formazione accademica

“Lauree” alla Google University? Ma ciò che serve è una vera cultura digitale

Al digitale servono competenze sempre più veloci da acquisire e l’università ha il dovere di fornirle, ma ridurre il tema della formazione alla mera produttività del lavoro è parte del problema, non la soluzione. Bisogna investire sulle persone. Se non si comprende questo abbiamo un problema, e non è la Google University

Pubblicato il 17 Set 2020

Daria Grimaldi

docente di psicologia sociale delle comunicazioni di massa, Università di Napoli Federico II

La notizia che Google University ha realizzato dei corsi con certificazione finale del titolo in analista di dati, gestore di progetti e progettista dell’esperienza utente (UX), che si potranno ottenere in soli sei mesi di studio per 300 dollari e che nei criteri di recruiting saranno del tutto equiparabili al diploma di laurea in Scienze dell’Informazione, Ingegneria Informatica o Ingegneria gestionale si presta a diversi livelli di lettura. Di certo, però, l’analisi non può esaurirsi nel sistematico svilimento della formazione accademica o nella convinzione che l’Università sia “spacciata” di fronte al digitale, perché incapace di formare i giovani al lavoro.

Il discorso, molto complesso, richiede necessariamente una riflessione sistematica ampia, non solo dell’università, ma della politica, dell’economia, più in generale di chi ha interesse a salvaguardare la cosa pubblica; qualcosa che aggiri le resistenze degli intellettuali a indignarsi per chi ha successo senza laurea, così come le arroganze degli analfabeti funzionali che realmente pensano si possa licenziare la cultura come qualcosa “fuori moda”.

La notizia: certificati Google equiparati a laurea quadriennale

Partiamo dalla notizia, spesso fraintesa dai media, che hanno parlato di “laurea”. “Nelle nostre assunzioni, ora tratteremo questi nuovi certificati di carriera come l’equivalente di una laurea quadriennale per ruoli correlati”. Questo l’annuncio comparso su Twitter il 13 luglio scorso da parte di Kent Walker, vice-presidente senior degli affari aziendali di Google.

Devo confessarlo: la prima reazione appena ho letto la notizia dell’Università di Google è stata storcere il naso ed abbracciare con nichilismo apocalittico l’idea di essere giunti alla fine della formazione di alto livello, associando in un irrazionale link mentale la caduta culturale mondiale ad un perfetto esito di un anno bisestile con pandemia annessa.

Per quanto sia consapevole che la resistenza al cambiamento sia innata nell’essere umano, so anche che quando si parla di tecnologie è più utile essere disponibili ed aperti, così sono andata oltre le inferenze immediate.

Consumazione immediata vs capacità critica

In un’età in cui la consumazione immediata, personale, diretta e tangibile è all’ordine del giorno, lavorare con la cultura, immateriale, complicata e “sociale” (in un’accezione che oggi si fa quasi fatica a comprendere), è qualcosa di realmente complesso. Si fa sempre più difficile il ruolo di chi deve confrontarsi con studenti della triennale, magari in discipline digitali chiedendo loro impegno, esercitazioni, molte letture, tanto confronto e capacità critica, tutte cose per cui serve necessariamente tempo, senza che il voto di uno dei tanti esami che devono sostenere possa essere direttamente spendibile.

Un problema di comunicazione

A mio parere la questione nasce da un errore di fondo ed è un errore di comunicazione: il termine università associato ai corsi di Google ed il paragone della formazione offerta dai certificati con quella accademica, necessaria per conseguire il diploma di laurea.

Partiamo da un presupposto: la Google University con l’Università non c’entra nulla, sia perché il titolo non ha attualmente valore legale, sia perché è la cosa più lontana dalla formazione accademica che ci sia. Se cerchiamo su Google la definizione della Google University (GU) troviamo: è stato ideato per i partner di tutto il mondo che desiderano imparare a commercializzare, vendere, ordinare, implementare e supportare in modo efficace i prodotti business.”

