori, stava al cuore dei legami sociali tradizionali. Basti ricordare come, in certe famiglie di una volta, il patriarca diveniva il capo di tutta un’organizzazione allargata che includeva i suoi figli e i suoi nipoti e ci si rivolgeva a lui con il “voi” come rispettoso appellativo. All’epoca vi era anche una notevole differenza di potere fra il padre e la madre, nella maggior parte dei nuclei familiari, con le seconde situate spesso in una posizione subalterna.

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Emancipazione femminile e diritti dei minori: le prime spallate al patriarcato

L’emancipazione femminile ha dato un primo colpo a questa struttura sociale, favorendo un’autonomia delle donne non soltanto a livello economico ma anche in termini culturali e intellettuali. Si formano, dunque, connubi nei quali fra uomo e donna, fra marito e moglie, fra padre e madre vi è una sostanziale parità o quantomeno si tende verso questa parità.

I movimenti volti alla rivendicazione dei diritti dei minori, anzitutto il movimento studentesco, hanno avuto il loro ruolo nel portare una seconda spinta verso l’uguaglianza. Ora i bambini e soprattutto gli adolescenti sono considerati dei soggetti a tutti gli effetti, le loro istanze vengono ascoltate, i loro pareri accolti con spirito democratico.

Jacques Lacan, in linea con i precedenti studi del sociologo Emile Durkheim, sosteneva che il declino del padre stesse alla radice della grande nevrosi contemporanea. Coglieva inoltre nei nuclei familiari decompletati, nei quali i figli restano con la madre in assenza del padre fin dalla più tenera età, le condizioni favorevoli allo schiudersi delle psicosi. Il padre era considerato da Lacan cruciale per favorire il percorso di sublimazione che eleva la pulsione a mete socialmente accettabili e riconoscibili come la produzione lavorativa oppure l’opera artistica o letteraria.

Oggigiorno, il padre non è più indispensabile neppure per costruire un legame familiare che funzioni in modo efficace. Basti considerare quanto avviene con le donne che creano a tutti gli effetti una famiglia, centrata sull’amore saffico, avvalendosi soltanto dello sperma di un donatore in molti casi di procreazione medicalmente assistita.

La nostalgia del padre

La società contemporanea si caratterizza a volte per una certa nostalgia del padre dei tempi passati. Dinanzi a crisi economiche, al declino dei valori solidi, davanti a forme di godimento poco moderato o persino sfrenato, a contatto con le nuove usanze non manca di farsi sentire un appello al padre che ci avrebbe abbandonato. Il padre è evaporato, come dice Lacan: si tratterebbe dunque di restaurare una società di tipo paterno. Come si stava meglio una volta! Si stava meglio quando si stava peggio!

Con un certo moralismo, sulla scorta di questi dati, alcuni rievocano in maniera nostalgica i tempi passati nei quali l’autorità del padre era centrale e operante nelle famiglie. Si cercano ancora, sebbene più raramente, sostituti paterni nelle organizzazioni religiose o nei partiti politici o ancora nelle istituzioni scolastiche oppure perfino nelle istituzioni totali come le comunità per tossicodipendenti. Una recente serie televisiva come “Sanpa”, reperibile su Netflix, ha il pregio di riportare l’attenzione su questa ricerca del padre di mille figli.

Una, cento, mille “famiglie”

Non è questa la posizione della psicoanalisi anche perché la persona del papà va distinta dalla funzione simbolica del padre che è determinata, in fondo, dal campo del linguaggio.

Figura eminente se non addirittura fondatore della moderna sociologia è considerato il francese Durkheim. Egli studiava le rappresentazioni collettive che coinvolgono un gruppo sociale regolato, attraverso una posizione da osservatore esterno, in modo tendenzialmente imparziale. Si occupava di studiare i fatti sociali e le credenze collettive, tipiche della maggior parte delle persone di una certa società. Società che viene considerata come un organismo non strettamente riconducibile alla somma degli individui dai quali è composta: la società è qualcosa in più dell’insieme dei suoi singoli membri. La responsabilità di quanto avviene in un collettivo deriva dal gruppo stesso, dalle dinamiche di questo ambito e non soltanto dal soggetto che ne fa parte. Durkheim si è occupato dello studio della famiglia che va disgiunta dai suoi aspetti biologici: come scritto sopra, vi sono e vi sono sempre state famiglie che nulla hanno a che fare con l’organizzazione biologica basata su madre, padre e bambini. Nell’antica Roma, prevaleva la gens, composta da individui con lo stesso cognome e la stessa discendenza (gens Flavia, gens Fulvia, eccetera): la potremmo accostare ai moderni clan; in seguito, si sviluppa la più ristretta famiglia agnatica ovvero un’aggregazione formata da più famiglie; si giunge poi alla famiglia basata sulla patria potestà con genitori e figli; infine, si riscontra la famiglia normata dallo Stato, che Durkheim definisce “famiglia coniugale”. Ai tempi nostri incontriamo appunto inedite configurazioni familiari come le cosiddette “famiglie arcobaleno”, con due mamme oppure due papà, che dimostrano ancor più palesemente quanto il contesto familiare prescinda dai dati di fatto biologici.

