Il rapporto tra minori e tecnologie digitali è diventato un terreno decisivo per la società. Sempre più bambini e adolescenti accedono a smartphone, social e strumenti di intelligenza artificiale, con effetti che toccano apprendimento, relazioni, salute e sicurezza.
Se, da un lato, il digitale apre spazi di inclusione e nuove opportunità educative, dall’altro, emergono rischi concreti come cyberbullismo, dipendenze ed esposizione a contenuti dannosi.
Il lancio dell’Osservatorio Digital for Kids & Teens da parte del Politecnico di Milano ha acceso i riflettori su questi aspetti, portando le voci di ricercatori, educatori e organizzazioni sociali che richiamano alla necessità di un impegno collettivo per costruire una cultura digitale equilibrata e responsabile.
Indice degli argomenti
Le sfide sociali secondo le scienze umane
Il rapporto tra minori e tecnologie digitali non può essere letto solo in chiave tecnica o tecnologica. Serve invece uno sguardo critico che tenga conto delle dimensioni sociali, culturali ed etiche.
Paolo Bory, ricercatore in sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il Politecnico di Milano, ha sottolineato come sia fondamentale evitare le polarizzazioni che hanno spesso accompagnato l’avvento di nuove tecnologie: da un lato la demonizzazione, dall’altro l’entusiasmo acritico.
La storia mostra come fenomeni simili si siano già ripetuti con media precedenti, dalla televisione al cinema. Oggi la stessa dinamica si applica ad internet, ai social network e più recentemente all’intelligenza artificiale.
Secondo Bory, però, la chiave è costruire un’analisi equilibrata: riconoscere i rischi reali – dipendenza, esposizione a contenuti dannosi, perdita di privacy – senza cadere in allarmismi generalizzati, ma anche evitare di attribuire ai giovani competenze e responsabilità sproporzionate solo perché “nativi digitali”.
Il contributo delle scienze sociali sta proprio nel fornire strumenti per comprendere come i giovani interpretano e vivono il digitale, non solo cosa fanno online.
Ciò significa indagare le interazioni tra pari, le pratiche quotidiane e i significati attribuiti all’uso delle tecnologie. È un approccio che apre la strada a politiche ed educazioni più consapevoli, basate sulla realtà dei comportamenti e non su pregiudizi o stereotipi.
Educare al e con il digitale
L’educazione è uno degli ambiti più sensibili e al tempo stesso più promettenti quando si parla di digitale e minori. Donatella Solda, presidente di EdTech Italia, ha evidenziato come l’innovazione tecnologica possa trasformare i processi di apprendimento, rendendoli più efficaci e inclusivi. Allo stesso tempo, ha ricordato che senza un’adeguata consapevolezza, il digitale rischia di essere percepito solo come un pericolo da cui difendersi o, al contrario, come una soluzione magica capace di risolvere ogni problema educativo.
Il punto centrale, secondo Solda, è trovare un equilibrio tra innovazione, regole e domanda sociale.
Da un lato, ci sono le famiglie, spesso divise tra chi consegna precocemente dispositivi ai figli senza filtri e chi invece reagisce con paura e divieti. Dall’altro, ci sono le imprese e i produttori di tecnologie, che hanno la responsabilità di integrare strumenti di sicurezza e trasparenza nei loro prodotti. A completare il quadro, le istituzioni scolastiche, che faticano a dotarsi di infrastrutture adeguate e a formare docenti capaci di usare in modo consapevole i nuovi strumenti.
Educare “al digitale” significa sviluppare competenze critiche per capire come funziona la tecnologia, riconoscere rischi ed opportunità, imparare a gestire dati personali e relazioni online. Educare “con il digitale” significa invece sfruttare le potenzialità di piattaforme, app e ambienti immersivi per rendere l’apprendimento più personalizzato, inclusivo e stimolante.
Ma solo integrando queste due dimensioni si può costruire una vera cultura digitale educativa, che prepari i giovani a un uso responsabile e al tempo stesso creativo delle tecnologie.