Una meravigliosa attività di employer branding che al contempo aumenta il ruolo monopolistico della Big G.

Si tratta quindi dell’uso letterale del termine università [dalla Treccani, dal lat. universĭtas -atis, propr. «totalità, universalità», der. di universus (v. universo1); dal sign. mediev. di «corporazione, insieme di persone associate»] un’aggregazione di tutti coloro che lavorano attorno a Google, finalizzata a creare competenze utili a supportare la vendita dei prodotti dell’Azienda stessa. In sostanza, una straordinaria dimostrazione di potere e lungimiranza. Una comunità di persone che viene formata per lavorare affinché l’azienda stessa cresca e si sviluppi. Chapeau.

La grande azienda, come sempre, ha letto la realtà ed ha colto un’esigenza urgente della società americana (e non solo) soprattutto a fronte dell’emergenza sanitaria e relativa crisi economica ed ha risposto con rapidità offrendo sul mercato americano un prodotto che sembra rispondere esattamente all’unica cosa che si possa desiderare in un momento di grande crisi economica: una soluzione facile, economica e (quasi) sicura per trovare lavoro.

Sembra di trovarci tra le pagine del romanzo fantascientifico distopico del 2013 di Dave Eggers “Il Cerchio”[1] e mi rendo conto sia complesso mantenere la lucidità.

Competenze disponibili e conoscenze multidisciplinari

Non mancano, nel commentare la notizia dei corsi universitari ristretti proposti da Google, giornali che invocano la necessità dell’università di chinare la testa dinnanzi a queste nuove tendenze ed accettare la necessità di corsi più “easy” (l’inglese è del tutto voluto) orientati all’occupabilità degli studenti. Si avverte una diffusa urgenza ad evitare che i giovani “perdano tempo” con le conoscenze non usabili immediatamente nel mondo del lavoro, soprattutto se molte grandi aziende (tra cui nomi quali Tesla, Spotify e Google ovviamente) assicurano che il diploma di laurea non serve. Dopo sei mesi di formazione super specialistica, sei assumibile[2].

Il vecchio apprendistato, per capirci, ma che non limitandosi a guardare i corsi professionalizzanti, vuole occupare lo spazio della formazione accademica.

La crisi economica e sociale ci fa guardare ancora con più preoccupazione al mondo della formazione superiore, soprattutto leggendo gli ultimi dati emersi dal Desi Index 2020 sull’Italia, in cui risultiamo ultimi in termini di capitale umano.[3]

La scarsa fiducia nel potere dell’accademia di accompagnare gli studenti nel mondo del lavoro è parte del problema del pregiudizio che rischia di rendere il discorso tra certificati (o corsi brevissimi) e diplomi universitari dicotomico e non dialogico. Guardando in casa, secondo i dati Eurostat, la performance del nostro Paese in materia di istruzione universitaria paragonata a quelle europee non è tra le migliori: solo il 27,6% delle persone tra i 30 e i 34 anni ha portato a termine il proprio percorso universitario. Arriviamo penultimi, grazie alla Romania che resta in coda. Si aggiunga a questo che nel report pubblicato annualmente dall’Unione Europea per aggiornare il conto dei posti di lavoro disponibili nel settore digitali, continuano ad essere disponibili milioni di ruoli, non coperti per mancanza sia di candidati che di competenze[4].

Il digitale ha bisogno sicuramente di competenze, sempre più veloci da acquisire e l’università come istituzione ha il dovere di rispondere a questa necessità, ma suo compito è anche e soprattutto garantire che alla crescita della technè corrisponda un altrettanto valido sviluppo dell’episteme. Per quest’ultima ci vuole tempo.

Se non si comprende questo abbiamo un problema, senza dubbio, ma non è la Google University.

Abbiamo il problema della “scomparsa del pensiero”, quella che Bencivenga [5] chiama “catastrofe gentile”, silenziosa e devastante: lo sviluppo digitale e il sempre maggior proliferare degli strumenti di comunicazione connessi pervasivamente in ogni aspetto della nostra esistenza, senza che di pari passo si siano create le condizioni per comprenderne gli effetti.

