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Realtà virtuale: sfida e opportunità per l’editoria italiana

Gli editori italiani si sono mossi in ritardo e, per lo più, copiando modelli stranieri, ma c’è spazio per recuperare terreno. Non tanto nel settore dei videogame, dove si sconta la mancanza di un grande editore, quanto in aree come la formazione e il turismo

Pubblicato il 03 Mag 2017

Gualtiero Carraro

Founder and partner

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Il digitale rappresenta da sempre una sfida strategica e ambivalente per l’editoria: mentre da una parte alimenta le più profonde minacce per il comparto, già colpito dall’erosione delle pubblicazioni cartacee a favore dei canali digitali, dall’altra può far nascere le eventuali opportunità future.

Tra le tendenze tecnologiche emergenti figura certamente la “Virtual Reality”, che insieme alla “Augmented Reality” concorre a definire la nuova industry dei media immersivi, fortemente finanziata dalle Global Internet Company, da Facebook a Google, da Samsung a Microsoft.

Il segmento editoriale che fin dall’inizio si è alimentato di contenuti virtuali è senza dubbio quello dei Videogame, che non a caso vengono indicati dalle ricerche di mercato come il principale ambito applicativo della realtà virtuale. Il comparto videoludico, uno dei più ricchi, remunerativi e 1anticiclici del digitale, sta già investendo notevolmente nello sviluppo di titoli dedicati ai visori di realtà virtuale, ad esempio Sony Playstation. Va tuttavia osservato che in Italia non esiste nessun grande editore di videogame. Le eventuali opportunità legate alla realtà virtuale per l’editoria italiana vanno quindi trovate in un contesto diverso da quello videoludico.

Le tecnologie di visualizzazione e i canali di pubblicazione sono molteplici: dai visori di realtà virtuale agli smartphone, dai web browser innovativi ai social media. Possono essere considerati media immersivi anche le proiezioni a 360 gradi e gli occhiali di realtà aumentata.

La chiave della realtà virtuale non risiede quindi in una singola tecnologia, ma piuttosto in una nuova esperienza del contenuto. Un aspetto interessante della VR Industry è appunto il ruolo centrale del contenuto, da sempre un asset cruciale per gli editori. I contenuti per la realtà virtuale sono costituiti da almeno 3 tipologie: immagini sferiche, video a 360 gradi, simulazioni 3D in realtime. Dopo secoli di cornici, pagine, schermi sempre bidimensionali e frontali, per la prima volta il pubblico si trova al centro di contenuti sferici, esplorabili in modalità immersiva, a 360 gradi.

La progettazione e produzione dei contenuti immersivi comporta logiche profondamente innovative: non a caso Spielberg considera la realtà virtuale una minaccia per il cinema, in quanto trasgredisce le regole fondamentali della inquadratura e della sceneggiatura lineare.

Siamo dunque di fronte ad uno scenario totalmente nuovo, un “blue ocean” che potrebbe diventare centrale nei media del XXI secolo.

Ma è possibile essere innovativi in Italia anche in un settore così avanzato come la realtà virtuale? Alcuni precedenti potrebbero deporre a favore di una risposta positiva. La più popolare e utilizzata applicazione di WEB VR del mondo è probabilmente Street View. Pochi sanno che la tecnologia Street View è stata introdotta per la prima volta in Italia nel 2006, grazie all’investimento di un editore italiano, Seat Pagine Gialle. Solo in seguito Google ha adottato questa soluzione e l’ha diffusa in tutto il mondo.  La prima applicazione immersiva per iPad – “Roma Virtual History” – è invece stata pubblicata da Mondadori, è divenuta un best seller globale ed è stata presentata da Steve Jobs nel 2011. L’editoria italiana è quindi già stata e può essere ancora innovativa nei media immersivi.

Escludendo i videogame, quali potrebbero essere le applicazioni editoriali della realtà virtuale?

