L’analisi

Diplomazia digitale, perché è importante l’EU-Singapore Digital Partnership Agreement

Con la pubblicazione del Partenariato Digitale tra Unione Europea e Singapore, si riapre la discussione sulla cosiddetta diplomazia digitale, la sua centralità nell’azione estera dell’Ue, la realizzabilità degli obiettivi strategici prefissati e la sua portata geopolitica nel definire gli equilibri nello scacchiere globale

Pubblicato il 09 Feb 2023

Giulia Geneletti

Studentessa Magistrale Affari Pubblici e Nuove Tecnologie @Sciences Po e @National University of Singapore, appassionata di politiche digitali

accordo

La diplomazia digitale sta -intenzionalmente- diventando un elemento sempre di maggior rilievo dell’azione strategica estera dell’Unione Europea: le conclusioni del Consiglio per gli Affari Esteri del 2020 e del 2022 non lasciano dubbi.

In questo contesto è di particolare rilievo la EU-Singapore Digital Partnership Agreement (EUSDPA) finalmente pubblicata l’1 febbraio 2023, nell’obiettivo di “espandere la solida relazione tra UE e Singapore nel mondo digitale, il quale racchiude un potenziale di trasformazione per il futuro delle nostre economie”.

Capiamo maggiormente come e perché si tratta di un partenariato molto importante, partendo dallo scenario in cui va a inserirsi.

Carpini (Maeci): “Perché la diplomazia è cruciale per vincere le sfide dell’era digitale”

Una definizione di diplomazia digitale

Con diplomazia digitale non intendiamo unicamente l’integrazione di strumenti e pratiche proprie dell’ICT nell’azione quotidiana delle Istituzioni e dei Funzionari Diplomatici, ma più ampiamente l’adozione di strategie basate sulla cooperazione digitale a livello tecnico, normativo, sociale e politico che avviene tra uno o più Stati (o entità governative).

Diviene così interessante e sempre più oggetto di studio come, nella crescente e pervasiva intersezione tra Affari Pubblici e Nuove Tecnologie, anche il multilateralismo e i rapporti diplomatici tra Stati siano investiti dal digitale come “campo di battaglia di valori e narrative” – dalle parole dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza – Josep Borell.[1]

Gli obiettivi della Diplomazia Digitale dell’Unione Europea

La corsa tecnologica e la necessità di fare “capacity building” tra paesi alleati hanno definito la diplomazia digitale come uno strumento a disposizione degli Stati per posizionarsi in un mercato internazionale competitivo e conflittuale. Numerosi gli elementi e gli obiettivi sottostanti questa azione strategica.

Accordi per favorire l’economia digitale

A partire dal commercio, tramite l’eliminazione dei dazi doganali per i prodotti digitali, fino al lancio di iniziative governative internazionali per la digitalizzazione delle PMI e lo scaleup delle Startup. Guidati dal dogma dell’ “ACCESS”, in questo caso nell’accezione di approdo commerciale e apertura a mercati internazionali, i governi supportano lo sviluppo di accordi per il digitale proprio a partire dai cosiddetti Free Trade Agreements (FTA) – accordi di libero scambio.

In questa fattispecie rientrano anche gli accordi di trattamento non discriminatorio per prodotti e servizi esteri, di formazione cross-nazionale del capitale umano, di supporto ai pagamenti digitali, etc.

Accordi nella definizione di standard tecnologici

Nelle tecnologie 5G, nelle frequenze Internet, nella costruzione dei chip – alla base di qualsiasi dispositivo tecnologico – ma semplicemente nella manifattura tecnologica più generale, gli standard sono fondamentali per garantire a tutti i dispositivi di operare in un sistema condiviso e consentire condizioni fondamentali di interoperabilità, sicurezza e competitività.
Come riportato nella Standardisation Strategy dell’Unione Europea, ricoprire un ruolo di leadership nella definizione degli standard tecnologici internazionali permette di far leva sul cosiddetto first-mover advantage, e dunque avanzare standard che possano promuovere la riduzione dei costi per le imprese per quanto concerne la manifattura, la compliance normativa e l’internazionalizzazione.

Investimenti condivisi in infrastrutture e R&D

Cavi sottomarini, fibra ottica, tecnologie satellitari, Data Centers. Tutte infrastrutture su cui si basa l’Internet, i servizi di telecomunicazioni e in generale la grande connettività digitale sulla quale si sviluppa la nostra economia e società. Tutte infrastrutture che richiedono ingenti capitali e lunghi tempi di realizzazione. Rappresentazione esemplare di questo impegno è l’iniziativa Global Gateway dell’Unione Europea, definita come una risposta alla Digital Silk Road (DSR) cinese: un piano globale di investimento in infrastruttura da oltre 300 miliardi di euro tra il 2021 e il 2027.