Il loro dominare ogni forma di informazione e comunicazione attraverso l’apologia della velocità e della potenza connettiva, contrasta con il tempo lento e faticoso del pensiero logico e della riflessione.

Quindi alle nuove generazioni per le quali l’uso del digitale non è una novità, precisamente, cosa stiamo offrendo in termini di sviluppo culturale? Il rischio è ridurre il digitale ad un problema tecnologico, ignorando del tutto le implicazioni psico-sociali del suo utilizzo.

Una riflessione che torna quanto mai attuale, nell’analisi che in tempi non sospetti Galimberti ha riservato all’antropologia della tecnica[6], sottolineando come la cultura delle cose abbia superato quella degli individui, che non dominano più le tecnologie ma ne sono dominati.

La rivoluzione silenziosa

Con il digitale ci siamo resi conto che la velocità del progresso tecnologico è tale che la nostra cognizione, di per sé resistente al cambiamento, non riesca a stare al passo. Utilizziamo prodotti anche senza conoscerli bene, il sottoutilizzo delle tecnologie è la norma ed ancora più complesso è, troppo spesso, comprendere le implicazioni del loro utilizzo.

Come durante la Rivoluzione Industriale è stato necessario creare nuove figure professionali, gli operai specializzati, ed aumentare il livello globale di alfabetizzazione, così ad oggi, con la Rivoluzione Digitale da una parte servono delle figure, tecnicamente specializzate, che sappiano gestire i tecnicismi dietro alle app ed ai supporti che permettono la diffusione efficace della comunicazione digitale, dall’altra si devono diffondere nella società le basi per un uso consapevole degli strumenti, diffondendo un’alfabetizzazione digitale che vada oltre i rudimenti meramente informatici.

C’è una netta distinzione però tra acquisire tecniche e maturare conoscenze.

Il digitale, per quanto nei fatti sia tutt’altro che un tema recente, nell’ottica dello sviluppo delle comunicazioni di massa è una rivoluzione di paradigma relativamente nuova. Non ha cambiato solo una disciplina, ma ha cambiato il mondo, nel bene e nel male, il nostro modo di viverlo e di concepirlo, e come ci ha insegnato Thomas Khun, davanti ai salti di paradigma restare legati ai vecchi modelli di pensiero può essere dannoso o addirittura distruttivo.

Senza dubbio, è stato scritto e detto tanto, ma nei fatti c’è ancora resistenza ad usare nuove visioni e nuove pratiche che vadano oltre le mode create dai monopolisti della rete, che guidano a tutti gli effetti le pratiche di massa.

Se lo inserissimo nel calendario cosmico di Sagan – giusto per fare un esempio – sarebbe a pochi millesimi di secondo prima del 31 dicembre.

Nel world Economic Forum, lo scorso gennaio, si parlava di “reskilling emergency[7] come necessità della rivoluzione 4.0 – prevedendo entro il 2030 il coinvolgimento di almeno un miliardo di persone in un processo tutto orientato al digitale. Un colpo di acceleratore a questa esigenza è stato dato dall’emergenza sanitaria e la relativa crisi economica e sociale che stiamo vivendo, che hanno fatto sì che il mondo avesse gli occhi puntati sul digitale e sulle sue potenzialità, molto più di prima.

Nei mesi di lockdown la tecnologia digitale è stato un vero e proprio Deus ex machina, oltre a garantire la connettività e la socialità nonostante il virus, ha permesso a molti di continuare a lavorare e alle università di non interrompere del tutto la propria formazione, riabilitandosi nell’immaginario collettivo, tra vari odi et amo, come la condizione essenziale per lo sviluppo economico e sociale dei prossimi tempi. Di fatto lo era già prima, ma doveva lottare con un approccio naif – soprattutto in Italia – che ne procrastinava lo sviluppo in vari modi.

