Memory Squad - 116° PUNTATA

Gianroberto Casaleggio

Cronache dal futuro (anno 2333), a cura del docente visionario Edoardo Fleischner per Agendadigitale.eu

Pubblicato il 15 Apr 2016

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Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia totale, dalla Sindrome della Noia Assoluta”, perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base di copertura su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.

“Quale argomento?”
“Democrazia diretta, per favore.”
“Raggiunga il secondo chiostro… Solo lei! È una conversazione a due. Il soggetto non vuole fare salotto. Lo trova appoggiato alla terza colonna del lato nord. Al sole. Berretto a lunga visiera… Buona conversazione ragazzo…”
“Grazie, signore!”

Il chiostro affabulava. I passi tiepidi. Seduto. Il mare oltre il portale. La città sbirciava i prati chiusi. Quadrati. Le fontane rotonde. Le ombre arcuate. Gli chiese. Si alzò senza sorriso. Passi assorti. Passi liberi.

“Le va bene una passeggiata verso il nuovo porto?”
“Non è così nuovo, ragazzo… sono più di due secoli…”
“Sì lo so… ma mia madre lo chiama sempre così. Io non riesco ad immaginarmi quando il mare era trenta metri più basso…”
“Beh la città sommersa, là sotto, è bella, dopo tutto…”

La voce quieta. Gli occhiali Lennon. Una marca che porta dalla nascita alla tomba. Miliardi di persone. Le biciclette soffiavano via. Il salmastro fiutava. Gli antichi lastroni prospettavano.

“Lei se lo sarebbe immaginato?”
“Cosa?”
“Che avremmo avuto i tutor a verifica quotidiana?”
“Tu hai scelto una conversazione sulla democrazia diretta, giusto? Allora di questa ti parlerò. No, non pensavo si arrivasse addirittura a questo. Una meta formidabile. Dovevo essere ancora più ottimista e un pochino meno realista…”

Le conversazioni frusciavano. La baia affettuosava. Il traffico silenziava. I pensieri ammassavano. La luce dal mare. Sbiancava le due lenti tonde.

“Se ne parlava già ai suoi tempi di democrazia diretta?”
“Sono quasi tremila anni che se ne parla, ragazzo. È così. È un fatto. La democrazia diretta sta nel fatto che una persona non delega più un politico ma controlla l’operato di un dipendente, come diceva un mio caro amico… uno molto spiritoso… ma anche un fustigatore… senza di lui avremmo perso più di un treno prima di arrivare qui, oggi…”
“Come si chiamava il suo amico… così, tanto per saperlo?”
“Beppe…”

Gli skyskate tracciavano. Nell’aria di gelatina. S’impennavano nei pennoni. Gabbiavano coi gabbiani. Graffitavano coi soffitti. Svicolavano gli umori. Cabravano i dolori. Arraffavano gli odori.

“Ho letto che lei credeva moltissimo nella rete, così si chiamava…vero?”
“Sì. La rete… La rete diceva la verità. Un messaggio, in rete, perde la sua viralità se è falso. Basta solo darle il tempo necessario.”
“Noi non abbiamo più il problema della verità, signore… Che brutti tempi dovevano essere i vostri! Oddio… non è che i nostri…”
“Ai miei tempi prima della rete, comunicazione, conoscenza e organizzazione appartenevano al potere. Con la rete sono diventati di tutto il popolo.”
“Sì conosco la storia… è arrivata Gaia… un’utopia insomma… una roba da mito greco…” Sorrideva. Assuefava. Abbrancava. Annaspava.
“Non era fantasia, ragazzo mio, era realtà. Gaia ha fatto scomparire partiti, politica, ideologie, religioni. I vostri tutor sono i pronipoti di Gaia… sono il governo della Galassia, ora. Ma lo devono a quell’anno magnifico…”
“Quale anno?”
“Era il 2054. Io non c’ero. Ma tu l’avrai studiato, no?… ci furono le prime elezioni mondiali in rete. Un Governo Mondiale chiamato appunto Gaia viene eletto. Le organizzazioni segrete vengono abolite, ogni essere umano può diventare presidente, controllare le azioni del governo, tramite la rete…”

La comandate Akila Khaspros sola. Senza i suoi agenti. Pedalava dietro. Ascoltava. Annuiva. Affievoliva i pensieri. Arrancava i desideri. Abbarbicava gli ordini. Assecondava i complimenti. Dirompeva le tristezze. Pedinava la conversazione. Cercava di capire se c’erano memorie connesse. Oppure se “quel tipo” era autonomo.

“Anch’io quando sono grande voglio diventare presidente! Volevo dire tutor…”
“Certo. Sono sicuro che lo diventerai. Al servizio di tutti. Un dipendente… Fai parte e farai sempre più parte del sapere collettivo che è la politica, da tempo ormai. L’uomo ora è veramente l’unico fautore del proprio destino.”
“Non era così signore, non era così… fino a poco tempo fa il mio destino lo costruivo io, forse, ma era già tutto noto… le memorie connesse… ci dicevano tutto…”

La comandante Khaspros contemplava i lunghi capelli. No, non c’erano memorie connesse. Lo aveva capito subito che era un multisecolare-di-dialogo. Li aveva seguiti. Ma non aveva ancora individuato chi fosse. Li superò. Frenò la bici di traverso. “Mi scusi l’interruzione, signore, ma chi ho avuto il piacere di ascoltare fino adesso?” Il ragazzo assaporava.

“Casaleggio, signora, Gianroberto Casaleggio…”

(116 – continua la serie. Episodio “chiuso”)

edoflei06@gmail.com

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