Allo stesso modo, la diplomazia digitale si manifesta anche nelle scelte di investimento condivise in progetti e bandi di Ricerca e Sviluppo per tecnologie all’avanguardia.

Cooperazione per rischi cibernetici e minacce poste da interferenze estere

La cooperazione internazionale su questioni di sicurezza informatica rappresenta probabilmente la branca della diplomazia digitale la cui necessità è maggiormente percepita. Una disciplina talmente complessa e rilevante che viene spesso distinta da quella digital per sé e definita distintamente cyber-diplomacy.

Violazioni, interferenze e attacchi informatici sempre più diffusi e pervasivi hanno portato il decisore pubblico ad avanzare numerose strategie nazionali e internazionali di prevenzione e risposta al rischio. Ancora una volta a livello comunitario rileva il EU’s Cyber Diplomacy Toolbox, adottato dall’Unione già nel 2017.

Definizione di principi legali, etici e sociali alla base delle nuove tecnologie

A tutti gli elementi già presentati, si aggiunge una fattispecie chiave e particolarmente risonante nelle parole del Vicepresidente Borell presentate in introduzione. La diplomazia digitale racchiude una forte impronta politica e valoriale nel promuovere quadri normativi, approcci regolatori e norme di comportamento per gli attori in gioco.
L’Unione Europea esplicita chiaramente nella propria strategia la forte intenzionalità nel supportare un multilateralismo “antropocentrico”, basato sulla promozione dei diritti umani universali e delle libertà fondamentali, dello Stato di diritto e dei principi democratici.
Gli esempi sono numerosi, il più recente riguarda la Dichiarazione Europea per i Diritti e i Principi nel Digitale adottata a dicembre 2022.

Analizzando la proiezione di tutti gli elementi presentati contestualmente all’enorme produzione normativa tech avanzata a livello comunitario negli ultimi anni, è facile comprendere come la diplomazia digitale stia divenendo sempre più centrale nella strategia di politica estera dell’Unione Europea.

Il programma Decennio Digitale Europeo nasce infatti con l’obiettivo di rendere l’Unione il continente più connesso entro il 2030 tramite il rafforzamento delle connessioni con partner fidati nel mondo.

In aggiunta, anche al di là dell’intenzionalità di promuovere un’azione strategia multilaterale, solo la riconosciuta capacità regolamentare su tematiche tech dimostrata dall’UE negli ultimi anni ha avuto significativi impatti al di fuori dei confini del Mercato Unico. Da un lato, sicuramente, per via della presenza di attori internazionali operanti su territorio europeo, in primis le grandi aziende del Web, a cui va ad aggiungersi l’interessante e dibattuto framework normativo del “Brussels Effect”[2]; dall’altro lato, la credibilità legislativa che negli anni l’Unione si è guadagnata e che l’ha portata a diventare caso studio e precorritrice su molte tematiche di regolamentazione da parte di partner internazionali.

Nonostante molti accordi commerciali già esistenti presentino disposizioni in materia di commercio digitale, sono sempre più centrali nell’impegno diplomatico dell’Unione i cosiddetti digital partnership agreement. Di nostro particolare interesse è quello che l’Unione Europea ha recentemente stretto con Singapore.

EU-Singapore Digital Partnership Agreement: contenuto e lacune

A seguito dell’annuncio avvenuto presso lo EU-ASEAN Summit del dicembre 2022[3], la EU-Singapore Digital Partnership Agreement (EUSDPA) è stata finalmente pubblicata l’1 febbraio 2023[4].

Se ne discusse pubblicamente la prima volta nel dicembre del 2021[5], durante l’incontro inaugurale del Comitato per il Commercio presso lo EU-Singapore Free Trade Agreement (EUSFTA) – entrato in vigore nel Dicembre del 2019. Ed è partendo proprio da quest’ultimo accordo commerciale e dallo EU-Singapore Investment Protection Agreement (EUSIPA) che si è sviluppata la nuova Partnership per la Cooperazione digitale.