Gli esperti di smart working hanno rabbrividito a sentir usare questo nome per le forme di lavoro domiciliare nato in emergenza, così come gli esperti di elearning hanno storto il naso dinanzi ad una formazione a distanza improvvisata nei mesi scorsi: tutte forme maldestre di uso del digitale che guardano alla tecnologia invece che ai processi.

Ci si è resi conto una volta per tutte che lo sviluppo di una cultura digitale non può più attendere, ma anche di non essere assolutamente ancora preparati a questo cambiamento.

Servono nuove figure professionali che supportino lo stesso sviluppo digitale di massa, che nonostante l’urgenza non può essere affidato a corsi bignami a buon mercato o con un mero aumento quantitativo dei supporti tecnologici. Richiede di volta in volta riflessioni complesse tre privacy, usabilità, progettazione ed impatti psicologici e sociali, solo per citare alcune delle questioni coinvolte dalla connettività digitale. Un approccio che mescoli competenze, conoscenze e visioni.

Conclusioni

La Digital Society ha un problema ed è che le manca fiducia nella capacità della cultura di stare al passo alle sue evoluzioni e di offrirle quella visione a lungo termine che possa riportare lo strumento al suo posto, lasciando il comando dello sviluppo all’individuo e non alla tecnologia.

Ridurre il discorso legato alla formazione alla mera produttività del lavoro, per quanto senza dubbio importante, non garantisce una vision a lungo termine per la comunità. Al contrario, investire sulle persone e sulla loro formazione resta uno dei driver imprescindibili dello sviluppo economico e sociale di un Paese, l’innovazione e la crescita, soprattutto in ottica di un aumento della qualità della vita dei cittadini, per la spinta alla riduzione della povertà materiale e culturale, che rischia di accettare come legittimo lo spazio dell’analfabetismo funzionale che si fa sempre più invadente.

La tecnologia da sola non può nulla. La cosa pubblica, le università, le aziende sono chiamate ad affrontare una sfida nell’adattarsi con velocità e agilità per soddisfare le esigenze di digitalizzazione. Lo hanno fatto in emergenza, come hanno potuto, ma dovranno inevitabilmente guardare all’educazione ed all’integrazione di saperi, per affrontare il complesso e multisfaccettato impegno che richiederà un intervento più sistematico nel futuro prossimo.

_____________________________________________________________________________

  1. Dave Eggers, Il Cerchio, Mondadori, 2014
  2. Oltre Google altre grandi aziende, come Tesla e Spotify e le 50 sottoscrittrici del progetto di Coursera.
  3. Secondo Eurostat solo il 42% dei nostri connazionali tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali almeno a livello base (58% media Ue). Nello specifico solo l’1% dei laureati italiani ha un titolo in ambito Ict e la percentuale di specialisti in Ict che ha raggiunto il 3,6% dell’occupazione totale è ancora lontana dalla media Ue (4,2%). Per approfondimenti: https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/desi
  4. Oltre a questo, il 56% degli sviluppatori nel mondo non ha un diploma, ma è autodidatta perché la rapidità dello sviluppo tecnologico rende obsoleti molti apprendimenti in brevissimo tempo.
  5. Bencivenga E, La scomparsa del pensiero. Perché non possiamo rinunciare a ragionare con la nostra testa. Feltrinelli 2017
  6. Galimberti U, Psiche e Techne, L’uomo nell’età della tecnica Feltrinelli 2009 (settima ed)
  7. Saadia Zahidi, Gennaio 2020: https://www.weforum.org/agenda/2020/01/reskilling-revolution-jobs-future-skills/

