Psicologia digitale

Social e salute mentale: gli studiosi scrivono a Meta per tutelare bambini e adolescenti

La comunità scientifica ha scritto a Mark Zuckerberg una lettera aperta per una maggiore trasparenza sul metodo delle ricerche dedicate al rapporto tra social e salute mentale dei più giovani. Il dibattito aperto, lo scoop del Wall Street Journal, le richieste degli studiosi

Pubblicato il 02 Feb 2022

Lucia Musmeci

psicologa digitale

selfie - dismorfia digitale

L’accademia scrive a Meta per la salute mentale di bambini e adolescenti: in una lettera aperta indirizzata direttamente a Mark Zuckerberg, diversi studiosi di psicologia, tecnologia online e salute si sono espressi per chiedere un maggiore impegno a rispettare gli standard scientifici di realizzazione delle ricerche.

Pur esprimendo esplicitamente il proprio apprezzamento per la volontà di Meta di acquisire informazioni sugli effetti dei social network sulla salute mentale degli adolescenti, gli studiosi provenienti da tutto il mondo hanno così evidenziato pubblicamente l’inadeguatezza della metodologia adottata finora a tale scopo, che non prevede supervisione indipendente.

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Con questa lettera è stato dunque richiesto a Zuckerberg di impegnarsi a rispettare gli standard stabiliti dalla comunità scientifica per la realizzazione di ricerche valide sulla salute mentale di bambini ed adolescenti: il suggerimento è stato quello di rendere pubblici i dati a disposizione della corporation, oltre che di rendere trasparenti le proprie ricerche passate, presenti e future in tale ambito, così da poter fare accedere chiunque ad un quadro completo, accurato e verificato di quanto riscontrato.

Di tale trasparenza, come sottolineato dagli studiosi, potrebbero usufruire tutti: i bambini e gli adolescenti, gli scienziati indipendenti che potrebbero trarre molte informazioni utili da quanto fornito dall’azienda, e la stessa Meta che, così facendo, verrebbe percepita dall’opinione pubblica come maggiormente degna di fiducia rispetto a ciò che avviene attualmente.

Social e salute mentale: il dibattito aperto

Negli ultimi anni è stata sempre più evidente la grandissima ascesa di TikTok tra le preferenze degli adolescenti. Tuttavia, tra i social network appartenenti all’azienda Meta (l’ex Facebook Inc.),ce n’è uno in particolare che continua ad appassionarli: Instagram.

Con la sua spiccata predilezione per foto e video, questa piattaforma risulta infatti ancora molto interessante agli occhi di ragazze e ragazzi che devono fare i conti con i compiti evolutivi tipici dell’adolescenza, che riguardano principalmente immagine corporea e relazioni con i coetanei, questioni estremamente rilevanti anche su social network come Instagram.

Una coincidenza che rappresenta uno dei motivi principali per cui, nella contemporanea società onlife, buona parte della quotidianità degli adolescenti si svolge proprio all’interno di questi ambienti digitali.

Interrogarsi sugli effetti che le esperienze vissute al loro interno possono avere sulla salute mentale di ragazzi e ragazze in via di sviluppo è, dunque, certamente lecito e persino doveroso. Altrettanto necessario è, però, che le risposte a tali interrogativi vengano cercate nel totale rispetto di determinate condizioni stabilite dalla comunità scientifica come imprescindibili per una ricerca di qualità.

Solo una ricerca di qualità può, infatti, fornire informazioni corrette riguardo ai fenomeni oggetto di indagine, e dunque dar vita ad interventi realmente efficaci. Nonostante ciò, spesso tali condizioni non vengono tenute adeguatamente in considerazione, con preoccupanti ricadute sul benessere psicofisico degli adolescenti che si intende tutelare, e delle loro famiglie.

Social e salute mentale: lo scoop del Wall Street Journal sulle ricerche di Meta

Qualche mese fa è stato pubblicato un articolo sul Wall Street Journal (WSJ) in cui sono stati riportati e discussi alcuni dei risultati ottenuti da una serie di ricerche condotte da Meta relativamente ad Instagram: l’obiettivo dell’azienda era stato proprio quello di analizzare gli effetti di questa piattaforma sulla salute mentale dei suoi utenti più giovani.

I dati ricavati a tal proposito non erano però stati resi pubblici, perché frutto di indagini interne che l’azienda ha ritenuto essere riservate, destinate solo a guidarne le decisioni future a tutela degli adolescenti.

Le rivelazioni esposte dall’articolo hanno suscitato un grande scalpore in tutto il mondo. La motivazione principale di tanto scalpore può essere facilmente rintracciata nell’enfasi posta dal WSJ sugli effetti negativi denunciati in particolar modo da diverse adolescenti coinvolte nelle indagini: da quanto riferito è emerso infatti che Instagram sia stata identificata come la causa dell’incremento, o addirittura dell’insorgenza, di problematiche con l’immagine corporea, a causa del confronto sociale che sarebbe provocato, o comunque intensificato, dalle funzionalità della piattaforma stessa.

