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I giovani millennial saranno adatti al futuro? Ecco le professionalità necessarie per il lavoro

I ragazzi nati nel 2000 dovranno affrontare una delle rivoluzioni culturali più profonde mai avvenute. Acquisire competenze e professionalità molto articolate, che prevedono anche l’interazione con intelligenze artificiali. Dovrà anche cambiare il ruolo dell’università. Anche per questo è nata la comunità cognitiva italiana

Pubblicato il 07 Giu 2018

Paolo Maresca

DIETI Università Federico II

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Saremo adatti al futuro? L’85% dei lavori che si faranno nel 2030 non sono stati ancora inventati. I cosiddetti “millennials”, i ragazzi nati nel 2000 dovranno affrontare una delle rivoluzioni culturali più profonde mai avvenute. La causa è dovuta alle tecnologie “dirompenti”, quelle tecnologie che irrompono nello stato delle cose e lo stravolgono cambiando completamente le competenze e le conoscenze acquisite dagli allievi finora nelle università (ma richieste nelle aziende). Tema fondamentale per il futuro della società, tanto che è uno di quelli trattati all’IBM Think 2018 di Milano. 

Le tecnologie che stravolgono competenze e conoscenze

Ma quali sono queste tecnologie? Sono il cloud, Big data, IOT, dispositivi mobili, social network e cognitive computing. In particolare, l’ultima, il cognitive computing rappresenta quella che le integra tutte. Essa nasce come modello che si basa sul modo di ragionare dell’essere umano e la cui applicazione è trasversale su tutti i domini applicativi. Gli ambiti di applicazione spaziano dalla meteorologia all’economia, dall’automotive all’healthcare, dal blockchain al retail, dalle smart cities alla cucina. I vendors presenti sul mercato sono già un numero cospicuo: Enterra con il suo enterprise cognitive system, Microsoft con Azure, Deep Mind, HP con IDOL  e IBM con Watson. Mentre anche Google e Amazon preparano le loro soluzioni, anche se più confinate ad applicazioni specifiche.

Dalla legge di Moore alla legge della conoscenza

Lo scenario mondiale però vede Watson di IBM avere una maturità sui concorrenti anche per la presentazione dei servizi adoperabili sulla piattaforma IBM BlueMix. Fin qui sembrerebbe la solita competizione a chi arriva primo a piazzare sul mercato un prodotto. Tuttavia, siamo alla vigilia di una svolta epocale non più governata dalla legge di Moore (per la quale grosso modo ogni due anni raddoppiava la velocità dei processori) ma governata dalla legge della conoscenza e basata dunque sui dati, una grossa mole di dati. Se hai acquisito tantissimi dati devi avere un piano per analizzarli, ed oggi la competizione le aziende la fanno se sanno analizzare i dati che hanno a disposizione. Insomma, un cambio di passo epocale che ci porta da un ragionamento essenzialmente legato all’hardware ad uno legato alla conoscenza ed alla capacità di analizzare dati e prendere decisioni che abbiano anche un effetto sul sociale.

Sistemi cognitivi, etica e sicurezza

Perché i dati spesso siamo noi: la nostra vita, le nostre preferenze, le nostre passioni e ciò sfocia in molti dibattiti di natura etica e di sicurezza. Tutto ciò sconvolge il mondo dei saperi e dei lavori. Intanto l’uomo sarà affiancato da macchine che amplificheranno le sue capacità e lo aiuteranno a prendere decisioni analizzando big data di diversi domini applicativi. Il modello di processo sarà probabilmente quello nel quale i sistemi cognitivi avranno la capacità di estrarre la conoscenza in maniera automatica dai domini applicativi ed essi stessi saranno in grado di costruire la conoscenza utile per le professioni del futuro. Insomma, l’utente interagirà con i sistemi cognitivi direttamente e dunque dovrà avere una formazione per interagire con sistemi con i quali “si parla” e dovrà essere in grado di capire architetture molto più complesse di quelle di adesso. La generazione della conoscenza sarà più efficiente e rapida e il trasferimento nel mondo sociale sarà la chiave fondamentale per il business e le nuove professioni.

Le nuove professionalità

Potremmo discutere sul tipo di professionalità che dovremmo formare. Presumibilmente esse saranno di tipo:

Multidisciplinare

Un set di abilità integrate che copre la matematica, apprendimento automatico, intelligenza artificiale, la statistiche, i database, e l’ottimizzazione, insieme ad una profonda conoscenza della risoluzione dei problemi tipico dell’ ingegnere.