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Speciale PNRR

Tutti
Incentivi
Salute digitale
Formazione
Analisi
Sostenibilità
PA
Sostemibilità
Sicurezza
Digital Economy
CODICE STARTUP
Imprenditoria femminile: come attingere ai fondi per le donne che fanno impresa
DECRETI
PNRR e Fascicolo Sanitario Elettronico: investimenti per oltre 600 milioni
IL DOCUMENTO
Competenze digitali, ecco il nuovo piano operativo nazionale
STRUMENTI
Da Istat e RGS gli indicatori per misurare la sostenibilità nel PNRR
STRATEGIE
PNRR – Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: cos’è e novità
FONDI
Pnrr, ok della Ue alla seconda rata da 21 miliardi: focus su 5G e banda ultralarga
GREEN ENERGY
Energia pulita: Banca Sella finanzia i progetti green incentivati dal PNRR
TECNOLOGIA SOLIDALE
Due buone notizie digitali: 500 milioni per gli ITS e l’inizio dell’intranet veloce in scuole e ospedali
INNOVAZIONE
Competenze digitali e InPA cruciali per raggiungere gli obiettivi del Pnrr
STRATEGIE
PA digitale 2026, come gestire i fondi PNRR in 5 fasi: ecco la proposta
ANALISI
Value-based healthcare: le esperienze in Italia e il ruolo del PNRR
Strategie
Accordi per l’innovazione, per le imprese altri 250 milioni
Strategie
PNRR, opportunità e sfide per le smart city
Strategie
Brevetti, il Mise mette sul piatto 8,5 milioni
Strategie
PNRR e opere pubbliche, la grande sfida per i Comuni e perché bisogna pensare digitale
Formazione
Trasferimento tecnologico, il Mise mette sul piatto 7,5 milioni
Strategie
PSN e Strategia Cloud Italia: a che punto siamo e come supportare la PA in questo percorso
Dispersione idrica
Siccità: AI e analisi dei dati possono ridurre gli sprechi d’acqua. Ecco gli interventi necessari
PNRR
Cloud, firmato il contratto per l’avvio di lavori del Polo strategico
Formazione
Competenze digitali, stanziati 48 milioni per gli Istituti tecnologici superiori
Iniziative
Digitalizzazione delle reti idriche: oltre 600 milioni per 21 progetti
Competenze e competitività
PNRR, così i fondi UE possono rilanciare la ricerca e l’Università
Finanziamenti
PNRR, si sbloccano i fondi per l’agrisolare
Sanità post-pandemica
PNRR, Missione Salute: a che punto siamo e cosa resta da fare
Strategie
Sovranità e autonomia tecnologica nazionale: come avviare un processo virtuoso e sostenibile
La relazione
Pnrr e PA digitale, l’alert della Corte dei conti su execution e capacità di spesa
L'editoriale
Elezioni 2022, la sfida digitale ai margini del dibattito politico
Strategie
Digitale, il monito di I-Com: “Senza riforme Pnrr inefficace”
Transizione digitale
Pnrr: arrivano 321 milioni per cloud dei Comuni, spazio e mobilità innovativa
L'analisi I-COM
Il PNRR alla prova delle elezioni: come usare bene le risorse e centrare gli obiettivi digitali
Cineca
Quantum computing, una svolta per la ricerca: lo scenario europeo e i progetti in corso
L'indice europeo
Desi, l’Italia scala due posizioni grazie a fibra e 5G. Ma è (ancora) allarme competenze
L'approfondimento
PNRR 2, ecco tutte le misure per cittadini e imprese: portale sommerso, codice crisi d’impresa e sismabonus, cosa cambia
Servizi digitali
PNRR e trasformazione digitale: ecco gli investimenti e le riforme previste per la digitalizzazione della PA
Legal health
Lo spazio europeo dei dati sanitari: come circoleranno le informazioni sulla salute nell’Unione Europea
Servizi digitali
PNRR e PA digitale: non dimentichiamo la dematerializzazione
Digital Healthcare transformation
La trasformazione digitale degli ospedali
Governance digitale