I limiti della sociologia

Diventa impossibile cogliere effettivamente il soggetto utilizzando soltanto il vertice della sociologia. Si moltiplicano tuttavia le letture dei cambiamenti socio-culturali dal vertice sociologico. Ecco, allora: la società dell’incertezza e la società liquida di Bauman; la società dei consumi per citare il titolo di un famoso e interessante libro di Baudrillard; la società dello spettacolo di un Guy Debord in una prospettiva tendenzialmente marxista; la società della vetrinizzazione come concetto proposto pochi anni or sono da Vanni Codeluppi dal momento che vi sono sempre più oggetti in vetrina nelle forme della pubblicità e ci si pone spesso in vetrina come i social più diffusi fra le nuove generazioni mettono palesemente in evidenza; la società del rischio di Ulrich Beck; la società della trasparenza di Byung-Chul Han.

Non che non siano interessanti queste costruzioni sociologiche, non che non scorgano qualcosa di peculiare. Basti considerare il valore ai fini del nostro lavoro dell’estensione dell’accesso agli oggetti di consumo e la dimensione assunta dallo spettacolo, in un mondo che affianca al teatro e agli schermi televisivi i dispositivi digitali dei quali tutti siamo dotati. A proposito dell’opulenta società dei consumi, in cui gli uomini sono circondati da oggetti più che da altri esseri umani e cui produrre degli oggetti diviene meno importante che consumarli, Baudrillard nota come la felicità viene sempre più collegata alla possibilità di consumare; vi è il mito dell’uguaglianza in quanto tutti hanno diritto di consumare: “bisogna che la felicità sia misurabile. Bisogna che sia un benessere misurabile in base ad oggetti e a segni”. Secondo Baudrillard, l’epoca contemporanea si basa su una simulazione, su un inganno per cui i prodotti, i beni di consumo, gli oggetti disponibili vengono utilizzati per darsi un’immagine e rivestire così il reale.

Vi sarebbero migliaia di modi di leggere i cambiamenti sociali facendone un paradigma generale. L’applicazione di queste letture sociologiche alla psicoanalisi lascia comunque a desiderare.

L’epoca del digitale non è peraltro più quella della società liquida; non lo è più anche in quanto il digitale lascia traccia, lascia una traccia indelebile. La nostra identità diventa sempre più spesso un’identità che si costruisce sul web, anzitutto sui social, comunicando le nostre informazioni anche più intime e private selezionandole in base alle opzioni relative alle informazioni sulla privacy. A volte, questo avviene inconsapevolmente come nei casi di giovani e giovanissimi i quali fanno circolare in rete immagini e informazioni su di sé, anche molto intime, senza considerare i rischi che tutto questo implica. Il fenomeno del sexting, nel quale vengono inviati brevi video o foto piccanti senza considerare il rischio di una divulgazione di questi dati nelle forme del revenge porn, ne costituisce una delle forme più eclatanti. In termini lavorativi, invece, molti giovani dimenticano la consuetudine di alcuni professionisti che si occupano di risorse umane di andare a sbirciare i profili social dei candidati con il rischio di lasciar trapelare informazioni su di sé che potrebbero diventare compromettenti.

Dal padre agli oggetti

Il declino della società patriarcale, probabilmente inesorabile, fa emergere la rilevanza dell’oggetto in psicoanalisi. Si tratta di una tesi ampiamente sviluppata dagli psicoanalisti francesi Eric Laurent e Jacques-Alain Miller. Nella psicoanalisi non è nuovo il tema del rapporto con l’oggetto. Molti analisti nella storia della psicoanalisi si sono ampiamente dedicati al rapporto con l’oggetto. Dopo Freud, lo hanno fatto suoi eminenti allievi come Karl Abraham e hanno ampiamente sviluppato questo argomento Melanie Klein con il concetto di oggetto buono/oggetto cattivo e Winnicott con il celebre oggetto transizionale del bambino che può essere un peluche oppure una copertina di Linus oppure un giochino. Freud ne scrive, fra l’altro, nei suoi saggi sulla teoria sessuale. Osserva la rilevanza dell’oggetto sin dalla primissima infanzia, quando il soddisfacimento sessuale del bambino è collegato all’assunzione di cibo e “la pulsione sessuale aveva un oggetto sessuale al di fuori del proprio corpo nel petto della madre”.