Multi-dominio

Un apprendimento “Consapevole dell’esistenza di contesti diversi da quelli in cui si è formati” es. socioeconomico, in settori come la medicina, energia, ambiente, finanza, trasporti, etc.

Multi-empatica

I professionisti dovranno interagire con:

  • Gli esseri umani: come dati / generatori di conoscenza / consumatori.
  • Sistemi cognitivi: verranno istruiti (non programmati).
  • Gli esseri umani a realtà aumentata (assistiti dai dispositivi e gadget).
  • Sistemi robotizzati.
  • Ibrida – un insieme dei punti precedenti.

Multi-interazione e multi-comunicazione fra persone e cose

Cambieranno i Social media, cambieranno le interfacce perché saranno cognitive, e così via.

Molte altre professionalità dovranno essere rifondate.

Communication, teamwork, problem solving, creativity and resilience skills potranno diventare: cognitive system developers, cognitive system integrators, cognitive evaluators, cognitive trainers, e così via, mentre nel frattempo ci accontentiamo di concentrarci nel formare professionalità quali data scientist e data integrator.

Chi dovrà produrre tutte queste nuove professionalità

Un discorso interessante potrebbe essere chi le dovrà produrre tutte queste nuove professionalità? Non c’è dubbio che lo debba fare l’università però con il ritmo attuale siamo in deficit costante. La vera domanda è: come trasformare il deficit in surplus? Probabilmente la cooperazione fra accademia e industria aiuterà a raggiungere l’obiettivo. Il ruolo dell’accademia sarà diverso ma sempre centrale: l’università del futuro passerà dal ruolo di “generatore di conoscenza” al ruolo di “generatore di generatori di conoscenza “ una visione “meta-modello” nella quale tutti insieme – università, organizzazioni ed aziende – imparano l’una dall’altra diventando ‘’smarter’’ e più “cognitive”. La conoscenza deve essere generata in modo più intelligente e le nuove professioni diventeranno sempre più cognitive con nuovi tecnici da formare e nuovi skills.

Dall’information technology alla knowledge technology

Insomma, dall’era dell’information technology si passerà alla era della knowledge technology dato il fatto che esistono un enorme insieme di dati dai quali bisognerà estrarre conoscenza. Forse anche le professioni diventeranno più interessanti ed attrarranno più giovani nelle università e nei vari corsi che si occuperanno di conoscenza ed estrazione di conoscenza dai dati. Le aziende sarebbero interessate in quanto potrebbero ricollocare molti loro dipendenti in un settore che adesso è sfidante e trainante, le università potrebbero prepararsi alla sfida della creazione di corsi di laurea.

La comunità cognitiva italiana

Anche per questo è stata costituita la comunità cognitiva italiana il 18 maggio 2018 presso l’Università di Napoli Federico II – sede di S. Giovanni. Hanno partecipato all’evento 4 università: Federico II (ingegneria ed economia) , PoliMI, UniGe, UniBg; 16 aziende, l’accademia aeronautica di Pozzuoli, 1 istituto tecnico diverse decine di studenti fra triennali, magistrale e di dottorato oltreché tesisti. Per un totale di circa 80 persone.

I contenuti della conferenza sono stati tutti di livello alto e hanno spaziato dal look ahead del cognitive computing nei prossimi 5 anni, agli skill ed alla formazione delle nuove professioni in cognitive computing, dall’healthcare all’e-learning, dal blockchain al cloud. Nel pomeriggio la tavola rotonda ha dato spazio a molti spunti di riflessione.

C’è stato modo di avere contatti proficui con aziende, rappresentanti di gruppi di professionisti e istituzioni, interessate al coinvolgimento nella comunità e all’approfondimento di molte delle tematiche proposte.

Abbiamo cominciato questo articolo con la domanda: saremo adatti al futuro? La risposta è si perché siamo dotati di un sesto senso. La teoria dell’evoluzione della specie di Darwin ha affermato che “non è l’animale più forte quello che sopravvive ma quello che è capace ad adattarsi”. Il nostro sesto senso è l’adattamento e noi ci adatteremo. La cooperazione fra università ed industrie sarà la chiave di volta di questo adattamento!

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