PA digitale, è la volta buona? Così misure e risorse del PNRR possono fare la differenza
Servizi digitali
Comuni e digitale, come usare il PNRR senza sbagliare
La survey
Pnrr e digitale accoppiata vincente per il 70% delle pmi italiane
Missione salute
Fascicolo Sanitario Elettronico alla prova del PNRR: limiti, rischi e opportunità
Servizi pubblici
PNRR: come diventeranno i siti dei comuni italiani grazie alle nuove risorse
Skill gap
PNRR, la banda ultra larga crea 20.000 nuovi posti di lavoro
Il Piano
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUMPA2022
PNRR e trasformazione digitale: rivedi i Talk di FORUM PA 2022 in collaborazione con le aziende partner
I contratti
Avio, 340 milioni dal Pnrr per i nuovi propulsori a metano
Next Generation EU
PNRR, a che punto siamo e cosa possono aspettarsi le aziende private
Fondi
Operativo il nuovo portale del MISE con tutti i finanziamenti per le imprese
Servizi comunali
Il PNRR occasione unica per i Comuni digitali: strumenti e risorse per enti e cittadini
Healthcare data platform
PNRR dalla teoria alla pratica: tecnologie e soluzioni per l’innovazione in Sanità
Skill
Competenze digitali, partono le Reti di facilitazione
Gli obiettivi
Scuola 4.0, PNRR ultima chance: ecco come cambierà il sistema formativo
Sistema Paese
PNRR 2, è il turno della space economy
FORUM PA 2022
FORUM PA 2022: la maturità digitale dei comuni italiani rispetto al PNRR
Analisi
PNRR: dalla Ricerca all’impresa, una sfida da cogliere insieme
Innovazione
Pnrr, il Dipartimento per la Trasformazione digitale si riorganizza
FORUM PA 2022
PA verde e sostenibile: il ruolo di PNRR, PNIEC, energy management e green public procurement
Analisi
PNRR, Comuni e digitalizzazione: tutto su fondi e opportunità, in meno di 3 minuti. Guarda il video!
Rapporti
Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
Analisi
Attuazione del PNRR: il dialogo necessario tra istituzioni e società civile. Rivedi lo Scenario di FORUM PA 2022
Progetti
Pnrr, fondi per il Politecnico di Torino. Fra i progetti anche IS4Aerospace
Analisi
PNRR, Colao fa il punto sulla transizione digitale dell’Italia: «In linea con tutte le scadenze»
La Svolta
Ict, Istat “riclassifica” i professionisti. Via anche al catalogo dati sul Pnrr
Analisi
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUM PA 2022
Ecosistema territoriale sostenibile: l’Emilia Romagna tra FESR e PNRR
Il Piano
Innovazione, il Mise “centra” gli obiettivi Pnrr: attivati 17,5 miliardi
Analisi
PNRR: raggiunti gli obiettivi per il primo semestre 2022. Il punto e qualche riflessione
Analisi
PNRR: dal dialogo tra PA e società civile passa il corretto monitoraggio dei risultati, tra collaborazione e identità dei luoghi
Webinar
Comuni e PNRR: un focus sui bandi attivi o in pubblicazione
Analisi
Formazione 4.0: cos’è e come funziona il credito d’imposta
PA e Sicurezza
PA e sicurezza informatica: il ruolo dei territori di fronte alle sfide della digitalizzazione
PA e sicurezza
PNRR e servizi pubblici digitali: sfide e opportunità per Comuni e Città metropolitane
Water management
Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 
LE RISORSE
Transizione digitale, Simest apre i fondi Pnrr alle medie imprese
Prospettive
Turismo, cultura e digital: come spendere bene le risorse del PNRR
Analisi
Smart City: quale contributo alla transizione ecologica
Decarbonizzazione
Idrogeno verde, 450 milioni € di investimenti PNRR, Cingolani firma
Unioncamere
PNRR, imprese in ritardo: ecco come le Camere di commercio possono aiutare
I fondi
