In uno scenario internazionale segnato dalla guerra a Gaza e in Ucraina, il digitale emerge come nuovo terreno di scontro strategico, non solo economico ma anche militare. Dalle infrastrutture abbattute nella Striscia di Gaza al ruolo di Starlink nella difesa ucraina, la connettività si rivela sempre più una risorsa vitale, la cui assenza produce conseguenze devastanti sul piano umano.
Approfondiamo allora il concetto di “digiuno digitale” come nuova forma di privazione nei conflitti contemporanei, interrogandosi sul riconoscimento del diritto all’accesso a Internet come diritto umano fondamentale. In un vuoto normativo ancora irrisolto, la guerra digitale impone una riflessione urgente su diritti, tecnologie e strategie globali.
Indice degli argomenti
La centralità geopolitica della rete digitale
Qualcosa che preoccupa più della crisi climatica, della carestia a Gaza e delle guerre nel Vecchio continente è il predominio sul digitale.
Questa dimensione, diventata vitale tanto quanto l’energia o l’acqua, sta acquisendo un valore geopolitico crescente, trasformandosi in campo di battaglia invisibile al centro dei conflitti contemporanei.
Già nel 2023, con aria profetica l’AD di Leonardo, Roberto Cingolani, parlava di “Bullets and Bytes” come nuova frontiera della guerra[1]. Di queste dichiarazioni, al tempo poco sorprendenti, non era stato compreso a pieno il significato. Che internet fosse un nuovo campo di battaglia, non era solo vero ma anche fattuale. Il termine “guerre di rete” era riferito soprattutto allo schieramento offensivo di capacità informatiche nei confronti di avversari economici, detentori di dati o infrastrutture critiche. Gli effetti pratici delle attività malevole erano chiaramente imponenti ma spesso impalpabili[2], motivo che rese il tema della cybersecurity ignorato per troppo tempo.
La minaccia digitale iniziò ad essere percepita come reale, forse, per via del Russiagate, quando nel 2016 si sospettò l’ingerenza della Russia nelle elezioni politiche americane. Queste eventualità contribuirono all’entrata in campo di alcuni attori chiave: i social network.
In questo contesto, i social media non erano più meri strumenti di intrattenimento ma ambienti relazionali in cui si costruivano fiducia, identità e persino legittimità politica.
Infatti, indipendentemente dagli eventi del 2016, la percezione sull’evoluzione del ruolo delle comunicazioni digitali era corretta, al punto che le elezioni americane di quest’anno hanno portato al potere una stretta cerchia di tecnocrati, tutti legati al mondo digitale.
Oggi le interazioni sui social avvengono sempre più con attori empatici e riconoscibili – brand, istituzioni, influencer – capaci di attivare legami emotivi profondi e modellare i comportamenti individuali. Ne risulta che questi spazi digitali non sono più semplici ambienti di comunicazione ma veri canali geopolitici, in grado di modellare – o distorcere – le opinioni pubbliche su scala globale[3].
Tecnologie digitali come nuovo fronte strategico e militare
Nella trasformazione digitale della sicurezza e della difesa, le tecnologie informatiche non si limitano più al ruolo di supporto operativo: diventano ambienti attivi di potere e teatro di conflitto, in grado di ridefinire la natura stessa della sovranità e della guerra. Il cyberspazio, una volta visto come luogo neutro, oggi si presenta come dominio conteso, e le sue infrastrutture – reti, cloud, piattaforme – assumono una valenza strategica, tanto economica quanto militare[4].
Non ci deve sorprendere allora, l’aggressiva disputa tra USA e Cina per la proprietà di TikTok, che rappresenta solo l’ultimo episodio di una controversia più ampia: la sfida per il dominio sulle infrastrutture digitali e sulle masse connesse.
Con questo profilo, è impossibile non pensare a un parallelismo con la “corsa allo spazio” del secolo precedente: anche in questo caso la contesa sugli strumenti tech non mira non solo alla detenzione di un’infrastruttura di controllo, ma anche alla sua possibile evoluzione in infrastruttura bellica.
Ne è un esempio calzante ciò che accade nelle trincee “fisiche” ove il panorama economico fa da sottofondo alla guerra digitale. È in questi contesti che parlando di bytes come proiettili, ci si ricorda delle conseguenze della guerra per il primo strato della pila ISO/OSI: quello fisico.
Il digiuno digitale forzato a Gaza e le sue conseguenze
Le testate giornalistiche dei mesi scorsi battevano insistentemente il titolo “Gaza Offline” eppure la percezione di ciò che significasse non era completa.
