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Sponsorizzazione del profilo social: le mosse giuste e gli errori da evitare

Rivolgersi a un’agenzia senza stipulare un contratto che stabilisca l’obiettivo da raggiungere e i mezzi che questa intende utilizzare o scegliere un influencer che contrasta con l’immagine aziendale: sono alcuni degli errori delle aziende che vogliono creare o rafforzare la propria immagine online. Ecco come muoversi

Pubblicato il 25 Set 2019

Digital Emotion Regulation - social hacking

In pochi anni abbiamo assistito ad una rivoluzione del profilo social. Nato come una forma di condivisione di informazioni tra amici, con uno scopo prevalentemente ludico, è oggi uno degli strumenti di marketing più efficaci.

Il profilo social può essere tanto efficace, quanto distruttivo per la propria immagine. Lo hanno imparato a loro spese soprattutto personaggi politici e dello spettacolo. È sufficiente utilizzare una parola sbagliata, per vedere la propria immagine cadere nel baratro della gogna mediatica.

Questi sono errori che un’azienda intenzionata a creare o rafforzare la propria immagine online non può permettersi.

Per tale ragione le aziende che hanno deciso di investire nel settore delle vendite online, si rivolgono sempre più spesso ad agenzie specializzate, le social media agency o web agency”, e a personaggi noti alla rete, gli influencer”, per incrementare la loro notorietà e le vendite.

La social media agency ha, tra i suoi compiti, quello di impostare la campagna di sponsorizzazione online, nonché quello di migliorare il coinvolgimento online degli utenti (like, condivisioni e commenti), il cosiddetto “engagement”.

L’importanza del contratto di sponsorizzazione

Uno degli errori più comuni in questa “zona grigia della contrattualistica d’impresa” è quello di rivolgersi ad un’agenzia senza sottoscrivere un contratto che stabilisca l’obiettivo da raggiungere e i mezzi che l’agenzia intende utilizzare.

L’errore è piuttosto comune, in quanto incarichi di questo genere vengono conferiti spesso con lo scambio di proposte via e-mail, lasciando al caso la regolamentazione di aspetti specifici del rapporto contrattuale.

Così facendo, in caso di contestazioni, l’assenza di un contratto facilita la nascita di contenziosi dall’esito molto incerto per entrambe le parti, in quanto la materia da trattare è nuova anche nelle aule giudiziarie.

Per tale ragione, è sempre consigliata la sottoscrizione di un contratto che contenga almeno gli elementi essenziali dell’accordo.

Un contratto per la sponsorizzazione di un profilo social dovrebbe regolamentare almeno tre aree:

  • una descrizione dettagliata del prodotto o del servizio da sponsorizzare, per consentire all’agenzia la pianificazione di una strategia di marketing ad hoc;
  • la definizione del cliente-target, cioè del cliente che si intende coinvolgere online;
  • gli strumenti che la social media agency intende utilizzare.

Un’operazione che può apparire semplice è l’individuazione del prodotto o del servizio da sponsorizzare. Non è detto che tutti i prodotti e i servizi si prestino alla vendita online. Talvolta, è consigliabile iniziare con alcuni prodotti per valutare le reazioni della clientela e decidere in seguito eventuali correttivi della campagna di sponsorizzazione.

A questo punto possono sorgere i primi problemi, in quanto l’imprenditore vede un unico obiettivo, cioè l’incremento delle vendite. L’agenzia ha invece l’obiettivo di creare o migliorare l’immagine aziendale, che non sempre coincide con una strategia aggressiva.

Le modalità di attuazione di una strategia di web marketing causano spesso contrasti tra le parti e in assenza di un contratto che possa far luce sui rispettivi obblighi, la soluzione dei problemi è lasciata al caso. Situazioni come queste possono sfociare in un contenzioso proprio per la mancanza di uno strumento che guidi le parti coinvolte verso una soluzione comune.

Un altro aspetto del rapporto contrattuale che dovrebbe essere regolamentato, è il coordinamento dell’attività di sviluppo dell’e-commerce (sito web) con quella del profilo social.

Può accadere che la social media agency sia un soggetto diverso da chi si occupa dello sviluppo dell’e-commerce. Ciò potrebbe causare delle contraddizioni tra quanto comunicato con il sito web e quanto comunicato con il profilo social.

Ad esempio, se un utente decide di aderire ad una promozione vista sul profilo social che consente di provare un prodotto per 30 giorni e solo in un secondo momento si rende conto che, diversamente da quanto pubblicizzato, le condizioni di vendita dell’e-commerce prevedono che il recesso debba avvenire entro i 14 giorni di legge, in tal caso, si violerebbero i diritti del consumatore.

Errori molto semplici come quello descritto si verificano quando viene a mancare, e accade spesso, un coordinamento tra le figure professionali coinvolte.

Un contratto per la sponsorizzazione di un profilo social non può prescindere dall’individuazione del cliente-target. In altre parole, è necessario individuare il soggetto che l’azienda cliente intende coinvolgere online, sino a convincerlo ad acquistare un prodotto o un servizio. I criteri che possono essere presi in considerazione sono molteplici, tra questi, l’età e la zona in cui vive. Senza questa fase, l’agenzia non farebbe altro che attuare una sponsorizzazione generica sul social network prescelto, che difficilmente sarebbe in grado di influenzare i potenziali clienti. Ad esempio, se voglio sponsorizzare il profilo social di una gelateria di Milano per incrementare le vendite, non avrà alcuna utilità pubblicizzare la gelateria tra utenti residenti in tutta Italia o addirittura all’estero, meglio concentrarsi su Milano e Lombardia. La sponsorizzazione a livello nazionale potrà essere utile in futuro, quando e se l’azienda deciderà di aprire punti vendita su tutto il territorio nazionale.

Un’altra area da regolamentare riguarda gli strumenti che l’agenzia intende utilizzare per attuare la campagna social.

La scelta dell’influencer

Ormai è un “must” il coinvolgimento di un influencer, quindi di una persona nota per i più svariati motivi, tra questi, esperti di moda, attori, conduttori televisivi, ma bisogna prestare molta attenzione.

Prima di tutto è necessario stabilire nel contratto chi dovrà scegliere l’influencer. Se sarà l’agenzia esterna – che il più delle volte non effettua una approfondita analisi dell’azienda cliente – sarà di fondamentale importanza “istruirla” sui valori etici dell’azienda cliente, sugli obiettivi, su eventuali iniziative a cui il titolare intende partecipare.

Il rischio è di affidarsi all’influencer sbagliato, che creda e trasmetta valori diversi o addirittura contrastanti con quelli del cliente.

Inoltre, scegliere un influencer con milioni di follower non è sempre la scelta più adatta. A esempio, se devo pubblicizzare una linea di abbigliamento per adolescenti, la notorietà e il numero dei follower non sono gli unici elementi di cui tener conto. È sempre consigliabile analizzare il profilo dell’influencer e valutarlo rispetto al cliente-target, dopo di che la scelta più adatta potrebbe cadere anziché su un unico influencer (seppur molto famoso), su più influencer meno noti, ma più giovani e adatti per la tipologia dei loro follower e per la elevata reattività ai post.

Ultimo aspetto da regolamentare, è l’inserimento di una clausola contrattuale che consenta di monitorare le scelte dell’agenzia e dell’influencer per tutta la durata del contratto.

L’inserimento di clausole contrattuali di questo genere, consentiranno all’azienda cliente di pretendere dei correttivi della sponsorizzazione, valorizzando così al massimo gli investimenti previsti per la campagna.

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