Industria 4.0: solo un’impresa su tre pronta a salire sul treno Pnrr
CODICE STARTUP
Imprenditoria femminile: come attingere ai fondi per le donne che fanno impresa
DECRETI
PNRR e Fascicolo Sanitario Elettronico: investimenti per oltre 600 milioni
IL DOCUMENTO
Competenze digitali, ecco il nuovo piano operativo nazionale
STRUMENTI
Da Istat e RGS gli indicatori per misurare la sostenibilità nel PNRR
STRATEGIE
PNRR – Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: cos’è e novità
FONDI
Pnrr, ok della Ue alla seconda rata da 21 miliardi: focus su 5G e banda ultralarga
GREEN ENERGY
Energia pulita: Banca Sella finanzia i progetti green incentivati dal PNRR
TECNOLOGIA SOLIDALE
Due buone notizie digitali: 500 milioni per gli ITS e l’inizio dell’intranet veloce in scuole e ospedali
INNOVAZIONE
Competenze digitali e InPA cruciali per raggiungere gli obiettivi del Pnrr
STRATEGIE
PA digitale 2026, come gestire i fondi PNRR in 5 fasi: ecco la proposta
ANALISI
Value-based healthcare: le esperienze in Italia e il ruolo del PNRR
Strategie
Accordi per l’innovazione, per le imprese altri 250 milioni
Strategie
PNRR, opportunità e sfide per le smart city
Strategie
Brevetti, il Mise mette sul piatto 8,5 milioni
Strategie
PNRR e opere pubbliche, la grande sfida per i Comuni e perché bisogna pensare digitale
Formazione
Trasferimento tecnologico, il Mise mette sul piatto 7,5 milioni
Strategie
PSN e Strategia Cloud Italia: a che punto siamo e come supportare la PA in questo percorso
Dispersione idrica
Siccità: AI e analisi dei dati possono ridurre gli sprechi d’acqua. Ecco gli interventi necessari
PNRR
Cloud, firmato il contratto per l’avvio di lavori del Polo strategico
Formazione
Competenze digitali, stanziati 48 milioni per gli Istituti tecnologici superiori
Iniziative
Digitalizzazione delle reti idriche: oltre 600 milioni per 21 progetti
Competenze e competitività
PNRR, così i fondi UE possono rilanciare la ricerca e l’Università
Finanziamenti
PNRR, si sbloccano i fondi per l’agrisolare
Sanità post-pandemica
PNRR, Missione Salute: a che punto siamo e cosa resta da fare
Strategie
Sovranità e autonomia tecnologica nazionale: come avviare un processo virtuoso e sostenibile
La relazione
Pnrr e PA digitale, l’alert della Corte dei conti su execution e capacità di spesa
L'editoriale
Elezioni 2022, la sfida digitale ai margini del dibattito politico
Strategie
Digitale, il monito di I-Com: “Senza riforme Pnrr inefficace”
Transizione digitale
Pnrr: arrivano 321 milioni per cloud dei Comuni, spazio e mobilità innovativa
L'analisi I-COM
Il PNRR alla prova delle elezioni: come usare bene le risorse e centrare gli obiettivi digitali
Cineca
Quantum computing, una svolta per la ricerca: lo scenario europeo e i progetti in corso
L'indice europeo
Desi, l’Italia scala due posizioni grazie a fibra e 5G. Ma è (ancora) allarme competenze
L'approfondimento
PNRR 2, ecco tutte le misure per cittadini e imprese: portale sommerso, codice crisi d’impresa e sismabonus, cosa cambia
Servizi digitali
PNRR e trasformazione digitale: ecco gli investimenti e le riforme previste per la digitalizzazione della PA
Legal health
Lo spazio europeo dei dati sanitari: come circoleranno le informazioni sulla salute nell’Unione Europea
Servizi digitali
PNRR e PA digitale: non dimentichiamo la dematerializzazione
Digital Healthcare transformation
La trasformazione digitale degli ospedali
Governance digitale
PA digitale, è la volta buona? Così misure e risorse del PNRR possono fare la differenza
Servizi digitali