Nel contesto della Strategia EU per l’Indo-Pacifico (lanciata nell’aprile 2021), il principale messaggio che porta questo accordo è il crescente riconoscimento da parte dell’Unione Europea di Singapore come un forte partner tecnologico, finanziario e commerciale, punto di riferimento per il Sud Est Asiatico e porto tra l’Est e l’Ovest. Questo in aggiunta alla crescente forza attrattiva dell’economia digitale Sud-Est Asiatica da parte di aziende europee, un mercato che si progetta triplicherà in valore tra il 2020 e il 2025.[6]

Cosa contiene l’accordo

I principali punti contenuti nell’accordo richiamano l’impegno comune dei due Partner nel supportare gli obiettivi presentati nel primo paragrafo, ed in particolare:

  • La supply-chain dei semiconduttori
    Semiconduttori: il cuore pulsante di ogni tecnologia, componente di tutta l’elettronica moderna, e conseguentemente pietra miliare dell’economia globale, fondamentale per la crescita economica, la produttività e lo sviluppo dell’innovazione. Gran parte della corsa geopolitica per la leadership tecnologica negli anni a venire sarà incentrata sul settore dei semiconduttori e sulla resilienza e sostenibilità della sua catena di approvvigionamento – da tempo in crisi. Un’attenzione fortemente dimostrata dall’Unione nei recenti anni con l’avanzamento della proposta di regolamento per un Chips Act per il raggiungimento di un’Europa digitale strategicamente autonoma – tale, anche grazie a partnership con Stati alleati come Singapore, non a caso un’importante player nell’industria globale dei semiconduttori.
  • Governance tecnologica e trasferimento dei dati
    Seguendo la direzione tracciata dalla firma della Dichiarazione Congiunta sulla Privacy e sulla Protezione dei Dati Personali (in occasione dell’Indo-Pacific Forum del Febbraio 2022), EU e Singapore rinnovano il proprio impegno a supportare una libera circolazione dei dati per facilitare i flussi transfrontalieri quale elemento chiave per sfruttare le opportunità dell’economia digitale, seppur “nel rispetto delle norme per la protezione dei dati”. Richiamato anche il supporto a sistemi di governance incentrati sulla “trust”[7], specialmente per le tecnologie di Intelligenza Artificiale.
  • Investimenti in infrastruttura e in Ricerca e Sviluppo
    L’accordo rimarca anche l’impegno per EU e Singapore di collaborare con investimenti in infrastrutture digitale e R&D, in particolare per tecnologie all’avanguardia come l’Intelligenza Artificiale, il 5G e 6G, i semiconduttori e le tecnologie per la privacy.

Altre disposizioni più generali prevedono l’impegno di collaborare per la facilitazione del commercio internazionale, lo sviluppo di una certezza del diritto sempre più tangibile, la formulazione di standard condivisi che favoriscano l’interoperabilità e la sicurezza dei sistemi (tramite procedure STRACAP), la formazione dei lavoratori e la difesa e prevenzione comune in ambito cybersecurity.

Le lacune dell’accordo

Indubbiamente l’accordo si caratterizza per la sua forte componente politica.

Come spesso avviene nelle discussioni sul multilateralismo, l’elemento che più alimenta dubbi risiede nell’effettiva realizzazione di questi impegni politici, vista la sostanzialmente mancanza di meccanismi di enforcement all’interno della Digital Partnership.

Il partenariato adotta infatti un’architettura flessibile e dinamica che supporta una serie di modalità di cooperazione, coerentemente con la rapida evoluzione delle esigenze e problematiche portate dallo spazio digitale.

I punti 12 e 20 dell’accordo lo specificano: la Digital Partnership non intende creare alcun diritto o obbligo ai sensi del diritto internazionale o nazionale. Non ha alcuna implicazione finanziaria da nessuna delle due parti. Sostanzialmente, il partenariato digitale può continuare fino a quando entrambe le parti confermeranno che gli obiettivi dell’accordo sono stati raggiunti o fino a quando una parte non interrompe la sua partecipazione.

Nelle aree mature in cui le imprese e i cittadini necessitano di certezza del diritto e chiarezza su come possono operare nell’ambiente digitale, l’UE e Singapore potrebbero prendere in considerazione la possibilità di negoziare accordi giuridicamente vincolanti in futuro, in linea con le pertinenti procedure nazionali per la loro adozione.

A questo si aggiunge il fatto che molte delle disposizioni contenute nell’accordo appaiano essere generali e approssimative, e dunque emblematici di una mera dichiarazione di intenti, alla quale dovrà necessariamente seguire un’opera di progettazione ed implementazione non da poco.