La risposta non può prescindere dall’analisi delle fasi di mercato: siamo ancora in una fase preliminare, in attesa della definizione di standard internazionali, e dell’adozione di massa dei dispositivi hardware, due fattori abilitanti per la pubblicazione e distribuzione di opere editoriali.

Ma qual è il momento corretto per investire in una nuova tendenza tecnologica come la realtà virtuale?  Gli editori italiani non hanno certo brillato per le scelte di “time to market” nel digitale: in generale sono arrivati in ritardo, con un approccio nazionale e quindi limitato, copiando modelli stranieri.

In questa fase sarebbe importante sondare l’utilizzo dei media immersivi, sperimentare la produzione dei contenuti, analizzare il comportamento degli utenti.

Appare già evidente che la realtà virtuale può diventare rapidamente una esperienza di massa. Ad esempio, durante Expo 2015 almeno 1 milione di persone hanno sperimentato positivamente l’utilizzo dei visori VR. Su Youtube e Facebook si possono già vedere video a 360 gradi con molti milioni di visualizzazioni.

Va quindi seguita con interesse l’iniziativa “Corriere 360” con cui il quotidiano milanese si è gettato a sperimentare l’”immersive journalism” ad aprile 2017. Peraltro il primo video 360 del Corriere risale ad Expo 2015, ma allora gli editori italiani non disponevano di un proprio sistema di pubblicazione, e dovevano appoggiarsi su Youtube e Facebook. Le iniziative di giornalismo immersivo vanno monitorate, in particolare per capire se potranno essere sostenute da un business model remunerativo.

La realtà virtuale può essere utilizzata efficacemente anche per il lancio di opere editoriali. Sky Italia ad esempio ha utilizzato video 360 e applicazioni immersive su Facebook per il lancio della serie televisiva “Il trono di spade” nel 2017. Nel contesto di fiere ed eventi l’esperienza virtuale è molto attrattiva.

Un contesto promettente per l’applicazione editoriale della realtà virtuale è la formazione. Stanno già nascendo applicazioni educative e corsi di formazione in VR. Ad esempio, ci si aspetta che Google Expeditions abbia almeno un milione di utenti tra gli studenti nel Regno Unito nel 2017. In Italia uno dei primi operatori di formazione ad applicare la realtà virtuale nei corsi è SAEF, in particolare per l’antincendio.

Altro contesto favorevole sono le mostre e i centri-visita turistici. Gli editori impegnati nell’arte e nel turismo possono sin d’ora creare Oculus Room all’interno di grandi mostre oppure offrire contenuti immersivi nei punti informativi per i turisti. Skira ha ottenuto buoni risultati già nel 2015 dall’applicazione virtuale “Being Leonardo” nella mostra a Palazzo Reale. Nei paesi del nord Europa sono sorti diversi Cinema a 360 gradi (ad Amsterdam e Berlino, ad esempio) a pagamento, con una programmazione di film immersivi. Gli Oculus stanno diventando punti di attrazione all’interno delle librerie in Germania. In una strategia O2O (Online to Offline) la realtà virtuale può diventare un prodotto chiave per gli editori.

In prospettiva, quando saranno definiti gli standard e diffusi i dispositivi su larga scala, è possibile immaginare la produzione di opere editoriali virtuali. Nella prima stagione dell’editoria multimediale, la fase dei CD ROM negli anni ’90, le principali opere editoriali erano le enciclopedie. Tra queste, il maggior successo in Europa fu Omnia pubblicata DeAgostini, che aveva una struttura virtuale e conteneva un gioco del sapere ispirato a metafore 3D. Esistono quindi precedenti di successo – al di là della successiva estinzione tecnologica del supporto CD – che ci possono far immaginare opere editoriali in realtà virtuale.

Il controllo del canale distributivo potrebbe essere ottenuto dagli editori anche con una strategia omni-channel, offrendo al pubblico diverse esperienze immersive sia On Line, che su visori in ambito domestico, che nelle librerie o in contesti espositivi dedicati.

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