Comuni e digitale, come usare il PNRR senza sbagliare
La survey
Pnrr e digitale accoppiata vincente per il 70% delle pmi italiane
Missione salute
Fascicolo Sanitario Elettronico alla prova del PNRR: limiti, rischi e opportunità
Servizi pubblici
PNRR: come diventeranno i siti dei comuni italiani grazie alle nuove risorse
Skill gap
PNRR, la banda ultra larga crea 20.000 nuovi posti di lavoro
Il Piano
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUMPA2022
PNRR e trasformazione digitale: rivedi i Talk di FORUM PA 2022 in collaborazione con le aziende partner
I contratti
Avio, 340 milioni dal Pnrr per i nuovi propulsori a metano
Next Generation EU
PNRR, a che punto siamo e cosa possono aspettarsi le aziende private
Fondi
Operativo il nuovo portale del MISE con tutti i finanziamenti per le imprese
Servizi comunali
Il PNRR occasione unica per i Comuni digitali: strumenti e risorse per enti e cittadini
Healthcare data platform
PNRR dalla teoria alla pratica: tecnologie e soluzioni per l’innovazione in Sanità
Skill
Competenze digitali, partono le Reti di facilitazione
Gli obiettivi
Scuola 4.0, PNRR ultima chance: ecco come cambierà il sistema formativo
Sistema Paese
PNRR 2, è il turno della space economy
FORUM PA 2022
FORUM PA 2022: la maturità digitale dei comuni italiani rispetto al PNRR
Analisi
PNRR: dalla Ricerca all’impresa, una sfida da cogliere insieme
Innovazione
Pnrr, il Dipartimento per la Trasformazione digitale si riorganizza
FORUM PA 2022
PA verde e sostenibile: il ruolo di PNRR, PNIEC, energy management e green public procurement
Analisi
PNRR, Comuni e digitalizzazione: tutto su fondi e opportunità, in meno di 3 minuti. Guarda il video!
Rapporti
Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
Analisi
Attuazione del PNRR: il dialogo necessario tra istituzioni e società civile. Rivedi lo Scenario di FORUM PA 2022
Progetti
Pnrr, fondi per il Politecnico di Torino. Fra i progetti anche IS4Aerospace
Analisi
PNRR, Colao fa il punto sulla transizione digitale dell’Italia: «In linea con tutte le scadenze»
La Svolta
Ict, Istat “riclassifica” i professionisti. Via anche al catalogo dati sul Pnrr
Analisi
Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
FORUM PA 2022
Ecosistema territoriale sostenibile: l’Emilia Romagna tra FESR e PNRR
Il Piano
Innovazione, il Mise “centra” gli obiettivi Pnrr: attivati 17,5 miliardi
Analisi
PNRR: raggiunti gli obiettivi per il primo semestre 2022. Il punto e qualche riflessione
Analisi
PNRR: dal dialogo tra PA e società civile passa il corretto monitoraggio dei risultati, tra collaborazione e identità dei luoghi
Webinar
Comuni e PNRR: un focus sui bandi attivi o in pubblicazione
Analisi
Formazione 4.0: cos’è e come funziona il credito d’imposta
PA e Sicurezza
PA e sicurezza informatica: il ruolo dei territori di fronte alle sfide della digitalizzazione
PA e sicurezza
PNRR e servizi pubblici digitali: sfide e opportunità per Comuni e Città metropolitane
Water management
Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 
LE RISORSE
Transizione digitale, Simest apre i fondi Pnrr alle medie imprese
Prospettive
Turismo, cultura e digital: come spendere bene le risorse del PNRR
Analisi
Smart City: quale contributo alla transizione ecologica
Decarbonizzazione
Idrogeno verde, 450 milioni € di investimenti PNRR, Cingolani firma
Unioncamere
PNRR, imprese in ritardo: ecco come le Camere di commercio possono aiutare
I fondi
Industria 4.0: solo un’impresa su tre pronta a salire sul treno Pnrr

Articoli correlati

Articolo 1 di 3