Dopo decenni in cui lo spazio è stato luogo tanto strategico quanto collaborativo della geopolitica, si stanno ora ponendo le basi perché esso diventi un nuovo luogo di militarizzazione. Per questo diventa ancora più importante che nel passato la space diplomacy, ma ancora di più lo è la commercializzazione e democratizzazione dello spazio, che offrirà nuove occasioni per rafforzare i legami tra le nostre economie e così facendo obbligare le potenze spaziali alla cooperazione.
In questo contesto i Parlamenti sono chiamati a promuovere nei prossimi decenni uno spirito di collaborazione internazionale e porre così le basi per una società multiplanetaria pacifica (anche perché lassù sarà troppo occupata a sopravvivere per trovare il tempo di farsi gli sgambetti). Anche la nostra Camera dei Deputati, come vedremo, ha recentemente dato un boost alla ‘Space parliamentary diplomacy’ e l’Intergruppo parlamentare per lo spazio ha candidato l’Italia per ospitare la Conferenza parlamentare dello spazio (EISC) per l’anno 2022.
Cos’è la space diplomacy
Quando si parla di space diplomacy, l’immaginario collettivo si scatena e probabilmente rappresenta uno scenario futuribile di militarizzazione dello spazio e di prevenzione di guerre intergalattiche. Magari in futuro. Per ora, in realtà, la space diplomacy è un concetto molto più ‘con i piedi per terra’ che ha a che fare con la real politique tra Paesi per la gestione dei trasporti e telecomunicazioni nello spazio ed aerospazio.
Essa è un braccio della politica estera fatta di momenti di competizione, ma soprattutto di un forte spirito e tradizione di collaborazione tra Agenzie, al punto tale da rappresentare l’unico punto di contatto tra Usa e Urss durante la Guerra Fredda (telefono rosso a parte).
La space diplomacy era infatti riuscita dove tutte le diplomazie avevano fallito, è più che noto che il programma test Apollo-Soyuz, nel 1975, aveva sancito l’inizio di una fase cooperazione tra le due potenze. Pochi anni dopo, dal 1998, la Stazione spaziale internazionale (ISS) rappresentava la casa per tutta l’umanità. Più recentemente, anche i rapporti tra Pakistan e India hanno iniziato ad utilizzare lo spazio come luogo diplomatico dove costruire il ‘trust’ reciproco che servirà poi in settori più tradizionali (un po’ come in passato hanno fatto con il cricket).
La narrazione dello spazio come luogo tanto strategico quanto collaborativo della geopolitica ha quindi non pochi cenni storici.
Lo United Nations Office for Outer Space Affairs e l’agenda Space2030
Anche le Nazioni Unite, dal 1958, si muovono nella stessa direzione con l’UNOOSA (United Nations Office for Outer Space Affairs) che espressamente lavora per promuovere la cooperazione internazionale e lo sviluppo economico e sociale attraverso le tecnologie spaziali e che pochi sanno essere guidato proprio da un’italiana, Simonetta Di Pippo. Non va infatti dimenticato il potenziale che, ad esempio, hanno i piccoli satelliti nell’aiuto delle economie dei Paesi in via di sviluppo, dove vengono usati, ad esempio, per monitorare le colture o per perseguire i Sustainable Development Goals (SDGs).
Di primo piano, sempre nel contesto UNOOSA, è l’agenda Space2030, che mira a migliorare la Global Space Governance: diminuendo il gap tra potenze spaziali e potenze spaziali emergenti, nonché facilitando il tecnology transfer tra settore spazio e non spazio e, appunto, diffondendo la space tech per gli SDGs.
Lo spazio come nuovo luogo di militarizzazione
A valle di queste considerazioni, non possiamo non ricordare che lo spazio è storicamente uno dei primi campi di applicazione della cybersicurezza, del reverse engineering e, dato ancora più preoccupante, sta diventando un nuovo luogo di militarizzazione; è infatti noto che sia il presidente Usa Donald Trump che quello francese Emmanuel Macron stanno iniziando a costituire una nuova Forza armata, quella appunto dello spazio.
Se questo scenario era assolutamente prospettabile, è anche vero che esso rischia di accelerare la corsa alla militarizzazione delle varie potenze spaziali.
Nel frattempo, siccome non esiste diplomazia senza economia, come abbiamo già accennato, cresce l’importanza della new space economy (NSE): la rapida commercializzazione del cosmo permetterà di diminuire il rischio di scenari fatti di atteggiamenti ostativi e di alleanze contrapposte, perpetrando nello spazio i peggiori schemi della storia (troppo) umana.
In altre parole, la new space economy è un grande mezzo per andare in soccorso della tradizione collaborativa dello spazio. Si tratta, alla fine, di applicare il principio usato dalla comunità europea dopo la guerra mondiale: accrescere le relazioni e il mercato unico per garantire la pace.
L’intergruppo parlamentare per lo spazio
In questo contesto, alla Camera dei Deputati, con il nuovo Intergruppo parlamentare per lo spazio, nato a settembre, stiamo portando avanti, tra le molte attività, anche un maggiore coinvolgimento del Parlamento Europeo e dell’Osce, nonché dell’UNOOSA.
Sul lato esecutivo invece è appena terminata la ministeriale ESA di Siviglia, la tre giorni in cui, ogni tre anni, le potenze europee del settore decidono l’allocazione delle risorse e in generale la visione europea per il settore.
Alla fine, la democratizzazione dello Spazio passa anche per un maggiore ruolo dei parlamenti.
Dunque in questa fase è essenziale pretendere la massima attenzione al settore da parte delle organizzazioni internazionali e dell’economia reale. Solo così potremo garantire la tradizione del cosmo come luogo di collaborazione e non di militarizzazione.