All’interno dell’articolo, inoltre, Meta è stata accusata in modo specifico di minimizzare in pubblico l’esistenza di questi effetti – che sarebbero appunto, secondo il WJS, confermati dai dati a sua disposizione – e di non impegnarsi seriamente al fine di prevenirli e contrastarli efficacemente.

Social e salute mentale: la reazione di Meta alle accuse del WSJ

Qualche giorno dopo la pubblicazione dell’articolo, nel tentativo di correggere e chiarire quanto riportato, Meta ha rilasciato delle dichiarazioni e fornito nuove informazioni sulle indagini interne realizzate negli ultimi anni, sottolineando il riscontro, da parte degli adolescenti, anche di vari effetti positivi sulla propria salute mentale derivanti proprio dalla frequentazione di Instagram. Dichiarazioni che sono state accolte da molti con grande diffidenza.

È un’opinione molto diffusa che non sia una semplice coincidenza l’annuncio, divulgato il 27 settembre 2021, della sospensione del progetto “Instagram Kids”, progettato da Meta come social network appositamente destinato ai minori di 13 anni. È stato comunemente percepito allo stesso modo anche l’annuncio del 7 dicembre 2021 sull’introduzione su Instagram di diverse misure per tutelare gli adolescenti sulla piattaforma e supportare i genitori.

Non c’è comunque da stupirsi che le rivelazioni del Wall Street Journal abbiano avuto un’accoglienza di gran lunga migliore rispetto alle dichiarazioni rilasciate da Meta: in fondo era tutto estremamente prevedibile.

Il “quadro” delineato dall’articolo del WSJ era infatti decisamente “a tinte fosche”, e dunque, del tutto in linea con le preoccupazioni condivise ancora oggi da tantissimi adulti – genitori, educatori ed esperti – in relazione alla diffusione delle cosiddette “nuove tecnologie” tra bambini e adolescenti.

Il panico morale, cioè quell’insieme di preoccupazioni non confermate da validi studi scientifici riguardanti le conseguenze per la società delle più recenti innovazioni, è alla costante ricerca di facili conferme: almeno apparentemente, l’articolo pubblicato sul WSJ ne forniva parecchie.

Social e salute mentale: i dubbi sul metodo delle ricerche di Meta

Le conferme al panico morale, fornite dall’articolo del Wall Street Journal, erano soltanto apparenti: all’interno dell’articolo è stato riservato ben poco spazio all’analisi critica ed obiettiva della metodologia adottata dall’azienda di Mark Zuckerberg per ottenere i dati oggetto di discussione – analisi fondamentale quando si parla di ricerca.

È interessante ricordare che sia il Wall Street Journal che Meta abbiano spiegato come le suddette indagini siano state realizzate chiedendo direttamente a ragazze e ragazzi di esprimersi in relazione agli effetti di Instagram sulla propria salute mentale.

Ciò vuol dire che l’insieme dei dati ottenuti su questi effetti fa riferimento solo alle percezioni di tali adolescenti in relazione alle proprie esperienze e ai propri vissuti: questa evidenza fa sì che qualsiasi conclusione sia possibile trarre dagli studi interni di Meta si riveli in realtà inaffidabile perché basata su misure soggettive, le autovalutazioni dei partecipanti alle ricerche.

Tale inaffidabilità riguarda dunque, ovviamente, sia i risultati “negativi” riportati dal WSJ che quelli “positivi” riferiti dall’azienda di Zuckerberg.

In generale, comunque, trattandosi di indagini interne all’azienda, condotte senza supervisione indipendente, non c’è ancora una reale chiarezza sull’effettivo rispetto, da parte di Meta, di tutte le condizioni riconosciute dalla comunità scientifica come fondamentali per poter definire come validi ed affidabili i risultati di una qualsiasi ricerca.

Ecco perché gli studiosi hanno redatto la lettera aperta.

Conclusioni

Come già osservato, interrogarsi sugli effetti che le esperienze vissute all’interno delle varie piattaforme social possano avere sulla salute mentale di ragazze e ragazzi in via di sviluppo è certamente lecito e doveroso, ma per ottenere risposte davvero valide e affidabili, gli studi in merito devono essere condotti in modo rigoroso, nel pieno rispetto di quanto stabilito dalla comunità scientifica.

Fino a quando Meta non agirà in tale direzione in relazione alle proprie piattaforme, dunque, il rischio concreto è che continuino a mancare i dati necessari ad informare aziende e governi in merito agli interventi più appropriati da mettere in atto per prendersi cura della salute mentale degli adolescenti; o, ancora peggio, che gli interventi realizzati vengano fondati su dati confusi e fallaci, rendendo in tal modo tali interventi, in parte o del tutto, inefficaci se non, addirittura, dannosi.

La speranza di chi scrive è, perciò, che l’invito rivolto dagli studiosi a Mark Zuckerberg all’interno della suddetta lettera aperta, possa essere da lui, e dalla sua intera azienda, accolto favorevolmente, contribuendo in modo decisivo ad un importante miglioramento della qualità della ricerca in tale ambito.

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