Oltre il 75% delle infrastrutture di telecomunicazione della Striscia non esiste più e milioni di persone sono del tutto prive di accesso a internet o telefonia[5]. Questo collasso digitale, chiamato Information War, non è solo un effetto collaterale della guerra, ma parte di una strategia attenta, che mira alle capacità organizzative del nemico, alla manipolazione delle notizie e inevitabilmente al panico[6].
Le implicazioni politiche e sociali del digiuno digitale
La prima conseguenza della disconnessione forzata è la sua capacità di tradursi in disattivazione politica. Quando la partecipazione democratica si nutre di reti relazionali e di confronto quotidiano, spegnere la rete significa interrompere il circuito vitale della cittadinanza. Non si limita la libertà: la si disperde, la si isola, e infine la si frantuma, privandola dei legami che la rendono possibile[7], [8].
Sebbene mirare ai mezzi comunicativi della politica possa essere comprensibilmente un obiettivo militare, spegnere Internet significa compromettere quelle reti sociali che permettono l’attivismo, la testimonianza, la solidarietà, la protesta, persino la memoria collettiva.
La totale assenza di connessione può privare un’intera popolazione di strumenti essenziali per chiedere aiuto, denunciare crimini o semplicemente comunicare con i familiari in pericolo. Questo è solo un esempio tra i molti che spiegano perché l’Europa orientale rimase col fiato sospeso all’ipotesi che Elon Musk potesse spegnere i 42.000 terminali di Starlink in Ucraina.
Verso un riconoscimento giuridico del diritto alla rete
La trasformazione digitale del warfare ci dimostra così, per la prima volta, cosa significa vivere offline e propone una riflessione importante per i governi. Quello che si evince in questo contesto è che il digitale ha un suo fronte, e si trova esattamente nel punto in cui la dimensione economica e quella militare si incontrano. L’influenza delle big tech negli aspetti umanitari è tangibile e il blackout digitale è una minaccia reale.
Questo orizzonte evolutivo della società attuale solleva interrogativi nuovi e poco esplorati sul rapporto tra tecnologia, conflitto e diritti umani. La domanda principale è urgente: Internet può essere considerato un diritto umano fondamentale in scenari di guerra? E soprattutto: in che misura la sua privazione è una forma di difesa e il suo utilizzo un attacco? Sebbene l’accesso a Internet sia stato riconosciuto dalle Nazioni Unite come condizione essenziale per l’esercizio della libertà di espressione[9], non esiste ancora un riconoscimento giuridico universale che lo definisca formalmente come diritto umano autonomo. I trattati fondamentali (come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani o il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici) non contengono ancora articoli specifici sull’accesso a Internet, e in questo grande vuoto normativo la guerra sta producendo effetti devastanti. Tra essi un nuovo tipo di fame, quello digitale.
Bibliografia
[1] Luigi Merano, “La sfida di Leonardo per la sicurezza dei dati,” Libero, p. 19, ottobre 2023.
[2] Taewoo Nam, “Technology in Society,” Underst. Gap Perceived Threats Prep. Cybersecurity, vol. 58, Aug. 2019, doi: 10.1016.
[3] Simon Hudson, Li Huang, Martin S. Roth, and Thomas J. Madden, “International Journal of Research in Marketing,” Influ. Soc. Media Interact. Consum. Relatsh. Three-Ctry. Study Brand Percept. Mark. Behav., vol. 33, no. 1, pp. 27–41, 2016, doi: 10.1016.
[4] Havidán Rodríguez, William Donner, and Joseph E. Trainor, Handbook of Disaster Research. in Handbooks of Sociology and Social Research. 2017.
[5] Middle East Monitor, “Gaza: 75% of telecoms infrastructure has been damaged, 50% completely destroyed,” ottobre 2024.
[6] Dorothy E. Denning, INFORMATION WARFARE AND SECURITY. Addison-Wesley, 1998.
[7] D. E. Campbell, “Social Networks and Political Participation,” Annu. Rev. Polit. Sci., vol. 16, no. Volume 16, 2013, pp. 33–48, May 2013, doi: 10.1146/annurev-polisci-033011-201728.
[8] Merten Reglitz, Free Internet Access as a Human Right. Cambridge University Press, 2024. Accessed: Apr. 14, 2025. [Online]. Available: https://www.researchgate.net/publication/381110642_Free_Internet_Access_as_a_Human_Right
[9] United Nation, “The promotion, protection and enjoyment of human rights on the Internet.” luglio 2021.