Un altro appunto sul quale sarebbe interessante aprire una discussione più ampia è l’apporto valoriale insito nel Partenariato. Lo abbiamo detto: l’Unione Europea sottolinea ripetutamente l’obiettivo di stringere accordi con “partner like-minded che condividono gli stessi principi, nel rispetto dei diritti umani universali, le libertà fondamentali, lo Stato di diritto e i principi democratici.”. Il fatto che Singapore sia frequentemente oggetto di critica per la restrizione di diritti e libertà fondamentali, alimenta la consapevolezza che il Partenariato racchiuda una dimensione principalmente economica, tecnologica e commerciale, piuttosto che etica e social-normativa.

I prossimi step

La Digital Partnership sarà caratterizzata da una riunione ministeriale annuale (lo EU-Singapore Digital Partnership Council), guidata dal Commissario per il Mercato Interno Thierry Breton e il Ministro Singaporiano per l’Industria e il Commercio S Iswaran. Questi incontri cadenzati avranno l’obiettivo di condividere i progressi e le priorità programmatiche di cooperazione, prevedendo specifici tavoli di lavoro su dossier di comune interesse basandosi su architettura burocratica di governance già esistente (come quella dei Comitati EUSFTA).

C’è da attendere se, come accennato nel Partenariato, le due parti decideranno di adottare disposizioni giuridicamente vincolanti in futuro, ma il percorso è appena iniziato.

Nel frattempo, come già ricordato, questo accordo si posiziona all’interno di un’ampia strategia di diplomazia digitale portata avanti dall’Unione Europea negli ultimi anni.

Solo nel 2022, l’UE ha annunciato l’adozione di partenariati digitali con altri due paesi asiatici, oltre a Singapore, ovvero Giappone e Corea del Sud – a cui si aggiunge lo EU-India Tech and Trade Council dell’aprile 2022 e l’agenda digitale per i Balcani occidentali per il commercio e la tecnologica. E ancora, l’impegno congiunto a favore della trasformazione digitale nella visione comune UE-Africa per il 2030, l’iniziativa EU4Digital del partenariato orientale, nonché la prossima alleanza digitale UE-ALC e le disposizioni in materia di commercio digitale contenute negli accordi commerciali dell’UE esistenti.

Per non parlare del rinnovato impegno transatlantico in seno allo EU-US Tech and Trade Council lanciato nel giugno 2021.

Vista la forte componente politica che guida le azioni di diplomazia digitale fin qui presentate, sarà interessante continuare ad analizzare come questi accordi bilaterali con “likeminded partners” si susseguiranno in un contesto multilaterale sempre più compromesso e in uno scacchiere geopolitico polarizzato (con l’evidente presenza di un elephant in the room).

Note

  1. Fonte: Conclusioni EU Consiglio degli Affari Esteri, 18 Luglio 2022
  2. Inizialmente teorizzato da Anu Bradfort, l’Effetto Bruxelles analizza il potere unilaterale dell’Unione di regolamentare i mercati globali e stabilire standard politici internazionali senza la sola necessità di ricercare il multilateralismo e la cooperazione istituzionale. Questa “europeizzazione” del commercio globale sarebbe guidata dalle forze di mercato in quanto le società che operano nel mercato europeo estendono volontariamente le norme dell’Unione per disciplinare le loro operazioni a livello mondiale. Le multinazionali sarebbero infatti incentivate dai vantaggi di standardizzare la loro produzione a livello globale al quadro legale di un mercato grande e attraente, al contrario di personalizzare le loro operazioni per ogni singola economia. Questo è descritto come l’effetto Bruxelles de facto. L’effetto de jure si basa su quello de facto prevedendo come, dopo che le aziende avranno adottato regolamenti di tipo europeo, avrebbero esercitato pressioni nella loro giurisdizione nazionale affinché tali comportamenti globali fossero adottati e armonizzati negli altri paesi in cui operano
  3. Fonte: European Commission Press Corner
  4. Fonte: European Commission Press Corner
  5. Fonte: Europea Commission | Trade – News Article
  6. Fonte: Bloomberg
  7. Con questo principio si fa generalmente riferimento alla definizione di un rapporto di fiducia, una sorta di contratto sociale, in cui i cittadini possono fare affidamento alla guida delle istituzioni (ma anche delle aziende private) per dare forma al grande cambiamento portato dalla digitalizzazione.Un sistema di governance basato su competenze, responsabilizzazione e trasparenza dell’azione di governo, introduzione di meccanismi di pesi e contrappesi e una comunicazione chiara e completa, al fine di garantire la sicurezza dei cittadini, il loro benestare e il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali.

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