L’oggetto è ciò con cui il soggetto si relaziona: vi si relaziona in una dimensione di desiderio, di ricerca di piacere e talora di godimento. L’oggetto determina in buona parte il soggetto; infatti, è l’oggetto a causare la mancanza nel soggetto. Senza un oggetto, il soggetto non sarebbe neppure vivificato. Si tratta allora di capire se gli oggetti della contemporaneità abbiano qualcosa a che vedere con il fondamentale oggetto causa del desiderio, velato e rivelato dalle operazioni interpretative.

Le funzioni degli oggetti digitali

Nella nostra società, tecnologicamente avanzata, gli oggetti causa di godimento prescindono in larga misura dalle zone erogene del corpo. Non è affatto indispensabile accedere a qualcosa del godimento direttamente attraverso il corpo proprio né tantomeno a livello sessuale. I modi per giungere al godimento si dimostrano dunque molteplici e i dispositivi economici delle aziende industriali sono spesso implicati in questo.

Gli oggetti digitali hanno acquisito un valore inedito per lo svolgimento di molte attività professionali e per assicurare la reperibilità delle persone care. Del resto, da tempo, per qualunque esigenza, il ricorso alla navigazione sui motori di ricerca costituisce una modalità del tutto consueta al fine di orientarsi nella propria esistenza quotidiana. Gli oggetti digitali assolvono anche funzioni di svago, di divertimento, di ricerca di piacere come si può cogliere nei molteplici usi che se ne fa: essi vanno dai giochi online all’intrattenimento sui social, dalla pornografia ai siti di incontro. Molteplici sono le funzioni del digitale, che si struttura sull’asse del linguaggio, secondo l’alternativa binaria fra 1 e 0. Ricordiamo che digitale deriva da digit, cifra in inglese oltre che dal latino digitus cioè dito; significativo è il termine francese numérique che traduce appunto la parola digitale. Gli oggetti digitali sono strutturati dal campo del linguaggio e hanno la funzione di padroneggiare il linguaggio stesso così come le relazioni sociali. Il vocabolo francese ordinateur si dimostra in questo più efficace dell’inglese computer per indicare l’opportunità di mettere ordine, nel mondo esterno ma anche nella propria mente, attraverso l’organizzazione offerta dai dispositivi digitali. I passaggi ricorrenti per compiere un’operazione, i meccanismi sempre riproponibili che caratterizzano le connessioni al web si dimostrano in questo emblematici. Le relazioni erotiche e affettive instaurate su Internet appaiono eclatanti nel dimostrare il tentativo, per quanto illusorio e friabile, di maneggiare da una posizione di padronanza questi scambi ben sapendo che vi è sempre l’opportunità di disconnettersi, di rimuovere dagli amici o di bloccare il profilo di qualcuno se il livello di angoscia o di sofferenza sale oltre il livello di guardia e quando diviene intollerabile. Ogni essere umano ha il diritto di difendersi dall’inquietudine e dal dolore, provando a lenirlo.

La società digitalizzata vede un declino di forme di comunicazione da uno a molti, tipiche di sistemi più autoritari, come il comizio in piazza o il discorso alla radio e alla televisione del leader politico sostituto del padre. In quel caso, la comunicazione era verticale; dall’alto della gerarchia si parlava a chi si trovava alla base: era la voce del padrone. Tende oggi a dissolversi il punto centrale della comunicazione. Byung-Chul Han, filosofo di origine coreana ma che insegna a Berlino, che si è interessato a questi argomenti nei suoi libri. La società della trasparenza e nello sciame. Visioni del digitale, sottolinea come la connessione digitale favorisca la comunicazione simmetrica. Siamo nell’epoca di scambi orizzontali, fra persone pari grado.

Vi è una democratizzazione dell’accesso al sapere e al potere. Il padre autoritario e i suoi succedanei hanno solitamente poco credito oggigiorno. L’assenza di questo riferimento ideale, che faceva da raccordo di un’organizzazione formale i cui prototipi per Freud erano Esercito e Chiesa, favorisce il posizionarsi di ciascuno come individuo isolato anziché come membro di un’istituzione. Se Byung-Chul Han sembra esprimere un certo giudizio morale sulla società digitale, che definisce come senza cuore e volta allo sfruttamento e al profitto, la posizione dello psicoanalista sta nel sospendere il giudizio. Accogliamo gli esseri umani della società contemporanea, riscontriamo queste novità, riconosciamo che il digitale sta determinando una sorta di rivoluzione e ci asteniamo da qualunque moralismo.

Conclusioni

Salvo eccezioni, gli studiosi concordano sull’odierno declino della società patriarcale che ha visto un certo superamento della figura del pater familias. Molti sono i tentativi di inquadrare le nuove forme di legame sociale, puntualizzandone a volte la liquidità, altre volte il consumismo, altre volte ancora la trasparenza o la vetrinizzazione. Al centro delle società contemporanee, nel mondo tecnologicamente avanzato, vi sono comunque gli oggetti digitali con la loro funzione di gestire le relazioni e l’angoscia.

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