Il ruolo della prevenzione e del supporto per il benessere digitale dei minori
Se educazione e consapevolezza sono strumenti indispensabili, non meno importante è avere reti di prevenzione e supporto in grado di affrontare le conseguenze negative dell’uso del digitale. Ivano Zoppi, segretario generale della Fondazione Carolina, ha ricordato come i fenomeni di cyberbullismo, dipendenze da social e ritiro sociale siano ormai parte della quotidianità di molte famiglie.
La Fondazione, nata in memoria di Carolina Picchio – la prima vittima riconosciuta di cyberbullismo in Italia – opera su tre pilastri.
Il primo è la ricerca, che consente di monitorare costantemente comportamenti e rischi emergenti. Il secondo è la formazione, rivolta non solo a studenti ma anche a genitori e insegnanti, spesso poco preparati a gestire le dinamiche online dei ragazzi. Il terzo è il supporto diretto, che va dall’intervento di pronto soccorso psicologico e legale in situazioni di emergenza fino a percorsi di cura per chi soffre di dipendenze digitali o isolamento.
Zoppi ha sottolineato come la sfida più grande sia proprio creare una cultura di continuità educativa: non bastano eventi una tantum o iniziative sporadiche, serve un impegno quotidiano e condiviso. Anche le piattaforme tecnologiche devono assumersi la loro parte di responsabilità, investendo in sistemi di tutela più efficaci e riducendo l’accesso indiscriminato a contenuti dannosi, come quelli pornografici, a cui già bambini di 8-10 anni riescono ad arrivare.
Il messaggio è chiaro: strumenti e leggi sono importanti, ma senza consapevolezza e attenzione costante da parte di famiglie, scuole e società, nessuna misura sarà sufficiente a garantire un vero benessere digitale ai minori.
Genitori, scuole e piattaforme: una responsabilità condivisa
Il benessere digitale dei minori non può essere affidato a un unico attore. Dalla discussione è emersa la necessità di una responsabilità collettiva, che coinvolga in modo coordinato famiglie, istituzioni educative e provider tecnologici.
I genitori rivestono un ruolo cruciale: non possono limitarsi a vietare o a concedere l’uso dei dispositivi, ma devono accompagnare i figli nella scoperta del digitale, imparando a utilizzare strumenti come il parental control e sviluppando competenze di base per comprendere rischi e opportunità.
La scuola, dal canto suo, deve andare oltre la semplice alfabetizzazione tecnica, promuovendo una vera educazione digitale che includa aspetti etici, relazionali e critici.
Accanto a famiglie e istituzioni, le piattaforme tecnologiche devono garantire trasparenza e sicurezza. L’adozione di meccanismi di verifica dell’età, l’introduzione di strumenti di monitoraggio e l’impegno a limitare l’esposizione dei minori a contenuti dannosi non possono più essere considerati optional. La collaborazione con organizzazioni del terzo settore e con centri di ricerca, come l’Osservatorio Digital for Kids & Teens, rappresenta un passo fondamentale per costruire soluzioni efficaci.
In sintesi, la tutela dei giovani online richiede una corresponsabilità: ogni attore, dal genitore al legislatore, dall’insegnante al fornitore di tecnologia, deve contribuire a creare un ecosistema digitale più sicuro, inclusivo e orientato al benessere.
Una nuova cultura digitale per le generazioni future
Il confronto fra esperti, educatori ed organizzazioni sociali ha reso evidente che la vera sfida non è solo proteggere i minori dai rischi del digitale, ma costruire una nuova cultura digitale che li accompagni nella crescita. Una cultura che unisca consapevolezza critica, competenze pratiche e responsabilità collettiva.
Il digitale non può essere bandito né accettato senza riserve: va compreso, contestualizzato e usato come strumento di apprendimento, inclusione e creatività. La prevenzione del cyberbullismo, l’uso di tecnologie immersive per ridurre ansie mediche, la diffusione di contenuti accessibili e inclusivi dimostrano che un approccio equilibrato è possibile per raggiungere il benessere digitale dei minori.
L’Osservatorio Digital for Kids & Teens si pone come punto di riferimento in questo percorso, con l’obiettivo di aggregare esperienze, elaborare linee guida e stimolare un dibattito costruttivo.











